Questo post è il primo di una serie di approfondimenti sul cambiamento climatico realizzati da Elena Gogna, laureata in Scienze naturali presso l’università di Maastricht. Ha lavorato in Cambogia gestendo il programma di sostenibilità di Knai Bang Chatt Resort, ottenendo il certificato GreenGrowth2050.
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Cambiamento climatico – 1 (1-5)
(perché il clima sta cambiando?)
di Elena Gogna
(pubblicato su scienceforpeace.it il 23 agosto 2017)
“Climate is what you expect, weather is what you get (Edward Lorenz, 1961)”.
Che cos’è il cambiamento climatico?
Quando si parla di cambiamento climatico, le opinioni sono tante. La verità, però, è che se i dati su di esso fossero letti coerentemente non ci sarebbe spazio per sottovalutarne la gravità o, addirittura, metterne in dubbio l’esistenza.
Per capire meglio il cambiamento climatico, si potrebbe partire dall’analisi della stessa parola clima: essa deriva dal greco klima, che vuol dire “inclinato”. Il clima è infatti una funzione dell’inclinazione dei raggi solari sulla superficie terrestre al variare della latitudine ed è anche definito come stato medio dell’atmosfera, ossia delle condizioni che tendono a ripetersi stagionalmente in varie aree geografiche. Ecco perché possiamo osservare un clima ben definito all’Equatore e un altro completamente diverso ai Poli.
Secondo la World Meteorological Organization (WMO), 20-30 anni è il periodo di tempo minimo da osservare per definire il clima di un’area geografica. Il clima è naturalmente influenzato da una serie di parametri in lento ma continuo mutamento, tanto che esso, nel medio-lungo periodo, non è mai statico, ma sempre alla ricerca di un nuovo equilibrio. Di conseguenza il cambiamento climatico di per sé non comporta nessuna conseguenza negativa e, anzi, ha accompagnato il nostro pianeta per miliardi di anni, sin dalla sua nascita. Ciò che oggi sta mettendo in allarme l’intera comunità scientifica e politica è, invece, la rapidità con cui questo cambiamento sta avvenendo. La pressione antropica sul clima, dalla rivoluzione Industriale in poi, ha infatti impedito alle specie animali e vegetali di adattarsi ai severi cambiamenti in corso, determinando una vera e propria minaccia alla vita sulla Terra.
L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è un comitato promosso dalle Nazioni Unite che passa in rassegna e valuta le più recenti informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte a livello mondiale sui cambiamenti climatici. Nel 2014 è stato pubblicato il quinto e ultimo rapporto (Sintesi V Rapporto IPCC), il quale dimostra come la variabile climatica più influenzata dalle attività dell’uomo è anche quella più importante: la temperatura. Nel XX° secolo la temperatura della Terra è aumentata di 0,6 °C e la causa principale di ciò è stata l’aumento dell’effetto serra.
Che cos’è l’effetto serra?
L’effetto serra è una proprietà dell’atmosfera terrestre indispensabile per rendere possibile la vita sul pianeta terra così come la conosciamo. I cosiddetti gas serra presenti nell’atmosfera hanno la proprietà di catturare le radiazioni solari a lunga frequenza, le onde infrarosse, e di trattenerle all’interno dell’atmosfera stessa, mantenendo di conseguenza una temperatura media di 15 °C sulla superficie della Terra. In assenza di questo effetto serra naturale, la temperatura media sarebbe di -20°C, per cui non si avrebbe acqua liquida sul pianeta, ma solo ghiaccio. Come la sua assenza, tuttavia, anche l’incremento dell’effetto serra costituisce una minaccia per la vita sulla terra, in quanto direttamente responsabile dell’innalzamento della temperatura terrestre rispetto al periodo pre-industriale.
Che cosa sono i gas serra?
La concentrazione di vapore acqueo è controllata in modo naturale dall’equilibrio fra i processi d’evaporazione e di condensazione dell’acqua, ed è direttamente proporzionale al variare della temperatura. All’aumentare di quest’ultima, aumenta anche il vapore acqueo, e di conseguenza l’intensità del ciclo idrogeologico, il quale descrive i movimenti dell’acqua sulla Terra.
L’abbondanza di biossido di carbonio, o anidride carbonica, dipende dal cosiddetto ciclo del carbonio, cioè dagli scambi che avvengono fra i diversi depositi di carbonio (vedi Fig.1), la cui unità di misura è PgC=1015 grammi di carbonio. Per effetto dell’attività umane, oggi, abbiamo due nuove sorgenti di carbonio che raggiungono l’atmosfera: i combustibili fossili, che producono 7,8 PgC/anno, e il disboscamento, che rimette in circolo la materia organica degli alberi e produce 1,1 PgC/anno. Inserite queste nuove sorgenti antropiche nel quadro generale del ciclo del carbonio, si osserva uno sbilanciamento fra input e output: l’oceano, per esempio, negli ultimi anni, è diventato da sorgente a pozzo di CO2, assorbendone gli eccessi. Nonostante i tentativi del ciclo di autobilanciarsi, l’atmosfera presenta un accumulo di biossido di carbonio pari allo 0,5% all’anno, che risulta in un aumento da 280 ppm (parti per milione) nel periodo pre-industriale a 400 ppm nel 2016.
L’ozono si forma per reazioni fotochimiche e non viene liberato in atmosfera da qualche sorgente. Esso si concentra nella stratosfera, creando una barriera protettiva che assorbe i raggi ultravioletti emessi dal Sole. Negli ultimi 50 anni, tuttavia, si è osservata la formazione di ozono anche a bassa quota, nella troposfera, a causa di alcuni inquinanti che ne favoriscono la formazione.
