Storia di Michael Innerkofler, guida “sportiva” di Sesto, Val Pusteria.
Il Re del Cristallo
di Carlo Crovella
(pubblicato su Meridiani Montagne n. 123, luglio 2023
Michael (anche detto Michl) Innerkofler nasce a Sesto Pusteria il 30 luglio 1844. Appartiene ad una dinastia di guide alpine di cui, anche per il cognome molto diffuso, è facile confondere i diversi personaggi.
Figlio di Franz, una delle prime guide della storia dolomitica, Michl si fa le ossa accompagnando il padre che ebbe clienti di rilievo come il viennese Paul Grohmann, cui si devono molte prime ascensioni nei Monti Pallidi.
Michl opera fondamentalmente nella sua valle, che al tempo era territorio imperiale, ma non disdegna puntate in altre zone. Lo possiamo considerare la più forte guida dolomitica dei decenni ’70 e ’80 dell’Ottocento, non solo per le performance realizzate, ma per le sue ventate di novità che vanno inserite nella fase di transito fra la conquista delle vette e la ricerca dei problemi alpinisti.
Di certo Michl è il “Re del Cristallo”, cima che al tempo si raggiungeva preferibilmente attraverso il ghiacciaio che, oggi ridotto a poche lingue, allora era temibile come lo stesso Michl constaterà in prima persona.
A Innerkofler si deve la sistematica esplorazione del gruppo, la cui vetta massima era stata conquistata da Grohmann nel 1865: Michl traccia nuovi itinerari sul versante Nord, alternative più tecniche della via normale, e sale molte delle cime circostanti, a volte accompagnando il boemo Wenzel Eckerth, che non a caso è l’autore della prima guida alpinistica del massiccio. Innekofler è ricordato da alcuni toponimi del gruppo, come la Torre Michele e la Forcella Innerkofler.
Però l’importanza alpinistica di Michl va oltre i confini di questo massiccio, che pure conosceva come le sue tasche: è salito più di 300 volte sulla vetta principale.
Egli è autore di ascensioni innovative sia nei dintorni che in altre vallate dolomitiche, dove ha diffuso la visione sportiva. Inoltre è stato l’artefice di alcune salite su commissione, altra novità dell’epoca: il barone ungherese Loránd von Eötvös affidava, infatti, tali incarichi, spesso ma non sempre, come preparazione per successive ascensioni che lo avrebbero coinvolto.
Proprio in tale contesto, nel 1874, Michl e il fratello Johann salgono in prima assoluta sulla Croda dei Toni, percorrendo il canalone allora molto innevato che poi è stato abbandonato per l’attuale via normale, identificata e percorsa sull’adiacente versante roccioso dallo stesso Michl nel 1887. Quella del ‘74 è di fatto la prima salita nella storia dolomitica effettuata da guide senza la contemporanea presenza di clienti, ma, essendo il frutto di una commissione, non viene considerata una vera novità. Tre anni dopo il barone ripete il canalone insieme ai due fratelli Innerkofler.
Michl alterna la normale attività di guida con prime ascensioni assolute, ripetizioni alle vette già conquistate e prime ascensioni di vie alternative alle normali. Nel 1874, con Luigi Orsolina e Anna Ploner, compie la seconda salita sulla Cima Grande di Lavaredo.
Nel ’78 accompagna il barone von Eötvös sulla Croda Rossa di Sesto, un quasi 3000 nel gruppo del Popera. Sempre su commissione del barone, Michl trova da solo la via di salita alla Cima Undici Sud, vetta dove ritorna con il suo cliente nel ’79. Nello stesso anno i due salgono in prima assoluta il Cristallino d’Ampezzo e la Cima Una. Inoltre, sempre nel ’79, Michl è il primo, con Georg Ploner, a metter piede in vetta alla Cima Ovest di Lavaredo.
Nel 1880 Innekofler realizza un’impresa decisamente innovativa. Spintosi nella zona del Passo Sella, ha intenzione di salire da solo una vetta ancora vergine per dedicarla a Paul Grohmann. Dai fassani la montagna è chiamata Sasso Levante, perché, vista da valle, chiude a Est il gruppo. Michl chiede informazione ad una guida locale che, forse per invidia, lo indirizza sulla montagna a fianco: soltanto in vetta Michl si accorge che la cima più alta è l’altra. La sale il giorno dopo (per il versante ovest, che però non è la via normale oggi seguita). La storia lo ripagherà intitolandogli la vetta precedente, che diventa la Torre Innerkofler.
L’attenzione di Michl si concentra sulla Cima Piccola di Lavaredo, ancora invitta e considerata dagli Innekofler una sorta di affare di famiglia. Un giorno, dalla Cima Grande, il giovane viennese Emil Zsigmondy cerca di disegnare la linea di salita della Cima Piccola e Michl gli obietta “Se tu avessi le ali!”. Ma il tarlo gli era già entrato nell’anima e ben presto lo spinge all’azione.
