Paola Virginia Gigliotti, medico e alpinista, si schiera per il collegamento sciistico Comelico-Pusteria: «Contro lo spopolamento serve garantire pari dignità a chi vive in montagna»
Il Comelico per Paola Gigliotti
di Stefano Vietina
(pubblicato su Corriere delle Alpi il 19 giugno 2019)
Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(3)
«Non ho avuto alcuna esitazione a partecipare alla manifestazione a favore del collegamento sciistico Comelico-Pusteria. La montagna, spesso considerata come il giardino delle ferie, senza i Montanari (lo scriva in maiuscolo, per favore), i suoi naturali custodi, va incontro a un rapido e inevitabile deterioramento».
Paola Virginia Gigliotti è medico, alpinista, amica della montagna, tanto da aver ricevuto, l’11 dicembre 2006, Giornata internazionale della montagna indetta dall’ONU, un premio dal ministro per gli Affari Regionali e dal presidente della Repubblica “per le sue molteplici attività di ricerca scientifica sulla montagna e a sostegno delle popolazioni montane”.
Perché ha partecipato alla manifestazione del 1° giugno 2019?
«Come alpinista, ma soprattutto come persona che abita in montagna non sono di certo favorevole al turismo di massa e allo sfruttamento indisciplinato dei territori fragili. Ma ogni posizione va contestualizzata e anche l’ambientalismo non può essere ridotto a una serie di vincoli e divieti, quasi sempre imposti da chi vive in città, lontano dalla realtà dei luoghi di cui parlano, spesso senza conoscenza geografica, politica e culturale».
Il Comelico, insomma, fa storia a sé?
«Il Comelico è un posto stupendo, ricco di cultura e natura, attraversato da una strada pericolosa e densa di traffico, turistico in alcuni periodi dell’anno, quotidiano per i tanti pendolari che vanno in Val Pusteria a lavorare. Un adeguato collegamento tra le piste già esistenti di Padola e quelle del comprensorio pusterese di certo costituirebbe un impatto ambientale minimo
se paragonato all’invasione estiva di circa 500 auto che si recano a Selvapiana, dato giustamente sottolineato dal CAI locale che, pur nel rispetto dello spirito del sodalizio, si è schierato giustamente a favore dell’impianto. Un volano economico che premierebbe la tenacia di chi vuol restare in Comelico».
C’è poi la questione dello spopolamento.
«Sì, e una piaga che attraversa quasi tutta l’Italia e che è causa della maggior parte dei disastri
territoriali. Qualsiasi giardino incustodito si degrada. Mi piace ricordare la
frase di un amico, un pastore poeta come Renato Marziali, di Casali di Ussita,
uno dei posti cancellati dal terremoto: “Senza le pecore e i
pastori non ci saranno più né lupi, né professori“. Questa la saggia risposta a quegli ambientalisti che, già
pronti, alla domenica sera, in auto ad incolonnarsi verso l’irrinunciabile vita
cittadina, legiferano passando sopra la vita di chi preferisce restare in
montagna e assicurare, tra l’altro, anche i prodotti sani e tipici che tutti
poi ricercano».
Cosa si può fare per evitare lo spopolamento?
«È prioritario, a mio avviso, consentire pari dignità di vita a chi vi abita, in poche parole lavoro e servizi. Al contrario abbiamo visto tagliare nelle aree montane ospedali, scuole, collegamenti ferroviari, servizi ma anche posti di lavoro. Da medico da anni chiedo di pensare alla salute anche in termini geopolitici. Da conoscitrice della montagna oggi più che mai mi sembra urgente anche una geopolitica dei trasporti, scegliendo i meno dannosi, ma anche i più vantaggiosi».
Paola Virginia Gigliotti, nata a Catanzaro, è laureata in medicina e chirurgia e docente di sport nell’ambiente all’università di Perugia, dove risiede.
Ha svolto l’attività di medico di emergenza al 118 ed attualmente è medico di gara delle maggiori competizioni nazionali ed internazionali estive ed invernali di sport di montagna che si svolgono in Alto Adige.
Come alpinista ha scalato in Europa, nelle Ande Peruviane e sulle montagne del Sahara e del Sinai ed ha al suo attivo cento vie nuove.
