Climbingprn – 07
@climbingprn è l’account Instagram (inaugurato nel 2016) che in qualche modo riprende (con mezzi ben superiori e scegliendo un veicolo al di là di ogni confronto) la vecchia idea di GognaBlog delle “Climbing girls” e dei “Climbing chaps”.
L’assonanza che il nome in inglese suggerisce non deve trarre in inganno, anzi. Il concetto che era alla base di Climbing Girls, la bellezza e la grazia femminili, sono qui ripresi e associati all’idea che sottostava ai Climbing chaps, curiosità e una punta di machismo.
Aggiungete la bellezza delle fotografie, le ambientazioni più disparate e avrete una panoramica di arrampicata e di alpinismo davvero giovani e attuali.
Abbiamo scelto per voi dodici tra le immagini pubblicate ad oggi.

“Until one month before the redpoint ascent, after trying already ~ 2 years (on and off), I didnt think that I have a big chance to climb the 4th pitch…a crucial 40+ Meter pitch with a hard powerfull boulder in the middle and a vertical slab/crimpy boulder and a dyno at the end…but this is what climbing is about. That we can sometimes achieve things we would never think of and that we have to learn that sometimes we have to stuck a little bit longer than normal to projects if they are worth it. „Bodhichitta“ is worth it ☺️”
🧗♀ Michi Wohlleben (@michiwohlleben)
🪨 Bodhichitta
📍 Alpstein massif, Switzerland
📸 Roman Berner (@romanberner)

📸 Lena Drapella (@lenadrapella)

📸 Merlin Outdoor Photography (@rebell4life)

📸 Leonard Salas (@leonardsalas.png)

📸 Miroslav Peťo (@miroslav.peto)

📸 @zac.sparrow

Josh (@joshmackenz) flashing “Oranges Poranges”, an insanely wild corner in probably the most exposed position in the Blue Mountains.
📸 Jared Anderson (@_jaredanderson_)

📸 David Wild (@davidinthewild)




📸 Ben Sandford (@bensanfordmedia)

The logistics to just start the climb and get home afterwards are certainly more difficult than the climb itself.
📸 Jared Anderson (@_jaredanderson_)
Crovella, qui lo dico e qui non lo nego. Hai ragione.
Certo che c’è l’ho la palla di pongo nel cranio e sono ben contento di averla perché è un meccanismo che permette di incassare ogni tipo di avversità/intoppo della vita e di continuare ad “esserci” e quindi ad andare avanti. Chi ha tale meccanismo insito in se’ ha una o addirittura due marce in più degli altri.
Ma vi suggerisco di non andare fuori tema. L’argomento clou del post non è “Crovella” e a spostare il focus dei vs commenti su di me, oltre a non farmi una piega, alla fine siete proprio voi a dare molta importanza all’argomento ” Crovella”. In pratica vi date la zappa sui piedi. Buona serata a tutti!
In effetti la palla di “pongo” esiste eccome e chi ritiene che sia una presenza insita, inevitabile e magari pure benefica, beh, costui ha una propria personale palla di “pongo”.
Intracranica.
Nella Società esiste eccome! Si chiamava Democrazia Cristiana e oggi la situazione è così fuori controllo che potrebbe attribuirsi a qualsiasi partito politico.
Comunque siamo proprio alla canna del gas e ci sono personaggi che se ne fanno serenamente una ragione. E’ inquietante.
Reitero i concetti perché c’è sempre qualcuno, come te e i tuoi amici, che non li focalizza e quindi non li capisce.
La palla di pongo (o muro di gomma, ma palla di pongo rende ancora meglio l’idea) su cui mi sono dilungato è esplicitamente riferita alla realtà del CAI, non necessariamente alla società nel suo complesso. Può darsi che esista anche a livello della società, anzi penso proprio che sia così, ma qui siamo concentrati sui risvolti che hanno a che fare con la “montagna”, siano essi i sistematici post Climbing Girl (oggi Climbing,prn) o la mentalità dominante nella pancia sociale del CAI.
In ogni caso, io non vieto a nessuno, che sia Rosa Park o la vestale Alessandra, di impegnarsi in una rivoluzione. Dico però che, in ambito CAI, ogni “rivoluzionario/innovatore” se la deve sempre vedere con la palla di pongo. E vince la palla di pongo, sempre.
Come sanno bene anche quelli che hanno tentato di introdurre le più varie innovazioni nel CAI, la palla di pongo dapprima assorbe l’urto (senza fare una piega), poi frena del tutto il “pugno”, poi avviluppa tale pugno di una melassa vischiosa e ipocrita (falsamente “ammirativa”) ma in silenzio lo marginalizza progressivamente fino a spingerlo sul limite eterno della comunità, dopo di che è il “pugno” che se ne va.
Non c’è mai stato e non ci sarà mai un vero e proprio “decreto di espulsione” dal CAI, ma di fatto chi alla lunga si sente “umiliato e offeso” (non fosse altro per il silenzio e il disinteresse che lo circonda) alla fine se ne va, o sbattendo la porta o semplicemente non rinnovando l’associazione. E’ una forma di epurazione silenziosa.
In oltre 50 anni di mia frequentazione sistematica del CAI, ne ho visti a migliaia di casi del genere, su ogni tema dell’esistenza (sia questioni tecniche che “sociali”), per cui sono certo che finirà così anche questa volta. Saluti!
@Crovella, in veri interventi (come tua abitudine, reiteri lo stesso concetto ad libitum): quindi, secondo la tua visione, Rosa Parks avrebbe dovuto starsene zitta e cedere il suo posto a sedere, perché precorreva i tempi e correva il rischio di sbattere contro il “muro di gomma”… pensa, che stupida, le sarebbe bastato aspettare “qualche” anno (come se poi la questione oggi fosse risolta).
