El purtava i scarp del tennis

Scala la Grigna con le scarpe da tennis e un borsone al posto dello zaino: «Basta incoscienti in montagna»
di Barbara Gerosa
(pubblicato su Corriere.it, Cronaca di Milano, il 22 ottobre 2021)

Scarpe da tennis e un borsone da piscina al posto dello zaino. Con l’abbigliamento adatto al massimo per un pic-nic al parco, jeans e maglietta, si è messo a scalare la cima della Grigna Meridionale, 2184 metri di quota, la più nota delle vette lecchesi. Le immagini diffuse dal Soccorso alpino di Lecco immortalano l’«escursionista della domenica» mentre affronta in discesa il sentiero della Cresta Cermenati: senza scarponi e con un abbigliamento da passeggiata ai giardini pubblici. Se è arrivato vivo a valle è solo per un’immensa dose di fortuna: il minimo passo falso gli sarebbe stato fatale. «Ma in montagna non si scherza», è l’appello dei tecnici della stazione Valsassina-Valvarrone della XIX delegazione lariana del Soccorso Alpino, la prima in Lombardia per interventi effettuati e numero di volontari.

Basti un dato: ogni anno in provincia di Lecco si registrano più morti in montagna che sulle strade. Nei primi nove mesi dell’anno sui monti della Valsassina hanno perso la vita otto persone. Nel 2020, quando nemmeno ci si poteva spostare dal proprio Comune per la pandemia, erano state quindici. L’appello del Soccorso alpino è a frequentare la montagna con rispetto e prudenza. Indossando sempre l’attrezzatura adeguata.

https://video.corriere.it/milano/alpinista-incosciente-duemila-metri-grigna-scarpe-tennis/b64cff3c-32ff-11ec-a09a-b9f5a5e6bd67

Perché no? Facciano pure, tanto ci penserà la montagna
di Carlo Crovella

El purtava i scarp del tennis, el parlava de per lü
Rincorreva già da tempo un bel sogno d’amore.
El purtava i scarp del tennis, el gh’aveva dü öcc de bun
L’era il prim a mena’ via, perché l’era un barbun…

Così cantava Enzo Jannacci.

Sapete una cosa? Mi sono rotto degli innumerevoli moniti alla prudenza in montagna da parte di questa o quella autorità istituzionale. Ormai è assodato che è fatica inutile, sono parole al vento. Altrettanto mi sono rotto delle denunce da parte di questo o quel “benpensante della montagna sana”, a cominciare dal sottoscritto. Tutto fiato sprecato.

Tanto, i cannibali non vogliono capire. E allora inutile insistere, lasciamoli fare. La situazione si metterà a posto da sola.

Il dovere morale di chi ha responsabilità educazionali deve solo limitarsi a rimanere a disposizione degli interessati.

Caro allievo, ti interessa imparare come si va in montagna con la testa sul collo? Bene, eccomi a tua disposizione: ti offro il mio tempo libero, sia di domenica che nelle lezioni serali durante la settimana. Faremo gite ed esercitazioni insieme, ti insegnerò come si preparare lo zaino, come si programma un’uscita o un’intera stagione, quali comportamenti devi seguire, quali invece devi evitare, come devi ragionare sia a tavolino che sul terreno. Ti porterò a recepire la lucida capacità di saper rinunciare, per motivi oggettivi e soggettivi, e ti illustrerò come devi esser vestito e attrezzato contro gli imprevisti di ogni genere a provenienza…

Sarò a tua disposizione quasi in ogni momento, non solo durante le gite condivise. Su tua richiesta, ma anche senza, ti segnalerò i libri da leggere, le guide da consultare, con me imparerai i motivi per cui quella montagna vale la pena salirla e quell’altra forse meno. Capirai come muoverti, mentalmente prima ancora che materialmente. Se seguirai questo sentiero, ideologico e anche pratico, la passione non ti abbandonerà per la tua intera esistenza e, viceversa, dovresti contenere il rischio al tasso di fatalità che storicamente si quantifica nel 5%

Mettersi a disposizione è il vero ruolo dell’educatore in montagna. Solo quello: caro allievo se vuoi imparare, io sono qui. Ma se mi chiedi, io ti insegno come andare alla “mia” maniera: non puoi pretendere da me che io legittimi di farti andare in montagna libero di fare quello che vuoi. Se ritengo che il tuo approccio sia incoerente e sbagliato, te lo dico senza tanti peli sulla lingua.

Non ti va? Bene, incamminati per i fatti tuoi. Calza pure le scarpe da tennis, non mi preoccupo più di te, non sei più affar mio.

Sono stufo di tutti questi cannibali che infestano la montagna e “pretendono” di farlo perché reclamano il loro irrinunciabile diritto alla più ampia libertà.

