Il Kaisergebirge

Metadiario – 148 – Il Kaisergebirge

A oriente di Kufstein si estende, in direzione ovest-est, il gruppo dei Kaisergebirge, fino alla conca di St. Johann in Tirol. “I” Kaisergebirge perché in realtà vi sono due catene parallele, divise dai solchi della Kaisertal (a ovest) e della Kaiserbachtal (a est): quella più settentrionale è la catena dello Zahmer Kaiser (Imperatore addomesticato), quella più meridionale, di certo la più interessante, è la catena del Wilder Kaiser (Imperatore selvaggio).

Kaisergebirge… Chi era costui? Fin dai miei primi anni di alpinismo era un nome che mi ronzava in testa, ma non sapevo avesse a che fare con la storia dell’alpinismo. Chissà dove l’avevo letto: era forse il nome della nonna di Preuss? o di un compagno di cordata di Dülfer? O forse mi confondevo con la Storia, quella con la esse maiuscola: Kaisergebirge magari era l’aiutante in campo dell’imperatore di Germania… O no? La rivelazione mi era giunta folgorante e improvvisa guardando una cartina del Tirolo Settentrionale: il Kaisergebirge non era una persona, era un posto, anzi per la precisione un gruppo di montagne… Ecco perché mi venivano in mente Preuss e Dülfer: ma per arrivarci dall’Italia occorreva valicare il Brennero e raggiungere lnnsbruck, quindi proseguire per Wörgl e oltre. Troppo lontano!

Stripsenjoch e Totenkirchl (Kaisergebirge)

Le vie di comunicazione con l’Italia sono sempre state facili e al tempo della nascita e dello sviluppo dell’alpinismo la sovranità politica era la medesima per la maggior parte del territorio. Perciò gli alpinisti di lingua tedesca spontaneamente considerano le Dolomiti come l’estrema propaggine di casa loro: un Sud Tirolo che è un archetipo nei sogni, nelle aspirazioni, una terra mitica dove le grandi pareti si sposano al grande sole meridionale.

Gli italiani invece hanno a cuor leggero ignorato quelle catene montuose al di là dei loro confini linguistici: se si eccettuano le sporadiche apparizioni di Piaz, di Dibona e di qualche altro, le scarse cognizioni italiche di tali regioni si limitano di solito ad una malcelata sensazione di sufficienza, rafforzata da un non giustificato pregiudizio sulle dimensioni limitate, e all’insofferenza per le lingue ostiche, quindi al rifiuto di avvicinarsi ad una cultura diversa. Eppure il Kaisergebirge, assieme al Karwendel e al Wetterstein, non ha proprio nulla da invidiare alla maggior parte delle Dolomiti convenzionali di casa nostra.

Dallo Stripsenjoch sulla KaiserBachTal. Si vede la base dello Steinerne Rinne, incassato tra Predigtstuhl (a sinistra) e Totenkirchl

In più, per evidenti motivi geografici, le Alpi calcaree del Nord sono assai simili nella conformazione e nel loro manifestarsi strutturale alle Dolomiti.

Il Kaisergebirge (più propriamente il Wilder Kaiser) è un autentico gioiello: un concentrato di Dolomiti con pareti verticali, guglie, canaloni e anche alcuni piccoli nevai incastonati ai piedi delle pareti. Nel breve raggio di pochi chilometri si trova un incredibile numero di cime, grandi pareti e vie famose che seguono linee estetiche ed invitanti lungo logiche sequenze di fessure, diedri e camini. Le roccia del Kaiser è uno stupendo calcare grigio compattissimo a stratificazione verticale che con­ferisce alle pareti il caratteristico aspetto a canne d’organo.

A differenza che sulle Dolomiti, dove la stratifica­zione è orizzontale, qui predominano gli appigli verticali e obliqui che obbligano ad un’arrampicata più tecnica, fatta di sapienti opposizioni.

