Il Canalone Freshfield (AG 1964-011)
(dal mio diario, 1964)
27 e 27 maggio 1964. Per andare nelle Alpi Marittime con il corso di alpinismo le cose si complicano. Ci dividiamo in parecchi gruppi: alcuni andranno al rifugio Questa, altri al rifugio Garelli, altri ancora al Bozano. Sono assieme a Franca Simondi e a Chicco, alla guida della R4 è Vincenzo Bruzzone. Partiamo da Genova alle 17.05, con tempo nuvoloso. Ha appena smesso di piovere. Il viaggio ci passa in fretta, chiacchierando di montagna. Nel tratto tra Ceva e Mondovì non aveva fatto che piovere e, quando arriviamo alle Terme di Valdieri, l’acqua è appesa a un filo. Per terra c’è molto fango.
Ci fermeremo a dormire qui, anche perché dobbiamo aspettare gli altri del nostro gruppo, la cui partenza da Genova era prevista per le 0.30. Noi andiamo a dormire presto.
A mezzanotte e mezza sono svegliato da Zerega che viene a dormire nell’altro letto della mia stanza. E, alle 3.50, sveglia. Tempo brutto. Per di più, visto che siamo a 1368 metri, dovrebbe fare molto più freddo. Mentre Zerega indugia al caldo, io mi vesto. Dopo un po’ ci troviamo riuniti tutti fuori. Io sono in camicia, vedo che gli altri hanno il maglione. Ma siccome tra un po’ suderemo in cammino non ritengo opportuno coprirmi. E finalmente alle 4.50 partiamo. Sul grande stradone militare ci sgraniamo subito. naturalmente io sono nel gruppetto di testa, dietro a Euro Montagna. Gli altri istruttori sono: Gianni Calcagno, Vincenzo Bruzzone, Miagostovich e Sironi. Allievi: Chicco, la Franca Simondi, l’Allais con il fidanzato Badano, Zerega, il vecchio Barbicinti, Moggio, Lorenzo Morchio, Pinuccio Banchero e uno il cui nome per il momento mi è sconosciuto. Di buon passo, senza essere davvero veloci, arriviamo al Gias delle Mosche, piccolo rifugio di pastori. Il cielo si sta aprendo e la valle comincia a sorridere. Il gruppo è ora fortemente sgranato. Abbandoniamo lo stradone e saliamo su per un sentierino a svolte. Euro, che è primo, vede un camoscio. Faccio appena a tempo a scorgerlo che scompare. Ma dopo un poco lo rivediamo.
Ora sostiamo brevemente. Dietro a noi, a nord-ovest, il Monte Matto imbiancato di neve fa capolino tra la nebbia. Sopra di noi è sereno. Vediamo l’Argentera e la Punta De Cessole.
Sono in mezzo agli altri, ma è come fossi solo. Per Euro mi sembra lo stesso. Sono pago del monte, mentre gli altri mangiano qualcosa, bevono e ridono. Io penso e guardo. Potesse sempre essere così per me. Poter ogni festa, ogni domenica venire quassù, con la pioggia, con la neve, con l’azzurro del cielo. Per me le condizioni ambientali non cambiano nulla. Il monte resta e, con le sue metamorfosi, acquista ancora più bellezza. Ma ripartiamo. Sono sempre dietro a Euro che procede con un passo che ha del felino. Ora siamo nella valle dell’Argentera e vediamo l’intera conca, ancora innevata, dalla Catena delle Guide fino alla cima della Madre di Dio. Saliamo ora a destra, sul fianco della Quota 2480 m. Passiamo per chine coperte di rododendri, roccette e neve, distaccando sensibilmente molta gente. Euro comincia a brontolare che è tardi, e che si dovrebbero sbrigare. Saliamo ora per distese poco pendenti di neve. Non so come faccia Euro a non affondare, poi capisco il trucco: consiste nel posare tutta la pianta del piede. E così anche questo è imparato mentre gli altri, ma non tutti, affondano a ogni passo fino quasi al ginocchio.
