Meroi: “In alta quota non servono quote rosa. Che errore quell’idea delle 8 donne sul K2”.
K2-70: il parere di Nives Meroi
di Giampaolo Visetti
(pubblicato su La Repubblica il 1° agosto 2024)
«Il CAI non me l’ha chiesto, ma io non avrei mai partecipato alla spedizione per sole donne, organizzata per celebrare il 70esimo anniversario dalla prima salita sul K2. Mi sembra anacronistico e umiliante applicare le quote rosa in alta quota. Allo stesso modo trovo alpinisticamente superata la corsa agli Ottomila, specie se condita da retorica nazionalista, bandiere e toni eroici. La mia idea di natura, di avventura e di esplorazione è totalmente diversa». Nives Meroi, assieme al marito Romano Benet, ha toccato la sommità di tutti i 14 Ottomila della terra. Nel 2006 è stata la prima italiana a raggiungere anche la vetta della seconda montagna più alta del pianeta.
«Io sono stata fortunata – dice a Repubblica – perché ho potuto esplorare i luoghi più elevati quando l’alpinismo sugli Ottomila era ancora possibile e onesto. Oggi è diventato turismo: non capisco il senso, per organizzazioni come il Club Alpino Italiano e professionisti della montagna, di promuovere un business ormai estraneo a un rapporto leale tra uomo e ambiente».
Ieri è stato l’anniversario della prima assoluta sul K2, compiuta da Lino Lacedelli e Achille Compagnoni. La spedizione femminile K2-70, organizzata per ricordare il successo italiano, domenica ha dovuto rinunciare alla vetta: perché il K2 è un Ottomila così difficile?
«Anche Everest e Kanchenjunga, se saliti senza ossigeno, portatori e corde fisse, presentano difficoltà complesse. Là, però, i punti più impegnativi sono sotto quota Ottomila. II K2 impone tecnica e concentrazione fino alla vetta: oltre certe quote l’energia spesa per ogni metro fa la differenza».
La rinuncia della spedizione K2-70, italo-pakistana, è stata spiegata con l’impossibilità di acclimatamento, dovuta al meteo avverso: lei come si è adattata?
«Trovo incomprensibile addossare la responsabilità agli agenti atmosferici. A certe quote il meteo è quello che è, instabile ed estremo. Un alpinista lo sa, si prepara e agisce sfruttando le rare opportunità. Mi risulta che nei giorni scorsi altri siano arrivati in cima. Io e Romano siamo saliti dopo due notti a 6400 metri e facendo una puntata oltre i 7000. Pretendere bel tempo sul K2 è velleitario».
Ricorda la sua ascesa di diciotto anni fa?
«Con Romano lasciammo il campo base a quota 5000 il 23 luglio. Siamo arrivati in cima il 26 alle 13: siamo saliti in due, soli su tutto il K2, in stile alpino e senza ossigeno. Da due anni nessuno aveva messo piede sulla vetta: abbiamo trovato e aperto la nostra via in modo autonomo, fidandoci dell’istinto e aiutati solo da una corda».
Anche le quattro alpiniste italiane e le pakistane sono guide esperte, eppure sono state fermate da problemi fisici: cosa può essere successo?
«Difficile capire, a distanza e nell’immediato. La mia esperienza è che bisogna avere la pazienza e l’umiltà di ascoltare il proprio corpo e di aspettare il momento giusto. Su un Ottomila non si può salire con la spada di Damocle di un anniversario da rispettare, sospesa sulla testa. Himalaya e Karakorum presentano condizioni ambientali diverse rispetto alle Alpi. Occorrono esperienza, consuetudine, la sensibilità di intuire cosa sta per succedere».
Ma l’idea di affidare alle donne il tentativo di ripetere la prima ascesa rigorosamente maschile, settant’anni dopo, non crede che aiuti a riflettere?
«L’alpinismo non deve lasciarsi usare dalla politica e non può rimanere ingabbiato nel vecchio nazionalismo, neppure se nascosto dietro il pretesto di sacrosanti diritti da affermare. Nel 2004, per il 50esimo anniversario, con Romano ho tentato anch’io di salire sul K2. Nessun finto patriottismo, nessuna questione di genere: siamo saliti per il bisogno di avventura e sul versante opposto a quello classico. Siamo stati costretti a rinunciare, nessuno ci ha lodato».
Pensa che le alpiniste di Italia e Pakistan siano state strumentalizzate da potere politico e prestigio di associazioni alpinistiche?
«La montagna è libertà, non critico nessuno. Hanno colto un’occasione d’oro di promozione personale e per fare esperienza in ambienti che conoscevano poco. È legittimo: resta il problema di prestarsi ad alimentare un’immagine falsa dell’alpinismo e della frequentazione dell’alta quota».
Cosa intende dire?
«Sugli Ottomila alpinismo e avventura non esistono più. Chiunque, acquistando un pacchetto-vacanze, può essere tirato in cima come una vacca. Dominano folla e rifiuti. La prima ascesa sul K2 oggi si onora denunciando il suo sfruttamento, impegnandosi a contrastarlo, evitando di contribuire a un saccheggio presentato come alpinismo estremo».
Non giudica meritorio nemmeno aver posto il tema del maschilismo anche in montagna?
«Non credo che provando a portare otto donne in un colpo sul K2 si sia mosso un passo in più verso la parità di genere. Urss e Cina maoista, per fingere sensibilità al tema dell’emancipazione, inserivano sempre una donna nelle spedizioni alpinistiche di Stato. Il patriarcato non è stato scalfito: propaganda di regime e alpinismo non vanno confusi».
Cosa si sente di dire alle sue colleghe alpiniste, costrette a rinunciare alla vetta del K2?
«Non arrivare in cima non è un fallimento. Auguro loro che la rinuncia sia il punto di partenza per esplorare in modo naturale i luoghi più intatti e remoti della Terra. Sono guide preparate: sanno che gli Ottomila impongono attenzioni supplementari, che la paura è la più preziosa compagna di viaggio».
E lei cosa fa oggi?
«Cerco libertà e felicità su montagne sconosciute, in ogni continente. Non mi riferisco alla felicità come a una conquista: parlo della sensazione di un’umana appartenenza all’intero ciclo della vita, al desiderio di uno stato di pace dentro la natura. Oggi il K2 dell’assalto commerciale non è più la mia montagna, quella che fu di Lino Lacedelli, Achille Compagnoni e Walter Bonatti».
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Si è chiusa la prima spedizione femminile italo-pakistana al K2 ideata dal CAI per celebrare il 70esimo anniversario dalla prima ascensione alla montagna. “Non abbiamo raggiunto la cima, ma abbiamo imparato il valore dell’amicizia”.
K2, si è conclusa la spedizione CAI
a cura della Redazione de Lo Scarpone
(pubblicato su loscarpone.cai.it l’8 agosto 2024)
Si è conclusa pochi giorni fa la spedizione CAI italo-pakistana “K2 70”, nata per celebrare il 70esimo anniversario dalla prima ascensione, realizzata da Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, con il contributo fondamentale di Walter Bonatti e Amir Mahdi.
