In due time (a tempo debito)

Lettura: spessore-weight****, impegno-effort***, disimpegno-entertainment***

Introduzione di Gian Piero Motti (GPM 071)
In due time, a tempo debito. Ogni cosa è bene che giunga a tempo debito. E così è per questo articolo di Tom Higgins.

Se la sua traduzione fosse apparsa soltanto un paio di anni fa, probabilmente non avrebbe potuto essere afferrato e compreso nella sua interezza. Non solo per i riferimenti storici molto sottili legati al mondo del Yosemite (ma è soltanto un parametro divenuto oggi universale), ma soprattutto perché lo si sarebbe preso per uno scherzo garbato. E invece non è così.

È vero, lo scritto necessita di una buona conoscenza del milieu americano nato nella valle. Ma ormai tanto si è detto e tanto si è scritto (a proposito e a sproposito), che chiunque ne sa abbastanza. In breve è nata la leggenda, con tutte le sue deformazioni.

Ma tutti conoscono un Robbins ambizioso, razionale e purista; un Frost mistico e religiosissimo; un Roper rude e sboccato; un Chouinard profeta della valle; un Pratt modello di suprema dedizione all’arrampicata, l’uomo della scelta totale; un Harding vulcano insofferente, gran bevitore di vino; un Salathè intoccabile, il Grande Padre. È il mondo dei grandi pionieri degli anni Sessanta in Yosemite.

In due time potrebbe apparire uno scritto cattivo. Anche all’autore, Tom Higgins (eccellente arrampicatore della valle, posto, per così dire, a cavallo tra la generazione di ieri e quella di oggi) sulle prime fu rimproverato di aver scritto un articolo un po’ black, un po’ nero. Ma non è certo così. Egli stesso replicò dicendo che invece fu scritto con profondo e sincero affetto per gli attori della commedia (o del dramma?).

Perché in effetti di dramma si tratta. Attuale, verificabile anche oggi nel nostro mondo alpinistico (si badi che l’articolo apparve su Ascent 1972 e una volta di più si osservi un nostro ritardo valutabile in circa dieci anni). Vi è come una netta frattura fra due generazioni, che pare vada scavandosi sempre più all’altezza dei livelli estremi, per ora inconciliabili.

Come sempre accade, la verità non è univoca: vi sono torti e ragioni di qua e di là. Soltanto l’ignoranza, o la mancata presa di coscienza dei vissuti altrui, può generare situazioni del genere, tipiche nel tempo umano. È che le schiere dei giovani arrampicatori vivono ormai un tempo diverso e non vogliono, o meglio non riescono, a comprendere e afferrare non solo gli antichi stimoli e valori dei precursori, ma nemmeno il grande valore delle loro imprese, negandone pure il contenuto eroico. Certamente questo non è giusto. Come non giusto è il disprezzo degli altri per i giovani e la negazione di ogni valore nel loro modo di intendere l’alpinismo. Ma è un tutto provvisorio. Vi è un ponte che unisce i due mondi. Certo, gli eroi di ieri hanno il sacro terrore di una parola, che si chiama banalizzazione ed esitano perplessi prima di scendere dalle torri dei loro castelli crollanti, dove la solitudine regna sovrana.

D’altronde anche il Nuovo Mattino è soltanto un tempo di mezzo, necessario per trasferire il problema su un piano risolvibile. È soltanto tempo, spazio da percorrere. Per alcuni la sua alba non è ancora spuntata; per altri la sua luce brilla nel sole di mezzogiorno e pare non debba mai finire; per altri ancora già volge al tramonto con un po’ di melanconia. Alcuni forse già vedono riapparire all’orizzonte quelle montagne altissime, simboliche e sacre, le grandi montagne della nostra infanzia, quelle che in un articolo di esattamente dieci anni fa (Riflessioni, che fu l’inizio di tutta una storia) definivo lontane e irraggiungibili, da osservare dal fondo della valle. E già con esse si intravvede un rapporto nuovo, diverso, che però è sempre esistito ma che non abbiamo mai conosciuto.