Il metano (CH4), anche noto come “gas naturale”, nel periodo preindustriale aveva una concentrazione in atmosfera pari allo 0,7 ppm, mentre nel 2013, essa è pari a 1,8. Nonostante la sua concentrazione sia più bassa rispetto ad altri gas serra, la sua crescita relativa è molto più grande.
I Clorofluorocarburi (CFC) sono molecole complesse che causano il depauperamento dell’ozono stratosferico, creando i cosiddetti buchi dell’ozono.
Nei prossimi articoli illustrerò quali sono le attività e i comportamenti umani che favoriscono la produzione dei gas soprammenzionati e le loro principali conseguenze in diversi ambiti. Intanto, per chi fosse interessato, consiglio la lettura del libro L’uomo e il clima di Bruno Carli, da quale ho ricavato i dati presentati in questo articolo.
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Quando si dice che i cambiamenti ci sono sempre stati, ma non così veloci, si trascura l’effetto “trigger” che fa si che i cambiamenti climatici non siano continui ma a gradini. Forse siamo dentro una transizione di questo tipo.
NAMASTE, non altro, noi monoteisti dovremmo impararlo bene.
L’affermazione, ogni affermazione umana, in quanto compiuta dall’uomo, ha carattere antropocentrico, ok.
Nell’accezione ambientale – se così posso dire – cerca invece di promuovere la presa di coscienza, che a scuola non ci hanno insegnato, sul presunto maggiore diritto che riteniamo di avere.
La stessa dinamica di presunto diritto di dominio, è realizzata da alcuni uomini e politiche su altri uomini e altre politiche.
Accennavo a agonia e palliativi perché qualunque ecologia antropocentrica è di tipo erosivo. Qualunque politica fondata su consumo e pil prevede un andamento cartesiano infinitamente crescente.
Ma la Terra non è infinita.
Come detto, non sono d’accordo solo sulla terminologia. Il problema è antropico, prodotto dall’uomo e che riguarda l’uomo, sia in quanto problema, sia come soluzione. La terra e la vita se ne fregano, hanno già vissuto e superato condizioni climatiche ben più dure.
In realtà tutto ciò che facciamo è strettamente parlando antropocentrico.
Riconoscere pari dignità per esempio può farlo solo l’uomo.
Nel tuo primo post la frase “promuovere una concezione della Terra come nostro stesso corpo, degno di ricevere la dignità e il rispetto che noi chiediamo per noi stessi” è assolutamente antropocentrica.
Avrebbe potuto esserlo un po’ meno scrivendo “concepire se stessi come parte di Gea, riservandole la dignità e il rispetto che…”, ma sempre antropocentrica rimane.
Come antropocentrica è la soluzione: il cambiamento della percezione che l’uomo ha di se stesso, del mondo che lo circonda e del suo rapporto con esso.
Il pianeta (o l’universo) non ha proprio nessun problema e di sicuro non fornirà all’uomo nessuna soluzione.
Ciao Matteo.
Antropocentrica intende ciò che interessa all’uomo,
intende l’uomo come in diritto di dominio e consumo sulle altre specie, sulle risorse,
intende l’uomo come destinario di una dignità superiore agli altri esseri senzienti,
intende un’azione motivata dal proprio interesse in sostituzione dell’attribuzione di dignità,
tutte dimensioni, insieme ad altre, fondanti l’ecologia profonda,
a sua volta da non concepire quale movimento radicale, ma semplicemente alternativo a quello consumistico o appunto antropocentrico.
Dunque una riduzione dell’inquinamento e via dicendo non perché la nostra specie possa sopravvivere ma perché riconosciamo pari dignità alla Terra.
caro Lorenzo, capisco cosa vuoi dire ma non sono completamente d’accordo con te.
La nostra prospettiva è forzatamente antropocentrica. La stessa definizione del problema riscaldamento lo è: la terra non è di certo in pericolo e tantomeno in agonia per 1°, 2° o 10° C di temperatura media in più (o in meno).
E non è nemmeno in pericolo la vita sulla terra: al massimo sono in pericolo la vita umana (forse) o la civiltà e il modello di vita così come li conosciamo (di sicuro).
Quindi la prospettiva è e deve essere antropocentrica.
Il problema è dell’uomo ed è che l’uomo sembra ben determinato a far finta di niente e dirigersi allegramente verso una bella catastrofe per la propria specie.
Scritto bene e chiaro, aspetto con impazienza la continuazione.
Brava Elena.
È mia opinione che i dati non siano ritenuti da considerare nonostante il loro crescente peso, in quanto la maggior parte di noi si sente cosa altra dalla Terra.
Non solo.
Molti di noi sono sensibili al tema dell’ambiente solo secondo la prospettiva antropocentrica.
Una logica che implica porre provvedimenti secondo gli interessi umani.
Una modalità che a sua volta implica palliativi che allungano i tempi, non della vita, ma dell’agonia della Terra, quali ”impatto zero”, “sostenibilità” e compagnia.
È quindi opportuno diffondere le parole necessarie e opportune che promuovano una concezione della Terra come nostro stesso corpo, degno di ricevere la dignità e il rispetto che noi chiediamo per noi stessi.
Spero che tenga conto anche degli aerei che inquinano già in quota…… ma tutti vogliamo volare e a basso costo.
Ah, dimenticavo le navi che inquinano il mare, il creatore di vita.