Due sono gli articoli che Gian Piero Motti scrisse a proposito dei Calanques, luogo di cui era innamorato e che mi fece conoscere nella lontana primavera del 1972. Entrambi sono apparsi sulla Rivista della Montagna. Il primo è descrittivo (dunque lo riportiamo per intero), mentre il secondo è una vera e propria piccola monografia escursionistica (e dunque ne riportiamo soltanto l’introduzione mentre lo si può leggere in integrale nella sua versione pdf).
Calanques (GPM 020)
di Gian Piero Motti
Chilometri di costa con guglie e pareti a picco sul mare. 1500 vie su roccia salda e compatta e un gran numero di itinerari per l’escursionista.
(pubblicato su Rivista della Montagna, aprile 1971)
E’ interessante osservare come i più grossi nomi dell’alpinismo italiano e francese di questi ultimi anni siano quasi tutti appartenenti alla categoria degli alpinisti cittadini. Quindi uomini nati e cresciuti nelle grandi città alcune ai piedi delle montagne, come Torino, Milano, Grenoble o Lione, ma altre assai lontane se non addirittura poste in riva al mare, come Genova o Marsiglia. Ci si chiederà allora com’è possibile per questi alpinisti raggiungere un livello tecnico talmente elevato e una preparazione così efficiente, da essere in grado di affrontare i più difficili itinerari delle Alpi e di imporsi per l’importanza delle imprese compiute. Chi vive in montagna non ha bisogno di andare molto lontano per allenarsi; per il cittadino la questione si pone in termini molto più complessi.
Gian Piero Motti su “Le Pas”, Arête de Marseille, Grande Chandelle. Archivio: Gian Piero Motti
Nasce quindi l’esigenza di avere nei pressi della città qualche breve salto roccioso, qualche parete o guglietta da utilizzare al massimo per le esercitazioni d’arrampicata. Si rende necessaria una vera e propria palestra dove si affina lo stile, si cerca la sicurezza del procedere, e, ripetendo infinite volte gli stessi passaggi, si crea un fondo utile come allenamento per affrontare poi in estate le lunghe salite in alta montagna.
E’ evidente che l’arrampicata in palestra è piuttosto fine a se stessa, tuttavia è bene tener conto anche dell’ambiente naturale in cui essa si svolge. Vi è una notevole differenza di soddisfazione nell’arrampicare sulle guglie della Grigna, sulle placche della Sbarua, scoprendo vastissimi panorami, oppure nel chiuso orizzonte delle cave di Avigliana o peggio sui muri delle dighe o sui fianchi delle ciminiere come usa presso i formidabili alpinisti inglesi, piuttosto a corto di palestre. Vi sono dunque palestre belle e brutte, ma ve n’è una che per bellezza lascia tutte le altre a lunga distanza: i Calanques di Marsiglia.
Chi abbia seguito un po’ la storia dell’alpinismo francese, saprà che alcuni dei suoi più grossi nomi provengono da Marsiglia: basti citare Rébuffat, Livanos, Gabriel, Frendo tra quelli di ieri e Guillot, Coquegniot, Cassin (da non confondere con il nostro Riccardo Cassin) tra quelli di oggi. Alpinisti eccezionali su ogni terreno, ma soprattutto in rilievo per quanto concerne l’arrampicata su roccia.
Marsiglia è una città di mare, un grande porto commerciale, ma la splendida costa mediterranea che da Cassis, un pittoresco paesino posto poco dopo Tolone, va a Marsiglia assume un aspetto completamente differente da quello caratteristico del resto della Costa Azzurra. Improvvisamente la scogliera si alza fino ad assumere altezze rilevanti, trecento e più metri sul livello del mare, e per diversi chilometri si mantiene a questa altezza costante formando una serie di spettacolari pareti e guglie, aprendosi in baie e profonde insenature di eccezionale bellezza. La roccia, un calcare bianchissimo, saldo e compatto, eroso e lavorato dal vento e dal mare, crea un contrasto netto con l’azzurro cupo del mare. Anche la vegetazione è tipicamente mediterranea. La bellezza straordinaria dei luoghi, la natura selvaggia e intatta (non esistono impianti balneari ed è proibito ogni genere di costruzione) fanno di questo tratto di costa francese uno dei più pittoreschi e suggestivi paesaggi di mare che si possano incontrare.
