La nube perversa

Metadiario – 247 – La nube perversa (AG 2002-008)

Giungiamo a Gmünd reduci dalla Stiria e da una settimana in cui ha piovuto sei giorni su sette, provocando alluvioni altrove. Ma l’aver oltrepassato sotto un lungo tunnel il crinale degli Alti Tauri (Hohe Tauern) per entrare in Carinzia non ha mutato i termini della questione: continua a piovere e, quando smette qualche ora, il terreno non fa neppure a tempo ad asciugare. Le nuvole sono alte quel tanto da poter vedere le valli, ma le vette sono nascoste e i toni grigi sembrano invadere anche l’umore. Approfittando del brutto tempo avevamo fatto la spesa per l’intera settimana a venire, senza ricordarci che in realtà questa volta non avevamo a disposizione un appartamento ma eravamo invece ospitati in un albergo! Precisamente al Maltainerhof, appena appartato dal centro del villaggio di Malta. I proprietari sono assai gentili, garanzia di soggiorno piacevole: in più notiamo almeno due famiglie italiane con bambini, altra buona notizia per Elena e Petra.

Panorama dall’Hochkedl verso i Muehldorfer Seen e il Reisseck, Alti Tauri

Purtroppo il frigorifero in stanza non può accogliere se non in piccola parte l’ingente spesa che abbiamo fatto, tutta roba inutile visto che abbiamo la mezza pensione. Siamo ridotti a mettere i vari cibi su un terrazzino all’ombra, mentre la Tara e il Mumu scorrazzano per la stanza, assai piccolina in verità. Chissà cosa ne penseranno le donne che verranno a riordinare ogni mattina! La convivenza di quattro persone e due gatti in quest’area ristretta è difficile, il Mumu trova comodo bere di notte dal bicchiere d’acqua che Elena appoggia per terra. E se vogliamo parlare dello smaltimento feci del Mumu (mescolate alla sabbietta) occorre confessare le nostre debolezze che prima o poi ci chiariscono che non siamo eroi senza macchia dell’ambiente. La realtà è che non si trova un cestino o un bidone a pagarli, che non possiamo pensare di riportarcele in Italia, che l’unica soluzione è il seppellimento quotidiano in luoghi remoti e appartati e che alla fine, esasperati, per almeno due volte abbamo risolto la questione buttando i sacchetti là dove i bravi cittadini di Malta gettano i biglietti dell’autobus…

Elena in arrampicata sulla palestra di arrampicata della Reisseckhütte, versante nord est dell’Hochkedl

In compenso la sera si mangia davvero bene. Alcune parentele con la cultura friulana della tavola non fanno che evidenziare l’originalità di alcuni piatti carinziani, sia di carne che di pesce di torrente o lago. Quando gli alberi da frutto fioriscono, dai campi s’innalza verso il sole una verdura degna della tavola di un re: è l’asparago, la «bacchetta magica della primavera». All’asparago della Lavanttal è dedicata una festa di un’intera settimana. La ricetta originale della Saure Suppe (minestra acida) richiede varie qualità di carne ed erbe diverse, tra cui l’erba cipollina. Ad essa spesso si accompagna il Kärntner Reindling, una focaccia di pasta lievitata ben lavorata e riempita di cannella, zucchero e uva sultanina. Al di là dei Kasnudel, una variante alla ricotta e menta dei canederli, quasi un piatto nazionale, o dei formaggi di malga (tipo il Gailtaler Almkäse), o ancora dei dolci Schmarren al mirtillo, del tutto originali sono le uova di trota (il caviale della Mölltal) e le Mostbarkeiten (specialità di sidro). Dopo una calda giornata estiva in Carinzia, troviamo molto rinfrescante un buon bicchiere di sidro ad «alto tenore spirituale». Le Kärntner Ganslwirte (locande dell’oca carinziana) ogni anno nelle settimane intorno a san Martino invitano tutti ad assaggiare le loro specialità d’oca (le Ganslschmaus), accompagnate dal Primo, il giovane vino rosso appena vinificato nel vicino Friuli-Venezia Giulia. Ma adesso non è stagione per questo.

Fallbach Wasserfall, la più bella cascata della Maltatal
Petra in arrampicata alla Kreuzwand, Maltatal

