Intervista a Piero Gros

Piero Gros: «Smisi di sciare a 28 anni perché non guadagnavo. Oggi difendo pascoli e transumanza».

Intervista a Piero Gros
di Lorenzo Fabiano
(pubblicato su corrieredelveneto.corriere.it/ il 10 gennaio 2022)

Quella voglia di attaccare sempre, di farli correre sulla neve gli sci e divorarsi i paletti uno dopo l’altro. Piero Gros è stato un grande campione, certo, ma la sua grandezza rimane soprattutto quella di aver incarnato, fino ad esserne un’icona, lo spirito degli anni Settanta: capelli lunghi e spettinati, la sua sciata era un graffio di rock, un riff di ribellione, irriverenza e libertà. E così è oggi, in quel suo modo di dire le cose esattamente come le pensa. Schietto, senza fare sconti a nessuno. A 67 anni, nonno di un nipotino che porta a sciare, Piero la gioventù se la porta dentro e quel suo spirito libero di allora, rimane lo stesso.

Piero Gros, 67 anni, è stato uno dei protagonisti della Valanga azzurra

Piero, partiamo dall’8 dicembre del 1972…
«Andavo bene nelle gare di Coppa Europa. Mario Cotelli, direttore tecnico della Nazionale, mi mandò a far gare e punti in Australia. Pochi giorni prima dell’inizio della Coppa del mondo a Val d’Isère mi feci fare due gare di Coppa Europa a Courchevel, dove andai bene. Mi convocò quindi per il gigante di apertura di Coppa del mondo a Val d’Isère. Ero già da primo gruppo, ma l’aggiornamento dei punteggi la Fis lo faceva a marzo. Partii nel terzo gruppo col 45 di pettorale, e vinsi uscendo dalle buche tra una porta e l’altra. Pochi giorni dopo feci doppietta vincendo anche lo slalom di Madonna di Campiglio col 42. Sono tuttora il più giovane sciatore ad aver vinto una gara di Coppa del mondo e anche il più giovane ad averla vinta, due anni dopo nel 1974. Una grande soddisfazione, perché vincere a vent’anni non è come vincere a trentacinque».

Lei ha smesso a 28 anni, oggi in pista abbiamo i quarantenni. Come lo spiega?
«Ho fatto otto anni sempre nei primi al mondo. Massima stima per chi a 40 anni è ancora lì, ma non mi entusiasma. La gente vuol vedere volti nuovi come Alex Vinatzer fiondarsi giù a mille. Quando un atleta arriva a 32-33 anni, può anche cominciare a pensare a fare altro. Io credo che lo sport non sia tutto nella tua vita, a un certo punto c’è anche altro».

Ma perché lei ha smesso così giovane?
«Perché non guadagnavo. Arrivavi nei primi dieci e ti dicevano che eri una mezza tacca. A 28 anni ai mondiali di Schladming del 1982, chiusi sesto con un paio di sci raffazzonati che mi diede Marc Girardelli. Non avevo neanche lo skiman, nonostante arrivassi nei primi dieci. Allora, se non vincevi non guadagnavi. Ero sposato con un figlio, per fortuna avevo lo stipendio di finanziere, e avevo messo da parte qualche soldino quando vincevo. Allora non potevamo accettare sponsorizzazioni; oggi è diverso, trovi uno sponsor e qualcosa porti a casa. Comunque non ho rimpianti, di eterno non c’è nessuno».

La Valanga Azzurra sì. È una leggenda consegnata all’infinito.
«Noi eravamo sempre in quattro o cinque nelle prime posizioni. Abbiamo vinto tutto. Almeno fino al 1976, quando io vinsi l’oro olimpico in slalom a Innsbruck. Siamo stati un fenomeno sociale, negli anni ’70 c’erano cinquemila persone a sciare d’estate sui ghiacciai: oggi senza gli sci club sui ghiacciai non ci sarebbe nessuno. In Italia si contavano quattro milioni di sciatori, con aziende del settore che andavano alla grande e oggi non ci sono più».