Idem per le donne iraniane: a che scopo tanto affannarsi?
Protestate pure, ma senza disturbare… che abbiamo altro a cui pensare.
Effettivamente la canzone è quella (anche se io conosco un finale diverso, che mi pare più divertente), ma noi siamo decisamente più giovani e dinamici e il teatrino riesce molto molto meglio…
Ecco a voi Carlo che in gita CAI canta L’oselin de la comare.
https://youtu.be/A61u9N2hAow
Triste o allegro che sia il contesto, questo “è” il contesto oggettivo. Bisogna prenderne atto, oggettivamente, e ragionare partendo da questa constatazione. Ecco perché mi sono permesso di dilungarmi nel descriverlo: perché ho l’impressione che tale “fotografia” non sia per nulla chiara a tutti (anzi!), in particolare a quelle che io ho chiamato le vestali del politically correct. E’ inutile fare tutti i discorsi che abbiamo sentito&letto negli ultimi giorni (su questo tema ideologico, ma la cosa vale su qualsiasi altro tema), se non si ha chiaro il concetto di fondo, quello della palla di pongo e di come tale palla si “muova” per assorbire le pressioni (anche violente come un pugno metaforico), avvilupparle e… alla fine espellerle.
Il solo fatto che la realtà CAI sia triste (o, meglio, che appaia triste ad alcuni osservatori che non ne condividono l’impostazione ideologica: chi ne è coinvolto vive questa realtà in modo molto gioioso e molto allegro!), non giustifica la pretesa/speranza di “abbatterlo” o sradicarlo, non solo sul tema in quesitone, ma proprio a tutto tondo. Il popolo del CAI ama proprio “questo” CAI, non un qualsiasi altro CAI, neppure quello ipoteticamente migliorato vuoi sul piano ideologico (ovvero ripulito di ogni traccia – seppur solo in termini “goliardici” – di maschilismo/sessismo) vuoi su quello tecnico-prestazionale (ovvero indirizzato a coinvolgere o addirittura generare gli alpinisti di punta: il CAI è un fenomeno di massa, non di punta). Le socie e i soci che frequentano il CAI amano “questo” CAI, corretto o errato che sia, ma questo è il contesto.
In effetti la mia performance sull’Oselin della comare è molto caratteristica. con una gestualità che accompagna il testo (esempio: sui ginoci.. l’oselin batea gli oci… e io con le mani imito gli occhi che escono dalle orbite) e il mio show è ormai proverbiale. Nota: non è l’unico, ho una seria di show di questo tipo. Se non mi cimento nell’Oselin, lo faccio con le osterie o con altre canzoni della tradizione goliardica torinese che risale molto in là nel tempo.
L’intelligenza di tutti è sempre quella di capire se il contesto e le persone sono quelle “giuste” in cui prodursi con tali performance. E’ ovvio che non mi metto a fare battute da caserma alla ragazzina che vedo per la prima volta.
Nel nostro gruppo di amici apprezziamo moltissimo i momenti conviviali, di aggregazione, di piacere nello stare insieme, di allegria collettiva. Non sempre e non solo incentrati sulle mie performance,l anzi. Cmq vi assicuro che le mie performance di tale natura sono molto apprezzate, a tal punto che spesso mi vengono “richieste” anche dalla donne del gruppo, alcune molto forti scialpinisticamente parlando.
Il che dimostra due cose: 1) che c’è un tempo per l’impegno tecnico e un altro tempo per l’allegria collettiva (ovvero che i cazzari non sono solo cazzari e basta, ma sanno essere una cosa e l’altra a seconda dei momenti) e 2) che la maggior percentuale delle donne del CAI non è affatto allineata alle posizioni “di principio” sostenute dalle vestali. Ecco perché io mi aspetto che eventuali “rivoluzioni” sbandierate nei gg scorsi si perderanno nella gran palla di pongo del CAI: perché le attuali donne del CAI sono le prime a non volerle, ‘ste rivoluzioni “antisessiste”. Le prime che si ribelleranno ad un’eventuale divieto alle mie performance stile Oselin de la comare saranno proprio le donne che da decenni si divertono in quei momenti di allegria collettiva. Solo quando anche queste donne non saranno più socie (e hai voglia se ne passerà di tempo!) allora le future nuove generazioni femminili, come le corrispondenti maschili, avranno un altro modo di pensare. Ma hai voglia se ne passerà di tempo… decenni e decenni e forse non avverrà mai quello che viene ipotizzato.
Crovella, quello che scrivi è verissimo ma proprio per questo è di una tristezza immane.
Ogni socio ha diritto di dire come la pensa!
Non riesco neppure a ridere al pensiero nell’immaginarmi uno come te che canta l’Oselin de la comare, che in sé è una cosa enormemente ridicola, ma proprio non riesco. E’ un problema mio, ne sono conscio, ma mi fa vedere solo la mediocrità di una grossa fetta dell’umanità, per questo mette tristezza.
Carlo, la palla di pongo da te descritta corrisponde perfettamente, in campo politico, al muro di gomma che fu la Democrazia Cristiana.
P.S. Tu ti senti piú fanfaniano o moroteo?
Il CAI (non il CAI come istituzione asettica, ovvero come Ente di diritto pubblico, ma il CAI inteso come insieme dei soci, pancia degli associati) è un’enorme, enorme, enorme palla di pongo, capace di deformarsi, anche molto sensibilmente, per assorbire momentaneamente le pressioni, scaricandole, e poi tornare ad essere esattamente quella di prima.
Provate a tirare un pugno dentro questa palla di pongo. Anche un pugno violentissimo, tale che da solo ammazzerebbe un toro. La palla di pongo assorbe il pugno violento, che piano piano perde abbrivio, il tutto di dissipa finché la mano (quella del pungo) viene avviluppata da un liquido vischioso, piano piano spinta verso l’esterno e infine espulsa. Poi la palla di pongo torna ad essere esattamente quella che era prima dell’episodio.
