D-day 2020

D-day 2020
(e la bussola in avaria)
di Lorenzo Merlo
(scritto il 20 aprile 2020)

Alea iacta est?
Non più riferimenti. Anche nell’emergenza della guerra ce ne sono, sia per i militari che per i civili. L’idea, il luogo, la fuga per la sopravvivenza sono chiari. Ora no. Come con il terrorismo più cieco e violento. Siamo in trappola o, in alternativa, colmi di paura come selvaggina nella battuta. In balia di eventi le cui spiegazioni hanno uno spettro che va dall’incompiuto al complotto lungamente premeditato, passando per tutte le vie di mezzo incompetenti, autoritarie, alternative, contraddittorie.

Le persone sono disorientate. Quanto sentono dal web non ha nulla a che fare con quanto si sente dalle tv e dai giornali di Stato. I giornali di Stato cercano di tenere botta con modi che vanno da la verità sono io alla richiesta di obolo per cercare di sopravvivere. E ci riusciranno perché sono a loro volta merce e arma di chi li possiede. Non resta che attendere censure crescenti per il web, suo oscuramento o hackeraggio governativo. Tutto naturalmente in nome del nostro bene oppure causato da qualche hacker nonché da imprevedibili blackout informatici.

Che il virus sia solo un diversivo di copertura a progetti egemonici da parte delle ormai ovunque citate forze delle profondità finanziarie? Forse le stesse che hanno demolito, insieme al Muro di Berlino, anche l’Unione Sovietica? Quelle che forse a quel punto si credevano con la Terra spianata pronta ad essere riempita di plastica e bancarelle, di merci e banche? Quelle che non hanno esitato a creare guerre e terrorismi islamici per focalizzare l’attenzione lontano dalle loro trame? Quelle che dopo aver raso al suolo Stati interi si sono infine dedicati alla Cina. Questa volta però, senza calcolare che, se l‘antrace era bastata per impiccare Saddam Hussein e mandare a gambe all’aria l’Iraq pur di alzare il livello dello scontro, a suo vantaggio, tra sciiti e sunniti, il virus, non è bastato a piegare l’economia cinese. Un bel guaio se non dovessero ora riuscire a comprare la sua classe dirigente affinché il boicottaggio provenga dal suo interno.

Perché tanta fantasia? Da un punto di vista fisico, la terra non sopporta più la demografia in esplosione, da quello geopolitico (termine ormai svuotato di senso) il progetto egemonico dei pochi non regge più la nazionalizzazione delle politiche e la crescente consapevolezza a mezzo web. Forse hanno premuto il bottone del D-day. Nel panorama dell’immaginazione, la narrazione non ha salti logici, quindi è del tutto proponibile che il peggio sia già qui, sebbene ancora così silente e ingannatore.

Loro
Nell’incessante sciabordio di informazioni un dato galleggia sempre a porre e riproporre una domanda tanto necessaria quanto paurosa: come è possibile che loro non abbiano contatti con la base, con noi? Ricordano gli aiuti umanitari portati agli afghani. Gli americani costruivano asili e cliniche e i locali dei villaggi circostanti li distruggevano. Non erano stati consultati su dove sarebbe stato più opportuno realizzare le opere.

Sì, è vero non siamo la base di niente. Tranne per quelli che credono nella democrazia.

La democrazia. Mai esistita se non per controllare con modalità illuministe, con metodi di velluto e d’oro. Se non per mantenere lo stato di schiavitù e mano d’opera accondiscendente, se non per farci bere calici di balzelli seduti a una mensa dal servizio decrescente, seppur tante volte il bastante per evitare il concerto di posate. Forse sono terminati anche quei tempi nei quali ognuno, dentro di sé riusciva ancora a portare l’attenzione sulla buona volontà. Finiti perché dopo innumerevoli tentativi la buona volontà e le gentili lamentele delle singole persone non sono state ascoltate da chi di dovere per migliorare i servizi della mensa.  Mentre loro osservavano la capacità sorprendentemente adattativa degli uomini. Mentre loro farcivano la democrazia di cunei separatori tra categorie, tra persone.

Trenta anni or sono, il cuore delle proteste ha cessato di pompare. Edonismo, individualismo, liberismo, come vampiri, hanno succhiato la vitalità degli uomini. Per poi rigettarla in canali artefatti che loro stessi avevano costruito credendo di realizzare il vero scopo della vita: avere successo, disinteressarsi del prossimo, delle cose, degli animali, dell’ambiente, correre verso la trinità della disperazione: l’accumulo, il denaro, il potere. Una fede. Destinata a condurci verso una bara ricolma di banconote e protesi tecnologiche, per un corpo afflitto da malattie e uno spirito svuotato di serenità.