Gustavo Thoeni e Piero Gros, come dire Beatles e Rolling Stones…
«Quando nel 1972 sono arrivato io, Gustavo aveva vinto già due Coppe del mondo e le olimpiadi. Dal 1973 in poi, abbiamo fatto sostanzialmente pari. Siamo sempre stati amici. Una volta vinci tu, una volta vinco io, ma la cosa più importante è il rispetto; corri nella nazionale italiana, rappresenti il tuo paese, e i valori dello sport vanno rispettati. Sempre. Io non ho mai dormito in camera con Gustavo, non sono mai andato in vacanza con lui, ma nessuno dei due ha mai parlato male dell’altro. Non c’era proprio il motivo. La rivalità esiste in gara, l’arrabbiatura sul momento ci sta come ci sta un gesto di stizza, ma poi finisce tutto lì. Io e Gustavo ci siamo sempre stimati, ci vediamo e ci sentiamo ancora oggi».Piero Gros, 67 anni, e Gustavo Thoeni, 70 anni

Poi arrivò Ingemar Stenmark.
«Un fuoriclasse. Nessuno ha vinto 86 gare di Coppa del mondo come lui. Un anno arrivò a vincere 13 giganti di fila. Fenomenale. Gli allenatori non capirono che noi atleti non eravamo in crisi, perché arrivavamo secondi. Ci fu imposto di cambiare modo di sciare, ma l’unica cosa che potevamo fare era sperare in un suo errore e cogliere l’occasione. Ma che vuoi fare di fronte a uno che ti vince 13 giganti di fila? Continuavamo a cambiare allenatori e la storia era sempre la stessa. Passavamo il tempo a guardare Stenmark, quando Stenmark guardava come sciavamo noi italiani. Lo ha ammesso lui stesso qualche anno fa. Ma secondo lei è scarso uno che arriva quarto o quinto in Coppa del mondo? Nel 1978 presi l’argento in slalom, dopo aver fatto il miglior tempo nella prima manche, ai mondiali di Garmisch, proprio alle spalle di Stenmark. Davanti avevamo uno irraggiungibile, mica era un disonore arrivargli subito dietro».

Lei come la prese?
«Mi ribellavo e facevo di testa mia. Nel 1976 Mario Cotelli chiamò ad allenarci Alfons Thoma, col quale litigai dal primo all’ultimo giorno. Veniva dalla squadra C, era un bravo allenatore, ma in quanto a rapporto umano eravamo allo zero. Una volta, a maggio a Misurina dove stavamo per la preparazione atletica, mi rimproverò perché arrivai a correre in ritardo alle 9 del mattino: “Ehi ragazzo! Che sia l’ultima volta che arrivi in ritardo!” mi rimproverò severo. Non lo potevo accettare. Il suo atteggiamento contribuì a disgregare la Valanga Azzurra».

Piero Gros (a sinistra) e Gustavo Thoeni

Il suo rapporto con Mario Cotelli?
«L’ho conosciuto nel 1972, era il direttore tecnico di una grande squadra; Mario era un bravissimo manager, un uomo dal grande intuito e altrettanta visione, ma il nostro allenatore era Oreste Peccedi, e con lui Walter Schwienbacher e Tullio Gabrielli. Anche Mario non capì che con Stenmark c’era poco o nulla da fare. Con lui me la presi quando scrisse sul Corriere che a Innsbruck avevo vinto perché era caduto Stenmark. Poi ci siamo chiariti».

Un pensiero ad Alessandro Casse, appena scomparso e uomo di grande importanza per lei.
«È stato amico, fratello, padre e allenatore per me. Mi ha seguito dai 12 ai 16 anni e mi ha portato in Nazionale C. Lui e Aldo Zulian, che mi ha seguito fino ai 12 anni, sono le persone più importanti nella mia crescita. Quando nel 1976 io vinsi le olimpiadi, Alessandro fece il record del mondo del Chilometro Lanciato».