Organizzata da EvK2CNR, ha visto le alpiniste Anna Torretta, Federica Mingolla, Cristina Piolini e Silvia Loreggian, partire dall’Italia lo scorso 17 giugno 2024 per ritrovarsi in Pakistan con le pakistane e compagne di spedizione Samina Baig, Amina Bano, Nadeema Sahar e Samana Rahim.
Trasferitasi da Islamabad, con un volo interno, verso Skardu, la spedizione è entrata nel vivo della prima fase con il lungo avvicinamento lungo il Ghiacciaio Baltoro. Prima il lungo viaggio in jeep fino ad Askole, poi il trekking di circa 6-7 giorni fino ai 5000 metri del campo base del K2, dove le alpiniste hanno posizionato le loro tende e iniziato a guardare verso la grande piramide di roccia e ghiaccio della seconda montagna della Terra. Posizionato il campo base, sul finire di giugno, è subito iniziata la fase di acclimatazione.
L’evacuazione di Samina Baig
Una spedizione complessa, quella che ha visto protagoniste le 8 alpiniste targate CAI. Dopo i primi giorni al campo base, infatti, Samina Baig, la più forte ed esperta alpinista del team pakistano, è stata evacuata a causa di problemi respiratori. Prima pakistana a salire Everest e K2, e prima pakistana a coronare le Seven Summits, si è scontrata con gli effetti del clima estremo e dell’alta quota che “possono colpire chiunque, anche i più allenati”, spiega il capospedizione Agostino Da Polenza. Dopo alcuni giorni al campo, dove è stata curata dalla dottoressa Lorenza Pratali, visto l’aggravarsi dei sintomi, è stato deciso per la sua evacuazione. Considerata l’impossibilità per gli elicotteri di intervenire a causa del peggioramento del meteo, è stato deciso di farla scendere con un cavallino fino al villaggio di Askole. Ad accompagnarla alcuni portatori pakistani e l’alpinista Amina Bano, anch’essa componente della spedizione K2-70.
L’acclimatazione
Un sogno per pochi eletti, quello del K2, che in questa stagione si è rivelato fin da subito come un osso bello duro. Passati i primi giorni, una meteo inclemente ha lasciato ben poco spazio di manovra alle alpiniste che, sfruttando le poche finestre di meteo stabile, hanno proseguito la fase di acclimatazione. Il 9 luglio 2024 Silvia Loreggian, Nadeema Sahar e Samana Rahim hanno raggiunto il campo 2 a 6650 m. Nel mentre i portatori d’alta quota, al seguito della spedizione, sono saliti al campo 3 a 7330 m con circa 100 chili di materiale utile ad attrezzare la parte alta della via. Seguono giorni di maltempo che bloccano le alpiniste al campo base per diversi giorni, mentre sulla montagna le nevicate proseguono copiose e il vento spazza i versanti.
I movimenti sul K2 riprendono il 16 luglio 2024, quando Cristina Piolini, Nadeema Sahar e Samana Rahim raggiungono il campo 1. Oltre a loro si è mossa verso l’alto anche Silvia Loreggian, che aveva come obiettivo il campo 3. Piano poi disatteso dall’arrivo di una nuova ondata di maltempo che ha portato tutti alla decisione di rientrare al campo base. L’acclimatazione è proseguita il 20 luglio con una nuova rotazione di Anna Torretta e Cristina Piolini, che hanno raggiunto campo 1.
Nello stesso giorno il team italiano si è incontrato con Dawa Chhang Sherpa, dell’agenzia nepalese Seven Summits, da poco arrivato al campo base. Con il leader nepalese la spedizione ha avuto modo di confrontarsi sulle fasi di attrezzatura, con corde fisse, della via verso la vetta. Infatti, fino al momento della discussione, i lavori sulla montagna procedevano a rilento. Dal team “K2 70” erano stati attrezzati dal campo base avanzato al campo 1 e i 200 metri sopra campo 2, mentre il tratto del Camino Bill era stato attrezzato dal francese Benjamin Védrines. Con Dawa Sherpa ci si è accordati perché i suoi ragazzi attrezzassero il percorso fino al terzo campo e quindi oltre fino al quarto e ultimo campo.
L’ultima rotazione di acclimatazione ha visto Silvia Loreggian e Federica Mingolla tentare il raggiungimento di campo 2, il 21 luglio 2024, per poi fermarsi al campo 1 a causa del vento molto forte. Allo stesso modo anche Cristina Piolini e Anna Torretta sono salite al primo campo mentre i portatori d’alta quota Ali Durani e Ali Norani hanno raggiunto campo 2, dopo essere stati costretti a fermarsi al campo 1 il giorno precedente, sempre a causa del vento. Il giorno seguente, poi, la cordata Piolini-Torretta ha raggiunto campo 2. Loreggian e Mingolla sono, invece, salite prima al campo 2, quindi al campo 3 dove hanno trascorso diverse ore prima di ridiscendere a campo base.
Il tentativo di vetta
Terminata la fase di acclimatazione, resa difficile dalle condizioni meteo, le alpiniste si sono preparate al tentativo di vetta in una finestra di tre giorni, tra il 27 e il 29 luglio. Come raccontato nei giorni precedenti il tentativo, a effettuare il tentativo di vetta sarebbero state alcune delle componenti italiane della spedizione, mentre Samana Rahim e Nadeema Sahar, che negli ultimi giorni di luglio avevano effettuato una rotazione a campo 2, “in questa fase estremamente complessa sulla montagna sarebbero rimaste al campo base, anche per la loro sicurezza”.
Intorno alle 19 locali del 26 luglio 2024 Silvia Loreggian e Federica Mingolla, assieme ai due italiani Marco Majori e Federico Secchi (al K2 per realizzare il progetto “Ski in the Sky” patrocinato dal CAI, di cui avremo modo di parlarvi in modo più approfondito), lasciano il campo base. L’obiettivo è tentare la vetta del K2. Primo step è il raggiungimento del campo 2, dove si fermano per qualche ora, per poi proseguire verso il terzo campo. Dopo una lunga marcia, intorno alle 5.30 locali, il gruppo raggiunge i 6650 metri di campo 2. Qui, un’altra breve pausa, quindi si prosegue fino a campo 3 dove la stanchezza ha prevalso facendo scegliere al gruppo di fermarsi a riposare. Posticipata alla mattina successiva la salita all’ultimo campo, si preparano a trascorrere la notte carichi di positività. Al mattino il senso di affaticamento si è fatto, però, sentire in modo ancora più acuto da parte delle nostre due alpiniste: nonostante questo, Silvia Loreggian ha provato a proseguire oltre il campo trovandosi però, poi, costretta a fare dietrofront. Sia lei, che Federica Mingolla, hanno quindi deciso di ritornare sui loro passi rinunciando al tentativo di vetta, a causa di alcuni problemi legati anche allo scarso acclimatamento. I loro compagni di salita, Majori e Secchi, hanno invece proseguito verso l’alto. Allo stesso modo il portatore d’alta quota Ali Durani, partito con le alpiniste dal campo base, si è unito agli sherpa in apertura della via per la vetta, riuscendo a raggiungerla tramite l’uso delle bombole di ossigeno. Con lui ha voluto portare il gagliardetto del Club Alpino Italiano, che ha ringraziato insieme al governo italiano e del Pakistan, del Gilgit-Baltistan e, ovviamente, a tutti i suoi compagni di spedizione.