A questo proposito sottolineo l’estrema bellezza del dialogo notturno finale tra Pratt e Robbins, sulla vetta del Capitan. La loro grande difficoltà, forse per troppo amore della vecchia montagna, a lasciare il mondo degli dei umani per scendere nel gregge e farsi umilmente guidare in un cammino d’Amore verso il Mondo degli Uomini.

Per quanto riguarda l’articolo, come dice Roper, io «non vi vedo nulla di scherzoso, nessuna partita da portare alla fine».

Sotto l’apparenza scherzosa (ed esiste certamente un magnifico umorismo, da citare come esempio a chi vorrà cimentarsi in scritti del genere) il tema è profondo. Alcuni passi, come nel dialogo finale, sono veramente toccanti, almeno per chi ha vissuto questo piccolo (ma anche grande nel vissuto di ognuno) dramma esistenziale dell’abbandono voluto e cosciente.

Mi si perdoni anche una certa libertà nel tradurre, resasi necessaria per trasferire nel nostro ambiente i modi del mondo californiano. E anche per rendere a volte le frasi in rima o per tradurre passi che resi alla lettera perderebbero ogni significato.

Ma, mio Dio!, mi accorgo che è già notte fonda e io sto ancora battendo alla mia macchina da scrivere. Le ore sono trascorse veloci. È tardi, ormai. È tempo di andare.
Torino – novembre 1981 – Prima che il gallo canti.

In due time (a tempo debito)
(commedia in tre atti)
di Tom Higgins
(pubblicato su Ascent n. 6, giugno 1972)
(ripreso in italiano da Scandere 1981-1982)
Traduzione dall’inglese di Gian Piero Motti
«un solo pastore per un solo gregge »

Attori (sulla sommità del Capitan al nostro tempo)
Yvon Chouinard, Tom Frost, Warren Harding, TM Herbert, Chuck Pratt, Royal Robbins, Steve Roper, altri giovani arrampicatori

ATTO I
Yvon Chouinard, Tom Frost, TM Herbert, Chuck Pratt, Royal Robbins e Steve Roper si tengono per mano formando un cerchio. E quasi buio. Il gruppo, ovviamente su di giri, danza compiendo un frenetico girotondo. Infine tutti si abbandonano esausti e intonano un coro beffardo:
Noi fanciulli immortali
in questa partita
giocammo le carte
per una gloria infinita!
Ma tu, crudele destino
su presto proclama
che la grande avventura
è giunta al declino!
è giunta al declino
!

ROBBINS. Orsù, ditemi dunque, prima di andare, chi di noi fu il migliore? chi fu il capo della partita?

CORO. Oh, tu Royal, tu.

CHOUINARD. E chi fu il più semplice e al tempo il più elegante?

CORO. Tu Yvon, tu soltanto.

HERBERT. E chi il più umano e il più dotato di spirito?

CORO. Tu, TM, tu naturalmente.

ROPER. E chi il più grossolano?

CORO. Tu Steve, tu.

PRATT, un po’ sommessamente rispetto agli altri. E chi il più moderato?

CORO. Oh, tu Chuck, tu.

HERBERT, alzandosi. Qualcuno vorrebbe essere così gentile da ricordarmi perché siamo saliti fin quassù? Giù in basso ho moglie e bambini, e un mucchio di birra ghiacciata da bere.

ROBBINS. Abbiamo giurato di farla finita. Ti prego, ricorda! ricorda, ti prego! Lo stanco rituale, la noia infinita, la schiena spezzata, la fessura bagnata, il sacco pesante da issare con mano tremante. Che significato per noi è restato? un dito schiacciato, il sangue infettato!

Una grande salita non è la gloria infinita. Presto verrà ripetuta da un giovane atleta. Qui dunque è la volta di mostrare il nostro coraggio. Questa è la sola immagine che ai posteri lasceremo in omaggio. Venite dunque fratelli, è ora, bando agli indugi: il vuoto ci attende. Giù, è ora d’andare, è ora d’andare! E si dirige in direzione ovest verso il vuoto sempre più oscuro.