E’ proprio per questo che mi piace il CAI, cioè questa sua caratteristica ormai consolidata da 160 anni di vita. Il CAI non cambierà mai al seguito di “imposizioni”, proprio perché non è una struttura rigida (che al limite potresti abbattere a cannonate), ma estremamente flessibile, malleabile e quindi “sfuggente”: sfugge ad ogni tentativo di cambiamento, anche se originato dai più nobili (?!?) obiettivi sul piano ideologico. Come ho già detto, il CAI, parlo dell’enorme pancia del CAI (oggi 330.000 soci totali), cambia solo attraverso un LENTISSIMO trend interno, laddove al vecchio socio che esce si sostituisce un socio giovane che, per definizione, ha una mentalità più moderna. Ma i tempi di queste modifiche della palla di pongo sono BIBLICI.
Sapeste quanta gente, in oltre 50 anni consecutivi di mia frequentazione sistematica del CAI, ho visto partire lancia in resta al grido “Cambieremo il CAI!”. Anche individui maschi e su ogni tipo di tema, anche molto diversi da questo, come (a titolo di esempio) faccende organizzative, didattiche, tecniche, prestazionali. Ebbene tutti costoro sono poi risultati degli aspiranti suicidi, in senso metaforico, perché poi se ne sono andati dal CAI, umiliati e offesi (il loro attacco è quindi stato un suicidio in termini di loro associazione al CAI). E, chiuso l’episodio, il CAI ha proseguito imperterrito per la sua strada, come se nulla fosse. Dopo un anno al massimo, anche i più violenti e profondi attacchi per cambiare il CAI erano completamente dimenticati, come se non fossero mai stati attuati.
Per cui anche tutto ‘sto teatrino sulla mentalità “maschilista/sessista” del CAI finirà in una bolla di sapone. Non è neppure necessario “sporcarsi le mani” per contrapporsi, ecco perché me ne sto bello fermo: basta aspettare e ci penserà da sola la palla di pongo a ripulire la situazione.
Certo è che più sarete “fastidiose/e” (stile serpente a sonagli) e più in fretta la palla di pongo vi eliminerà. E’ questo che mi pare vi sfugga completamente, specie alle vestali infervorate. Mi fate perfino tenerezza: io so a che destino amaro state andando incontro e invece voi manco lo immaginate e, anzi, paradossalmente accelerate verso quella destinazione…
Sapete come reagirà la pallo di pongo ai vostri tentativi? Attraverso le donne del CAI. Oggi come oggi, donne nel CAI ce ne sono tantissime, anzi a sensazione ho l’impressione che su 330.000 soci totali siano poco meno della metà, a naso direi 125-150.000. E di punto in bianco tutte queste donne hanno bisogno che arrivino le vestali ad illuminarle? Ma manco per ‘sto pesce. Le donne del CAI, sarà anche qui una questione anagrafica, si trovano benissimo nell’ambiente umano, associativo e ideologico che caratterizza il CAI, lo stesso ambiente che voi tacciate come il massimo dello schifo. Per esempio, quando canto l’uselin dalla comare tutto il gruppo ride, maschi e femmine presenti (numericamente queste sono in genere superiori). Quindi ci penseranno loro, le donne del CAI, con la logica della palla di pongo, a marginalizzarvi finché non ve ne andrete… Io sono abbastanza certo che andrà a finire così… e più forzerete la situazione e più in fretta la palla di pongo vi espellerà. Ne riparleremo a cose fatte. Ciao!
IL MURO DI GOMMA!
Quello che il Cai erige ogniqualvolta debba affrontare qualcosa che gli richieda impegno e soprattutto trasparenza.
Carlo Crovella scrive:”Cmq, prova pure. In bocca al lupo. Ciao”
Crepi 🙂 ciao Carlo!
@52. Io cerco per la tua serenità di darti suggerimenti come se io fossi un fratello maggiore. Visto che frequento sistematicamente il CAI da 53 anni, probabilmente lo conosco meglio di te.
Fai come vuoi, per carita’, ma l’approccio che segui non porterà nessun effetto “evolutivo” del CAI fra quelli da te auspicati e vicecersa in parallelo amareggia già adesso il tuo modo di vivere il CAI. Questo emerge chiaramente dai tuoi interventi. Anziché divertirti a frequentare le uscite CAI, pare proprio che accumuli solo rancore e frustrazione. Non parliamo dei tuoi compagni di uscite CAI, se tanto mi da tanto non fanno i salti di gioia ad averti in gita.
Se vuoi fare la rivoluzione… prego, fai pure. Non ci devo neppure pensare io a contrappormi a te, ci penserà il sistema stesso. Dopo dieci, venti, trenta… cinquanta volte che ti scontrerai con il muro di gomma del sistema… alla fine sbattersi la porta… Cmq, prova pure. In bocca al lupo. Ciao!
Battimelli. Il CAI, per come lo conosco io (è possibile che noi due frequentiamo sottoinsiemi molto molto diversi, ma le evenienze riassuntive mi paiono confermate le mie anslisi) e’ oggi fermo su livelli della società dei ’70-80. Quindi se qualcuno inizia oggi 2023 a inserire dei “nuovi” concetti, nuovi per il CAI e non per la società nel suo complesso, i cambiamenti nel CAI si avvereranno (ammesso che accada…) fra 10-20 anni. Ciao!
Minchia, Crovella, sei peggio di Sheldon Cooper! Dimmi che ci fai e che non sei, e ti stimerò.
Crovella scrive:”Ma lì ha ben centrato il punto Enri: o ci sono fatti oggettivi, e allora vanno denunciati a prescindere dalla mentalità dominate, oppure, se non ci sono detti fatti oggettivi, si tratta di idee personali, che non si possono imporre agli altri, specie in un contesto numerico sfavorevole.”
