Denali, Diretta Slovacca

Denali, Diretta Slovacca
(una perla della scalata in Alaska)
di David Bacci
(pubblicato su Annuario del CAAI 2019)

Da bambino le leggendarie avventure di Jack London mi avevano fatto sognare l’Alaska e una visita in questa terra abitata da animali selvaggi e uomini duri era ormai d’obbligo. Dopo le mie salite patagoniche sul Cerro Torre, Est del Fitz Roy e Cerro Murallon mi sentivo pronto per un nuovo e ambizioso obbiettivo. Avevo letto i racconti di Mark Twight in Confessioni di un serial climber e la sua salita con Steve House e Scott Backes sulla Diretta degli Slovacchi alla parete sud del Denali (in Italia conosciuto anche come Mount McKinley, NdR) in 60 ore continue mi aveva davvero affascinato.

Sulla Diretta Slovacca al Denali

La parete aveva anche un grande valore simbolico visto che nel 1961 i “Ragni di Lecco” Riccardo Cassin con Jack Canali, Luigi Airoldi, Annibale Zucchi, Romano Perego e Gigi Alippi avevano aperto su questo versante una delle vie mitiche dell’alpinismo mondiale. Quindi con il mio amico Luca Moroni di Varese e ormai compagno di mille avventure ci fissiamo l’obiettivo di salire la Diretta Slovacca sulla parete sud del Mount Denali 6190 m. La via era stata aperta nel 1985 in 11 giorni da Tóno Križo, František Korl eBlažej Adam con difficoltà di WI6, 90+, M6 e A2 per un dislivello di 2800 m. La via è considerata la più difficile sulla montagna più alta del Nord America e conta solo 7 ripetizioni.

Avevamo scelto un obiettivo molto ambizioso ma sicuramente fattibile se fossimo stati sufficientemente pronti e allenati. Dopo diversi mesi di preparazione e aver salito diverse vie di misto con elementi simili a quelli che avremmo trovato sul Denali come il Couloir nord del Dru, la Nord dell’Eiger, la Divine Providence, il Pilastro rosso, il Pilone centrale e tante cascate di ghiaccio di sesto. Inoltre senza sosta maciniamo chilometri di dislivello e ci alleniamo in falesia. Dopo un’altra spedizione al Cerro Murallon a gennaio sono pronto per il Denali. lo e Luca, dopo aver incontrato i membri della spedizione dei Ragni del 1961, Luigi Airoldi e Romano Perego, partiamo alla volta di Anchorage il 29 di maggio con l’intenzione di rimanere sulla montagna quasi un mese. Arrivati nella piccola città di Talkeetna aspettiamo due giorni prima di poter volare sul ghiacciaio Kahiltna.

La mattina del 31 maggio 2017 il piccolo aeroplano della compagnia Sheldon Air Service, completamente stipato di materiale, ci porta sul ghiacciaio. Il tempo è magnifico e siamo subito impressionati alla vista della parete sud del Denali. Appena atterrati iniziamo a tirare le nostre slitte da 70 kg l’una sul West Buttress, via normale della montagna. In 5 giorni arriviamo al campo 14000 (4200 m) dove ci riposiamo per qualche giorno e iniziamo ad acclimatarci. Saliamo prima a 5000 m, il giorno dopo a 5500 m. Aspettiamo qualche altro giorno che il tempo migliori e saliamo i 2000 m di dislivello tra campo 14000 e la cima a 6190 m in 10 ore tra andata e ritorno. Il tempo è freddissimo e la temperatura a -40°C costringe Luca a rinunciare a causa dell’insensibilità ai piedi, io raggiungo la cima in ottime condizioni e molto rapidamente. Siamo contenti e ci sentiamo in perfetta forma fisica e ben acclimatati. Trascinare le slitte per 20 km su per la montagna ci ha messo in ottima forma. Il tempo però cambia e le previsioni meteo non danno bello per almeno 10 giorni.

Rimaniamo al campo 14000 riposando e facendo svariati giri con le pelli per rimanere in forma e acclimatati. Le temperature al campo si aggirano costantemente sui -20°C. Fortunatamente il nostro caro amico e esperto meteorologo Matteo Della Bordella ci fornisce le previsioni meteo da casa e prevede dal 15 al 23 una finestra di almeno 5 giorni di bel tempo. Siamo pronti e aspettiamo pazientemente, diamo un giorno alla parete per sistemarsi dopo le nevicate delle settimane precedenti e a mezzanotte del 15 giugno iniziamo il nostro avvicinamento. Ricorderò tutta la vita la discesa dalla “Wickwire Ramp” appena scolliniamo sulla West Rib. Iniziamo la discesa di questo dedalo lungo 600 m di 50° con almeno 60 cm di neve fresca tra crepacci senza fondo e seracchi che ci guardano sopra la nostra testa. Navighiamo attraverso questo labirinto sapendo che a ogni passo la possibilità di tornare indietro si fa sempre più remota. Abbiamo paura di tutto, di staccare valanghe, che i seracchi sopra la nostra testa decidano proprio in quel momento di staccarsi o di finire in qualche crepaccio e scomparire per sempre. Ci muoviamo il più veloce possibile e per fortuna dopo 6 ore il nostro fiuto ci porta sotto l’attacco della cresta Città di Lecco o Cassin Ridge.