FROST. Oh giorni beati! oh giorni beati! Si alza e si trascina a fatica per un paio di piccoli passi. Si alzano tutti a stento, come un gruppo di ubriachi.

HERBERT, in tono sommesso a CHOUINARD. Frost è andato.

CHOUINARD, un po’ meravigliato. Planeremo nel vuoto compiendo un arco perfetto fino alla fine. A PRATT, che comincia a stralunare gli occhi. Cerca di imparare i molti modi di planare nell’aria. Come aquile… proprio come aquile… già, ma come si farà a virare? Si ferma e cerca di assumere una posizione da tuffatore.

PRATT, incespicando più lontano nel buio. Dov’è finita la mia bottiglia?

ROPER, in tono sarcastico. Pensavo che fossimo saliti fin quassù con la ferma intenzione di buttarci giù dal Nose. Rivolgendosi a CHOUINARD. Ma non certo per metterci in posa, non certo per metterci in posa!

ROBBINS, con vivo piacere. Esattamente! Per buttarci di sotto! Il tempo è venuto. Non udite il rintocco delle campane? Tutti ascoltano, poi si guardano l’un l’altro interrogandosi. Non importa. Non importa. Non voglio prendermi gioco di voi. Ma pensate soltanto alle orde dei giovani scalatori. E che nessuno cerchi delle scuse!

PRATT, avvicinandosi a ROBBINS con la bottiglia in mano. E allora mi vuoi dire, o pazzo, perché mai apristi le scuole d’arrampicata? Le scuole e i negozi d’alpinismo hanno invaso la valle e le pareti!
Sorridendo sadicamente, scuote il capo di ROBBINS. Finisce in una zuffa, ma FROST, baciandoli entrambi, viene a separarli. Frattanto CHOUINARD, rimasto appartato, sta provando le varie posizioni di volo… braccia in alto, in fuori… mani aperte, chiuse… Improvvisamente, dal bordo della parete, sorge un rumore sordo di colpi di martello, stridore di trapani e ferraglia, tintinnio di chiodi, staffe, moschettoni, blocchetti, ombrelli e corde.

HARDING, in un ammasso caotico di fettucce, martelli, nut, chiodi ad espansione, sacchi, tendine, macchine fotografiche, cineprese e bottiglie di vino, si rizza elegantemente sul bordo sommitale emergendo dal vuoto. Sulla fronte porta incollato un distintivo dell’Esercito della Salvezza.

HARDING, sgranando gli occhi, che appaiono sotto ciuffi di capelli incolti come erbacce. Che salita divertente! Ho bucato per tutta la lunghezza della via, fino all’ultimo metro: una prima assoluta. Oggi il cammino della gloria non passa per la via migliore, ma per la peggiore. Prendi la bomba! Ma intanto, dove sono le telecamere?

PRATT, schiumando di rabbia. Sacrilegio! Sacrilegio! Ecco la prostituzione dell’alpinismo! Una messa in scena realizzata per quattro sporchi soldi. Dobbiamo giocare bene la nostra partita o non giocarla affatto: arrampicare non è lavorare da carpentieri! In libera dunque fin dove si sale lungo la linea naturale: venga poi l’artificiale. Un chiodo ad espansione o due, se proprio dobbiamo, ma il gioco non prenda la mano! Buca soltanto quando tutti i tuoi colpi sono stati sparati. E macchine foto e giornali, all’inferno siano gettati. Essi non dicono il Vero, ma dicon soltanto ciò che vogliono vendere. Arrampicare era la nostra ultima spiaggia in un mondo andato a puttane. Ora sei tu che porti tra noi la violenza del denaro! Mio Dio, ma come posso avere ancora fede?

ROBBINS, in fretta, prima che HARDING possa rispondere, e afferrando PRATT e HERBERT. E allora giù di sotto!