Ornella Antonioli sulle cenge che precedono l’ingresso nella Steinerne Rinne, 31 agosto 1988

In alcune zone i licheni azzurri donano alla roccia toni decisamente surreali, magici come l’atmosfera che si respira risalendo l’incredibile Steinerne Rinne, la profonda gola che separa le lisce pareti del Fleischbank da quelle altrettanto imponenti del Predigtstuhl. Le due montagne sembrano quasi convergere a formare un’enorme galleria. Fino a qualche decennio fa le rocce del Kaisergebirge sono state molto frequentate: nei giorni festivi sembrava quasi di essere in una vignetta, o in un racconto di Bepi Mazzotti, con tutte le guglie disponibili occupate da bizzarri personaggi che lanciavano richiami in tutte le direzioni e in varie lingue.

Le vie classiche di arrampicata sono in genere un po’ unte, proprio perché un tempo davvero affollate. Oggi molto è cambiato, solo i sentieri sono ancora davvero frequentati dalle comitive: sulle vie classiche ed estreme anche qui è vigente l’andazzo alpino e dolomitico che ha visto una netta diminuzione di frequenza. Forse la maggior parte degli arrampicatori oggi preferisce le falesie più comode e più brevi.

Dalla parte bassa della Steinerne Rinne verso il Pilastro Nord della Fleischbank

Il luogo è apparentemente ben addomesticato: su molte vie i chiodi sono cementati e alle buone soste attrezzate fa eco una sentieristica perfetta. L’organizzazione di stampo germanico raggiunge il culmine con il telefono piazzato nel bel mezzo della Steinerne Rinne ad uso di tutti coloro che malauguratamente avessero bisogno di soccorso, lì collocato ovviamente ben prima del diffondersi dei cellulari.

Le pareti del Kaiser sono state teatro di capitoli fondamentali della storia dell’alpinismo, dalle imprese dei pionieri fino al settimo grado di Reinhard Karl e Helmut Kiene sulla Pumprisse, e oggi ben oltre. Un alpinista degno di questo nome dovrebbe andarci in pellegrinaggio almeno una volta nella vita.

Ornella Antonioli sulla lunghezza del “pendolo” della via Wiessner-Rossi alla parete sud-est della Fleischbank, 31 agosto 1988

Dopo la salita alla Wildspitze, Nella ed io ci spostammo nel Tirolo più settentrionale. Visitammo Kufstein, una piccola città storica dominata dalla Festung Kufstein, una fortezza situata su un alto sperone roccioso a sbalzo sull’Inn e in piena vista dei rilievi occidentali del Kaisergebirge. Venimmo a sapere che era già esistente ai tempi dei romani e che aveva ottenuto il riconoscimento civico nel 1393. Famosa è la presa della fortezza del 1504, da parte dell’imperatore Massimiliano I, con l’uso di potenti cannoni, contro i quali poco poté il coraggio dei difensori con a capo Hans von Pienzenau (che fu poi decapitato). Con interesse la visitammo: all’interno sono l’Heimatmuseum (Museo nazionale) e l’Heldenorgel (Organo degli Eroi), l’organo all’aperto più grande del mondo. Ma poi passammo un po’ di tempo nel bellissimo e ordinato centro storico, con l’Auracher Löchl, il Römerhofgasse e la Batzenhäusl Schicketanz (con una bellissima facciata e la cantina scavata nella roccia). Tralasciammo, nelle vicinanze di Kufstein, la bellissima serie di laghi più o meno grandi, sulle rive dei quali si snodano magnifici itinerari a piedi o in bicicletta. Non avevamo così tanto tempo.

La parete ovest del Predigtstuhl, con le sue tre cime

Proprio per i giorni che avevamo contati, evitammo la visita alla zona dell’Hohe Salve 1828 m, una breve catena erbosa e boschiva a meridione del Kaisergebirge: il panorama era prevedibilmente bellissimo, ma la zona era già allora decisamente urbanizzata dai molti impianti di risalita (prevalentemente chiusi nella stagione estiva). Il magnifico panorama, comunque, non riguarda solo il vicino Kaiser ma spazia sui più lontani Alti Tauri e quindi sulle vette ghiacciate del Grossvenediger e del Grossglockner.