Anche qui occorre un chiarimento, soprattutto a beneficio di chi legge senza intervenire.
“Vanno denunciati” non esiste.
Ogni donna decide per se stessa come elaborare il dolore di un abuso, di qualsivoglia natura.
Deve essere chiaro a tutte che non esiste nessun obbligo.
Ognuna deve fare ciò che è meglio per se stessa, ciò da cui sente di poter ricavare più sollievo. E purtroppo la via della denuncia è innegabile che sia penosissima, visto che appunto invariabilmente sotto accusa ci finisce sempre la donna, che non viene creduta e a cui si imputerà ogni genere di colpa.
Vedi Crovella, è proprio come dici tu; le cose non possono cambiare di colpo tutte e subito, ma “fisiologicamente, in 10 o 20 anni”. Renditi conto però che a mia memoria (e dovrebbe essere anche la tua) il movimento femminista risale ai primi anni ’70 del secolo scorso. Di anni ne sono passati cinquanta. ‘Sta fisiologia è rallentata forte, direi.
@47 i cambiamenti socio-culturali non possono essere imposti d’autorità. Sarà la naturale sostituzione delle generazioni che modificherà la mentalità media. Oggi il quadro è come viene descritto. Bene, man mano che viene meno un componente, il nuovo soggetto che lo sostituisce avrà una mentalità più “moderna” e la somma algebrica fra le due mentalità (in uscita quella del vecchio che non c’è più e in entrata quella del nuovo che lo sostituisce) incide sulla mentalità media. Moltiplicato per milioni, anzi per miliardi di individui, il meccanismo determina i cambiamenti di concezione degli aggregati umani. Questo vale per il CAI, ma vale per l’apprezzamento dei post Climbing.prn, e arriva fino a incidere per la società nel suo complesso.
Ovvio che i tempi del fenomeno sono lunghi, estremamente lunghi. Ma chi tenta di forzare i tempi di attuazione di tali macro-fenomeni (come la commentatrice in quesitone) provoca solo reazioni negative. E’ inevitabile. Non serve appellarsi a presunti ideali più eletti, perché più “moderni”, per realizzare i cambiamenti. Occorre che tali ideali siano condivisi, altrimenti la reazione è stile muro di gomma: se forzi i tempi, tale reazione ti si presenta davanti.
Se mi venite a dire che, in nome dell’ideale di estirpare tutto il sessismo (dal CAI come dall’intera società), io dovrei rinunciare al mio piccolo piacere di un’occhiata ristoratrice alle foto ammiccanti dei vari post Climbing.prn, io vi rido in faccia, faccio spallucce e continuerò a fare come ho sempre fatto. E con me chissà quanti altri.
Discorso completamente diverso, sia chiaro, per gli effettivi episodi “gravi”, con fondati riflessi giuridici (dai palpeggiamenti in poi). Ma lì ha ben centrato il punto Enri: o ci sono fatti oggettivi, e allora vanno denunciati a prescindere dalla mentalità dominate, oppure, se non ci sono detti fatti oggettivi, si tratta di idee personali, che non si possono imporre agli altri, specie in un contesto numerico sfavorevole.
Con quest’ultima valutazione numerica intendo che, su 330.000 soci CAI nazionali, ve ne saranno circa 125-150.000 di sesso femminile. Tutti (sia m che f) complessivamente contenti di partecipare al CAI, a QUESTO CAI 8altrimenti non lo frequenterebbero), tranne una, tal Alessandra: orbene tutti dovremmo obbligatoriamente cambiare modo di pensare e di comportarci e di esprimerci solo perché ce lo impone una singola persona… dai, è insostenibile.
Se la mentalità di cui io sono uno dei rappresentanti, cambierà in futuro, ciò avverrà solo per un trend fisiologico imperniato sulla naturale sostituzione delle generazioni. Chi forza i tempi, va solo a sbattere contro il muro di gomma.
Enri scrive:”Può’ sostanziare questa sua tesi con dati?”
Non posso nè devo.
In ogni caso in cui esiste uno squilibrio di potere, come è il caso di uomini e donne nell’attuale società e in particolar modo nel CAI, chi subisce lo squilibrio di potere decide i contenuti e le modalità del conflitto, senza ovviamente che la parte che il potere lo detiene debba in qualsivoglia modo “approvare”.
Le rivoluzioni non hanno bisogno di approvazioni.
Le rivoluzioni vanno avanti, che al potere piaccia o meno.
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Prendiamo atto che secondo lei il problema del cai e’ quello di non trattare adeguatamente la componente femminile o perfino di maltrattarla. Esempio di ciò’ a suo avviso sono la vicenda del PG ( archiviata) e i messaggi di Crovella. Può’ sostanziare questa sua tesi con dati?
Esattamente come si contavano le lettere di dimissioni in bianco che si chiedevano alle donne anni fa e dati simili per dare la dimensione di un fenomeno. Se no stiamo parlando di una sua sensazione, del tutto legittima ma che non implica che esista un problema.
Per cui questa tua società, e non solo il Cai, non è sessista?
Ho cercato di fartelo capire in modo indiretto, ma visto che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, lo sottolineo esplicitamente. Guarda che le nostre scuole CAI sono frequentatissime da donne di ogni età e di ogni estrazione, le quali si trovano benissimo, sono allegre, traggono profitto dal fatto di fare gite insieme, sia in termini di acquisizione di nozioni che nei risvolti social-ricreativi.
Allo stesso modo accade anche per i frequentatori maschi, il gruppo è gradevolissimo per tutti (oltretutto di dimensioni molto ragguardevoli), con gran soddisfazione di ogni partecipante, sia esso maschile o femminile: o siamo tutti scemi o c’è qualcosa che non gira giusto in te. Statisticamente è arduo sostenere che Scuole di centinaia di frequentatori (fra istruttori, allievi, aggregati, sia m/f) siamo totalmente composte da scemi.