Sullo Spigolo della Siréne, En Vau. Foto: Gian Piero Motti
(Sull’integrità paesistica della zona vigila il Comité de Sauvegarde du litoral Provence-Côte d’Azur, costituito e riconosciuto ufficialmente nel 1958. Pur non esercitando alcun potere deliberativo questo comitato gode di un notevole prestigio, e i suoi pareri e le sue proposte sono tenuti in gran conto dalle autorità competenti. Esso ha finora validamente contrastato il progetto di una Route des Calanques e altre infelici proposte per la «valorizzazione» della zona, raccogliendo il consenso e rafforzando le speranze di tutti coloro cui sta a cuore la conservazione di questo ambiente veramente unico nel suo genere, NdR Rivista della Montagna).
Ma soffermiamoci ora sul fattore alpinistico: agli alpinisti marsigliesi non sfuggì certo l’importanza di queste scogliere come palestra di arrampicata. E che palestra! A tutt’oggi si ritiene che nei Calanques vi siano 1500 itinerari alpinistici conosciuti, ma pare, a un esame più approfondito, che il numero sia molto più alto. Itinerari che abbracciano tutto il campo delle difficoltà: dai sentieri attrezzati con funi metalliche, che permettono di attraversare il massiccio in tutta la sua estensione e danno modo agli escursionisti di inoltrarsi in questo fantastico ambiente naturale, alle arrampicate di difficoltà veramente eccezionale, adatte solo ad alpinisti di alto livello. Chi per la prima volta giunge nei Calanques, rimane impressionato dalla vastità del terreno d’azione: abituati alla limitatezza di una Rocca Sbarua o di un Monte Plu e considerando già la Grigna come un vastissimo campo d’azione, non ci si rende ben conto delle dimensioni dei Calanques, estesi come sei o sette Grigne messe insieme! I Marsigliesi hanno sfruttato i Calanques traendone tutti i vantaggi possibili, ai fini di migliorare la loro tecnica e per mantenere un allenamento costante e perfetto. Possiamo allora capire come siano sorti uomini come Georges Livanos, che hanno saputo dire qualcosa di nuovo e di determinante nella storia dell’alpinismo.
La baia di En Vau. Foto: Gian Piero Motti
Ma vi è anche un altro risvolto interessante: vi è un alpinismo nei Calanques del tutto fine a se stesso. Vi sono cioè dei ragazzi di eccezionale bravura che arrampicano tutto l’anno, ma solo nei Calanques: conoscendo a perfezione la struttura particolare della roccia e acquistando sempre maggior sicurezza nel procedere, hanno raggiunto livelli tecnici in arrampicata libera e artificiale impensabili. Però il loro campo d’azione è circoscritto, in quanto non «escono» dalla zona per effettuare importanti salite sulle Alpi. E’ un po’ come il reuccio domenicale grignaiolo, che la domenica compie arditi volteggi sulla parete del Corno del Nibbio, lasciando a bocca aperta il folto pubblico radunato ai piedi della parete: peccato però che non abbia mai trovato l’occasione per far valere tanta bravura in qualche salita d’alta montagna. Come abbiamo detto il gruppo è vastissimo, ma vi sono degli uomini che hanno dedicato e dedicano tutta la loro vita all’esplorazione sistematica di ogni settore, sempre alla ricerca di nuovi campi d’azione. I nomi di Gaston Rébuffat e di Livanos fanno testo. Soprattutto Georges Livanos è considerato il vero e proprio re dei Calanques: il numero delle vie da lui aperte si avvicina a 400! E proprio grazie a Livanos l’alpinismo francese si è avvicinato alle Dolomiti padrone di una tecnica perfetta ed ha potuto compiere e far compiere un notevole passo innanzi nel campo dell’alpinismo dolomitico. Veniamo ora a qualche considerazione di ordine pratico, utile a chi, escursionista o alpinista, voglia recarsi nei Calanques. Partendo da Torino il viaggio più breve, come percorrenza chilometrica e più rapido come scorrevolezza del traffico, consiste nel valicare il Colle del Monginevro, discendere a Briançon, quindi percorrere la bella valle della Durance toccando Gap, Sisteron, Manosque e l’importante città storica di Aix-en-Provence, da cui in pochi chilometri si raggiunge Marsiglia. Invece chi desidera percorrere la stupenda Costa Azzurra, non ha che da valicare il Col di Tenda, discendere a Ventimiglia, oppure direttamente a Nizza, e proseguire lungo la costa sino a Marsiglia.