Veniamo ad oggi: come la vede la squadra italiana?
«Le ragazze vanno fortissimo, ma dietro a Goggia, Brignone, Bassino e Curtoni, vedo poco. Mancano le giovani, in slalom siamo zero. Non capisco poi perché Marta Bassino voglia fare le discese; sarebbe meglio che in un anno olimpico si concentrasse sul gigante, la sua specialità. Va bene il superG, ma la discesa che c’entra?».

Ma qualche discesa la faceva anche lei, Piero.
«Sì, ma solo per prendere i punti delle combinate. Non rischiavo nulla, mi beccavo fior di secondi, ma prendevo punti utili per la classifica generale. Nel 1976 feci secondo in combinata a Wengen. Oggi le combinate non ci sono più».

Della squadra maschile, cosa dice?
«È un po’ lo stesso discorso. Non vedo giovani. De Aliprandini, bravissimo peraltro, ha 31 anni; Paris ne ha 32 e dietro di lui non spunta nessuno. L’unico giovane che è emerso è Vinatzer. Abbiamo delle punte, certo, ma parlare di squadra mi sembra difficile».

Chi vince la Coppa del mondo?
«Mi pare che Marco Odermatt abbia già messo le cose in chiaro. È un fuoriclasse, corre in tre discipline, vediamo quanto reggerà. Quest’anno, tuttavia, il vero grande appuntamento sono le olimpiadi».

Come segue oggi lo sci?
«Da anni collaboro con la Tv Svizzera Italiana. Ho seguito lo sci per tanti anni, ne ho seguito l’evoluzione. Io non ho imparato a sciare sullo skilift, a sei anni facevo 900 metri a piedi per andare a prendere la seggiovia. Da trent’anni una cosa del genere è impensabile. Ero già un atleta, perché aiutavo tutto il giorno i miei genitori a tirare le funi nel bosco, a portare fuori il letame dalla stalle, giocavo a pallone e andavo in bici, non avevo bisogno di far pesi. Ho cominciato a fare ginnastica a 15 anni, perché ce la facevano fare in Comitato. Guardi oggi quanti esercizi fanno in partenza gli atleti: questo perché lo sci è diventato soprattutto fisico; conta anche il talento, e ci mancherebbe, ma la condizione fisica è sempre più rilevante. È così ormai in tutti gli sport».

Le piace?
«Il livello si è alzato molto. Diciamo che una cosa che non mi piace è vedere atleti con un team privato tutto per loro».

Come dovrebbe cambiare la Coppa del mondo?
«Semplice: dovrebbero esserci 8 discese, 8 supergiganti, 8 giganti e 8 slalom. Vince chi fa più punti. Se facciamo 9 gare, mettiamo uno scarto. Sono per il libero punteggio, ma se vuoi premiare l’atleta più forte devi dargli la chance di sbagliare una gara. Se la Coppa del mondo ha un senso, deve andare incontro a chi corre per vincerla. C’è una bella differenza tra chi fa tre discipline, se non quattro, e chi ne fa due».

Nella vita ha fatto anche il sindaco, al suo paese, Salice d’Ulzio. Mai pensato a una carriera politica?
«L’ho fatto cinque anni, ma mai avrei mai mollato il mio mondo per la politica».

E oggi cosa fa Piero Gros?
«Sono quasi in pensione, mio nipote Thomas ha 4 anni e mi diverto a portarlo a sciare sulle nostre montagne».

«Sono nato e cresciuto in montagna in una famiglia contadina. Non ho mai dimenticato le mie origini, alle quali sono tuttora molto legato». Queste sono sue parole.
«È così. Sono presidente di un consorzio agricolo, mi occupo di gestione del territorio e di pascoli per mantenere la tradizione della transumanza. Non voglio vedere andare in rovina i pascoli dove mio nonno e mio padre si spezzavano la schiena a falciare l’erba. Noi siamo montanari grati alla montagna».

