Il Monte Bianco oggi

Il Monte Bianco oggi (GPM 076)
di Gian Piero Motti
(pubblicato su Enciclopedia della Montagna, 1983)

Lettura: spessore-weight(3), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)

Quando Albert Frederick Mummery compì la prima ascensione del Grépon, la magnifica cuspide delle Aiguilles de Chamonix, si affermò che quella era la più difficile scalata delle Alpi e che non sarebbe mai stata ripetuta. Ma Mummery era un uomo intelligente, e possedeva una dote peculiare di molte persone intelligenti: l’ironia, tanto più apprezzabile quando viene indirizzata anche verso se stessi. Seppe vedere lontano e disse che nel volgere di non molto tempo la sua scalata al Grépon sarebbe diventata una “salita per signore”. Sebbene ancora oggi non sia così, si tratta di un’arrampicata classica che anche un alpinista di medie capacità è in grado di compiere. Eppure il Monte Bianco conserva una severità che non concede margine all’errore. Anche sulla via normale di salita un improvviso cambiamento del tempo, se non si è provvisti dell’attrezzatura appropriata, può diventare fatale; il gruppo è infatti esposto alle perturbazioni occidentali e le tormente giungono improvvisamente e in modo brutale, tramutando una bella giornata estiva calda e soleggiata in un inferno di neve e di vento, con temperature inferiori ai venti gradi sotto zero. Inoltre è sempre incombente la minaccia dei fulmini, che costituiscono uno dei principali motivi di angoscia per gli alpinisti. Per tutto ciò, a prescindere da qualsiasi altra considerazione, il Monte Bianco richiede sempre una notevole preparazione.

Gian Piero Motti. Archivio: Danilo Galante

Il terreno di gioco è vasto, immenso. La gamma di difficoltà può offrire a chiunque soddisfazioni, dalle facili (ma non troppo) vie normali alle più impegnative imprese della catena alpina. La roccia è quasi sempre eccellente, granitica, e permette un’arrampicata libera e rude, caratterizzata da fessure e diedri. Imponenti le pareti glaciali, il più delle volte ripidissime e difficili, ma sempre straordinariamente eleganti. Tutto il gruppo è servito da una vasta rete di rifugi e bivacchi fissi. Il Monte Bianco attrae gli alpinisti di tutto il mondo e il loro numero sembra crescere ogni anno, tanto che per gli itinerari più frequentati, quantunque possa sembrare paradossale, occorre una paziente “coda” d’attesa. Anche in inverno e in primavera il gruppo offre varie possibilità a sciatori e scialpinisti, specialmente con le discese sciistiche della Vallèe Blanche e della Mer de Giace, che permettono anche ai non alpinisti di penetrare nel massiccio e di ammirare uno scenario senza paragoni nelle Alpi.

Una funivia disapprovata da molti amanti della natura ed esaltata da altri (comunque sia, un autentico capolavoro di ingegneria e arditezza), attraversa l’intero massiccio a est (nord nell’originale, NdR) della vetta, da Chamonix a Courmayeur, scavalcando l’Aiguille du Midi e il Colle del Gigante. D’altra parte la stessa apertura del tunnel che unisce oggi Entrèves e Chamonix, pur non avendo conseguenze altrettanto “dissacratorie”, ha indiscutibilmente alterato il normale ritmo della circolazione automobilistica locale.

Eppure, che piaccia o no, dagli anni Settanta in poi c’è stato un certo cambiamento ed è accaduto qualcosa di molto importante nel mondo alpinistico. Probabilmente sono state superate molte inibizioni, mentre si prendeva coscienza delle reali possibilità tecniche e atletiche dell’alpinista che voglia sottoporsi a un allenamento metodico e scientifico, come accade negli altri sport. O forse, più semplicemente, una parte del mondo alpinistico ha voluto tagliare i ponti con il passato e si è distaccata per così dire dalla storia, che è pur sempre un peso di tradizione inibitoria da portare sulle spalle, ma è anche (e occorre ricordarlo) tutto il patrimonio culturale che l’uomo possiede e dal quale può attingere. È presto per dire se ciò sia stato un atto di presunzione e di superbia e se il “figliol prodigo”, dopo un primo periodo di radiosa vittoria e di illusoria libertà, non tornerà poi umile umile alla “casa del padre” dopo avere conteso le ghiande ai porci per sfamarsi: io sono di questo parere, anche se oggi un esame superficiale dei fatti potrebbe smentire sul nascere questa ipotesi. Il momento che sta vivendo l’alpinismo dal punto di vista delle realizzazioni è sfolgorante: inutile quindi citare nomi e imprese. È tutto un movimento che agisce ad altissimo livello, con una progressione rapida e quasi sconcertante. Ogni tabù pare essere crollato, si vincono difficoltà superiori di tre o anche quattro gradi a quelle di ieri, si vincono in “solitaria” e in tempi velocissimi pareti che un giorno richiesero più e più giorni di scalata, si affrontano versanti che soltanto ieri venivano definiti impossibili. Qualcuno dirà: ma non è sempre accaduto così nella storia dell’alpinismo?