La parete ovest del Predigtstuhl, con le sue tre cime. La Predigtstuhlscharte divide questa montagna dalla Hintere Goinger Halt.

Ci trasferimmo quindi direttamente a un’altra tipica e caratteristica località tirolese, situata in un’ampia vallata circondata dalle Alpi di Kitzbühel e dal massiccio del Kaisergebirge: St. Johann in Tirol è nota soprattutto per lo sci di fondo, con anelli collegati ad un grande circuito attorno al massiccio del Kaisergebirge, per oltre 225 km di piste complessive. Infatti è proprio a St. Johann che si svolge ogni anno la nota gara di sci di fondo Koasalauf. Non c’erano grandi attrazioni turistiche (l’unica di rilievo era la barocca chiesa parrocchiale, 1723-32), ma assolutamente da non perdere è la visita alla Huberbräu Bräustuberl, sopra all’omonima fabbrica di birra, in gloriosa attività dal 1727. Avevo l’indirizzo di Thomas Bubendorfer e provammo a vedere se era a casa. Fummo suoi ospiti per cena e seguente notte, in quella casa da mille e una notte che era la residenza dei suoi. Ma non riuscii a coinvolgerlo per una qualche scalata nei dintorni.

Dalla vetta del Predigtstuhl uno sguardo sulla Steinerne Rinne. A sinistra, la Fleischbank; a destra le vette settentrionale e mediana del Predigtstuhl, 1 settembre 1988

Il comico teatrale Gilberto Govi diceva che per evitare la pioggia bisognerebbe essere tanto piccoli da passare tra una goccia e l’altra… ma chi va a scalare si accontenta di sfruttare i brevi intervalli tra una perturbazione e la successiva. Qui in luglio e agosto i temporali sono frequenti più ancora che in Dolomiti. Per incontra­re delle lunghe serie di belle giornate normalmen­te occorre attendere settembre o addirittura ot­tobre. A cavallo tra agosto e settembre siamo stati fortunati.

Il 30 agosto 1988 Nella ed io salimmo dalla Griesen Alm alla Stripsenjoch Hütte, dove ci godemmo un splendido tramonto. Il rifugio era ampio e accogliente ma aveva conservato le linee e le atmosfere della base d’appoggio alpinistico: caratteristiche, che oggi sono fortemente in pericolo nella generale rincorsa ai servizi e alle comodità richieste da un turismo degenerato.

Dalla cresta nord della Hintere Goinger Halt verso il versante orientale della Fleischbank, 1 settembre 1988. A sinistra, la Christaturm (poco in rilievo) e la Hintere Karlspitze.

La mattina presto, dopo una generosa colazione, riscendemmo una breve parte del sentiero risalito il giorno prima per poi imboccare uno stretto e davvero incassato canalone roccioso, la Steinerne Rinne. Lo risalimmo pian piano, all’inizio un po’ oppressi dalle muraglie grigiastre, poi con dolcezza sempre più inebriati da questo meraviglioso mondo di pietra. Sono sicuro che in queste condizioni di spirito anche i nomi più difficili da pronunciare delle cime qui attorno non sarebbero più ostici ad alcuno.

In compagnia di qualche cordata oltrepassammo una quasi invisibile piazzola d’elicottero, solamente al ritorno avremmo incontrato decine di disciplinati escursionisti. L’atmosfera era particolare, una perfetta fusione di sole ed ombra, silenzio, storia e amore per la propria terra. Se volevamo cercare il nuovo, lo avevamo trovato nell’antico che era lì, a facile portata di mano e di mente. E questa convivenza, questo equilibrio, lì assai palpabili (e altrove più rari), erano la nostra non piccola ricompensa.