Al tentativo di vetta non hanno preso parte Cristina Piolini e Anna Torretta. La prima è, infatti, stata coinvolta in un incidente salendo al campo 2 con i due portatori d’alta quota della spedizione. Durante la salita, per schivare una caduta di sassi, ha dovuto fare un balzo che ha provocato il riacutizzarsi di un dolore alla schiena. Scesa al campo base, è stata sottoposta dalla dottoressa della spedizione a una intensa terapia antidolorifica. Nei giorni successivi sarebbe poi stata evacuata ed elitrasportata presso l’ospedale di Skardu. Allo stesso modo Anna Torretta accusava alcuni problemi di acclimatazione e gastrointestinali che l’hanno portata a desistere dal tentativo.
Pochi giorni dopo il rientro al campo base di Loreggian e Mingolla, la spedizione si è preparata a lasciare il campo, voltando le spalle alla piramide del K2 per iniziare la lunga marcia di rientro attraverso il ghiacciaio Baltoro. La montagna porta con sé tanti insegnamenti, ma non sempre consente il privilegio della vetta. “Non abbiamo raggiunto la cima del K2 – scrive Anna Torretta sui suoi canali social – ma la montagna ci ha insegnato il valore più grande: quello dell’amicizia”.
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“Ad esempio io mi auguro che Crovella sia un boot generato da una specie di intelligenza artificiale “
Sarebbe la più palese dimostrazione che l’intelligenza artificiale non esiste…
Per quanto non condivida tutto quello che dicono Cominetti o Crovella con il suo pensiero “caiano esasperante”, apprezzo entrambi perché ci mettono la faccia, citando solo i due più “famosi”. Quelli che invece si firmano con nomignoli fanno solo casino e non portano nulla al blog. E guarda caso sono quelli che ancora tirano fuori la storia dei vaccini, del greenpass e il fatto che se mia nonna avesse la ruota sarebbe una carriola.
Cla78, non c”hai capito proprio un cazzo.
Garantito!
Se discetti di vero e di falso, caro ma ignoto Cla, ti avventuri su terreni molto pericolosi. Sarebbe come attaccare una via lunga (ora si dice multipitch) di 8c slegato e a piedi nudi. Qualcuno ci riesce anche, ma quasi tutti cadono …
“Il problema è che le persone sono odiate quando sono vere, e sono amate quando sono false”.
Bob Marley
Questo Cla deve essere una new entry. Di un altro individuo eroico, in lotta solitaria col sistema malvagio, c’era gran bisogno. Venghino signori, venghino!
@65 Che le ragazze del K2 si siano fatte pagare bene la vedo dura con dietro a tutto questo circo tale ADP. Comunque come dice il Cominetti sono poi fatti loro. Ciaoooo
@64
La ringrazio per la cortese risposta.
Io non nego l’importanza e il valore delle persone,ho il massimo rispetto di tutti e delle loro opinioni, soprattutto quando non la pensano come me: la differenza è ricchezza.tutte le opinioni contribuiscono a creare quel medium linguistico concettuale che in fondo è il luogo dell’umano.
Anche quelle di tale Crovella: individuo esemplare nella perseveranza ideologica, creatore di uno stupidario da fare invidia a Bouvard e Pécuchet. Il fatto che esista è una gran cosa: ne saranno felici i suoi figli la moglie. Si faranno due risate un sacco di altre persone. E di tutto ciò molto fiero nel suo almanaccare incongruente e ottuso di caianismo.
Le sue, come le mie, sono opinioni di saltimbanchi da blog, flatus voci, opinioni come altre mille.
Cominetti mi deludi, sei anche tu un contestato da salotto, che si è fatto qualche tampone per andare a mangiare una pizza o prendere un aereo.
Io sono vergine di tamponi, vaccini, greenpass. Zero assoluto.
Forse anche libero!!!
E dindonderoooooooo!!!
Cominetti : non ti ho visto nel 2021/2022 alle manifestazioni no greenpass. Io ne ho fatte una 40ina, e li bisogna metterci la faccia non solo il nome, visto che la Digos filma tutto.
Commenti 66 e 68, si vede che a te piace essere un anonimo e numero.
Pensa che la mia esistenza è dedicata a non esserlo ovunque e ci riesco pure.
Ma costa tanta tanta fatica, perché oltre a un sistema che se non ti piace devi continuamente dribblare, ci sono tutti quelli come te, Crovella, e similia che invece nel sistema ci stanno a burro e alici e forse questa è la cosa più triste. Almeno per me.
Per fortuna non siamo tutti uguali, sennò sai che palle.
Però c’è da dire che il sistema è fatto per l’umanità della qualità più bassa, cioè la più parte.
Lo capisco, perché mica siamo a Sparta, ma ugualmente, per chi non è “uomo di sistema”, è dura. E a Ferragosto ancor più.
Ma poi tornate tutti a casina bella, quando per noi frustrati, no vax, no grinpas, no tutto, inizia il divertimento.
El dindonderoooooooo!!!!
——— SPIGOLATURE ———
«[…] un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate.»
Il Bertoncelli cui si riferisce Guccini è Riccardo, giovanissimo critico musicale, che in un lungo articolo del 1998 ha raccontato nei dettagli la vicenda. Bertoncelli nel 1975 era un giovanissimo collaboratore della rivista Gong, sulle cui pagine fu chiamato a scrivere una recensione di Stanze di vita quotidiana. Fu una stroncatura senza appello.
Qualche mese dopo Bertoncelli viene a sapere che Guccini in concerto aveva cantato una canzone in cui veniva citato; poi legge su un’altra rivista musicale che Guccini ha detto di lui «è uno che non capisce niente […] uno di quelli che scrivono ancora Amerika con la kappa». Così lo chiama e decidono di vedersi. Passano una serata insieme a casa di Guccini, scoprono di avere interessi in comune, che forse Guccini non si era venduto ai discografici e che forse Bertoncelli qualcosa capiva. Durante quella serata Guccini imbraccia la chitarra e suona per lui L’avvelenata, e si offre di togliere il nome dalla canzone. Bertoncelli rifiuta: «Ora che ci siamo conosciuti non ha più senso». Guccini gli dice che comunque non ha intenzione di inciderla: è uno sfogo da concerto, non una canzone da inserire in un disco. Ma è una canzone che il pubblico ama e qualche mese dopo finirà su Via Paolo Fabbri 43.
(Estratto da Wikipedia)
… … …
Dal K2 all’Avvelenata: un bel volo pindarico.
Adesso però ci do un taglio, altrimenti Gogna mi mena.
Cla, con la storia dell’Avvelenata sei in ritardo di mezzo secolo.
Ebbene, all’andazzo del numero, che mi ricorda tanto il modo in cui i regimi totalitari considerano il cittadino, risponderò:
“Io sono io! Con tutti i miei pregi e difetti, sono un individuo!”.
