Giorgio Bertone

Giorgio Bertone (GPM 055+054)
di Gian Piero Motti
(necrologio apparso su Rivista della Montagna, ottobre 1977)
Una versione più ridotta di questo necrologio apparve come foglio staccato e inserito nella rivista Fila, settembre 1977, che qui alleghiamo in pdf (GPM 54), per totale completezza.

Lettura: spessore-weight*, impegno-effort*, disimpegno-entertainment**

Tutti i cavalli stanchi al sole.
Come farò ancora a cavalcare? (Bob Dylan)

Giorgio Bertone

Giorgio non era un temerario incosciente. Gli piaceva osare dove altri non avevano osato, gli piaceva spingersi nell’ignoto seguendo le piste dell’avventura con la “A” maiuscola. Ma era un calcolatore, amava prepararsi con una serietà e con una responsabilità cosciente del tutto eccezionali.

Era giunto al volo in un naturale susseguirsi di eventi e di interessi. Non che fosse sazio di alpinismo, ma, senza voler fare della retorica, il cielo e gli spazi liberi gli aprivano un mondo nuovo e forse infantile, facendogli riscoprire una libertà sconfinata che nemmeno in parete è concessa. È vero, vi erano anche serie prospettive professionali e l’intento di prestarsi al soccorso alpino, di cui è stato specialista incontrastato.

Ma Bertone non poteva accontentarsi di volare come tutti gli altri. Anche nel volo cercava nuove espressioni, cercava di liberare tutta la propria forza creativa. Con scrupolo, con serietà e con metodo si era affermato come brillantissimo pilota. «Tu non sai cosa si prova lassù – mi aveva detto – non avresti più voglia di scendere giù…»

Dal punto di vista alpinistico, Giorgio Bertone, valsesiano trasferitosi a Courmayeur, è stato certamente la più grande guida alpina italiana. Come alpinista è da considerare tra i più validi d’Europa. La sua attività, anche in qualità di dilettante, annovera le ripetizioni di quasi tutte le vie più reputate delle Alpi Occidentali. Il suo “regno” incontrastato, al pari di un Bonatti, era comunque il Monte Bianco. Era aperto verso ogni esperienza e costantemente aggiornato in campo tecnico, tanto da poter realizzare con Lorenzino Cosson la prima italiana della via del Nose sulla parete del Capitan in Yosemite. Come guida, sull’esempio di Rébuffat e Terray, Bertone non si accontentava certo di svolgere la professione a fini esclusivamente economici, guidando clienti occasionali su facili percorsi. Intendeva il suo mestiere in senso moderno e creativo, considerava il cliente un amico e un allievo da introdurre in progressione graduale e costante nel mondo dell’alta montagna.

Ma ora non vi è nulla da dire, nulla da ipotizzare, nulla da recriminare. Per le sue idee, per il modo di viverle e di manifestarle, Bertone era un personaggio scomodo e in certi ambienti dava piuttosto fastidio. Ma i “se” e i “forse” adesso non valgono nulla. Certo in mille occasioni Giorgio aveva spinto l’audacia a livelli ben superiori: sui freddi e repulsivi scivoli di ghiaccio, sulle lastre di granito solari e smisurate nel gelo quasi disumano della lotta invernale, nella magia della danza solitaria sugli abissi. Sovente con gli occhi che brillavano mi narrava dei passaggi in volo compiuti tra le gole più impervie del Bianco, di quando riuscì a riconoscere un amico giapponese sulla Est del Capucin, volando raso contro la parete, di quella volta in cui riuscì a scorgere dei chiodi piantati sulle Placche Nere della via Cassin della Walker, oppure di quando passò in volo verticale nella forcelletta del Pic Gamba…!

Temerarietà? Lasciamo volentieri questi giudizi ai mediocri. A noi piace ricordare l’amico nel pieno dell’azione. E non ci riesce difficile immaginare il suo stupore, nell’istante a cui mai si era pensato. Ma una macchina, per quanto perfetta, non ha cuore e non ha cervello. E nemmeno questo pianeta è un posto per giocare.

A noi resta un gran vuoto, un pozzo profondo e senza fine alla sommità del quale noi tutti ci affacciamo e stringiamo gli occhi per scorgere qualche immagine cara giù giù al fondo, nell’illusorio specchio dei ricordi.

Nota (NdR)
Per una più completa panoramica sulla personalità di Giorgio Bertone, oltre alla consultazione di wikipedia (in francese), vi proponiamo il bell’articolo di Guido Andruetto apparso su Montagne360 dell’agosto 2017, in occasione del quarantennale della morte di Bertone e della contemporanea uscita del libro Bertone. La montagna come rifugio, anche questo di Guido Andruetto.

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Giorgio Bertone ultima modifica: 2017-09-07T05:43:42+02:00 da GognaBlog

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2 pensieri su “Giorgio Bertone”

  1. E’ NECESSARIO RIAPRIRE A PLANPINCEUX L’OSPITA’ SOCIALE DEL GAM.SALUTI

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