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Intervista a Piero Gros ultima modifica: 2022-02-08T05:39:00+01:00 da GognaBlog

17 pensieri su “Intervista a Piero Gros”

  1. 17
    albert says:

    Le piste di quegli anni..avevano solo le porte colorate sorrette  da pali rigidi o pure i margini della pista ottimale colorati?Le linee marginali azzurre ..servono solo  agli spettatori tv ed ai comentatori sportivi  o anche agli atleti ?

  2. 16
    albert says:

    https://www.oasport.it/2022/02/quanti-soldi-guadagnano-gli-italiani-con-le-medaglie-alle-olimpiadi-2022-oro-argento-e-bronzo-i-premi-per-gli-azzurri-a-pechino/
    LORDI…adesso poi, rispetto agli anni  della valanga azzurra, ci sono altre occasioni .Bisogna  VEDERE SE ARRIVANO SPONSOR, sfruttamento immagine( a volte anche offerte per servizi fotografici glamour o anche   total nude  ), ospitate pagate..kermesse a pagamento con  manifestazioni di veri dilettanti paganti.

  3. 15
    albert says:

    14)  anche per le comuni bocce ..nel mio paese esiste un enorme bocciodromo tutto vetrate e con servizi moderni.Pero’e’poco frequentato, pare per scarso appeal presso i giovani e decimazione  naturale dei praticanti storici.   Ripeto il mio rammarico per la mancanza dello sci-orienteering, che invece coinvolge sempre piu’ praticanti, forse perche’ c’e’poco giro di sponsor e le attrezzature costano poco e..fatta una cartina tecnica di base, funziona in ogni stagione.Ma forse e’ meglio che si tenga lontano dal mondo olimpico.Un accenno alle cerimonie di inaugurazione e  chiusura..qui  non e’ solo  1 circo Barnum, ma un concentrato di tutti i circhi del mondo e di festeggiamenti con effetti speciali e pirotecnici  di Capodanno.Provo pena per i figuranti  gesticolanti robotizzati e inquietudine per i presenti sul palco delle autorita’, che  forse se ne fregano  delle gare e combiano trattati e alleanze, contratti di fornitura  e poi  di nascosto FORSE magnano e bevono ed invitano figuranti o atlete(/anche …atleti) ad allietare i banchetti. Le medaglie d’oro e argento..sono placcate,  i  gioielli  dei vip e vipesse  in metalli massicci.Poi magari  ci si dice che  con gli investimenti si da’ lavoro a fabbricanti di impianti, macchinari tutti made in Italy (finche’ non li smontano e ce li copiano o forniscono microchip  e componenti indispensabili e bloccabili  nel flusso produttivo)e pure ad abili artigiani nella costruzione delle bocce in marmo Gallese. Chi vuole togliersi lo sfizio sul web  filmati dalla roccia alla boccia di marmo finita..Pure i re di Francia dicevano che il loro lusso e sfarzo era piu’che altro per dare lustro alla Nazione  rappresentata nelle loro umili persone per irraggiamento divino e che arte ed artigianato di eccellenza raffinata manteneva abili artigiani rinomati.Peccato che tutto fosse finanziato da tass pesanti su chi quelle schiccherie manco le  vedeva.

  4. 14
    bruno telleschi says:

    Come i  comuni spengono le luci per risparmiare energia, così gli stati dovrebbero chiudere le olimpiadi invernali per proteggere la terra. Considera il curling, per esempio: per giocare a bocce sul ghiaccio bisogna cavare tonnellate di granito nell’isolotto scozzese di Ailsa Craig. Meglio pascolare sulle Alpi e difendere l’ambiente!

  5. 13
    albert says:

     Dopo fieri propositi di astensione video , oggi getto alle ortiche la coerenza e mi guardo: sci fondo classic 15 km a cronometro  , biathlon   femminile con Dorothea e pattinaggio velocita’  e…quando verra’ pattinaggio di figura femminile, pure con mucho gusto.
    E tu mi dici:”dobbiamo far la spesa!””A far la spesa vacci tu che io guardo e se nevichera’ da lunedì andremo a praticar , con calma e giudizio e stile.”