In montagna non si è liberi. La Natura ha le sue leggi, fisiche, chimiche, biodinamiche, etologiche. Sono leggi spietate: “esse” privativa di pietas, non ci sono sentimenti, non c’è un senso dio protezione particolare. Se sbagli, paghi.

Il principio vale anche per gli individui della specie umana. Per la Natura non siamo diversi da un camoscio o da una lince. Se il camoscio sbaglia il salto, si sfracella. Se la lince non intuisce il pericolo nevoso, viene travolta dalla valanga. Nessuno di scandalizza. Perché il sapiens dovrebbe avere un trattamento particolare?

Se non capisci queste cose, caro indossatore di scarp del tennis, sei un cannibale incorreggibile. Finora me l’ero presa, incazzandomi per gli esempi che la cronaca sforna a ripetizione, giorno dopo giorno, senza differenza fra estate e inverno: gente sui ghiacciai con le infradito, altri che salgono in sci ad ore in cui si dovrebbe esser già scesi, cordate di quindici persone a zigzagare fra i crepacci in T-shirt, grappoli di arrampicatori sullo stesso chiodo…

Ma ora basta: non me la prendo più. Sono sempre stato un seguace delle teorie darwiniane: la Natura fa selezione, è inutile che ci giriamo intorno. La Natura è spietata. In Natura non esistono “diritti”, preteste, sentimenti, legittimazioni. Chi non lo capisce, peggio per lui.

Andate pure in montagna come vi va, ci penserà la montagna a rimettere le cose a posto. Basta aspettare e tutto ritornerà nella norma.

L’an truva’, sot a un mücc de cartun
Gh’an guarda’ el pareva nisün
L’an tuca’, ghe’l pareva che ‘l durmiva;
Lasa sta’, che l’e’ roba de barbun.
………………
El purtava i scarp del tennis…

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El purtava i scarp del tennis ultima modifica: 2021-11-13T05:24:00+01:00 da GognaBlog

113 pensieri su “El purtava i scarp del tennis”

  1. A proposito di calzature ,   si usa  e getta oppure si ripara? c’e’ chi dice che  riparare non conviene (in periodo di vacche grasse)oppure  si ricorre ,se ci sono, ai bravi riparatori cucitori incollatori (   il  g-20  che consiglierebbe ?). Vedi web:” corsi per calzolaio” ..una mano santa per chi non ha ingranato con licei, istituti tecnici , corsi professionali  fuori mercato del lavoro(di poco laboratorio e tanta teoria)che  danno lavoro e stipendio  solo ai docenti e personale.

  2.  Trovate a 10 euro le ghette in pelle spessa grezza per saldatore..utili da sovrapporre per passeggiate( più snob winterwarden)su neve e ghiaccio , a protezione di  polpacci e tomaia da punte di ramponi. Per chi vuole appesantire e rifugge la leggerezza nel passo e vuol dare messaggi solo con l’esempio, sprando che  gli altri lo imitino e basta. Se poi si  soccorre qualcuno impantanato causa equipaggiamento inadeguato, contrattare almeno un caffe’, un grappino, un trancio di strudel..al piu’vicino rifugio  o bar di paese raggiunti  un avolta sani e salvi.

  3. 105

    Nell’educazione da me ricevuta sia ironia che autoironia sono del tutto vietate. Bisogna esser duri, tetragoni, indistruttibili.

    sei sicuro di essere indistruttibile…???
    Ripensaci che è meglio.

  4. Pasini. Nonostante io faccia l’istruttore di montagna da 40 anni, sono intrigato principalmente dall’aspetto educazionale sulle personalità degli allievi. La montagna è un pretesto per forgiare persone complete e mature. Se dovessi limitarmi a insegnare il nodino o l’ultima tecnica di ricerca ARTVA, avrei già restituito la patacca da tempo. Sarebbe una palla mostruosa. Invece  è molto bello prendere un giovane che è materia informe e portarlo ad essere un alpinista maturo, previdente,  completo (magari anchr più forte di me, senza nessuna invidia) e, grazie a tutto ciò, vederlo maturare come uomo, lavoratore, marito, padre… In linea teorica sarei anche disposto ad educare quelli che io chiamo cannibali, perché in fondo mi fanno tristezza. Magari sono così (cioe’ cannibali) perché non hanno avuto la fortuna di incontrare istruttori e “maestri” che li hanno segnati. Ma capita che, se offro la mano ai cannibali, me la mordono, adducendo il loro incomprimibile diritto alla libertà. E allora li lascio al loro destino. Ci penserà la montagna a spiacciccarli, come nella vita cittadina ci penseranno i cinesi fra 20-30 anni (a proposito: leggi “Fermate Pechino” di F. Rampini, a maggior ragione, per te milanese, dopo che e’ passato al Corriere…). Gli allievi che hanno piacere di esser formati da istruttori come me e i miei colleghi non mancano, anzi… Ho da lavorare almeno per i prossimi 40 anni. Buona Notte!