Olé!
P.S. Cla, chissà mai che un giorno non ci si possa parlare amichevolmente in un rifugio. Però senza darci del “lei”, tantomeno chiamarci come C-3PO e R2-D2 (Guerre Stellari).
😀 😀 😀
E adesso godetevi la grigliata di
S. ROCCO ( 16 AGOSTO), che con
S. PIETRO é il santo protettore di tutti i climbers.
Per quanto riguarda i Bertoncelli, devo dare ragione a Guccini, quando nei primi anni ’70 ne ” L’ AVVELENATA” diceva…
Dimenticavo: anche in banca sei solamente un numero.
Al ristorante sei un numero, quello del tavolo.
In albergo sei un numero, quello della stanza.
In ospedale sei 2 numeri, stanza e letto.
In un ufficio pubblico sei 2 numeri, cod. fisc. e numero che hai preso per la fila.
Al supermercato al banco freschi sei un numero, quello che hai preso per la fila.
A volte anche con la ragazza sei un numero!!!
DIGNITÀ
Nel lager di Buna-Monowitz (Auschwitz III), Primo Levi fu “ribattezzato” con un curioso nick: 174517.
(P.S. Ma che ca**o è ‘sto nick? Parlate come vi ha insegnato la mamma!)
Affinché se lo ricordasse, glielo avevano tatuato sull’avambraccio. Però lui non era d’accordo: avrebbe preferito continuare a esser chiamato con nome e cognome: il primo glielo avevano dato i suoi genitori alla nascita, il secondo gli derivava dal sangue; l’uno e l’altro lo elevavano alla DIGNITÀ di essere umano, con la propria individualità: “Sono io, e non altri!”.
Tuttavia dovette subire: se non l’avesse fatto, imparando a memoria in lingua tedesca il suo nuovo nick, sarebbe stato massacrato di botte.
Pertanto, fine dell’uomo Primo Levi e nascita del “pezzo” 174517.
(P.S. I nazisti cosí si riferivano agli ebrei: Stück, “pezzi”, non persone.)
CORAGGIO
Anni fa, nel GognaBlog, un forumista si presentava col proprio nome e cognome, che però un giorno furono sostituiti da una sigla.
Paura di esternare il proprio pensiero? Paura del giudizio della gente? Paura del giudizio di colleghi e superiori?
EDUCAZIONE
Quando ci siamo presentati alla ragazza che poi è diventata la nostra compagna di vita, abbiamo usato un alias o il nostro nome?
Cosí vale a scuola, all’esame di laurea, con gli amici, i colleghi, i clienti e i fornitori, al seggio elettorale, dai vigili urbani, in tribunale, al circolo sportivo, in rifugio, sullo Sperone della Brenva. Almeno, finora: gli alias stanno avanzando perfino nelle università.
Ben strana la curiosità della gente:
Il 90% degli italiani si è fatta un vaccino senza sapere cosa c’era dentro e ha firmato un consenso informato senza leggerlo, però vuole sapere chi si nasconde dietro un nickname.
Dignità???
Anonimi, cos’è? Il commento 64 di Bertoncelli vi ha fatto pensare o eravate intenti a preparare la grigliata di Ferragosto?
Per tornare sull’argomento dell’articolo: io spero che le ragazze del K2 si siano fatte pagare bene. Perché un conto è se decido di partire con i miei amici per salire una montagna lontana o meno. Un altro se qualcuno o qualcosa (il Cai, in questo caso) mi chiede di scalare “quella” montagna in un determinato modo.
Lo spero almeno per quelle che sono guide. Visto che non credo l’abbiano fatto per il prestigio, visto che tutte hanno fatto cose tecnicamente più impegnative della normale al K2 in stile militar-himalayano novecentesco, cosa che semmai il prestigio gliel’ha fatto perdere, secondo me.
Comunque, sono fatti loro.
Ratman, un nome e cognome è una cosa; un alias è un’altra cosa. Non stravolgiamo il significato delle parole.
Vuoi mostrarti in un blog con la protezione dell’anonimato? Sei libero di farlo.
Però quanti si presentano qui con nome e cognome (Giuseppe Balsamo, Carlo Barbolini, Alberto Benassi, Ezio Bonsignore, Luca Calvi, Marcello Cominetti, Carlo Crovella, Marco Furlani, Paolo Gallese, Ugo Manera, Stefano Michelazzi, Roberto Pasini, Luciano Pellegrini, Giuseppe Penotti, Luciano Regattin, Davide Scaricabarozzi e tantissimi altri con cui mi scuso perché non posso nominarli tutti) NON sono fantasmi generati dall’intelligenza artificiale. Sono persone.
Persone con la dignità di esporsi col proprio nome e cognome.
@56
Egregio sig Fabio.
Io ho rispetto delle sue opinioni, però su un blog un nick vale l’altro.
Ad esempio io mi auguro che Crovella sia un boot generato da una specie di intelligenza artificiale – A1 max – del CAI.
@ Cla
Ebbene si maledetto Carter , mi hai scoperto un’altra volta !
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🙂
error: Melitene
Dai Expo, dillo a tutti che ti chiami: “Espedito Esposito”.
San Espedito di Metilene, 19 aprile.
“Ri-spiego” e non “dispiego”. Ciao
@54 dalle tua osservazione e sulle GA e le Scuole CAI arguisco che non hai proprio colto il tema del precedente dibattito. Ma non te lo dispiego.
CORRIGE
Il mio commento precedente è ovviamente riferito al n. 55. E dire che avevo controllato…
O sto rimbecillendo o qui c’è lo zampino di Gogna, che nel frattempo ha cancellato un commento.
Alessandro, tu puoi verificare: quale delle due?
😀 😀 😀
@ 56
Caro Expo, da quanto scrivi mi pare di aver capito che consideri il prossimo con rispetto. Oggigiorno non è cosa da poco.
… … …
Quando ci si conosce, ci si guarda negli occhi, stringendosi la mano, e ci si presenta. Ed è bello fare cosí.
In un blog lo sguardo e le mani purtroppo non hanno spazio; però rimane la possibilità di presentarsi al mondo con nome e cognome:
“Sono Mario Rossi, sono qui, e quel che leggerete è il mio pensiero, di me, di un essere umano che si chiama Mario Rossi, non di un fantomatico Expo.”
È piú bello fare cosí. E a me, tuo interlocutore, sembra quasi di avere di fronte una persona in carne e ossa, come quando si è seduti allo stesso tavolo di un rifugio e, conversando, ci si guarda negli occhi.
Tutto qui.
@ Marco Furlani
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Ma esattamente quale e’ il problema se uno si firma con il proprio nome, cognome , e codice fiscale , o con il nomignolo con cui lo chiamano gli amici ?
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Capisco se uno insulta per il gusto di insultare , o e’ qualcuno che tu hai sempre detestato che sfrutta l’anonimato per accusarti o fare il corvo e lanciare accuse sul tuo conto , ma qui mi sembra non sia il caso.
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Nel mio caso dico solo quello che penso , e spesso , anche se critico le ideologie , ho il massimo rispetto per le persone e la loro attivita’ in montagna.