HERBERT, piagnucolando. Pietà! ho dei bambini!

FROST, in tono serio. Ha dei bambini!

Dall’oscurità, verso nord, si riesce a udire un coro di voci che canta:
Guarda quel gruppo com’è decaduto!
Ora voglion farla finita,
ma la loro grinta è tutta marcita!
Guarda il loro ego pompato
che ora se ne va giù con loro
verso la morte che hanno comprato
.

ROPER, che cerca di guardare incredulo verso nord. Machecazzostasuccedendo?

ATTO II
Una schiera di giovani arrampicatori capelluti, aitanti, dal corpo atletico e possente, emerge dall’oscurità portando delle torce in mano. Il loro capo, sommerso da una cascata di riccioli biondi, cammina innanzi a tutti.

CHOUINARD. Un’apparizione!

PRATT. Ma che apparizione!… Facce da froci!

ROBBINS, inciampando verso il CAPO. Dimmi da che parte stai!

Il CAPO. Arrampico, arrampico sempre. Abbatto pareti, una dietro l’altra, di salita in salita.

ROBBINS, che va facendosi duro con il CAPO. Ah, allora sei di quelli!

PRATT a ROBBINS. Guarda che questi sono i tuoi figli, usciti freschi freschi dalle tue scuole. Sbattitene le balle di loro.

ROBBINS, che fissa ancora intensamente il CAPO. Troppo tardi, troppo tardi. FROST, trascinandosi a fatica. Oh giorni beati!

HERBERT, amabilmente e cercando di ridurre la tensione. Ma che bella notte per una cenetta. Alle quattro si potrebbe fare una birra e una pizzetta.

HARDING, che sembra molto calmo. L’idea non mi dispiace!

Il CAPO, che ignora tutti tranne ROBBINS. Fai questo! E comincia a fare la ruota.

ROBBINS, facendo anch’egli la ruota. È facile!

Il CAPO, elevandosi fieramente su un solo braccio. E poi questo!

ROBBINS, piuttosto faticosamente. Non male!

Il CAPO, battendo le braccia in aria e volando. E questo!

ROBBINS, battendo le braccia ma cadendo pesantemente al suolo. Oh no! Ho perduto!

I GIOVANI ARRAMPICATORI, all’unisono:
Sebbene tu molto in alto sia salito
volar non puoi.
Hai perduto,
volar lui può.
Tu no.

ROBBINS, che cerca ancora di volare mentre HERBERT e CHOUINARD si dan da fare per convincerlo alla resa. Corpo, vola! Io ti ordino di volare!

PRATT, in tono isterico a ROBBINS. Impara una volta per tutte la lezione. Non puoi battere tutti gli uomini.

HERBERT a FROST, in tono quieto. Se soltanto PRATT avesse voluto tornare agli studi… poeta… filosofo… maestro…

ROPER. E anche martire.

FROST, vivamente sorpreso… e cosa?

ROBBINS, finalmente esausto. PRATT ha ragione. È giunta l’ora della disfatta. Buttiamoci dunque di sotto e chiudiamo per sempre la partita.

Improvvisamente nell’aria si diffonde un altro coro, che questa volta sembra giungere da tutte le direzioni. Non sono voci distinte, ma come una cascata di voci angeliche bellissime e calme. L’atmosfera si fa luminescente, mentre un’aureola densa e luminosa avvolge tutta la scena. Dei volti cominciano ad apparire e poi a svanire nella nebbia luminosa. Appare ANTON NELSON, poi scompare. Poi, allo stesso modo appaiono e svaniscono JULES EICHORN, BESTOR ROBINSON, AL MACDONALD, MORGAN HARRIS, GEORGE WHITMORE, MARK POWELL, DICK LONG, DON WILSON, LES WILSON, e ancora ANTON NELSON. Poi, splendente e durevole, appare l’immagine di JOHN SALATHÈ.