Non posso escludere che qua e là sull’intero territorio nazionale (ma in contesti che io non frequento) possano esserci stati episodi, come dire?, poco corretti, non è il nostro caso e complessivamente non è proprio il caso del CAI nel suo insieme. Tutti i tuoi continui riferimenti che non siamo “civili” sono del tutto infondati (e tra l’altro sono controproducenti per le tue tesi…): forse sei tu che sei “disallineata”, diciamo così, e non solo rispetto al CAI, ma proprio rispetto alla vita nel suo insieme.
Per Luciano Regattin: io la ringrazio per le sue parole tuttavia io credo che quanto stanno scrivendo Crovella e altri sia davvero importante.
Il signor Crovella sta esattamente descrivendo il quadro del problema culturale del CAI.
Senza la sua testimonianza forse chi non frequenta il CAI potrebbe pensare che si esageri e invece grazie alla testimonianza di queste persone si rende evidente, al di là di ogni dubbio, quale sia il problema di cui si sta parlando.
Ovviamente io mi rendo conto che non tutti i soci CAI ragionano nè si comportano in quel modo. Ne conosco di civilissimi, persone splendide con cui è un piacere fare gite.
Eppure anche le persone più inclusive e accoglienti potrebbero restare scettiche davanti a testimonianze come la mia.
Quanto scrive il signor Crovella da purtroppo il senso appunto di quale sia il contesto culturale del CAI su cui è necessario lavorare.
Io mi sto disintossicando lo spirito cosí:
https://gognablog.sherpa-gate.com/nini-il-film.
Beh… io i commenti stile “12” (a maggior ragione il “6”), nonchè tutta la relativa sequenza agganciata all’articolo L’archiviazione, li trovo insopportabili e frantumazebedei, proprio in modo oggettivo, cioè nel contenuto, a prescindere che siano o meno destinati a me in prima persona.
A tal fine racconto una storia di vita vissuta. In una delle scuole di scialpinismo torinesi, circa una ventina di anni fa frequentava una tipa che aveva un modo di fare decisamente acido e urticante (a 360 gradi, cioè non solo verso i maschi, ma anche con interlocutorici donne). Figurariamoci farle una battutina “ammiccante”: ti scartavertava vivo! Alla fine l’abbiano soprannominata “Serpente a sonagli”, scritto tutto attaccato “serpenteasonagli”.
Era diventata proverbiale, tipo: due istruttori maschi si incontrano alla partenza della gita. “Chi hai in gruppo oggi?” risposta, con tono afflitto “Eh, me tocca seropenteasonagli” “Giudafaus! che giornatina che ti aspetta!” (Nota: giudafaus è una tipica imprecazione torinese, ma di quelle non pesanti, tipo: porca misera!)
Più o meno negli stessi anni, frequentava anche un’altra donna che possiamo posizionare all’estremo opposto dello spettro statistico dell’ampio gruppo femminile della scuola (c’erano già molte istruttrici, più tutte le allieve). Questa altra era una tipa molto alla mano, scherzava facilmente ed entrava rapidamente in simpatia con tutti, uomini e donne. L’abbiamo soprannominata “La bomba del sesso”, scritta tutto attaccato “labombadelsesso”, ma non perché “praticasse” (non risulta agli annali che abbia combinato nulla di concreto con gente della scuola), ma invece perché stava al gioco anche se battute “ammiccanti” (elegantemente ammiccanti, ovvio), anzi spesso aveva la risposta pronta, sullo stesso tenore ammiccante, ma simpatica e ridente. Insomma una tipa intelligente, con le sue idee ben calibrate, ma non scassazebedei, anzi. Era una che alla fine, ridendo e scherzando, ha saputo farsi molto apprezzare, per la sua intelligenza, la sua spigliatezza e la sua personalità dotata di una netta femminilità, molto carismatica. Ancora oggi, che non la vedo da tempo, io stesso ho una considerazione molto positiva di lei, come persona prima ancora che come donna.
Ebbene, è auto-esplicativo che è molto più divertente fare una gita avendo in gruppo “labombadelsesso” piuttosto che “serpenteasonagli”.
E’ questo punto concettuale che le vestali del politically correct non colgono assolutamente e quindi sbagliano completamente strategia: ad avere questo loro approccio aggressivo, insistente, della seria “voglio che tutto cambi subito e non in modo fisiologico fra 10 e 20 anni” ecc ecc ecc… esse risultano dei “serpentiasonagli”. Alla fine i vecchi come me, abituati da 62 anni a comportarsi in un certo modo (canzoni delle osterie, l’uselin della comare, battute ammiccanti ecc ecc ecc), non cambiano per nulla, a maggior ragione se vengono approcciati in ‘sto modo aggressivo. La reazione è: tiriamo su un muro di cemento armato alto 30 metri e spesso 6. Per cui noi continuiamo a fare la nostra vita e non veniamo minimamente coinvolti nelle riflessioni e nelle ipotesi di cambiamento.
Forse, da parte delle vestali, una strategia diversa, più “avvolgente” e non da attacco frontale, potrebbe essere più efficace anche in merito alle istanze da loro promosse. Questo il succo della storiella, al di là dell’aneddoto storico, che probabilmente suscita una lacrimuccia di nostalgia negli istruttori del tempo, visto che avevamo tutti 20 anni di meno…
IMPOSSIBILE CROVELLA! Io ho accettato il suo consiglio… siccome sono logorroico, siccome ho sempre ragione, siccome sono professionista in tutto… NON LEGGETEMI. INFATTI COSI’ FACCIO. Mi sembra strano come molti invece lo leggono!