Il timore che qualcun altro potesse conquistare tale montagna accelera l’azione di Michl, il quale nel 1881, con il fratello Johann, traccia una via che sancisce l’apparizione ufficiale del III grado, primo innalzamento tecnico nelle Dolomiti. Anzi, il camino finale (in seguito abbandonato per il vicino Camino Zsigmondy) presenta accenni di IV grado. Si tratta di una salita di due guide da sole, ma non più su commissione: è il primo esempio di ricerca delle difficoltà tecniche. Sempre nell’81 Michl e Johann, con il viennese Demeter Diamantidi e l’altra guida Luigi Cesaletti, realizzano il primo concatenamento in giornata delle Tre Cime di Lavaredo (Piccola, Grande e Ovest).
Nel 1884 il barone von Eötvös gli propone di salire l’invitta Croda da Lago. Michl ci pensava da un po’ e parte di nascosto in avanscoperta. Tutti pensano che sia tornato a Sesto, ma egli approccia la montagna, la vuole conoscere e perlustrare. Non si saprà mai se quella volta abbia raggiunto o meno la vetta, forse non lo svela per non guastare la soddisfazione del barone, che infatti il giorno successivo è in cima insieme a Michl. Pochi giorni dopo i due risalgono fino all’evidente forcella, da cui si dirigono verso una torre indipendente, che il barone battezza Campanile Innerkofler.
Se non fosse per i risvolti tragici, l’uscita di scena del grande Michl è caratterizzata da connotati davvero shakespeariani. In discesa dal Cristallo, un ponte di neve sul ghiacciaio non regge il peso della cordata, forse anche per errate manovre dei clienti. Michl non riesce a frenare l’improvvisa caduta e sbatte il cranio contro il bordo del crepaccio, prima di essere inghiottito. Richiamato dalle urla, accorre prontamente la guida Pietro Dimai che chiede ai clienti dove fosse Michl: è laggiù con loro. Lo recuperano per primo, ma il volto è orrendamente sfigurato. La montagna, che egli conosceva come le sue tasche, sembra averlo punito con troppa ferocia, ma l’uscita di scena non avrebbe potuto essere più maestosa. E’ il 20 agosto 1888.
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@ Salvatore Bragantini
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Grazie , non lo sapevo.
Il racconto mi è piaciuto molto. Solo non capisco perché si voglia a tutti i costi attribuire una qualche responsabilità alla montagna (che lo punisce!).
Expo,
una piccola pignoleria; Tita Piaz, per il moafnuzionamento del freno, si schianta in bici contro un’auto che percorre la strada delle Dolomiti a Pera di Fassa.
Carattere burbero e spigoloso sono i fondamenti dell’essere guida.
Quelle guide, e ce ne sono purtroppo tante, che si vantano di coccolare i clienti, non hanno capito un cazzo e sono la rovina della nostra professione.
Vero.
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O Tita Piaz , che alla morte del suo cane decide di mangiarselo , o che muore schiantandosi senza freni in bici contro la fontana di Vigo mentre scende dal Costalunga.
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D’altronde e’ giusto cosi’ , i montanari che facevano le guide avevano spesso la socialita’ e la rusticita’ che ai tempi aveva un valligiano.
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Ricordo delle 4 ore dichiarate dai primi salitori del badile partendo dai Bagni e individuando la normale ( che avessero gia’ fatto una ricognizione fino in cima ? ) ,
Delle descrizioni che Julius Kugy fa di Pietro Samassa e Anton Oetzinger.
O anche a Luis Carrel che penso mando’ spesso a cagare “clienti” poco rispettosi.
Nella mia mente – chissà perché – ho sempre associato la figura di Michael Innerkofler a quella di Alexander Burgener.
A giudicare dalle fotografie, avevano un fisico simile, abbastanza corpulento. Però la forza e la resistenza erano eccezionali e, nonostante la corporatura, anche l’agilità doveva essere notevole. In entrambi i casi i volti erano ricoperti da barboni inestricabili.
Vissero nello stesso periodo storico e ambedue furono di carattere – come dire? – un po’ grezzo e “ruspante”, ma comunque si assunsero sempre assoluta responsabilità nei confronti delle vite che gli si affidavano fiduciose. Furono uomini leali e coraggiosi.
Anche Burgener morí in un incidente in montagna. Accadde nel 1910, quando aveva la bellezza di 65 anni ma era ancora in attività. Una valanga nei dintorni della Berglihütte (Alpi Bernesi) lo uccise assieme ad altre sei persone, tra le quali uno dei suoi figli.
… … …
Burgener fu sul Teufelsgrat con i coniugi Mummery.
“Venga pure tranquilla, signora Mummerí. Da qui potrei tenere una vacca.”