  6. 12
    albert says:

    11)Pur avendo aggiornato   i modelli, ho provato gli sci fondo anno 1976..i primi degli inizi :vanno bene ugualmente ,sono piu’ rustici e pesando un poco di piu’.
    Tra le “novita’ “olimpiche, manca lo sci orientamento…e speriamo non lo mettano mai..occorrerebbe infatti  vero e vasto  paesaggio innevato abbondantemente da madre natura.

  7. 11
    Carlo Crovella says:

    Hai ragione, albert. Le Olimpiadi sono anch’esse diventate un Circo Barnum. per questo NON le guardo più. Pensare che da ragazzino trepidavo con l’orecchio attaccato alla radiolina! poca TV allora. Ho iniziato a seguirle da Monaco 1972 per quelle estive e soprattutto da Sapporo (1972 inverno) con la vittoria di Thoeni nel gigante. Ho smesso di seguirle dopo il 2000. L’edizione invernale del 2006 (Torino) mi ha talmente disgustato, a vedere di persona gli scempi e le porcate finanziarie che hanno fatto, che ci ho messo una pietra sopra. Vale più o meno il discorso che ho espresso nell’articolo sulle invernali in Himalaya. Si vede che questo non è un mondo per vecchi.

  8. 10
    albert says:

    Notizia fresca: Sofia Goggia non corre il super G.Secondo me NON vale la pena di compromettere tutti gli anni futuri di successi nelle varie classiche , coppe del mondo e pure campionati mondiali, nazionali, riservati alle truppe alpine o corpi di polizia, per la gara di un giorno e soprattutto per contribuire ad orgogli nazionalistici ,specie di un quaòsiasi  stato organizzatore che avrebbe altre magagne da risolvere.. ( infatti molti rifiutano candidature) Vedo oggi gare di slittino:pista costosissima..proni, supini , maschile, femminile, di coppia  ,ignoro se   ci sara’ pure gara di coppia mista, ed in caso due possibilita’ di due classifiche e medaglie ,a seconda di  chi sotto e chi sopra.Vale lo stesso per varie e ingegnose sottovarieta’ che usano la stessa attrezzatura..tanto per moltiplicare le premiazioni , le fusioni di medaglie placcate.
    https://www.youtube.com/watch?v=yeoUCNtRAM0

  9. 9
    albert says:

    Difficile destreggiarsi in questi  giorni  tra tutte le specialita’ olimpiche  invernali classiche e nuove, pare un circo barnum (  e per la stessa specialita’ ci sono diverse tipologie di  gara) .Magari alcune non sono ancora  state accreditate  ufficialmente nel gran calderone.    Crescera’ ancora la varietà o alcuni rami secchi ( cioe’poco appetibili in tv e dagli sponsor e  dai produttori di materiali) verranno tagliati?

  10. 8
    albert says:

    “Almeno fino al 1976, quando io vinsi l’oro olimpico in slalom a Innsbruck.”
    Flash di memoria…eravamo in caserma “consegnati” e si vide la gara su un televisore bianco e nero con scarsissima definizione..piu’che altro ombre sfumate…almeno funzionava l’audio.Per le altre gare, preferimmo trascurarle e fiondarci in “libera uscita”.

  11. 7

    Gros mi fa ricordare (che cosa ttremenda!) quando ero giovane e tutti tifavamo la valanga azzurro anche se in casa sciava solo mia zia. L’ho incorociato in occasioni pubbliche e ho sempre pensato fosse davvero un grande (e infatti lo è anche adesso)

  12. 6
    Giorgio Daidola says:

    Facevo il maestro di sci a Sauze d’Oulx (non “Salice” per favore!) quando lui vinceva, lo si trovava spesso sulla neve, la sua sciata potente ed elegante al tempo stesso era un punto di riferimento per tutti, anche fuori pista. Non si dava arie, era uno di noi. Lo incontrai l’ultima volta per fargli un’intervista per il sito web delle Olimpiadi di Torino 2006, gli avevano affidato un ruolo nel Comitato organizzatore ma non avevano capito che un personaggio del genere avrebbe dovuto giocare un ruolo ben più importante. Non mi stupì il suo immediato ritiro dalla vita politica, era troppo sincero ed intelligente per quel ruolo. Bene che ora  si batta per i pascoli di montagna, gli auguro tutto il successo che ancora una volta si merita in una battaglia non certo facile.