CHOUINARD è soggiogato. PRATT paralizzato. TM tremante. HARDING suonato. ROPER rivettato. FROST scosso ma sorridente. ROBBINS sbiancato in viso e in ginocchio. Il CAPO e i suoi compagni seduti accosciati.

ROPER. Machecazzostasuccedendo?

ATTO III
SALATHÈ, solennemente e al di là di una barba fluente.

Carissimi. Non parlerò in rime e nemmeno servendomi di parabole veritiere. Ascoltate me e il coro degli angeli nel quale voi giammai avete creduto. Ora io vi porto i sacri comandamenti a causa della continua violazione dei quali voi potrete vedere la vostra giusta e meritata punizione mediante il flagello dei lampi e l’accecamento delle folgori.

Primo, peccato di arroganza. La vostra arroganza è ben nota nell’altro mondo, anche se voi cercate di mascherarla sotto le apparenze della competizione amichevole. Invece, il più delle volte, essa è alleata con il più nero e profondo disprezzo per gli altri. E cos’è mai l’incontro di questa notte se non il rigurgito di veleni creatisi nei vostri scontri senza fine e tenuti troppo a lungo repressi? E non parlo soltanto di arroganza tra di voi e nell’interno di ogni gruppo, ma anche di una falsa arroganza prima dei tempi moderni. Dannato sia tu che te ne stai in disprezzo del mondo, ma intanto prima fai bella mostra delle macchine fotografiche nelle tue mani e poi vendi l’alpinismo sulle piazze dei mercati!

CORO. Tu non coltiverai nel tuo animo l’arroganza generatrice di odio, nemmeno dovrai reputarti meritevole di applausi e di gloria, né continuerai a mantenere il tuo falso disprezzo.

SALATHÈ. E poi peccato di egoismo, che voi invece chiamate individualismo. Il vostro egoismo ha scavato dei solchi profondi e avvelenati nell’anima altrui, gettando vergogna soprattutto sulle donne che hanno avuto la sciagura di venire nelle vostre vite. Guardate! Esse sono state trattate da voi come delle serve e sono giunte al punto di considerare il loro passato come spazzatura da gettare sulle vostre facce!

CORO. Tu non ti servirai più degli altri per il tuo comodo o per soddisfare il tuo potere.

SALATHÈ. E poi peccato di cinismo, che voi definite come realismo. Tu, spregevole gruppo, tu dovresti conoscere assai bene i mali che affliggono questa nazione e quest’amatissima terra, ma tuttavia ancora non fai nulla per la salvezza dei tuoi fratelli e di te stesso! Non vi è male più grande che non conoscere e amare in giusta proporzione se stessi e il momento che ci è dato di vivere; voi non fate nulla per combattere le ingiustizie e per porre rimedio ai disastri della natura. Di fronte a questi problemi vi ritirate in voi stessi e vi fate beffe del giudizio imminente.

CORO. Tu non ti sottrarrai alle tue responsabilità e sarai infiammato di misericordia.

SALATHÈ. E in ultimo, peccato di disprezzo per se stessi, ignorato da voi in quanto non lo accettate nemmeno e non volete conoscerlo. Gli angeli hanno pietà della vostra colpa, dalla quale derivano tutti i vostri peccati. L’uomo che possiede la pace interiore e che sa accettarsi vive e arrampica in piena conoscenza del suo status e sa collocare il suo valore, del tutto incurante della sua preziosa immagine. Pietà per l’uomo che non si conosce e nemmeno conosce l’odio che nutre nel suo spirito per se stesso.

CORO. Tu prenderai conoscenza e rispetterai prima di tutto te stesso e poi sarai capace di amare ogni cosa nelle giuste e debite proporzioni, senza farti dominare dalle passioni.

Il volto risplende di luce nel silenzio generale, e sembra in attesa di una risposta.