Dalla cresta nord della Hintere Goinger Halt verso le tre vette del Predigtstuhl, 1 settembre 1988
Dalla cresta nord della Hintere Goinger Halt verso la Fleischbank che copre parzialmente il Totenkirchl, 1 settembre 1988

Ci sentivamo, e questo ce lo confidammo a vicenda, in un’altra dimensione, più precisamente ci sentivamo evolvere. Perché evoluzione non è solo arrampicare meglio o usare meno mezzi tecnici o risolvere di volta in volta gli “ultimi problemi”. Evoluzione significa soprattutto miglioramento o, se si vuole, maggiore qualità d’espressione.
Chi è abituato a visitare luoghi diversi sa quanto siano significative le impressioni e le atmosfere che vi regnano. Oggi sono molti quelli che viaggiano di qua e di là: più che in passato si fanno spedizioni o ci si spinge a visite intercontinentali. E anche se non tutti traggono ispirazione dalle nuove sensazioni, anche se non per tutti l’arricchimento interiore che un viaggio può favorire è lo scopo principale, si può ben affermare che la maggior parte degli alpinisti e degli arrampicatori è notevolmente sensibile all’impronta di un luogo.

Christaturm (a sinistra) e Fleischbank (parete sud-est) segnano la fine della Steinerne Rinne.
Dall’Ellmauer Tor, panorama verso sud, 1 settembre 1988.

Molto meno diffusa è la capacità di percorrere le stesse sensazioni attraverso la storia, o tramite lunghi viaggi culturali e spirituali in epoche alpinistiche diverse. Evoluzione non è solo Scuola di Monaco, Epoca d’Oro del Sesto Grado, Ritorno ai Monti, Alpinismo Californiano, Nuovo Mattino, Free Climbing, Arrampicata Sportiva, Rotpunkt e On Sight a ogni costo.

Evoluzione è più un accadimento soggettivo che oggettivo e quindi evoluzione può significare anche staticità e tradizione.

Ellmau e il versante meridionale del Kaisergebirge. L’intaglio più profondo è l’Ellmauer Tor.
Da sinistra, Karlspitze, Ellmauer Tor, Nordliche Toerlspitzen e Regalpspitze

Ero un po’ indeciso se salire la classica via Dülfer-Schaarschmidt (15 giugno 1912) oppure la via di Fritz Wiessner e Roland Rossi (28 luglio 1925). Entrambe sulla parete sud-est della Fleischbank 2187 m, e a parità di bellezza, si differenziano per le epoche storiche che contraddistinguono. Entrambe caratterizzate dalle audaci traversate a sinistra, presentano vari tratti di V+, ma nella seconda il numero di chiodi è leggermente superiore perché usati come progressione dai primi salitori per superare tratti ben oltre il V+. Alla fine decisi per quest’ultima, valutando che era senz’altro alla portata di Nella. In effetti non mi sbagliavo: salì con naturalezza anche i tratti più difficili, attaccandosi a qualche chiodo quando ne sentiva la necessità. Nella seconda lunghezza, quella con la traversata a sinistra, dopo avermi visto superare con grande soddisfazione tutto il tiro in arrampicata libera, effettuò la manovra del pendolo senza problemi. Anche i successivi tratti difficili, come ad esempio il famoso strapiombo Rossi, ci videro veloci ed eleganti. In vetta eravamo proprio felici, questa via così storica ci aveva regalato il massimo, ad ognuno secondo le sue capacità e aspirazioni.

Grutten Hütte
Lo stretto valico del Kopftörl, 1 settembre 1988

La discesa fu meno complicata di quello che poteva sembrare: occorre scendere un canale rivolto a nord-ovest, passare subito sotto la Fleischbankscharte, poi traversare sotto la Christaturm 2170 m fino Christascharte e da lì, dopo una breve risalita sul versante settentrionale dell’Hintere Karlspitze 2283 m, scendere una linea obliqua di cenge che riporta alla base con arrampicata intermedia e qualche doppia, subito a nord dell’Ellmauer Tor 1995 m, cioè nella conca petrosa alla sommità della Steinerne Rinne.