Intervengo ancora una volta per un chiarimento.
Ho letto in qualche commento che si parlava di politically correct come gabbia insopportabile rispetto al desiderio di esprimersi liberamente.
Il punto non è il “politically correct”.
Il punto secondo me è comportarsi da esseri umani decenti che evitano, al meglio delle loro capacità, di causare disagio o umiliazione ad altre persone.
È un poco lo stesso discorso della satira e dello sfottò. Quando c’è uno squilibrio di potere la satira prende in giro il potente, chi si diletta nello sfottò invece ride di chi le prevaricazioni del potente le subisce.
Non esiste il diritto di sfottere o mettere a disagio altre persone.
Se uno questo diritto lo rivendica, di fatto si qualifica per una persona che non ha cura degli altri e si assume quindi il rischio di essere trattato come tale, come persona disumana e senza empatia.
Poi io non etichetto nessuno. Sono sempre aperta alla possibilità che le persone cambino e si migliorino. Ma ognuno raccoglie quel che semina, se si semina intolleranza e disumanità non deve poi stupire la reazione arrabbiata di chi alla lunga non è disposto a subire.
A sto giro mi trovo assolutamente d accordo con Crovella. Molti commenti sono di mera ossessione femminista, quasi una forma di radicalizzazione. Crovella ci riporta a una giusta dimensione del problema, che problema non è, con un razionalità tipicamente Sabauda. Come avrebbe detto il cav. Pocchiola, “esageruma nen”.
Crovella al 21. Premesso che non trovo né acido, né frantumazebedei, né “scassa” il commento 12 (anzi forse è uno dei pochi commenti interessanti e in tema con il post), devi prendere atto che lei non ti ha ca..to nemmeno di striscio (e mi auguro che nemmeno lo faccia in futuro). Se la prendessimo ad esempio tutti qua dentro, ti saresti già estinto da solo.
Feci la terza media in un paese della Sardegna in una classe in cui il capoclasse secchione non c’era perché l’avrebbero ammazzato. Infatti si stava benissimo.
Come guida accompagno chiunque, sono un professionista.
Grazia scrive:”…vanno talmente in alto da aver bisogno di farsi oggetto di ammirazione maschile, non certo femminile.”
Non sono sicura di aver capito il suo commento Grazia.
Io non so se le donne di quelle foto sono in cerca di ammirazione maschile. Non credo che ci siano elementi per dirlo, non siamo nella loro testa e non possiamo sapere cosa pensano, che speranze coltivano, che aspirazioni.
Forse è come ipotizza lei, forse sperano di attirare lo sguardo degli uomini. O forse non gliene frega nulla di chi le guarda e sono concentrate su se stesse e il loro divertimento.
Io comunque non ci troverei niente di male se una donna arrampicasse per essere ammirata da uomini.
Ognuna deve essere libera di agire, secondo i propri desideri e ciò che la fa stare bene.
Ciò che invece trovo sbagliato è che una donna supponga di sapere di cosa ha bisogno un’altra donna senza neanche averci parlato.
E che gli uomini pure loro suppongano che l’esistenza delle donne sia funzionale a dare loro gratificazione, che una donna “serva” a essere bella per far piacere a loro, ignorando di fatto volontà e aspirazioni di un altro essere umano.
Comunque anche la frase:
sono molte le persone che hanno bisogno di me, per cui non sono mai solo.
È molto significativa
Dai Crovella: almeno la Pausini a fine concerto dice ” buona notte e fate l’amore.”
@32 Credo che tu prenda farfalle. Ho già dichiarato più di una volta che io e Cominetti abbiamo concezioni della montagna incompatibili, non credo che nessuno dei due abbia piacere di condividere una gita con l’altro.
Non faccio della simpatia il mio cavallo di battaglia, ma ciò nonostante, alla fine, in molti campi della vita (es lavoro, montagna, politica, condominio, famiglia, interessi culturali…) sono molte le persone che hanno bisogno di me, per cui non sono mai solo. Anzi capita spesso che debba contare palle per starmene un po in pace, per es farmi una sgambata solitaria con le pelli e.dare pacco ad altri…
Cmq, non divaghiamo. Il tema e’ un altemro, ovvero se articoli come questo, composti da una sfilza di foto arrampicatorie con ragazze semi nude, siano “legittimi” (nonostante le vestali del politically correct) e addirittura graditi. Io sono convinto che esista un certo giardinetto di lettori (di cui dichiaro pubblicamente che faccio parte) che è contento che Gogna ci propini, in media ogni mese-mese e mezzo, tale rassegna fotografica. Qui sul GognaBlog e’ prassi in essere da molto tempo, a memoria direi almeno 3 anni, forse anche 5. Anzi la versione (Climbing Girl) era perfino più ammiccante e spudorata. Io non solo non trovo disdicevole tale categoria di post, ma la vivo come se fosse un micro momento di relax nel casino della bagarre quotidiana. Un respiro di aria fresca. Tutto finisce lì, nessuna ipotesi di prosecuzione pratica sul terreno ammiccante, ma non ci vedo nulla di male e non capisco perché dovremmo rinunciarci. Buona notte a tutti e fate ben sogni
“Scusa una curiosità: ma tu avresti piacere di trascorrere intere giornate in gita in montagna con persone come l’autrice del commento 6 o del 12???”
Mi avvalgo della facoltà di non rispondere. 😉😉😉
Capoclasse, secchione, carismatico, personalità marcata, proprio quello che non vorresti come vicino di casa, come compagno di cordata poi… Forse li sopporta giusto il Cominetti come clienti!
Scusa una curiosità: ma tu avresti piacere di trascorrere intere giornate in gita in montagna con persone come l’autrice del commento 6 o del 12????
(È irrilevante che siano donne, potrebbero essere maschi, il punto è il tono).