Caminetti ha ragione e se fossi Alessandro Gogna non farei scrivere nel blog chi non si firma nome e cognome o con pseudonimi. Altra cosa Marcello è Guida Alpina maestro d’alpinismo potrebbe benissimo dirigere corsi delle scuole del CAI unica limitazione (e questa è una assurdità) non potrebbe essere direttore di una scuola .
@ Giampiero
Visto che parli di :”battibecchi evitabili” , e non hai tutti i torti , restero’ sul minimale.
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Secondo me la Meroi critica l’enfasi data a qualcosa che dell’alpinismo contemporaneo ha solo i riferimenti alla spedizione di Desio.
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Se Expo va a fare il K2 ( ammesso che sia capace ) con l’aiuto di un’ agenzia e per la via piu’ semplice , la cosa avra’ un grandissimo valore per Expo , ma per restare in tema olimpico non e’ una prestazione che prendera’ il piolet d’or.
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Sul tema di :”Squadra di donne che spaccano il culo agli uomini” non dico nulla.
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La pallavolo e’ uno sport codificato da regole : la squadra che partecipa al torneo femminile non puo’ ( ancora per poco ) imbarcare 3 schiacciatori uomini.
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L’alpinismo non sono neanche troppo sicuro che sia uno sport , e la competizione presente si e’ sempre sublimata lontano dai giudici di gara.
51) anche Messner nel 1967 con l’articolo “l’assassinio dell’impossibile” criticava le vie in artificiale a goccia d’acqua del tempo e auspicava ad un ritorno all’arrampicata libera. Sbagliava?
Peccato, il 90% dei commenti sono un battibecco che non c’entra niente con l’intervista rilasciata dalla Meroi. Per tornare al suo parere, pur essendo quello della migliore himalaista vivente, non capisco perche il suo modo di andare sulle montagne dovrebbe essere meglio di quello di una arrampicatrice che una tantum decida di provare a salire sul K2, visto che qualcuno (il CAI) le ha organizzato la spedizione. Abbiamo questa deprecabile mania di criticare il modo in cui gli altri cercano avventura, divertimentio, gloria, svago, rischio ecc. Mi ha ricordato lo spiacevole intervento della schermitrice plurimedagliata che ha criticato la diciannovenne nuotatrice (anche lei italiana) che piangeva di gioia per essere arrivata quarta alla finale olimpica. Sì, credo che la Meroi abbia perso una buona occasione è per stare zitta. PS. Quote rosa?? Allora anche la squadra di volley che ha vinto alle olimpiadi costituisce brutto esempio di quote rosa?
@48 dimostrazione che non vuoi cogliere il concetto. Il CAI non ha utilità nell’aver personaggi (come te) che sottolineino i suoi difetti/errori ecc, anche quando questi difetti siano oggettivi. Anzi c’è bisogno di far innamorare gli allievi del CAI in modo tale che restino soci anche quando hanno terminato i corsi. Se, parlando con gli allievi, si continua a sottolineare i difetti del CAI, come puoi pensare che essi resteranno soci? Si allontaneranno, proprio per la propaganda negativa di individui come te. Una delle finalità dell’istruttore CAI (NON la principale, ma esiste anche questa) è far affezionare gli allievi al CAI, non evidenziare loro i difetti del CAI, sennò ci diamo la zappa sui piedi (ecco perché sostengo che un alpinista come te, pur dotato di capacità tecniche, sarebbe deleterio se diventasse, oggi, istruttore CAI: gli esaminatori ai corsi per titolati lo sanno bene e, se ti sentono dire che cose che scrivi qui, non credo proprio che ti promuoverebbero, a prescindere dalle tua capacità tecniche). Molto meglio avere un istruttore meno forte di te sul piano tecnico, ma “innamorato” del CAI: è utile elle finalità del CAI, mentre tu, proprio per la mentalità che hai, saresti dannoso per il CAI.
Tutto ciò vale a 360 gradi e arriva anche a eventi come questa spedizione, circa la quale ho già detto che, col senno di poi, si possono evidenziare dei difetti e degli errori, ma è stata fatta così ed è inutile sparare addosso al CAI perché non sono arrivate in cima. Chi porta critiche al CAI lo fa solo per partito preso (tralascio di ripetere per intero la mia teoria che il partito preso verso il CAI non è altro che una delle infinite manifestazioni di ribellione – dal NO GreenPass al NO VAX – contro l’istituzionalizzazione da parte di chi si sente a disagio nella società istituzionalizzata).
Io comunque mi meraviglio del Cominetti!
Prima dice che va a scalare, poi invece sciupa la giornata nel rispondere ancora a Carlone e all’anonimo Alberto.
A meno che, beninteso, non ci stia scrivendo da un terrazzino di sosta, fra un tiro e l’altro.
😀 😀 😀
Marcello, sorridi!
Mentre aspetto che il mio amico finisca il tiro (siamo in 3) dico a Crovella una cosa che mi è successa ed è documentabile.
Mentre una persona presentava una manifestazione di cui ero autore all’interno di un bellissimo castello medioevale, fuori pioveva.
La manifestazione era stata organizzata da un ente i cui rappresentanti erano presenti e che anch’io ho ringraziato in pubblico.
Il presentatore però si è lamentato che dentro al castello piovesse a causa di problemi al tetto.
Semplicemente aveva fatto notare una cosa negativa evidente a tutti, ma senza denigrare per questo l’ente che gestiva la struttura.
A buon intenditor….
Il video su quanto ho appena raccontato si può vedere qui:
https://youtu.be/CHbhd4VrbyY?si=dJr_Z1aid3Fy8m5M
…gli esaminatori non ti promuoveranno, perché tu sei, ideologicamente, l’antitesi della figura dell’istruttore CAI.
Carissimo Crovella ma questo è uno dei complimenti più belli e profondi che io abbia mai ricevuto. Grazie!
Però mi ricorda chi dice “se vinco alla lotteria…” e non ci gioca mai.
Alberto, abbiamo un concetto di onestà intellettuale agli antipodi:
non capisci prorio…l’anonimato su internet serve proprio a proteggere le persone pacifiche ed educate come me da persone boriose e violente come voi.
Se anche rileggendoti ti trovi intelligente, stiamo proprio freschi.
Ti rinnovo l’invito a contattarmi per vederci e parlare guardandoci in faccia di queste cose. Non mi va di disturbare oltremodo i lettori del blog.
Anche se qualche domanda se la saranno fatta.
nonostante il saggio consiglio di Cominetti, te lo chiedo un’altra volta: dove e quando ti ho insultato?????