Il giorno dopo (1 settembre) Nella preferì oziare per un po’ al rifugio mentre io avevo preso la decisione di farmi una cavalcata conoscitiva e fotografica.

In discesa nell’Hoher Winkel dalla stretta Kopftörl, 1 settembre 1988
La parete ovest del Totenkirchl

Risalita in buona parte la Steinerne Rinne, voltai a sinistra per risalire il versante ovest della Predigtstuhlscharte 2071 m, con qualche passo di III. Da questa forcella s’innalza la breve cresta sud (via normale) del Predigtstuhl Hauptgipfel 2115  m (II e III-).

Ritornato indietro alla Predigtstuhlscharte, invece di scendere alla Steinerne Rinne, decisi di salire la cresta nord della Hintere Goinger Halt 2195 m, una via di III grado che salì per primo il grande Georg Leuchs con F. Schön il 5 novembre 1899. Poi proseguii più facilmente per la cresta nord della Vordere Goinger Halt 2243 m. Da lì scesi all’Ellmauer Tor dove mi congiunsi con Nella, che nel frattempo aveva risalito la Steinerne Rinne.

Alessandro Gogna alla base della parete ovest del Totenkirchl, 1 settembre 1988
Alessandro Gogna a Ellmau, agosto 1988

Proseguimmo assieme con l’intenzione di raggiungere l’Hoher Winkel, il vallone che ci avrebbe portato sotto la famosa parete ovest del Totenkirchl. Perciò scendemmo sotto al versante sud-orientale dell’Hintere Karlspitze fino alla Grutten Hütte 1620 m, poi risalimmo alla Kopftörl 2058 m, l’intaglio che divide la Karlspitze dall’Ellmauer Halt. Da lì il sentiero scende fino a passare sotto la parete ovest, di 600 metri di altezza, del Totenkirchl 2193 m, famosa per le grandi imprese di Piaz e di Dülfer. E da lì, in breve risalimmo allo Stripsenjoch e al suo rifugio, per poi scendere ancora in serata alla Griesen Alm dove avevamo lasciato il furgone.

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Il Kaisergebirge ultima modifica: 2023-09-06T05:45:00+02:00 da GognaBlog

4 pensieri su “Il Kaisergebirge”

  1. Il Karwendel, il luogo del noviziato di Hermann Buhl! Il Wilder Kaiser (le pareti del Fleischbank), il luogo della sua affermazione! Tutto leggiadramente descritto nelle prime pagine dello splendido volume E’ buio sul ghiacciaio (Melograno 1984).

  2. Come sempre, un’armonica fusione di immagini, descrizioni di luoghi, emozioni.
     
    Mi piacerebbe sapermi esprimere allo stesso modo, catturando il lettore.

  3. Ci sembrava una specie di maggio ’68 dell’alpinismo. Purtroppo quel ’68, che era ribellione, voglia di vivere, utopia, cambiare il mondo schedato secondo il potere dei soldi, è da molto tempo vituperato come il padre di tutte le retrocessioni culturali (scuola), fagnanaggine (statuto dei lavoratori, che seguirà), del tentativo cruento di rivoltare il tutto come un calzino. E se a tutto c’è un “contro”, un risvolto negativo da riconoscere, è assolutamente vero che esiste il “pro”, l’idea, il vedere oltre, l’insofferenza verso le sopraffazioni sulle persone e sulla natura, il senso di giustizia che va oltre il potere e i soldi.
    Questi decenni hanno dimostrato l’utopia di quella manifestazione,  utopia che allargata a quanto sopra mi appartiene ancora oggi.
    Giorno dopo giorno, anno dopo anno, oggi la sensazione che la degenerazione ideale e culturale sia inarrestabile, perché la “massa” non può essere pensante, lungimirante.

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