Ma con tutte le cose belle che si possono fare, io non mi piegherei ad un’ipotesi del genere neppure se mi pagassero miliardi!
E’ sbagliato? Ma chissenefrega: preferisco avere torto ma vivere come piace a me.
Così ti ho chiarito il concetto.
Cosa c’entra la tua domanda con il tema trattato? Se sottindente che queste mie tesi sono sbagliate, mi spiace ma non lo sono, oggettivamente.
Per il resto, giusto per risponderti, non ricordo a memoria di aver mai avuto “torto” (come dici tu, impropriamente) o, meglio, di aver mai detto o pensato o fatto cose “sbagliate”, in 62 anni di vita. Anche alle elementari ero il classico secchione. In più ho sempre avuto una personalità molto marcata, a carismatica, per cui sono sempre stato anche un naturale capoclasse. Un capoclasse secchione, specie dura da abbattere. In ogni risvolto dell’esistenza, non solo su questo tema, che è estremamente marginale, praticamente inesistente, fra le mie priorità.
Carlo, toglimi una curiosità. Tu sei nato nel 1961, perciò hai 61 anni e nel 2023 ne compirai 62.
Dato che è impossibile che un essere umano in sessantun anni di vita abbia sempre avuto ragione, mi domando e ti domando: in questo lungo lasso di tempo c’è mai stata una volta in cui hai capito di essere nel torto? e una volta – una sola volta – in cui non hai preteso l’ultima parola?
Essere intelligenti, a mio modesto parere, significa anche capire quando si è nel torto.
Poi viene il passo piú difficile: bisogna ammetterlo. E non c’è nulla di male nel farlo.
Anzi, al giorno d’oggi – in un mondo di urlatori spocchiosi – ritengo che riconoscere il proprio torto sia merito non da poco.
Non avete colto che il mio uso (fin dall’articolo L’archiviazione) del termine “bacchettone” e “baciapile”: attualizzati ai giorni attuali sono riferiti al modo di ragionare politically correct. Commenti come il 6 e il 12 sono esempi dei bacchettoni (del politically correct): rileggeteli e specie il 6 sembra il testo di una sentenza dell’inquisizione Spagnola!
Secondo punto, dove molti di voi fanno confusione: l’intelligenza è quella facoltà individuale che permette di capire, in ogni istante e in ogni contesto, cosa puoi fare e come lo puoi fare. Torniamo al caso di specie: è ovvio che durante un’uscita ufficiale della Scuola, di fronte ad allievi con i quali non sono in confidenza (non fosse altro perché è la prima volta che ci vediamo…) NON mi permetto atteggiamenti “maleducati”, ma per mi comporto cos’ per quesitone di educazione generica, non di imposizioni del politically correct. Diverso è se sono in gita (o all’allenamento nel circolo sportivo cittadino che frequento), in un gruppetto di persone che magari conosco da 30 o 40 anni., con le quali (sia m che f) sono in profonda confidenza… Però anche in tal caso, non è che passiamo tutto il tempo a cantare le osterie: può capitare, ma se capita non mi freno per i limiti del politically correct (questo è il significato del mio commento precedente).
Infine. L’autore del commento 24, come al solito, non ha capito una beata mazza, perché restano validissime le mie critiche verso chi va in montagna da cannibale (riferito al modo di affrontare la montagna e i suoi pericoli). Come i miei amici, anche io, pur cantando le osterie o raccontando barzellette da caserma, ho sempre il controllo lucidissimo della situazione e vado in montagna con approccio “ingegneristico” e non di pancia.
Le due cose si sviluppano su due piani completamente diversi e già solo confonderli significa non capire una mazza.
insisto con questa foto. Mi piace il tatuaggio.
Dai Crovella, raccontaci di tua suocera con la tua verve sabauda, che ci manca di farci due risate….
Non c’è piú religione…
“Se mi devo “controllare” anche in montagna, reprimendomi… me vado da un’altra parte”
detto da chi combatteva la montagna istintiva, deprecava l’approccio istintivo e dava del cannibbale a che ascolta la pancia non è niente male…
e non mi si venga a dire che è diverso, che non ho capito, che non focalizzo!
E l’irreprensibile bacchettone sabaudo che fine ha fatto?
Non riconosco più Crovella….
Carlo, dopo l’ambaradan scatenatosi con l’Archiviazione, ora te ne esci con un commento che considerare provocatorio è dire poco.
… … …
Hai tu la vocazione di san Sebastiano?
Mamma mia, che “frantumazebedei” che sono CERTE donne di oggi, come la “6” o la “12”. Non riesco a comprendere chi trovi piacevole trascorrere il tempo di una gita (o di un’arrampicata) con persone così acide, così scassa, così affettatrici… E’ irrilevante che siano donne, vale anche per i maschi, se anche loro si rivelano degli scassa, su questo, come su mille altri argomenti.
Si va in montagna per rilassarsi, per divertirsi, al limite anche per sparare cazzxate: dopo tutta una settimana di grane e di rogne, di bollette da pagare, di fornitori che tentano di fregarmi, di clienti che protestano senza fondamento, di condòmini che non rispettano le regole, di cacche di cane spiaccicate sui marciapiedi, di moglie col muso, di suocera che non ne parliamo, insomma dopo tutta una settimana dei più imprevedibili scazxamenti vari… infine la domenica vado a fare una gita con gli amici e, a volte, mi metto pure a cantare le “osterie” o a raccontare le barzellette in stile berlusconiano o a commentare le tutine femminili che passano in sci. Embé? Se mi devo “controllare” anche in montagna, reprimendomi, solo perché in gita con noi c’è la la “6” o la”12″ del momento… ma… me vado da un’altra parte, senza né la “6” né la “12” e così respiro aria fresca!