Da lì con molta fatica risaliamo un pendio di neve fresca che ci porta fino a delle roccette dove troviamo due vecchi chiodi del 1961 dei Ragni. Ci caliamo con la prima di 10 doppie nel canale che porta al ghiacciaio North East Fork e da qui alla base della parete sud. Arriviamo dopo 9 ore sul ghiaccio. L’ambiente è davvero impressionante con l’unica via di uscita proprio la parete sud del Denali e i suoi 3000 metri di dislivello. Ci riposiamo tutta la giornata e alle 7 di sera attacchiamo la parete. La prima parte è esposta a un grosso seracco e cerchiamo di muoverci il più velocemente possibile ma la neve fresca ci rende lenti e goffi. Iniziamo un lungo traverso su ghiaccio fine e arriviamo sotto al primo tiro di sesto grado di ghiaccio. Con lo zaino e su ghiaccio di pessima qualità salgo io da primo cercando una buona combinazione tra velocità e sicurezza. Devo già dare fondo alle mie energie e arrivo in sosta provato. Recupero Luca e continuiamo su diverse lunghezze di corda di misto difficile e roccia spesso coperta da neve. Impieghiamo 12 ore di scalata per raggiungere il primo ghiacciaio sospeso e ci ritagliamo un buco nella terminale dove piazziamo la tenda.

Sui nevai della parte alta della Diretta Slovacca

Il tempo cambia e nevica tutto il giorno, per fortuna alle 8 di sera riusciamo a riprendere la scalata. Sappiamo che questo sarà il giorno più lungo e difficile. Luca parte da primo e sale diversi tiri di M5 e M6 di difficile proteggibilità. Da secondo salgo il più velocemente possibile recuperando il materiale. L’ambiente è impressionante con un gigantesco muro sopra di noi che continua a scaricare valanghe di spindrift. Ci sentiamo come topi in trappola ma siamo comunque felici perché niente e nessuno ci ha obbligato di essere in questo posto, è solo frutto della nostra volontà e passione per l’alpinismo. Alla fine di questa sezione riprendo il comando e salgo i tiri della Rampa, il ghiaccio duro e friabile mi costringe a dare il massimo per salire tiri verticali e anche strapiombanti. Un ultimo tiro di M6+ ci porta sulla spalla nevosa verso le 4 del pomeriggio: da qui parte un lungo tiro di 50 metri di A2 che Luca sale in un’ora, io risalgo con le jumar e gli zaini. Zaini che, anche se tirati al minimo, pesano 18 kg. Due difficili e precari tiri in traverso ci portano sul lungo pendio che affianca Big Bertha, un seracco di 100 metri che divide in due la parete. È davvero impressionante. Risaliamo nella neve fresca fino alle ginocchia dandoci il cambio ogni ora.

Arriviamo sotto gli ultimi due tiri di roccia dopo 23 ore di scalata continua. Siamo sfiniti e decidiamo di bivaccare. Ormai abbiamo perso il senso del tempo e riposiamo una decina di ore per recuperare le forze. Pensiamo di aver superato le difficoltà tecniche ma subito il muro che sembrava facile ci riserva due ostici tiri di misto. Le temperature bassissime ci rendono lenti e i nostri guanti sono duri come il cemento. Superati questi tiri puntiamo verso la cresta della via Città di Lecco battendo tracce nella neve fresca. Saliamo 100 metri a turno, impiegando mediamente un’ora per ogni 150 metri. Arriviamo a quota 5600 m dopo altre 14 ore di scalata. L’ambiente glaciale è magnifico e la vista veramente stupefacente. Ma siamo ormai stanchi e quasi privi di forze.

Bivacchiamo un’altra notte a 5600 m. La mattina il tempo si è guastato e con poca visibilità seguiamo la via più facile. Arriviamo in cima alle 5 del pomeriggio del 23 giugno 2017 con le ultime riserve di energia. La gioia è immensa, però ci attendono altre 5 ore per tornare al campo 14000 che abbiamo lasciato 5 giorni fa. Al campo chiamiamo Luigi Airoldi per fargli i complimenti per la loro salita nel 1961 e per ringraziarlo per la motivazione che ci ha trasmesso. Al campo 14000 risposiamo un giorno e il giorno seguente scendiamo per tornare alla pista di volo. Il 26 giugno rientriamo a Talkeetna, magri, stanchi ma molto soddisfatti per aver fatto l’ottava salita di questa via mitica per l’alpinismo mondiale.