Certo, l’evoluzione c’è sempre stata, ma sorretta dalla spiritualità, inserita in un unicum spirituale e storico in cui ancora soffiava il vento della leggenda.

Salita al Monte Bianco per la via dei Cosmiques

Oggi non è così, poiché pare invece che l’alpinismo di avanguardia rifiuti duramente ogni aggancio simbolico con la stessa leggenda e con il mondo eroico di un tempo. I più attenti potrebbero dire che evidentemente si tratta di complesso di inferiorità nei confronti del passato, di rimozione e non di soluzione, di non voler prendere coscienza di una realtà che si preferisce ignorare, rimuovere o tentare di distruggere. Ma si può dissacrare solo ciò che non è veramente sacro; ciò si capirà soltanto in futuro, quando nauseati e saturati da un materialismo volgare e ottuso, stanchi di un edonismo superficiale e pagano, bruciati dalla competitività esasperata che crea e distrugge idoli a ripetizione, si comincerà a rimpiangere e a rivalutare la dipendenza da quella storia tanto odiata e biasimata. Allora, forse, le montagne riappariranno nella loro luce un po’ fatata e leggendaria, quella luce capace di accendere nell’animo umano i bagliori più esaltanti e duraturi. Poiché di luce eterna si tratta. E allora il tempo renderà ancora una volta giustizia agli uomini di ieri, forse un po’ frettolosamente ridicolizzati da qualche cretino di oggi, salito troppo in alto sul piedistallo. Vi è persino chi pretende oggi, in tempi storici così diversi, di avere superato le contraddizioni di uomini che quarant’anni fa agirono in un contesto che attualmente è inimmaginabile. Il quadro, nella maggior parte dei casi, è talmente grottesco che rasenta la farsa, ma purtroppo molti alpinisti odierni non se ne accorgono. Con tutto ciò non si vuole sminuire il merito e il valore delle imprese realizzate negli ultimi tempi: dal punto di vista sportivo esse sono davvero eccezionali, ma è certamente sbagliato e disonesto confrontarle con i risultati di ieri usando gli stessi criteri di valutazione. Tale confronto è impossibile perché sarebbe come paragonare la velocità e l’efficienza delle prime automobili, funzionanti a benzina normale o peggio a gasolio, con quelle delle vetture attuali il cui motore gira con benzina “super”: si può facilmente capire che i 120 chilometri orari di chi viaggiava a gasolio valgono assai di più dei 300 di chi viaggia a super, anche se per molti questa considerazione può essere fastidiosa e antipatica. Come ha detto il celebre cantante e poeta Bob Dylan nella sua più bella canzone, «… non ci vuole molto per vedere che non vi è nulla di veramente Sacro». E certo non è sacra quella falsa spiritualità che, come una polvere dorata e sottile, copre statue internamente vuote; quell’atteggiarsi a mistici razionali, quello sfoggio un po’ stucchevole e provinciale di nomi e di frasi attinte tout court dal mondo orientale, senza per altro averne nulla capito e nulla vissuto, come facevano coloro che un tempo leggevano il dizionario alla ricerca delle parole più difficili. Si tratta di decadenza, proprio quando molti parlano di progresso; decadenza che sempre è accompagnata dall’estetismo e dall’edonismo fini a se stessi. Siamo tornati quasi senza accorgercene al culto del corpo, al gusto dell’immagine e dell’esteriorità, al mito del muscolo, ai Bronzi di Riace. Si scende con gli sci dai canaloni ghiacciati più ripidi e dalle pareti, ci si getta in deltaplano dalle vette, servendosi di uno strano marchingegno che ricorda la macchina di Leonardo e che dà l’illusione di avere realizzato il sogno di Icaro, permettendo di raggiungere in pochi minuti Chamonix dalla vetta del Bianco o da quella dell’Aiguille du Midi.

Evidentemente, dei tempi di Balmat e di Paccard non è rimasta che la statua sulla piazzetta di Chamonix, dov’è immortalato il leggendario montanaro savoiardo intento a indicare con la mano la via da seguire per la vetta.

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Il Monte Bianco oggi ultima modifica: 2019-07-09T03:45:36+02:00 da GognaBlog

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3 pensieri su “Il Monte Bianco oggi”

  1. Grazie per tutte le pubblicazioni di brani di G.P.M., che leggo e rileggo e rileggo ancora (una volta sola non basta mai!) sempre con grande piacere

  2. Chissà cosa direbbe oggi GPM di fronte ad un Monte Bianco ridotto a luna park? Frotte di sedicenti amanti delle alte quote che invece le sottomettono alle loro cieche esigenze consumistiche e prestazionali?
    Purtroppo non è il destino del solo massiccio del Bianco, ma riguarda le montagne in generale.

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