La Grande Chandelle, con sullo sfondo Le Cap Morgiou. Foto: Alberto Re
Come base si può scegliere questa città, dove è possibile trovare numerosi alberghetti ben attrezzati senza spese eccessive, soprattutto nei dintorni della stazione. La città è molto interessante, in particolare la zona del vecchio porto, animata di giorno e di notte da una vita intensissima e pittoresca, dove tuttavia è consigliabile muoversi con una certa prudenza. Volendo è anche possibile porre la propria base a Cassis, caratteristico paesino di pescatori posto a circa 20 chilometri a est di Marsiglia, all’estremo limite orientale dei Calanques. Chi poi volesse soggiornare in tenda, potrà usufruire dei numerosi camping posti ai bordi della città, alcuni dei quali vicinissimi ai Calanques.
Gian Piero Motti in arrampicata sulla Grande Chandelle. Archivio: Gian Piero Motti
E’ praticamente impossibile, data la vastità e la complessità della zona, indicare dettagliatamente alcuni itinerari escursionistici e alpinistici consigliabili. E’ indispensabile quindi munirsi delle guide dei Calanques, in vendita nelle librerie di Marsiglia (particolarmente fornita nel settore alpinismo e turismo la Librairie de la Bourse, «La Maison des Cartes», 8, Rue Paradis, Marsiglia) oppure presso la sede locale del CAF (Club Alpin Français), Section de Provence, in rue des Feuillants 1, tel. 20.20.65. Le guide sia escursionistiche che alpinistiche, completate anche da itinerari speleologici nelle numerose grotte della zona si fanno veramente apprezzare per l’esattezza e la cura dei particolari: ogni itinerario di arrampicata è rappresentato dettagliatamente su uno schizzo. Inoltre nel testo vengono date le indicazioni più utili per chi si accinge a percorrerle (numero e tipo dei chiodi necessari, lunghezza di corda utile, ecc.).
Nei calcari di Calanques si aprono numerose grotte in gran parte di scarso sviluppo, ma interessanti per i ritrovamenti di tracce dell’uomo preistorico. Soltanto due grotte superano i cento metri di lunghezza; prevalgono però le cavità verticali di cui le più importanti raggiungono una profondità tra i cento e i duecento metri (nel Gouffre de la Gorguette è stata raggiunta la profondità massima di 220 m.
Si tenga conto di due fattori molto importanti:
1) la valutazione delle difficoltà in uso presso gli alpinisti marsigliesi è in genere molto severa, o per lo meno più severa di quanto lo sia in Italia. Cercare quindi di percorrere gli itinerari più ripetuti, più consigliati e più classici, tenendo ben conto delle proprie possibilità, soprattutto in relazione a quanto detto precedentemente;
2) tutte le vie in genere sono schiodate. Fanno eccezione i percorsi più classici e più ripetuti, dove sono stati infissi fittoni cementati utilissimi per l’assicurazione.
Da En Vau verso la Grande Chandelle e Morgiou. Foto: Gian Piero Motti
Soprattutto le vie in artificiale vengono sistematicamente schiodate per conservare inalterato il loro primitivo grado di difficoltà. Si rendono utili chiodi di modello Cassin in genere a punta, adatti a essere infissi nei buchi naturali della roccia. Chi voglia ripetere itinerari in artificiale è bene che si munisca di un vasto assortimento di chiodi, prevalentemente corti e spessi, non dimenticando di portare molti spessori in legno per adattare i chiodi alle fessure allargate a causa del continuo lavoro di chiodatura e schiodatura. La roccia, come si è detto, è calcarea, in genere stupenda, per saldezza e ricchezza di appigli. Permette un’arrampicata libera di straordinaria bellezza, su pareti verticali e strapiombanti a picco sul mare. L’erosione operata dal vento e dalla salsedine ha creato una conformazione particolare di roccia, caratterizzata da appigli minuti e sicuri, buchi, vaschette, dove trovano un’applicazione ideale le pedule leggere, rigide e semirigide, per arrampicata, in quanto è bene disporre di tutta la sensibilità possibile nello sfruttare gli appoggi più minuti. Ciò, in scarponi, non è sempre possibile. Un ultimo suggerimento: è bene munirsi di riserve d’acqua, in quanto la zona ne è totalmente priva. Inoltre il sole e il vento contribuiscono ad aumentare la sete. Soprattutto il vento, il celebre mistral, sovente soffia con una notevole violenza, tanto da rendere quasi impossibile o molto pericolosa l’arrampicata. Ma indipendentemente dal suo interesse alpinistico la zona dei Calanques offre una vasta scelta di itinerari escursionistici attraverso i numerosi sentieri che la percorrono in ogni senso, sovente tagliati nella roccia a picco sul mare. Essi sono tuttavia convenientemente attrezzati, in modo da rendere sempre agevole il percorso anche nei punti più difficili ed esposti; segnati con bolli di vernice di colori diversi, il loro tracciato è dettagliatamente descritto nelle guide, con precise indicazioni sui tempi, sui dislivelli e sugli eventuali passaggi più aerei e vertiginosi.