Dal 1996 al 2004 è stata delegata del Club alpino italiano all’Unione internazionale delle associazioni alpinistiche. Dal 2004 al 2008 è stata membro del board dell’Unione internazionale delle associazioni alpinistiche.
«La manifestazione del Comelico – conclude Paola Virginia Gigliotti – è stata un successo. L’esserci stata mi ha consentito di onorare il premio ricevuto l’undici dicembre 2006, per il giorno che l’ONU dedica alla montagna».
Considerazioni
A nostro parere è evidente che, qualunque sia il futuro del Comelico, la scelta dovrà essere fatta prima di tutto dalla popolazione locale. Questo non significa però che noi osservatori dobbiamo schierarci per l’una o per l’altra delle due attuali posizioni con faciloneria o pregiudizio. Noi crediamo che il dialogo sia importantissimo, proprio al fine di non prendere di getto posizioni e/o decisioni che poi potrebbero rivelarsi sbagliate e inopportune.
In questo senso riteniamo assai calibrato il comunicato stampa delle Associazioni CIPRA Italia, WWF O.A.Terre del Piave, Mountain Wilderness Italia, Italia Nostra sez. di Belluno, LIBERA Cadore presidio “Barbara Rizzo”, Ecoistituto Veneto “Alex Langer”, Gruppo Promotore Parco del Cadore, Comitato Peraltrestrade Carnia-Cadore. Emesso il 27 maggio 2019, la sua funzione è stata quella di presentare l’incontro pubblico Lo sci nelle Dolomiti, sostenibilità e responsabilità, svoltosi poi il 31 maggio 2019 all’auditorium Cos.Mo. di Pieve di Cadore. Relatori sono stati Vanda Bonardo, responsabile Legambiente delle Alpi e consigliere nazionale di CIPRA, Umberto Martini, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese Università di Trento e Claudio Primavesi, direttore responsabile della rivista Skialper.
Il comunicato recita:
I cambiamenti climatici in atto, l’abbandono del territorio, lo spopolamento di aree strategiche delle Dolomiti ci impongono una riflessione a ampio raggio sul turismo nelle Alpi intere. Ci si deve chiedere quale turismo vogliamo si affermi sui nostri territori, come ricercare un equilibrio fra attività sciistiche e conservazione della natura e del paesaggio, come valorizzare i nostri beni comuni, come riprendere possesso di lavori che abbiamo abbandonato, tutti quelli legati alla cura del territorio. I relatori ci aiuteranno a porre le basi per questa riflessione anche nella prospettiva del rispetto delle Dolomiti patrimonio naturale dell’umanità. E’ evidente che per meritare tale patrocinio dobbiamo investire maggiormente nella qualità dell’offerta e nella conoscenza delle nostre tante e diffuse eccellenze: storiche, identitarie, segni del paesaggio e del lavoro dell’uomo. Dovremo forse essere più incisivi nel trasmettere questi nostri valori. Anche nello strutturare sinergie, collaborazioni concrete fra il mondo del turismo e quello dell’agricoltura, della zootecnia, della cultura. L’esplosione del turismo in tutto il mondo ci impone di affrontare questi temi anche con il fine di non ritrovarci in poco tempo espropriati dei nostri beni, incapaci di gestirli, o peggio ancora a averli svenduti a imprenditori che non sono legati al potenziamento del benessere collettivo quanto unicamente a investire in settori che sono ormai saturi come lo è la monocultura dell’industria della sci. Una industria strategica nelle Dolomiti, ma anche un settore che ci sta portando a perdere il contatto diretto con le nostre radici.
Le associazioni in indirizzo propongono il confronto come momento di approfondimento per tutti gli operatori economici e gli amministratori del territorio dolomitico, un passaggio non esaustivo, che sicuramente dovrà trovare altri approfondimenti. Invitiamo la popolazione tutta e il mondo dei media a presenziare a questo appuntamento per consolidare un tracciato che abbiamo iniziato il 7 dicembre 2018 con il convegno sul dopo Tempesta Vaia.