@38 invece sei tu che fai uso di genepy, perché in un recente passato hai detto che, ti presentassi ai corsi per titolati CAI, pensi che li passeresti senza problemi. Non ho voglia di perdere tempo a cercare quel tuo intervento, forse era collegato al mio articolo (di maggio) sul modello didattico del CAI. Inoltre pochi gg fa (sempre al seguito di mia annotazione in merito) hai contrapposto che tu il CAI lo conosci bene, ma io ti ho sottolineato che quando si legge che “l’istruttore CAI deve saper illustrare agli allievi il Sodalizio e le sue finalità“, si dà per sottinteso che ne “parli bene” e NON che evidenzi i difetti del CAI e/o lo critichi. E’ questo il punto cardine: il CAI non è la casa di tutti, il CAI è la casa dei caiani, cioè di chi si riconosce genuinamente nello spirito caiano. Chi non è caiano di spirito, anche se tecnicamente forte, non è utile al Sodalizio. Al CAI non interessa avere propri istruttori che parlino male del CAI, sottolineandone i difetti e gli errorti, specie quando si rivolgono agli allievi. Al CAI interessa avere persone (nei diversi ruoli) che siano genuini appassionati del CAI e quindi facciano appassionare gli allievi al CAI, in modo tale che gli allievi restino soci CAI anche quando hanno terminato i corsi. Figure come la tua, con la mentalità che hai (=anticaiana), non sono funzionali a tale obiettivo. Se ai corsi per titolati CAI, pur dimostrando la tua bravura tecnica, fai gli stessi discorsi che fai qui, gli esaminatori non ti promuoveranno, perché tu sei, ideologicamente, l’antitesi della figura dell’istruttore CAI.
@43 cominetti
veramente io ho semplicemente scritto al blog il mio commento come tanti col mio semplice nome, il n° 27.
dopodichè tu e benassi avete cominciato con insulti, illazioni e parole fuori tema. Dunque ho solo voluto rispondere per evitare di essere maltrattato; é chiaro a tutti quelli che leggono il blog.
e io dovrei dare il mio cognome a persone come voi che, malcomprendendo parole semplici e scritte chiare, passano direttamente a minacce di denuncia? Ma non capisci prorio…
l’anonimato su internet serve proprio a proteggere le persone pacifiche ed educate come me da persone boriose e violente come voi.
Benassi, lascia perdere. Questo manco si prende la responsabilità di firmarsi normalmente e si nasconde dietro a un nome qualunque per sparare a alzo zero su chi non la pensa come lui e usa l’appartenenza al soccorso come un ricatto verso gli altri. Robe da matti!
Mi ricorda Crovella ma almeno lui sappiamo tutti chi è, e, nonostante lo detesti, ne rispetto la figura perché ha il coraggio di esporsi anche quando le spara enormi.
Ora però vado a scalare.
E dove avrei insultato e maltrattato?? Fammelo vedere che magari mi scuso.
@36
hai letto benissimo?
allora cosa non ti è chiaro delle parole “Commemorazione” e “sodalizio fra soci”?
Le altre cose che scrivi in questo messaggio qui non c’entrano. Non è un discorso in generale sull’alpinismo e la speleologia (nel qual caso sono d’accordo con te).
si sta parlando di una commemorazione del CAI (sodalizio). Il CAI promuove attività di ogni tipo, anche solitarie… ma, in questo caso, stiamo commentando una commemorazione. il discorso va relativizzato all’argomento.
Ora che mi hai risposto davvero ho capito bene cosa intendi e sono d’accordo con te, grazie.
@38
Forse non sai leggere neanche bene, a quanto pare.
ho solo scritto che chiederei delle scuse visti i tuoi insulti e la boriosità.
Niente di perseguibile per legge, dunque.
C’è scritto (e intendo) “magari” e “scuse” solo per farti capire che uno dice ad un altro che dice minchiate e che ha la testa vuota, forse si deve ridimensionare
@37
Il fatto che tu sia stato del CNSAS, non ti da diritto di maltrattare gli altri.
a giudicare dai toni e dal fatto che insulti nei tuoi messaggi, qui l’unico che non è calmo sei tu! 🙂
Crovella 33, devi aver fatto colazione con il genepy stamattina, perché non ho mai sostenuto di voler fare nessun corso per diventare istruttore del Cai.
Esprimo le mie opinioni alla luce di fatti che se tu e il tuo “simile” Alberto (firmati con nome e cognome per gentilezza) non vedete è perché volete tapparvi gli occhi per la vostra convenienza o non saprei.
Alberto quello che scrivi è gravissimo e denota una tua ignoranza macroscopica.
Sono stato soccorritore per 12 anni, stazione Alta Badia, e quando ho deciso di uscire per quello che avevo visto all’interno del CNSAS e che non mi piaceva, uno come te mi ha detto: prega di non avere bisogno del soccorso alpino. Una forma di invidia e vendetta promessa che non ho mai dimenticato. E ora eccola riapparire a definire la qualità di certi personaggi che si sentono più furbi perchè fanno i soccorritori.
Ricordati che se ti firmassi con anche il cognome saresti passibile di denuncia per quanto hai scritto.
E ricordati che tutti i frequentatori della montagna sono potenzialmente “clienti” del soccorso, te compreso, e quindi eviterei di fare tanto il cow boy.
Che ne saprai tu di come frequento la montagna io e di quanto la “amo”? Manco perdo tempo a dirtelo, tanto mi fai tenerezza con le tue affermazioni.
Certo che se il Cai è anche questa roba qui, c’è da vergognarsi proprio.
Sono socio da quando ero ragazzino, al Cai ho conosciuto persone in gambissima che mi hanno portato in montagna ma in maniera totalmente diversa da quella di oggi e soprattutto da quella crovelliana. Prima di diventare guida ho fatto l’istruttore di alpinismo con soddisfazione e gratitudine da parte di chi si è legato con me. Nei 50 anni seguenti di gente come quella ne ho vista sempre meno e, se permettete, lo dico e lo ridico, come socio mi sento di dissentire dall’impostazione odierna.
Ho continuato a rinnovare il bollino e ritengo di dovere e potere esprimere ogni mia opinione.
E Crovella, per favore non darmi una delle tue solite risposte copia e incolla che mi hai rotto i maroni da mo’.
Alberto, nel mio sito c’è il mio numero di telefono. Contattami perché mi piacerebbe se ci vedessimo di persona per parlare di queste cose. Abito vicino a Passo Falzarego, magari ogni tanto ti capiterà di andarci. Chiamami. Grazie.
quanto a questo sappi che io ci sono stato 20 anni. quindi stai calmo.
Alberto ho letto benissimo e, non sono per nulla d’accordo con te. Non posso esprimere il mio dissenso? Mi spiace per te, certoche non sono un dio ma il diritto di risponderti me lo prendo eccome!! È lampante che chi viene dopo usa anche l’esperienza e gli insegnamenti di chi è passato prima. Questo vale in tutti i campi, dallo sport al lavoro, alla scienza, all’alpinismo. È sempre stato così. Ma esiste un’evoluzione in cui si cerca di spostare il limite, lo si fa con l’esperienza propria, con quella degli altri, ma anche e soprattutto con il mettersi in gioco. Il limite si sposta mettendosi in gioco, dicendo qualcosa di nuovo, altrimenti saremmo ancora a De Sassure e Balmat, con tutto il massimo rispetto per la loro visione, e non sarebbero arrivate la Cassin alla Walker, la Bonatti al Dru, o la Magic Line al K2.
@31 Benassi
Eh si, infatti non sei riuscito a leggere bene, riprova.