Una visita ai Calanques è quindi consigliabile anche ai semplici escursionisti e soprattutto agli appassionati di fotografia che nella varietà degli scorci e nell’eccezionale bellezza dell’ambiente naturale troveranno dei soggetti di sicuro interesse.
Vorrei ora suggerire qualche itinerario in linea di massima. Chi non è mai stato nella zona ad arrampicare e non ha molta familiarità con la roccia calcarea, converrà che si rechi, per la prima volta, nella baia di En Vau, dove gli itinerari in arrampicata libera di media difficoltà, classici e ripetuti, sono numerosi. La gita a questa insenatura è consigliabile anche agli escursionisti, per la bellezza veramente straordinaria del luogo.
Chi ha ambizioni alpinistiche potrà invece arrampicare nel massiccio di Les Goudes e di Saint-Michel, vicinissimo a Marsiglia, dove si trovano gli itinerari più difficili e impegnativi dei Calanques. Tuttavia, anche in questa zona, non mancano splendide arrampicate libere; le vie però sono schiodate, a differenza di En Vau dove invece sono attrezzate con chiodi fissi. Ma sia gli escursionisti che gli alpinisti, che desiderano veramente farsi un’idea chiara dei Calanques, devono recarsi nel massiccio della Grande Candelle che, con i suoi 400 metri a picco sul mare, è l’elevazione più alta del gruppo. Una fitta rete di sentieri penetra tra insenature rocciose e isolotti dalle forme bizzarre, attraversa su muraglie a picco, si addentra tra una selva di guglie e di torri. Gli alpinisti potranno trovare alla Grande Candelle una serie di itinerari di grande bellezza e anche di forte difficoltà; consiglio soprattutto di percorrere la classicissima via dell’Arête de Marseille, la più bella e spettacolare dei Calanques, le cui difficoltà, tra il terzo e il quarto grado superiore, non sono eccessive e sono quindi accessibili a molti alpinisti.
Concludendo, un consiglio per quanto concerne il periodo migliore per recarsi in Calanques: anche se la posizione permette in genere di arrampicare tutto l’anno, evitare l’inverno, quando le giornate di vento sono molto frequenti. I periodi più indicati sono la primavera e l’autunno, mentre l’estate è troppo torrida e il riverbero del sole sulla roccia bianca e calcinata è abbacinante. E non dimenticate… il costume da bagno.
Da Marsiglia a Cassis col sacco in spalla (GPM 048)
di Gian Piero Motti
Nei Calanques: a metà tra il mare e la montagna
(pubblicato su Rivista della Montagna, maggio 1976)
Sembra impossibile che esista sulla costa Mediterranea Francese, poco lontano dalla pur bella ma brulicante Còte d’Azur, un angolo al dì fuori del mondo, per quanto ancora non si sa. Quando si ama qualcosa, si è sempre portati all’esagerazione nel decantare le bellezze dell’oggetto amato, ma nel caso dei Calanques credo che gli aggettivi e gli attributi che la lingua mi mette a disposizione siano del tutto insufficienti. Dire Calanques è come dire irrealtà, sogno, è come parlare di un mondo interno fatto di suggestioni e di immagini, di profumi acuti, di spazio e di mistral. Il linguaggio non è adatto a descrivere sensazioni e immagini, anzi il più delle volte tarpa le ali a ciò che l’istante ha saputo liberare nella fantasia. Calanques è esasperazione di ogni cosa, colori violenti che non conoscono equilibrio alcuno, è ribellione a ogni pacatezza, al grigiore e alla monotonia.