La Diretta Slovacca
tratto da High Alaska -A historical guide to Denali, Mount Foraker and Mount Hunter, di Jonathan Waterman (traduzione di Mauro Penasa).

Elevandosi direttamente lungo il versante meridionale, appena a lato della cresta Cassin, questa è la via più diretta che sia stata tracciata sul Denali.

Si tratta principalmente di una difficile via di ghiaccio ed è di certo una bella sfida per una salita in stile alpino da parte di una cordata di alpinisti con buona esperienza. Come le altre vie sulla parete sud, l’itinerario è battuto da valanghe di neve polverosa dopo le immancabili tempeste di neve, ma è protetto dai crolli di ghiaccio dei seracchi di Big Bertha (l’enorme ghiacciaio pensile a metà parete).

I cecoslovacchi si erano già fatti notare sul versante sud, con l’apertura del Milan Krissak Memorial, nel 1980. E nel 1986 un’altra forte squadra avrebbe salito un’analoga, ma questa volta pericolosa, via sulla cresta sud-orientale del vicino Mount Foraker.

A 32 anni, Blažej Adam, guida alpina e operatore del soccorso negli alti Monti Tatra, fu ispirato alla salita della Diretta osservando assieme ai suoi compagni, Tóno Križo e František Korl, di 27 e 29 anni rispettivamente, una foto del versante sud.

In vetta al Denali

Jan Špakula, František Adamik e Ervin Velie avrebbero simultaneamente salito lo sperone sud (South Buttress, la normale del Denali) come squadra di supporto. Erano tutti membri del Metropol Košice Club e questa era la loro prima salita in Alaska. Ma quando dopo la salita chiesero ad Adam se si trattasse della più dura della sua vita, rispose che ne avevano fatte di molto più difficili sulle Alpi…

Il 13 maggio del 1984 i tre alpinisti iniziarono la salita. Avevano con loro 60 chiodi, 30 viti da ghiaccio, 240 metri di corda da fissare e 45 moschettoni.

Il primo giorno scalarono 5 lunghezze di ghiaccio tra i 30° e i 45°, per bivaccare sotto una piccola fascia di rocce. Questa fu superata con un tiro di 5.4, poi, salito il nevaio soprastante, passarono un’altra fascia di rocce attraverso un couloir di ghiaccio tra i 60° e i 90°. Una scalata continua su terreno misto sul V facile li portò al loro secondo bivacco, dopo altri 5 tiri.

Il terzo giorno salirono 8 tiri, con una breve sezione di ghiaccio verticale. Passarono le successive tre notti a 13500 piedi, appena più in alto del primo ghiacciaio pensile. A 13500 e a 16900 piedi riuscirono a piantare la tenda. Invece, il resto dei loro bivacchi fu su piccole cenge di ghiaccio che richiesero sempre ore di duro lavoro di scavo ogni notte.

Fissarono corde per tre giorni, aggiungendo 13 tiri di roccia fino al 5.6. Il ghiaccio era mediamente sui 50°, anche se in un paio di tiri raggiunse i 70°, con un tratto strapiombante. L’ultimo tiro del terzo giorno fu un tratto di misto verticale e strapiombante, dove Adam fece un volo di oltre 15 metri da capocordata…

Passarono la settima notte su un piccolo nevaio. Fino a questo punto avevano trovato bel tempo, ma le condizioni dovevano peggiorare durante il resto della salita. Rallentati dall’altezza salirono 6 tiri quel giorno, trovando difficoltà di 5.5, un tiro di misto e ghiaccio non molto ripido. Il giorno seguente si mossero su terreno simile, salendo altri 8 tiri e mettendo la tenda a 16900 piedi, vicino ad un campo sulla Cassin Ridge. Al di sopra le difficoltà tecniche erano finite.

In tre giorni di scalata raggiunsero la via Haston-Scott appena sotto la cima. Il 23 maggio 1984, uno della squadra di supporto si calò lungo la parete per accompagnarli in vetta. Discesero il South Buttress in due giorni, felici di essersi ricongiunti con i propri amici. Adam consigliò gli eventuali ripetitori di portarsi una lima, perché i loro ramponi e picche avevano perso troppo filo per la continua scalata su ghiaccio.

E per la mancanza di posti pianeggianti disse che forse era meglio evitare la tenda…

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Denali, Diretta Slovacca ultima modifica: 2020-08-23T05:12:17+02:00 da GognaBlog

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