1954-2004, il CAI dalla conquista alla conoscenza
Quella del 2004 fu un’estate di polemiche al riguardo delle nozze d’oro dell’Italia con il K2, poi la montagna è rimasta sola ad attendere un altro inverno siderale che le avrebbe fatto dimenticare le debolezze umane estive. Possiamo provare a fare un saldo delle operazioni del Cinquantenario, senza pretendere di essere esaustivi e di certo con molta voglia di essere corretti in caso di errore od omissioni non volute.
Il trekking
Per favorire la conoscenza dell’area del Baltoro e del K2, il Club Alpino Italiano aveva promosso, senza fine di lucro, l’organizzazione di un trekking che portasse i soci fino al Circo Concordia (e da lì al Campo Base del K2). Affidata a Trekking International di Beppe Tenti, l’organizzazione di questo colossale programma vide la partecipazione di più di 500 soci del CAI, divisi in 18 gruppi guidati da due guide alpine ciascuno. Il trekking è uno dei più impegnativi al mondo e richiede 25 giorni da Italia a Italia.
Negli intenti celebrativi il CAI voleva avvicinare questa montagna, simbolo della conquista italiana, dando alla gente comune la concreta possibilità di accesso al campo base. Non solo quindi ai trekker sperimentati ma anche a coloro che volevano vivere quell’avventura senza avere grande esperienza.
Contrariamente a tutti gli altri gruppi gestiti da altre agenzie di tutto il mondo (tutte le italiane erano presenti), ogni tappa del percorso vedeva i soci del CAI fermarsi in campi fissi, ivi allocati per tutta l’estate. Questo permise un indiscusso risparmio, una decisa diminuzione delle risorse necessarie ai trasporti (meno viaggi di portatori), una migliore organizzazione logistica per ciò che riguardava la gestione ambientale dei campi stessi e in definitiva un minor impatto.
Il CAI aveva incaricato l’equipe di Montana srl di sorvegliare il buon andamento dei campi dal punto di vista ambientale e il rispetto da parte di tutti del Protocollo ambientale, un documento elaborato prima della partenza e sottoscritto da operatori e trekker.
Il progetto ambientale K2
Nella logica di dare particolare risalto alle tematiche ambientali l’organizzazione e la gestione del trekking si servirono di uno specifico Vademecum ambientale. Era infatti ferma convinzione del CAI che le celebrazioni, dal forte contenuto culturale, fossero un’occasione preziosa per riaffermare l’impegno ambientale del Sodalizio. Così, attraverso l’adozione di una buona prassi ambientale in ognuno degli aspetti organizzativi e gestionali, si sarebbe potuto concretare quella filosofia di celebrazione che alla vittoria ormai lontana cinquant’anni voleva sostituire nuove ottiche non più di mera conquista bensì di conoscenza, nel rispetto dell’ambiente e delle popolazioni.
Per alcuni mesi un team di esperti, coordinato da Alberto Ghedina (Osservatorio Tecnico per l’Ambiente), e composto dallo stesso Ghedina, da Riccardo Beltramo (Dipartimento di Scienze Merceologiche dell’Università di Torino), da Alessandro Gogna e Mario Pinoli progettò ogni fase delle attività, dagli approvvigionamenti alla logistica, dalla gestione energetica all’impostazione e rimozione finali dei campi intermedi e del campo principale di Concordia, utilizzando i più evoluti concetti della sostenibilità, dell’eco-efficienza e della gestione ambientale. Elaborò pertanto quello che fu poi battezzato il Protocollo ambientale.
Quel lavoro, preceduto dalla raccolta e dallo studio di dati e logistica locali, oltre che dai contatti con le realtà operanti sul territorio, portò però in prima battuta, per informare il più possibile i partecipanti, alla realizzazione di una brochure informativa che ogni trekker ricevette alla partenza, con note di tipo culturale, ecologico e di comportamento ambientale, per una sensibilizzazione e una corretta visuale sulle problematiche.
A garantire il rispetto del Protocollo ambientale, Montana inviò sul campo tecnici specializzati laureati in discipline tecnico scientifiche (geologia, ingegneria ambientale, scienze ambientali) per l’esecuzione degli audit ambientali mediante checklist di riscontro.
I dati salienti dell’attività di audit ambientale furono i seguenti: 6 auditor ambientali impegnati, di cui 4 geologi, 1 ingegnere ambientale, 1 tecnico scienze ambientali; 4 cicli eseguiti in Baltoro (date: 17 maggio-5 giugno 2004; 13 luglio-3 agosto 2004; 9 agosto-28 agosto 2004; 22 settembre-7 ottobre 2004) per un totale di 80 giornate-presenza sul campo.
Riduzione volumetrica di materiale metallico
Ovviamente si riscontrarono difficoltà al buon funzionamento del protocollo: non tanto per responsabilità dei soci del CAI, assolutamente rispettosi dei luoghi e della gente, quanto per lo staff locale dei campi, più attento al risparmio di kerosene che all’accumulo della spazzatura, a volte un po’ pigro nella pulizia delle toilette, a volte reticente sul dove aveva nascosto le lattine di risulta della conduzione culinaria, a volte del tutto ignorante sulla sistemazione differenziata dei rifiuti.