Le mie parole sono rispettose e di buon senso. Puoi non essere d’accordo (e forse non lo sono neanche io, nel senso che non credo di avere la verità in bocca e voglio solo portare ragionamenti sensati ad una discussione) ma non sei un dio e ti tocca anche leggere gli altri.
@ Cominetti
Sicuro, grazie mille… proprio aria… quella che a te manca per ragionare e scrivere con rispetto.
Ricorda che moltissimi di noi, i più altruisti e forti, sono del CNSAS. La prossima volta che tirerò fuori qualcuno per riportarlo dai suoi cari, mi ricorderò certo il tuo cognome e magari, chiederò prima di chiederci scusa.
Ma tu guarda che presunzione e boriosità!
E tu saresti una persona che ama e frequnta la montagna? é proprio vero che ultimamente rischiamo la pelle per persone che non lo meritano.
@30 dicendo cose del genere, sei poi sorpreso se ti stangano ai corsi per istruttori titolarti CAI, nonostante le tue capacità di progressione in montagna?
@ expo
ebbene si.. le corde fisse, le schede tecniche, le tempistiche, le descrizioni dettagliate delle pareti, i luoghi dove porre campi sicuri, le aree valanghive e quelle meno, et cetera, sono state pubblicate dopo le spedizioni in stile Himalayano e, sia chi muove in stile alpino sia chi muove in stile misto, chiunque, utilizza queste informazioni, anche Meroi come dimostrato da racconti e video.
é la realta, e non vi è niente di male, anzi… basta solo saperlo riconoscere… perchè non riconoscere che anche loro sono dei nani sulle spalle di giganti?
Vagamente più difficili? La difficoltà non ha valore assoluto, e in secondo luogo, se anche lo avesse, allora, solo per fare un esempio ma ve n’è a centinaia, J. Kukuczka (RIP) potrebbe portare in detrazione le imprese della Meroi solo perchè più facili di ciò che ha fatto lui? Non sta in piedi.
27) ma guarda che bisogna leggere…
Non è lo scopo né lo stile del CAI, piaccia o meno, giusto o sbagliato che sia.
Questa minchiata, che ricorda tanto quelle di Crovella, è preoccupante.
Mi auguro che il Cai abbia ancora qualche socio col cervello dentro al cranio invece che aria.
@ 27
Dovrebbe ricordarsi la signora che se qualcuno prima di lei non avesse salito in stile himalaiano queste vette, lei e il suo compagno avrebbero solo potuto guardarle da lontano,
Questo vale per tutti i piu’grandi himalaisti che si sono cimentati con gli 8000.
Meroi e Benet hanno fatto cose vagamente piu’ difficili che seguire delle corde fisse.
Per fortuna che qualcuno si è ricordato che Walter Bonatti non ha portato tutte e 8 le bombole e che c’era anche il grande alpinista Mahdi, quello che aveva portato giù Herrman Bulh dal Nanga Parbat
Meroi, ma davvero?
Voi in stile alpino e loro no?
Dovrebbe ricordarsi la signora che se qualcuno prima di lei non avesse salito in stile himalaiano queste vette, lei e il suo compagno avrebbero solo potuto guardarle da lontano, altro che scalarle e poi fare la maestrina. Schede tecniche di ogni parete, passaggi già aperti e puntualmente descritti, tempistiche di movimento, attrezzature e rifornimenti già ben calcolati, corde fisse ovunque lasciate da chi è passato prima, et cetera. Dimenticare, o peggio, omettere questo è davvero segno che la montagna ti ha insegnato poco. Qualcuno potrebbe obiettare che la Meroi intende dire che oggi questo stile è fuori tempo. Ma è chiaro che è una considerazione inutile. Si può facilmente capire che è una spedizione del CAI, che per sua natura intrinseca è un sodalizio fra persone, dunque lo stile scelto, quello misto Alpino/Himalaiano è nella natura stessa dell’associazione. Molto più assurdo sarebbe stato se il CAI avesse deciso, per compiere questa stessa commemorazione, di scegliere 4 alpinisti e mandarli su da soli, in stile alpino! Non è lo scopo né lo stile del CAI, piaccia o meno, giusto o sbagliato che sia.
Cai….
Enri, le parole di Nives Meroi almeno una piega la fanno quando dice di aver salito il K2 in stile alpino. Guardando il video prodotto da Montura dell’impresa della Meroi nel 2006, comunque di impresa si tratta, si vede benissimo che i tratti difficili della salita sono stati superati con l’aiuto di corde fisse. Saluti.
@ 21
Benvenuto nel club!
Nives e una delle poche persone che ha sempre avuto in testa il valore intrinseco dell’andare in montagna, che sia un ottomila o un piccolo colle senza nome. Meditiamo e cerchiamo di mettere in pratica le sue parole
Enri, ma certamente! Se vogliono fare un’ammucchiata, chi sono io per proibirglielo? Libera ammucchiata su libero monte!
Però sono anche libero di contestarlo.
Contesto sia il carnaio sul Monte Bianco sia quello sull’Everest. Se proprio volessi ammassarmi, preferirei di gran lunga le spiagge di Riccione.
Cresciuto coi libri romantici del grande Gaston (Rébuffat), in mezzo alle orde d’agosto sulla Cresta delle Bosses soffrirei troppo.
P.S. Meglio andarci agli inizi di ottobre, a metà settimana, col rifugio chiuso. Io e il mio compagno. E nessun altro (forse).
Dopo 19 commenti assolutamente impresentabili (tanto quanto le minchiate della Meroi), aggiungo anche il mio. Pace e bene. Ciao.
Enri:
Sì e no. Dipende da chi è oggetto di critica.
Se vengono a criticare me, che sono uno scarso arrampicatore della domenica, perché “ancora moschettono gli spit messi 30 anni fa da Piola” è chiaro che si tratta di quello che dici tu.
Mi sembra invece sia legittimo criticare gli alpinisti/arrampicatori di punta quando adottano stili di 20/30/40 anni fa e poi vendono la prestazione come se si trattasse di un grande exploit.
Non sono un alpinista, ma appassionato alla storia dell’alpinismo. Benet e Meroi resteranno nella storia dell’alpinismo, la spedizione del CAI temo di no. Sarebbe ora invece dare risalto alle spedizioni che si portano a casa i rifiuti. Quante lo fanno?
Io credo che la critica al modo dì andare in montagna degli altri possa esistere solo nel momento in cui questo modo inquina dì più. Semai il punto dì discussione può’ essere questo, non il semplice giudizio sul fatto che il mio modo dì fare alpinismo sia migliore del tuo. Perché altrimenti si potrebbe benissimo dire a chi fa gli 8000 in stile alpino che non ha senso nel 2024 quando ormai il modo “giusto” è’ quello dì farli in velocità in un colpo solo campo base vetta e rientro. Sapete quante cose chi va in montagna ancora fa nel 2024 ma non avrebbe senso che facesse se ci mettiamo a giudicare l’altro modo dì andare in montagna? Sai nel 2024 quanta gente dovrebbe andare in cima a monte bianco o in cima al monte rosa partendo dalla macchina e senza fermarsi al rifugio solo perché c’è’ chi sale in un paio d’ore? Sai quanta gente ancora moschettona gli spit messi 30 anni fa da Piola sul Grand Capucin quando ormai c è gente che fa l’8a in granito mettendo le protezioni? E via dì questo passo…Questo genere dì critica a mio avviso non ha senso e serve a chi la fa solo per darsi un tono da “ so tutto io”.