Pusillanimità culturale
Opportunamente e facilmente indottrinati, per timore di annegare nel poco che avevano, gli uomini hanno venduto la propria madre pur di seguire la corrente del globalismo. Per quegli uomini si trattava di un evento immane, come la natura. Mai di una catena di scelte compiute dai suoi simili. Un evento salvifico dunque, che avrebbe, solo lui, concesso loro di seguitare la personale e sociale rincorsa verso una realtà che vedeva pregna di significato e sostanza, che non sospettavano riguardasse la fittizia superficie dell’esistenza, l’apparire.

Ora, che siamo al centro del guado e le sponde sono lontane, di tutto può accadere. Chi aveva già le consapevolezze critiche nei confronti dell’andazzo ha il web come ultimo appello per radunare i simili a se stesso, per tenere viva la speranza di essere considerato, di tornare a credere in qualcosa che non sia solo il proprio bieco interesse. Dentro questa speranza serpeggia il rischio di radunare anche la moltitudine di popolo che necessariamente vorrà affidarsi ai guru: non dispone del necessario per fare propria la filologia della protesta; dispone di energia notevole che, privata di dialettica, non ha altro canale che la rabbia verso il prossimo e l’eventualità della violenza verso se stesso. La perdita di controllo del poco che le persone possono radunare in termini di contrattualità, è alta.

Intanto, la vaccinazione per il Coronavirus pare obbligatoria. Un fatto grave che si aggiunge ad appesantire il corpo del risentimento popolare. L’app di tracciamento contagiosi (e contatti) che, sebbene al momento sia venduta come facoltativa, non tarderà a mostrare la sua vera logica. Ovvero se non ne disponi non puoi fare questo e quello e, per farlo, devi pagare e aspettare, la priorità è per i possessori dell’app. Le restrizioni sconsiderate, le comunicazioni ufficiali ondivaghe, tranne nella loro logica terrifica, lo spettro di una crisi economica che qualunque scintilla muterà in sociale, che qualunque previsione la considera per più corposa di quella conosciuta per la clausura domiciliare. La progressiva installazione delle strutture necessarie al 5G, la promessa di liquidità per la ripresa economica, bloccata dalla burocrazia strutturale di questa politica e di queste istituzioni, che neppure una parola hanno dedicato ad un cambio di registro più ecocentrico, meno egocentrico.

Facile psicologia
Il senso vittimistico, mai troppo lontano dalla nostra psicologia, avrà di che nutrirsi nel paniere del nostro attribuire colpe e responsabilità al governo. Come fosse colla di pesce, ci sentiremo uniti e solidali forse sufficientemente per sovversioni piccole o grandi.

Sentirsi vittima non porta ad alcunché che permetta passi evolutivi, il solo vero dono nascosto in tutte le scatole delle crisi. Forse al momento ci sembrerà d’averlo scartato come un regalo inutile. Ma il rilascio non ha il tempo dell’usa e getta. È a lunga scadenza. Forse, tra qualche anno o generazione, la crisi del Coronavirus non sarà citata come la pandemia del 2020, ma come l’avvio definitivo di un nuovo paradigma. Non più famelico e devastante, non più alla trangugia e divora.

Ma, per avere fede è necessario aver preventivamente accreditato il medium che porta la voce. Un contesto per la maggioranza di noi che non sussiste. Oggi, dopo l’evidente impossibilità di governare secondo una balistica da aria compressa, dopo la spumeggiante risacca nella quale è andata tritandosi la bussola dei valori con la quale avevamo sempre una direzione da seguire. Come è possibile governare nel senso sublime e sublimante del concetto? Oggi non c’è che mordi e fuggi. Tutto è fallito. Le pezze non possono più correggere una modalità di concezione del mondo, come certa classe dirigente ancora crede. L’abito va sostituito.

Nessuno più, tranne le generazioni più anziane, possono ascoltare con credito la voce ufficiale. Solo alcuni di loro, i meno corrotti dalla diffusione della comunicazione, quelli che la politica non m’interessa, ancora si alzano in piedi a battere i tacchi quando entra il re. Nessun altro.

Suerte. A tutti noi.

4
D-day 2020 ultima modifica: 2020-05-01T04:46:59+02:00 da Totem&Tabù

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1 commento su “D-day 2020”

  1. Spero che i dadi non sia ancora tratti.
    Spero ancora in un cambiamento. 
    E non voglio si torni alla vita di prima.
    Vorrei che tante cose fossero diverse, più giuste, più a misura, più lente, più naturali, più essenziali.

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