Non so quanto durerà ancora questo Eden in Terra, già da molte parti la pressione degli speculatori si fa sempre più soffocante e strangolatrice. In nome del progresso si tirano in ballo giustificazioni paranoidi e si stimolano progetti all’insegna della follia, come strade litoranee dove la moderna ingegneria può sbizzarrirsi in ponti, viadotti e gallerie, alberghi costruiti a picco sul mare (ci sarà anche il tuffatore con le fiaccole in mano?), villaggi tipo Club Mediterranée sparsi qua e là nel fitto della macchia mediterranea. Eppure i Calanques resistono, grazie a una tenace opera di difesa da parte di uomini che tengono in nessun conto il denaro. Ma fino a quando?
Ma che cosa sono questi Calanques? Potremmo dire un paesaggio di mare eccezionalmente bello, un misto di Attica, Sardegna e costa Amalfitana. Ma vi è una piccola differenza fondamentale: qui non vi sono case, ville, bar e ristoranti. I Calanques si girano a piedi o in barca, non ci si arriva in autovettura. Ed è per questo che sanno ancora dare una sconfinata sensazione di libertà e una fanciullesca illusione di armonia creata dal mare, la roccia e il cielo. A ciascuno le sue emozioni, a ciascuno la libertà di seguire per ore il volo librato dei gabbiani, mentre a occhi socchiusi si lasciano trasportare dal vento, oppure lo scoprire il gioco delle correnti… I Calanques sono il più bel territorio di gioco che l’arrampicatore possa sognare. Su queste scogliere di bianco calcare, lavorate dalla salsedine e dal vento, arrampicare raggiunge una dimensione indescrivibile di sensualità. Una volta era dominio dei marsigliesi, ora vi trovate alpinisti di tutte le nazionalità, non mancano anche gli hippies. Sembra impossibile che a pochi chilometri da una città caotica e «civile» come Marsiglia possa esistere e resistere un’oasi come quella dei Calanques.
Da Callelongue a Cassis è un succedersi di piccoli fiordi, insenature, alte falesie dove la vegetazione si fa strada a fatica, torri frastagliate, specchi d’acqua verde e trasparente. Non vi è modo migliore di conoscere i Calanques che attraversarli completamente a piedi, da Marsiglia a Cassis, scoprendo i punti più affascinanti in un susseguirsi di visioni che a lungo rimangono negli occhi e nel ricordo. Tutti i sentieri dei Calanques sono segnati con bolli di vernice, quindi seguire il percorso non è per nulla difficile. Il tracciato che vi proponiamo è forse il migliore o per lo meno quello più seguito dai randonneurs, riportato anche nell’articolo apparso su La Montagne – 3 – 1972, dal quale abbiamo attinto abbondantemente, per gentile concessione del Club Alpin Français.
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Tanti anni fa la prima volta ad En Vau . Ripetemmo, tra le altre, l’Eperon Des Americains.
Ma la cosa che più ci colpì furono le signore a tette all’aria e i signori a pisello all’aria. Non eravamo abituati a tanta natura…
Bellissimo articolo! Ma Motti mi perdoni se mi permetto un paio di correzioni linguistiche.
Les Calanques non sono I CALANCHI ma LE CALANCHE.
Calanque in francese significa INSENATURA su una costa marittima, in italiano CALANCA (v. Treccani) mentre “calanco” significa solco di erosione (come quelli dell’Appennino Tosco Emiliano) e non c’entra niente col mare.
Il nome corretto della Grande Chandelle è GRANDE CANDELLE – perché è provenzale, non francese, come quasi tutti i toponimi delle Calanques.
A Gian Piero Motti comunque un ringraziamento eterno perché mio marito ed io ci portavamo appresso il suo articolo e abbiamo finito con l’impararlo a memoria! E lo voglio rassicurare: per più di vent’anni ci sono state lotte aspre (alle quali abbiamo partecipato anche noi) per fermare la minaccia edilizia delle Calanques e a parte l’invasione dell’area di Luminy (ma si può perdonare perché è occupata da una delle più importanti università della Francia) le Calanques sono sempre state protette.
Da facebook, 1 agosto 2017