Ognuno deve essere libero di vivere secondo i suoi parametri, non secondo i parametri che altri vogliono imporgli “solo” perché questi alltri parametri sono oggi considerati più nobili in quanto politically correct. Di conseguenza ognuno frequenti le persone con le quali è in sintonia. Se io mi trovassi male in un certo “giro” umano, mi defilerei da quel giro, mica cerco di cambiare tutti gli individui di quel giro, fracassandoglieli a sangue.
Quel gran marpione di Zio Sandro, che conosce bene il mondo, propina periodicamente (all’incirca da 5 anni in qua) un po’ di foto intriganti, sommando la roccia alla pelle scoperta. Embè? Vuol dire che c’è un giardinetto di vecchi allupati (come me) che, quel giorno, si prende una respiro di aria fresca… Ecchessaramai??? E poi, a voi che diavolo ve ne frega! Ci (mi) disprezzate? E disprezzateci(mi) pure, ma sai quanto ce ne frega, basta che vi lasciate in pace.
Le foto sono tredici (13). Viste le difficoltà in campo non posso aggiungere altro. Però a me roccia così compatta e con già dentro i rinvii non è mai capitata.
Ma possibile che si finisca sempre a commentare per generi e non per gesto atletico e ambiente? Ad esempio trovo le prime tre immagini esaltanti per contesto ambientale, roccia spaziale (e confesso che mi piacerebbe avere il livello adeguato se non altro per la bellezza che suggeriscono avere quei tiri) e stile di arrampicata, che non è certo il classico “ciapa e tira”. E due su tre sono uomini (e chissenefrega alla fine).
Passione di cui brillano, muscoli tesi e la fatica..si si.. l occhio cade subito sul muscolo:)))
…vanno talmente in alto da aver bisogno di farsi oggetto di ammirazione maschile, non certo femminile.
Alessandro, la butto lì’: e una bella serie di foto anni 80 con edlinger, destivelle, berault, Moffat e patissier….?
Oppure una sequenza fotografica di Bonatti, Maestri, Desmaison ecc ecc?
Adam Darragh non si sa bene cosa ci stia a fare. Forse come questo articolo ( seriale a questo punto) nel contesto di tutti gli altri. Serve per rilassare un po’ l’atmosfera generata dalle altre discussioni? Boh…
Sí, va bene. Quelle donne risplendono di sudore e di vita. Sono tecnicamente capaci e belle per la passione di cui brillano, per i loro muscoli tesi e la fatica. Sono da ammirare.
Però io sabato potrò andare sul Giovo con le ciaspole senza sentirmi un Fantozzi?
P.S. E Adam Darragh che ci fa? È capace? Risplende? Suda? Fatica?
O, in quanto maschio, è soltanto un lurido molestatore di femmine?
Climbing prn significa in realta’ che i soggetti ritratti ( i maschi, le donne sono notoriamente oggetti) sono tutti membri del PNR Partito di Ricostruzione Nazionale brasiliano. La prova e controprova sta nel fatto che e’ notoriamente impossibile che a valorosi alpinisti e rocciatori usi al rischio estremo nella lotta con l’alpe od il sasso manchi il modesto coraggio di affermare che si, purtroppo o per fortuna secondo la accezione comune climbing prn e’ da intendersi come climbing porn. Googlare per credere. Amen
Ripeto qui quello che ho già scritto altrove.
Quelle donne si divertono, provano gioia e soddisfazione per quello che stanno facendo.
Sono tecnicamente capaci e belle per la passione di cui brillano, per i loro muscoli tesi e la fatica.
Come si potrebbe non ammirarle?
Io le ammiro e spero che continuino così e che nessun uomo, mai, osi degradare la loro bellezza pretendendo di considerarle prede in attesa di essere rimorchiate.
Quelle donne splendono di sudore e vita e vanno così in alto che nessuno sguardo, per quanto misero, potrà ridurle a pezzi di carne.
In effetti non capivo le lettere finali e ho pensato che il titolo non mi piaceva e, confesso, neppure ora che so cosa significa.
9 lorenzo merlo says:
19 Gennaio 2023 alle 16:21
Si potrebbe dire che nessuno rema contro il femminismo più di certe femministe. PIENAMENTE D’ACCORDO CARO LORENZO
Si potrebbe dire che nessuno rema contro il femminismo più di certe femministe.
Per#6, Riccarda. Nel massimo rispetto per il tuo giudizio, occorre fare una precisazione. Non è scritto “porn”, bensì “prn”. Questo è un gioco di allusioni sia al sesso sia alla sigla “prn” usata spesso in lingua inglese, per esempio quando nelle prescrizioni mediche si vuole indicare “alla bisogna” o “quando serve”. L’acronimo deriva dal latino “Pro Re Nata”, che si può tradurre alla lettera “per la cosa nata” ma è una locuzione che significa “se necessario”.
Una volta c’era più gnocca in evidenza..:)) ora si vedono solo lontano e di spalle..
Mala tempora currunt
Trovo questa rubrica veramente disgustosa a partire dal suo titolo. Climbing porn. Ovverosia pornografia dell’ arrampicata. Offensiva e degradante per le donne, viste sempre e solo come oggetto di piacere. Mi stupisco che un sito di questa importanza dia spazio a una rubrica di questo tipo.
Carlo, credevo avessimo fatto il pieno di etichette nell’altro articolo! 🙂
La maggior parte degli scatti ritraggono paesaggi mozzafiato e alcuni trasmettono molta forza e fermezza. Complimenti agli scalatori e alle scalatrici!
Ma amo di più le foto raccontate.
Ma … Adam Darragh (@adamdarragh) … NON E’ UN UOMO? Cosa ci azzecca con queste belle alpiniste?
Crovella: stanno facendo la prova costume!
Che strano silenzio. Dove sono tutte le vestali del politically correct dei commenti all’articolo dell’11 gennaio???