E arriviamo al punto in cui ci dobbiamo separare in cinque differenti cordate. Osservo Euro mentre Pinuccio scherza e tutti ridono. Euro non ride, sorride appena, tanto per stare dietro agli altri. Euro ha un carattere uguale al mio. Egli è nato per la montagna, la sua passione per il monte è smisurata. La studia, la ricerca. E quando ora ci fa lezione sui nomi delle cime che ci circondano, sento con quale fervore pronunci i nomi delle vette tanto amate; e le quote… non tralascia di recitarne neppure una. E quando, dopo 45 minuti, alla base del canalone chiederà quanto dislivello abbiamo superato a partire dalle Terme, alla mia risposta esatta dirà: – Centrato!, con lo slancio di gioia di chi ha scoperto di non essere da solo a bearsi delle cifre della montagna, per noi per nulla aride. Ci conoscessimo di più, come mi troverei bene con lui!
Formiamo le cordate. Io sono con Bruzzone e Chicco. Euro è con Morchio e Franca. Non ci leghiamo ancora, ma indossiamo i ramponi e tiriamo fuori le piccozze. Euro attacca a camminare velocissimo, e io e Vincenzo dietro. E’ preoccupato per le non buone condizioni della neve. Si affonda troppo. Lo sento brontolare per la lentezza della Franca. Ma non è lei a essere lenta… è lui che fila come un treno!
Finalmente, ore 9.15, siamo all’attacco del Canalone Freshfield. La guida del Sabbadini dà due ore e mezza per la salita fino al Colletto Freshfield, a 2820 m circa, trala Cima Purtscheller 3040 m e la Cima dei Camosci 2860 m. Definisce “difficile” questo canalone che per la prima volta fu salito da Douglas Freshfield con la guida Francis Devouassoud, il 27 settembre 1878, in uno dei suoi tentativi di raggiungere la vetta dell’Argentera.
Euro parte per primo con i suoi due, mentre Bruzzone con me e Chicco segue a ruota. Il canalone non presenta neve dura, ma neppure fradicia. Iniziano le manovre di assicurazione, sempre uguali, forse un po’ monotone. Ma il resto è spettacolare, in un ambiente magnifico. Il canalone è proprio stretto, ripido sui 50°-55° gradi. Il cielo per un po’ resta sereno, poi attacca a nevicare. Euro, da primo, traccia le orme con in piedi e tutto si svolge così fino a subito sotto il Colletto Freshfield. Qui l’uscita è sbarrata da una cornice di ghiaccio; Euro riesce a sinistra, per un muretto di neve molle e inconsistente. Il sogno di questa fucilata di canale è realizzato, siamo sul colletto. Mangiamo qualcosa. Il progetto era di salire sulla Cima dei Camosci, ma lo abbandoniamo.
E così, dopo un buon tè caldo, scendiamo sul versante sud-est, veso il rifugio Remondino. Ora c’è sole, poi verrà la nebbia. Brancolando nella neve molle e nel nebbione ci ricongiungiamo a Sironi e i suoi due di cordata. Ora piove.
Euro e Sironi si fermano per accertarsi che Calcagno e Miagostovich stiano tornando. Noi intanto scendiamo. Evitiamo il rifugio Remondino (chiuso) e ci dirigiamo direttamente verso il Gias delle Mosche. La Franca è stanca morta. Mentre gli altri vanno avanti, lei rimane indietro. Decido di tenerle compagnia (anche perché mi fa piacere) e così ci facciamo tutta la strada sotto la pioggia fino all’Albergo delle Terme di Valdieri, dove arriviamo con forte ritardo sugli altri. Dentro l’albergo ci sono i Vaccari, Cavalieri e altri.
Ma dopo un po’ si riparte, la Franca tornerà con i Vaccari. Nella R4 siamo solo in tre. Dormo un poco, a Mondovì sentiamo Messa, c’incontriamo con Pàstine che viene dal rifugio Garelli. E via fino a Genova.
Sono contento dei miei scarponi da scialpinismo, che vanno proprio bene in queste salite.
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