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Però le rivoluzioni più recenti venute dalle città della pianura padana sono state l’idroelettrico…c’è tutta una saggistica che dell’accapparramento delle acque del taa ne fa uno degli elementi scatenanti la prima guerra (guardacaso tutte le concessioni furono appunto lombarde e venete…)…e impiantistico…è si i grandi capitali in loco non ci sono…
Almeno si potrebbe stabilire un principio demografico: il ripopolamento non può superare la soglia storica del popolamento. Nel 2050 due persone su tre vivranno in città: anche gli indigeni saranno costretti ad emigrare.
Le rivoluzioni le hanno sempre fatte i cittadini, come si chiamavano anche fra di loro gli uomini della rivoluzione francese. Le idee nuove e il progresso sono sempre arrivati dalla città, non dalla campagna e dalle montagne. La Vandea, regione agricola della Francia del 1789, è diventata il simbolo della reazione e dell’arretratezza. La nuova rivoluzione sarà quella per la salvaguardia dell’ambiente e del clima, da quel poco che vedo anche questa verrà dai cittadini non dai montanari.
Quindi cara dottoressa, E’ L’AMBIENTE CHE SI DEVE ADATTARE ALL’UOMO, AL CONSUMISMO! BRAVA!
evidentemente NO! Perchè bisogna crescere, crescere e crescere.
Govi, hai detto giusto. Si vuole spiegare il motivo dello spopolamento con delle semplificazioni, che non sono altro che quello che la massa vuole: cose semplici, magari da copiare senza sforzarsi di crearne di nuove nonostante le opportunità non manchino di certo. Divago ma non troppo: con l’assegnazione di ieri delle prossime olimpiadi invernali a Cortina pare sia certa la costruzione dei nuovi impianti tra Pocol e le 5 Torri.
Ma impianti nelle Dolomiti, dove peraltro vivo, non ce ne sono già troppi?
Si vuole spiegare lo spopolamento della montagna – in particolare di quella zona – con la mancanza di lavoro o di opportunità’ economiche, ma e’ una semplificazione. Non siamo negli anni 60-70, ora la società’ e più’ complessa, il livello di istruzione e’ salito e con esso le aspettative di un lavoro remunerativo e soddisfacente. Anche le esigenze delle famiglie sono mutate, non sempre trovando riscontro nel tipo di vita che quelle zone offrono. Ho recentemente letto che perfino a Cortina il saldo di partenze/arrivi della popolazione residente sia negativo. Eppure li le attività’ economiche legate al turismo certo non mancano.
Quindi il problema e’ ben piu’ complesso e non si risolve certo cercando di attirare i soliti sciatori da spennare. E’ mancanza totale di una visione del futuro, ma anche di uno straccio di politica economica e sociale. Si guardino in giro, nelle Alpi i buoni esempi non mancano.
Ma per nuovi impianti di risalita siamo abbondantemente fuori tempo massimo. La strada non e’ quella. Le Dolomiti hanno dato abbondantemente.
Se lo dice Paola Gigliotti….
mi astengo da qualsiasi giudizio sul comelico visto che non conosco la situazione…ma anche chi giudica la vita dei montanari girando da turista (magari solo nei posti più belli e ricchi) forse farebbe bene ad approfondire…mi chiedo come mai tanti miei compaesani siano andati ad affollare ste misere periferie urbane e non tornino a vivere qui, chissà? Ci tornano magari 15 giorni in estate ma, salvo pochi quando vanno in pensione, non torna nessuno…e scrivo dal trentino…che però non è solo Campiglio o val di Fassa…
In queste situazioni la dialettica si sviluppa tra chi difende lo sviluppo del territorio a favore delle comunità locali, rispetto alle visioni utopiche dei cittadini ambientalisti che non conoscono la dura vita del montanaro. Osservo che laddove si impiegano soldi pubblici vanno tenute presenti le opinioni di tutti, visto che è richiesto il contributo concreto di tutti. A me la dura vita del montanaro come la osservo girando le Alpi pare migliore di tante vite nelle periferie delle città o di vaste aree dell’Italia Meridionale. L’impiego di soldi pubblici dovrebbe avere altre priorità.
Da facebook
E’ colei che ha lavorato a lungo per far diventare l’arrampicata uno sport olimpico, ha scalato e lavorato molto nei Sibillini, ha viaggiato e conosciuto molte montagne nel mondo ?
Paola Gigliotti chi?