Ciò che però è da sottolineare fu la buona volontà di alcuni di questi responsabili dei campi, decisamente più preparati di altri. Sperando possa essere stato un buon esempio per il futuro.
Nella nostra lunga permanenza, soprattutto a Concordia, potemmo osservare il comportamento medio del socio CAI: questi, anche nelle condizioni più disagiate per via della quota e talvolta in condizioni fisiche non sempre ottimali, accanto alla grande volontà di raggiungere la meta (che più del Campo base del K2 era il Memorial alle vittime della montagna) mostrava un’attenzione al comportamento davvero lodevole, anche di fronte ai peggiori esempi forniti da altri nello stesso luogo.
Nelle località di Juhla, Payu e Urdukas erano stati costruiti negli anni precedenti ed erano gestiti dalla MGPO (Mountains and Glaciers Protection Organization) dei campi con strutture fisse (una casetta per i gestori, docce e toilette, anche per i portatori): questi campi avevano grosso successo e grande utilità. Grazie a loro, l’inquinamento sul percorso era decisamente diminuito, peccato che proprio in quei campi si fossero verificati i più significativi episodi di malfunzionamento, dovuti in buona parte al classico scarica-barile tra MGPO e l’agenzia pakistana che ci dava i servizi.
L’audit riscontrò che praticamente il problema della deforestazione era risolto: tutti i portatori, senza eccezioni, usavano il kerosene per cucinare e per riscaldarsi, non più la legna raccolta a Payu.
Invece rimaneva vivo e dolente il problema delle deiezioni umane, specie quelle incontrollate delle centinaia di portatori: nei momenti di punta e in certi luoghi l’olezzo era insopportabile. La soluzione dovrebbe passare attraverso la progressiva educazione del portatore a servirsi delle toilette a lui dedicate (peraltro presenti nei campi di Juhla, Payu e Urdukas).
Dal Vignes Glacier verso il Baltoro, K2 e Broad Peak
La bonifica
Compito del team ambientale del CAI era anche lo svolgimento di eco-interventi nell’area del Baltoro. Il progetto di bonifica prevedeva un risanamento dell’intera valle del Baltoro, fino al Campo Concordia e al Campo Base K2.
Eravamo naturalmente a conoscenza di operazioni analoghe condotte negli ultimi anni ’90 dalle ONG operanti nel Baltoro (il già citato MGPO e soprattutto il Central Asia Institute).
Diretta da Alessandro Gogna, la bonifica della valle del Baltoro e del ghiacciaio ebbe luogo dall’8 luglio al 31 agosto. La scelta di quel periodo fu dovuta all’esigenza di non essere intralciati dalla neve primaverile sul terreno, né da quella sempre possibile in periodo autunnale.
Le località interessate furono Askole, Korophon, Julha, Bardumal, Paju, Liligo, Kuburse, Urdukas, Gore 1 e 2, Concordia, Broad Peak Base Camp e K2 Base Camp.
Facilitata da una spedizione sud coreana che nel frattempo ripuliva il campo base del K2 e lo Sperone Abruzzi (1.500 kg raccolti), l’equipe di Montana si concentrò sui campi tappa, su Concordia e sulle discariche militari presenti a Concordia e a Gore 2, riuscendo a raccogliere 3.011 kg di lattine e altro materiale ferroso. Questi rifiuti furono trasportati ad Askole e qui ceduti all’MGPO che provvide al trasporto a Skardu e alla vendita ai rottamai locali. Il ricavato andò per metà all’MGPO stessa, per metà a iniziative per lo sviluppo della popolazione locale.
La bonifica raccolse anche più di una ventina di kg di batterie usate: queste però furono trasportate in Italia per un corretto smaltimento.
Provvedemmo a bruciare in loco circa 2.100 kg di rifiuti misti di vario genere, compresi anche materiali plastici. Questa scorretta operazione fu ritenuta il male minore, in quanto il trasporto a Skardu avrebbe semplicemente significato lo smaltimento di essi in riva all’Indo, procedimento normale della città di Skardu per liberarsi dei rifiuti quotidiani. Questi vengono normalmente avviati alla discarica a 2 km a nord-ovest della città, in riva al fiume: non viene neppure appiccato il fuoco, si attende solamente la prima piena.
Askole: parte dei rifiuti recuperati
I nostri roghi eliminarono circa 300 kg di carta e cartone, 400 kg di materiale plastico e 1.400 kg di rifiuti “umidi”.
Attività di bonifica e di audit, per via delle buone condizioni atmosferiche, furono fortunosamente condotte anche nella seconda parte del mese di settembre e nella prima parte del mese di ottobre 2004. Ciò allo scopo di seguire anche l’ultimo dei trekking previsti, ormai in stagione abbastanza avanzata. Altri 275 kg di metallo e 14,5 kg di batterie (anche queste portate in Italia) furono così da aggiungere al bilancio totale, più ulteriori 600 kg circa di rifiuti misti bruciati.
postato il 19 luglio 2014
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