Il CAPO, scuotendosi. Ci sarebbe il tempo… per… una… replica? Più confidenzialmente. Non avete dunque udito? Nella gioventù è la salvezza del mondo! Nulla ci potrà fermare! Le nostre donne saranno liberate! Le barriere sociali saranno abbattute! Ascoltate tutti! Noi non arrampichiamo per la gloria! Pace interiore, libertà creativa, forza vitale, agire disinteressato, riflessioni spontanee, proiezioni ideali, arricchimento spirituale, capacità di meravigliarsi, arrendevoli e riverenti. Un lampo accecante si schianta su di lui e lo riduce in cenere. I suoi compagni fuggono precipitosamente per cercare riparo.

ROBBINS, con tono di approvazione. Siamo tutti colpevoli, ma lo sono anche molti altri che stanotte non sono qui.

SALATHÈ, con durezza. Non ti preoccupare per loro, c’è tutto il tempo per dare ad essi la lezione che si sono meritata. Per ora ti basti sapere che essi dovranno patire a lungo il loro inferno spirituale.

ROBBINS. Ma noi siamo venuti qui per chiudere la partita una volta per tutte. ROPER. Parla per te Royal. A SALATHÈ. Io in questa storia non riesco a vederci né uno scherzo né una partita da chiudere per sempre. Ma, in tutta umiltà, vorrei porti una sola domanda: con che autorità tu… Una scarica elettrica esplode sul terreno intorno a ROPER, incendiando alcuni cespugli.

SALATHÈ, adirato. O scettico sarcastico e irrazionale, sarà mia cura non risponderti affatto. Ti sia comunque sufficiente sapere che in questa vita io non sono che un umile servo, che ha ricevuto l’ordine di trasmettere a voi ciò che le voci mi hanno detto!

HERBERT. Basta! Basta! Come possiamo dunque essere salvati?

SALATHÈ. Tutti, vecchi e giovani, prendete coscienza della parte misericordiosa di voi stessi e accettatela. Forti di questa nuova umiltà agite in armonia con tutti gli altri uomini.

PRATT. Ecco il Vero!

CHOUINARD. Eccellente.

HERBERT. Per me è sì!

FROST, che si trascina ancora per due piccoli passi. Yup!

HARDING. Ci sto.

ROPER. OK.

ROBBINS, che pare indeciso. È… un… patto. Un altro globo infuocato si schianta sul terreno, sollevando nubi di fumo intorno a Robbins.

SALATHÈ. Nessun patto. Sì o no?

ROBBINS. Sì!

I volti luminosi svaniscono. Gli arrampicatori più giovani ritornano. Molti si fermano attorno alle ceneri del CAPO, poi cominciano ad andar via.

ROPER. Stiamo sognando?

PRATT. Devi proprio toccare le ceneri di quel ragazzo per credere? E poi, sogno o non sogno, ora c’è la Verità da raccogliere.

HERBERT, che tenta ancora una volta di ripristinare il dialogo in rime. E che dite ora della cenetta? E di una birra con pizzetta? Passa un braccio intorno a FROST e l’altro attorno ad un giovane ed anonimo arrampicatore e si avvia verso il sentiero di discesa.

HARDING lo segue, cosi fanno CHOUINARD, ROPER e tutti i giovani scalatori. ROBBINS e PRATT restano.

ROPER, rivolgendosi ai due. Non venite giù?

PRATT e ROBBINS, contemporaneamente. A tempo debito… a tempo debito. Gli altri se ne vanno. Nell’oscurità profonda ROBBINS e PRATT restano. Si è intanto levata una fresca brezza da nord.

ROBBINS. Vorrei dirti una cosa. Tu sei sempre la coscienza di ogni alpinista. PRATT. Io non sono niente.

ROBBINS. A me pare che sia tutto cambiato… potremo forse tornare indietro? Ritornare a un tempo in cui eravamo in pochi nella valle? Una vera comunità di arrampicatori? Come mi piacerebbe ancora ritrovarmi pieno di timori e di dubbi ai piedi di una grande parete non ancora scalata! Ma dove sono finite oggi le muraglie vergini? E noi, cosa abbiamo fatto a questa valle? E a noi stessi?