  13. 5
    albert says:

     Gli sci e scarponi di quel periodo, ormai sono “vintage” e pure sorpassati nei materiali. Se ne trovano ancora seminuovi negli outlet online .Chi e’ capace di sciare va benone ugualmente… immaginandosi di impersonare un  Thoeni o  Gross…una  valanga azzurra.Poi c’e’ molta dispersione  tra varie nuove specialita’, tra cui le”breghe “o snowboard, lo snow cross, il redivivo telemark, e sempre meno giovani attratti .

  14. 4
    albert says:

     Attualmente ,  le medaglie olimpiche arrivano dagli impianti di pattinaggio indoor e curling , che funzionerebbero pure  tutto l’anno se trovssero chi finanzia e gestisce..con continuità. Atleti  conosciuti or ora, almeno arruolati in corpi militari e di polizia .  Gran peso mediatico di aspettative sugli sciatori  discesa, slalom ecc, che non sempre trovanol’attimo fuggente  e a volte corrono anche con  lesioni in fase di guarigione non completa.

  15. 3
    Carlo Crovella says:

    E come potrò mai dimenticarmelo, il mitico Pierino? Già nel nomignolo c’era la verve del rimpiscatole, del gianburrasca ribelle e dispettoso. L’opposto del silenzioso e teutonico Thoeni, tutto rigore, programmazione, e risposte a monosillabi. Peraltro i due, che si sfidavano anche in allenamento, erano e sono grandi amici. In realtà amici lo sono stati tutti, nella Valanga Azzurra, e questo grazie alla sapiente regia del demiurgo Cotelli che sapeva sfruttare l’antagonismo individuale per ottenere il massimo risultato di squadra. A Cotelli, in una battuta carpitagli a bordo pista dal giornalista di turno, una volta scappò: «A me importa solo che vinca un italiano». Per questo li metteva sempre uno contro l’altro anche nell’ultima discesina di fine allenamento: si forgiavano a meraviglia per essere più forti degli avversari in gara. Però erano tutti amici. Questa fu l’abilità eccezionale di Cotelli. Anche io tifavo per gli italiani in generale, ma un affetto particolare mi ha sempre legato a Pierino. Originario di Sauze d’Oulx (e non Salice d’Ulzio nell’infelice traduzione autarchica), abbiamo lo stesso sangue nelle vene. Il campanilismo mi faceva perfino superare la mia innata preferenza per l’ordine e il rigore, cosa che splendeva più in Thoeni. Ma quei suoi capelli al vento, la sciata arrembante indossando “solo” il maglione, la sua imprevedibilità, che gli fece buttar via un probabile successo nel mondiale del ’74 ma che gli permise di ottenere l’oro olimpico nel ’76… bhe tutto queste cose mi si sono tatuate profondamente nel cuore e nei ricordi. Che nostalgia per “quello” sci, più arcaico dell’attuale, ma proprio per questo più umano e genuinoo!

  16. 2

    Uno sciatore che quando parla di sci sembra un uomo. Atleta lo era già diventato nel bosco. Grande personaggio, proveniente dall’unica epoca in cui il termine “valanga” in montagna veniva visto e vissuto in maniera positiva.

  17. 1
    Paolo Gallese says:

    Quando sciavo con gli amici, da ragazzo, ognuno di noi emulava un campione gridando il suo nome mentre ci si lanciava giù, sui paletti, come forsennati. 
    Io emulavo lui.
    Era bravo, simpatico e non era un dio.
    Lo sentivo una figura congeniale.
    Grande Pierino!

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