  5. Bello il temperato d’acciaio come si definisce Panzer Patton eh eh..se non è tantino una proiezione più che da ..palla di lardo..suma capit..  sembra più la mamma di psyco..hai hai  la patologia affiora Cerea 

  6. Crovella. Io non promuovo nessuna ricetta o stile, o costume e abito di scena. Ognuno si regola come ritiene giusto e confortevole per lui. L’unica cosa che mi sento di difendere è il rispetto per chi, con modalità e stili magari diversi dai nostri, si impegna a condurre una vita decente, sforzandosi di non fare troppi danni agli altri e poi, se ci riesce, di fare anche qualche cosa di buono da lasciare. Tutto qui. Minima Moralia. E sarebbe già tanto. Ma ne abbiamo già parlato e litigato a suo tempo.  Non voglio ripetere lo schema. I miei rispetti, appunto. 

  7. Bonino ogni tanto riappare, con tanto di nome e cognome veri, a difesa del mercato.

  8. Pasini. Nell’educazione da me ricevuta sia ironia che autoironia sono del tutto vietate. Bisogna esser duri, tetragoni, indistruttibili. Ho già raccontato che in ambito professionale mi chiamano Panzer division, Generale Patton, Tienanmen (guarda caso) ecc. Mio padre era ancora più duro di me, non cattivo ma inflessibile, coriaceo, d’acciaio. D’altra parte ha attraversato due guerre, occupandosi nella prima, lui appena 18enne, di madre e sorelle e nella seconda anche di moglie e figli piccoli (i miei fratelli).  Ha lavorato attivamentr fin oltre gli 80 anni: ha smesso solo perché è mancato. Non era per denaro, ma per il piacere di onorare i doveri esistenziali. L’assioma di fondo, un po’ di tutti i sabaudi, ma di sicuro di quella frangia cui appartiene la nostra famiglia, è “prima il dovere e poi il piacere”. In teoria il piacere non è escluso del tutto, ma i doveri sono talmente tanti (lavoro, famiglia, impegno civile, politico, culturale, volontaristico, sportivo ecc ecc ecc…) che quando li hai smaltiti tutti… è terminata la giornata e spazio per il piacere non c’è. L’indomani mattina, si ricomincia con i doveri, ecc. Per affrontare questa mole di impegni non c’è tempo né spazio mentale per ridere, scherzare, giocare, abbracciare gli altri, provate empatia e sentimenti ecc. Anche la montagna è impegno: a crescere, a imparare, a diventare più duro e coriaceo ancora. Per questo io non ho pietà (pietas) verso chi approccia la montagna in modo sciammannato. Scrivo da una 15ina di anni articoli della serie “più montagna per pochi”. La Montgna è una cosa seria e chi ci va in modalità scialla la svilisce. Meglio quindi ridurre la gente che bazzica per i monti.

  9. Temo che la parola ironia sia del tutto sconosciuta all’autonominato prototipo di sabaudità…
     
    Roberto, sei un lettore disattento, come tutti quelli che non sanno riconoscere i contributi costruttivi e con pervicace pregiudizio ideologico si ostinano a considerarti stupidi e sbagliati!

  10. Crovella. Non sapevo chi era Bonino e me ne guardo bene dal fare confronti. Tutti qui siamo un po’ dei “caratteri”. È inevitabile in una relazione puramente virtuale. Io personalmente cerco di proteggermi dal diventare troppo una “caricatura” prendendomi un po’ in giro da solo. Non mi viene difficile perché l’ironia è un meccanismo di difesa che ho coltivato con cura negli anni e finora mi sono trovato bene. Non mi ha danneggiato eccessivamente la mente. Spero, almeno. Però ognuno ovviamente fa’ ciò che crede e ciò lo fa sentire più a suo agio. Come esperienza personale di frequentazioni torinesi devo dire che il “carattere” sabaudo esiste effettivamente, anche se magari non ha certe caratteristiche un po’ estreme che tu ogni tanto dipingi. Io amo di più i ritratti sfumati, meno “espressionistici”, ma capisco che nei social le sfumature non hanno molto successo. Cerea. 

  11. Come l’araba fenice, il mito di Bonino risorge dalle sue ceneri. Egli è un essere immortale. Corre voce che non esista neanche, che sia un’entità astratta (cit. Fantozzi rag. Ugo).
     
    Lorenzo, resisti!

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