PRATT. Le pareti non sono nulla. Arrampicare è tutto.

ROBBINS. Le arrampicate, allora. Arrampicheremo ancora insieme? Faremo ancora una volta la Salathè tutti insieme, noi, i pochi di una volta?

PRATT. Io non credo che questo sarà il nostro destino.

ROBBINS. Come potremo continuare ad arrampicare senza lo stimolo della competizione oppure senza il desiderio di realizzare altre imprese?

PRATT. Comprendendo che la competizione porta fuori di sé e che essa non deve trovar spazio nella mente.

ROBBINS. Ma i giovani di oggi sapranno veramente trovare la pace interiore, sapranno accettarsi, sapranno evitare il vuoto e stupido orgoglio e la ricerca della gloriuzza personale?

PRATT. Non lo so, ma non penso che finirà così.

ROBBINS. Continueranno allora a moltiplicarsi e a ricoprire le rocce come formiche?

PRATT. La risposta ti viene già dai colpi che riceviamo sui nostri caschi quando arrampichiamo.

ROBBINS. Continueranno a vendere se stessi e a essere venduti?

PRATT. Non ereditano forse i figli le colpe dei padri? Così fu detto. Il vento acquista forza, le loro voci si fanno difficili da udire.

ROBBINS. Ma allora questa notte la verità ci fu veramente rivelata?

PRATT. La tua anima ancora non ha compreso ciò di cui è stata guarita? ROBBINS. Nessun altro ascoltò Salathè?

PRATT. Ciascuno a modo suo. Il vento ora soffia più furioso.

ROBBINS. È questa allora la fine dell’alpinismo? Della sua gloria? Della sua freschezza? Dei suoi spazi infiniti e della sua libertà? Della sua gioia fanciullesca? E sì, lasciamelo dire, dei suoi assurdi e dei suoi caratteri così poco umani? Ma com’è possibile che tutto stia per finire, quando invece a me pare che tutto debba cominciare?

PRATT. In ultima analisi, anche arrampicare è niente… perfezione è tutto.

Pratt dice ancora qualcosa, ma le sue parole non si riescono più a distinguere da lontano. I due alpinisti camminano curvi nel vento impetuoso e avanzano tentoni verso il sentiero. Nell’oscurità sbagliano direzione e giungono veramente al bordo della grande parete. Qui giunti, pare che stiano ancora discutendo e sembra che siano giunti ad un accordo. Sghignazzano un po’ istericamente. Improvvisamente tutti e due si rialzano in piedi e sono scaraventati nello spazio.

Sipario

Nota (NdR). Sia nell’edizione originale (1972) che in quella italiana (1982) il testo non è accompagnato da alcuna immagine, supponiamo per volere dell’autore. Anche in questa edizione digitale abbiano rispettato l’obbligo di “non illustrazione”, limitandoci a inserire soltanto la foto di copertina di Ascent del 1972.

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In due time (a tempo debito) ultima modifica: 2018-03-30T05:33:09+02:00 da GognaBlog

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2 pensieri su “In due time (a tempo debito)”

  1. Mi accodo con piacere ai ringraziamenti verso Alessadro che, con questa certosina opera di riproposizione dei testi di “qualità”, fa riemergere nei lettori sensazioni che sopravvivono come la brace sotto la cenere. Carlo

  2. Avevo letto, non ricordo dove, forse in lingua originale, tanto che da allora “in due time” e stato per me sinonimo di saggezza, e speranza assieme, ricordo distintamente I miei “cieli tersi, e I miei spigoli arditi” almeno Quelli che vedevo con gli occhi di giovane, dopo,  tutto si fa sempre un po’,  solo un po’. più opaco.

    Ringrazio Alessandro per darmi la possibilità ogni tanto di rileggere pagine così interiormente dense di vita, in parte anche mia trascorsa anche su riviste e libri.

    Grazie ancora Andrea

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