Onore alle belle parole della grande Nives ????????
Onore alle belle parole della grande Nives ????????
Nel 2024, alpinisti di alto livello non devono impegnarsi sullo Sperone degli Abruzzi con una spedizione pesante, in concomitanza con numerose altre.
Perché, in stile alpino, non si rivolgono invece a mete meno note al grande pubblico, meno alte, piú o meno difficili, piú o meno belle, in magnifica solitudine?
Nessuno li ha lodati, ma scommetto però che a differenza di tanti commenti che leggo in questi giorni, allora nessuno attribuì la colpa della rinuncia al fatto che lei fosse donna, o che non ci fossero abbastanza uomini per portare a compimento la “missione”.
Scommetto però che a differenza di tanti commenti che leggo in questi, allora nessuno attribuì la colpa della rinuncia al fatto che lei fosse donna
Per quanto riguarda il valore dell’amicizia lo trovi anche sul Monte Bianco se lo raggiungi a piedi partendo da Courmayeur, la squadra femminile ha pensato prima di partire a fare questo semplice test? Magari d’inverno…Nives fa la maestrina,ok, ma se non hai gambe non è che vai in cima all’Everest come una vacca perché hai la maniglia sulla corda…certo la fila di centinaia di persone è orribile…le nostre hanno fallito,punto,decine di persone hanno raggiunto il k2 il quel periodo loro no perché non erano abbastanza preparate…hanno sbagliato come ha sbagliato Tamberi alle olimpiadi…
Completamente sulla linea di Nives. Mi e’ sembrata una cosa molto di facciata. Le stesse “protagoniste” forse non hanno capito completamente. Per fortuna non si e’ fatto male seriamente nessuno.
@8 scavando, un filino di quello che dici lo si può anche trovare. Non c’è rosa senza spine. Ma ci poteva anche stare, non è il massimo dell’obbrobrio, le GA donne scelte sono tutte di primo piano (cioè non è che hanno mandato delle mezze calzette perché “donne”). Il tutto probabilmente andava programmato con maggior anticipo e con degli step intermedi. Chissà invece che questa esperienza non si rivelerà uno step intermedio per una futura impresa di valore. PS: Nessun treno da cui buttarmi, so ragionare con la mia testa e molto più lucidamente di moti di voi. Complessivamente approvo la gestione del sodalizio, mi piace molto di più delle due precedenti. Solo che uno che approva il CAI a voi vi manda fuori di testa, perché partite dall’assioma, erratissimo, che se uno “ragiona” non che essere anticaiano. Se arrivassi a questa conclusione (=anticaiano), non rinnoverei la mia associazione, ma siccome mi trovo benissimo (e intorno a me non vedo altre che tantissima gente “felice” di far parte del CAI), giungo alla conclusione, più volte espressa, che gli infelici sono quelli che, pur non trovandosi bene nel CAI, continuano a starci. anzi, oltre che infelici, li considero anche stolti: c’è tutto il mondo dove andare, perché continuate ad autocostringervi a stare dove vi trovate male? Un comportamento del genere non è manifestazione di QI einsteiniano…
Condivido e le parole del articolo e aggiungo che a parer mio questa spedizione è anacronistica, divide e accentua ancora la diversità e non le uguaglianze fra i generi. Più auspicabile una spedizione mista.
Peccato che in questo articolo non si parli della spedizione del Cai di Biella che oltre essere arrivata in Cima con pochi mezzi e supportato le ragazze e coordinato fasi di soccorso al rientro della cima della spedizione maschile ski in the Sky.
Crovella, scusi ma non ci vede, nel realizzare una spedizione solo femminile il trionfo di quella ideologia che lei detesta tanto e che viene, anche da lei, chiamata woke?
concordo con Enri. questo la Meroi se lo poteva risparmiare. Commerciale o non commerciale la vetta non è garantita, per adesso. E le persone non sono vacche.
Crovella sei un fanatico. manchi di onestà intellettuale, hai i paraocchi come i cavalli. Se il presidente generale ti dicesse di buttarti sotto al treno per il bene dei cai lo faresti.
Le parole dì Nives Meroi non fanno una piega. Anche io, dal mio comodo divano, trovo strano fare una spedizione solo femminile (perché? Per essere in linea con temi di attualita’? E cosa hanno a che fare con l’alpinismo? Per raccattare qualche sponsor in più?). Sempre dal mio divano ho trovato un po’ strano l’accento sul fatto che il non perfetto acclimatamento sia stato la causa del non arrivo in vetta. Tutto giustissimo salvo quella vena di critica un po’ saccente ed arrogante di quando si dice che chiunque può pagare ed essere portato sul K2 come una vacca. A parte il fatto che dovremmo avere più rispetto per le vacche e non ho mai visto una vacca in vetta al k2 ma a parte questo credo che nel gruppo di oartecipanti donne ci fossero delle ottime alpiniste che di certo non sono andate lì’ per farsi trascinare in alto da un portatore come dei salami. Non conosco bene le altre, ma Federica Mingolla è’ una fuoriclasse che sulle Alpi ha salito vie estreme che farebbero gola a chiunque. Quindi l’accostamento dì queste alpiniste con qualche ricco migliardario che paga un’agenzia per salire il k2 mi sembra sbagliato. Poi siamo tutti d’accordo che salire in stile alpino e’ la cosa migliore oltre che probabilmente la meno impattante. Ci hanno provato, nel modo che avevano scelto, non ce l’hanno fatta. Brave lo stesso. Magari sarà’ stato un passo intermedio per fare molto meglio in futuro. ps
ma un giornalista dì repubblica che va a chiedere un parere? Mah
Il CAI non poteva che impostare una spedizione con tali caratteristiche. O non si faceva nulla, o si tentava questo. Forse, chissà, analizzando dall’esterno ed ex post emerge la sensazione che il progetto sia partito un po’ in ritardo, fin dalle prime battute: per esempio si sarebbe potuto fare una spedizione nel 2023 su una vetta meno impegnativa (in termini di quota) e così amalgamare maggiormente la squadra, testando la reazione delle singole alla quota e alle relative condizioni. E poi le condizioni meteo 2024 hanno giocato proprio contro. Non è andata bene, ma volerci vedere a tutti i costi una conferma dell’errato “modello CAI” è solo figlio del pregiudizio. Anche se la spedizione fosse arrivata in vetta, chi ce l’ha a morte col CAI avrebbe trovate die risvolti per criticare aspramente il progetto.
Condivido tutto di quanto afferma Nives Meroi, una vicenda alpinistica poco limpida
Concordo al 100%!!
Grande Nives ottime e intelligenti risposte. Spero che il presidente generale del CAI ci rifletta sopra, meglio tardi che mai… Il nazionalismo è la politica per fare del bell’alpinismo non ci serve.