La visita domenicale di Gmünd, obbligatoria perché piove, si concentra sulla bellissima piazza e sulle antiche viuzze del centro storico, ancora oggi racchiuso da mura potenti. I negozi sono chiusi, il movimento è scarso, eppure grande è il fascino di questo luogo così diverso dalle nostre borgate italiane. Quando il diluvio si rafforza, entriamo nell’affollato museo della Porsche, decisamente interessante per grandi e bambini. Poi c’imbattiamo nel sinistro museo di Eva Faschauner, un’antica abitazione interamente arredata come se il tempo si fosse fermato il 9 novembre 1773, quando Eva fu giustiziata per aver avvelenato il marito poco dopo averlo sposato. Ci vollero tre anni di detenzione per fare confessare alla Faschauner il suo delitto: tre anni di prigione e di tortura, come si usava. Nella casa vediamo la riproduzione della buia cella, i documenti, le cose di ogni giorno, perfino il sacchetto con l’arsenico: ma vediamo soprattutto gli strumenti di tortura con cui si estorcevano le confessioni, presumiamo indipendenti dalla colpevolezza o innocenza. La Faschauner fu l’ultima vittima, perché poco dopo l’imperatrice Maria Theresia abolì la tortura. La sentenza mortale del 20 marzo 1773 diceva «… da giustiziare a morto con la spada, troncare la sua mano destra, mettere la testa e la mano sulla ruota e seppellire il corpo nel luogo del supplizio…». Ne usciamo sconvolti, ma non doveva essere l’ultima volta. Il giorno dopo, ancora brutto tempo, ci accodiamo alle schiere di bambini che salgono su un vagone trainato da un trattore giallo e vanno a camminare su il sentiero Trebesind tra Altersberg e Neuschitz, punteggiato di attrazioni del loro mondo e colorito da un lungo ponte sospeso nel vuoto di una valle. Il mattino seguente (13 agosto 2002) abbandoniamo la Maltatal per salire da Kolbnitz con una caratteristica funicolare ai laghi Kleiner e Grosser Mühldorfer. Finalmente il sole ci permette di vedere questo magnifico angolo di Carinzia: dalla Reisseckhütte io salgo sul vicino Hochkedl 2558 m, con un bel panorama sul Reisseck inondato di luce, strano contrasto con lo sfondo nero e bluastro in cui sapevo nascondersi la più alta zona dell’Hochalmspitze e dell’Ankogel. Al mio ritorno, arrampichiamo su alcune rocce di granito vicine alla Reisseckhütte indicatemi dalla guida Robert Winkler, poi Petra scrive il suo nome con i sassi.

Petra in arrampicata alla Kreuzwand, Maltatal
Guya in arrampicata alla Kreuzwand, Maltatal

La mattina del mercoledì 14 è stupenda. Assai presto esco dall’albergo e percorro la Maltatal in direzione della diga dell’Hauptspeicher Kölnbrein. Posteggio ai primi chiarori dell’alba, ma esito a uscire dall’auto: fuori c’è un vento indiavolato e, soprattutto, non si vedono le montagne. Dopo mezz’ora di attesa, mi decido e mi dirigo verso l’Arlscharte 2252 m, con frequenti soste per dare tempo alle nuvole di alzarsi, ma non succede. In cima all’Arlhöhe 2326 m fatico a trovare un riparo dal vento: il lago sotto di me è nero e truce. Dopo un’altra ora, verso le dieci ripiego verso la valle. Nella discesa in auto verso Malta il cielo è azzurro e beffardo, ma dietro di me rimarrà scuro tutto il giorno.

Castello di Dornbach (Maltatal), Carinzia.

L’assenza totale di nubi, tranne che nel settore nord-ovest della visuale, mi spinge a dirigere la famiglia verso il Parco Nazionale del Nockberge. Lo raggiungiamo passando da Bad Kleinkirchheim e posteggiamo sulla ventosa Schiestel Scharte 2030 m. Il cielo azzurro del pomeriggio ci attira sulla cima dell’erboso Klomnock 2331 m, nel cuore del parco; dalla croce, il panorama è sconfinato ma mi colpisce l’unico nuvolone che avvolge il lontano Ankogel. Di ritorno alla Schiestel Scharte entriamo nella Glockenhütte dove una banda di escursionisti agitati sta festeggiando con fiumi di birra. Sul più bello di un ennesimo brindisi, quattro biondoni rubizzi avvicinano i boccali con troppa violenza e questi si frantumano sul tavolo! Tutto il locale esplode in una sonora risata, comprese le mie bambine.

Guya e Petra in salita al Klomnock (Parco nazionale del Nockberge)
In salita al Klomnock (Parco nazionale del Nockberge)
In vetta al Klomnock
In vetta al Klomnock Petra si è annodata i pantaloni
Elena in vetta al Klomnock

Alle cinque del mattino dopo (15 agosto) mi avvio speranzoso verso la diga. Sono anche un po’ arrabbiato per aver rinunciato ad arrampicare con Robert Winkler e una sua cliente lo sperone sud-est dell’Hochalmspitze: temevo di non aver più tempo in settimana per fare la mia foto panoramica. È quindi con costernazione che, giunto alla sbarra del pedaggio, mi accorgo che la nuvola è ancora lì. Ugualmente salgo alla diga, ma questa volta non mi avvio a piedi, preferisco la tattica dell’attesa. Poi mi accorgo che forse almeno la vetta dell’Hochalmspitze, al di sopra delle nubi, è libera: penso a Robert e all’arrampicata perduta sul bel granito. Allora scendo un tratto di valle, poi mi avvio a piedi verso la Kattowitzer Hütte. Giunto all’Obere Maralm 1813 m, il sole riesce a bucare le nubi sulle rocce e sulle nevi sommitali dell’Hochalmspitze, per qualche minuto, mentre l’Ankogel è ancora chiuso. Pur contento della visione appena avuta, anche per oggi niente da fare, e la maledizione della nube perversa continua.

Schiestel Scharte: Petra (in cima) ed Elena (con pile rosso) con altri bambini, 14 agosto 2002.

Il seguito della giornata ci porta a Mallnitz e all’Hannover Haus, sempre per ritrovarci nella nebbia più ostinata a metà della funivia: neppure dal lato occidentale l’Ankogel si concede. Intorno è il sereno più incredibile, dovunque si guardi dall’Arnoldhöhe. Il giorno dopo, sempre alle cinque di mattina, mi faccio furbo e alla prima curva della valle, quando vedo la nuvola, faccio inversione di marcia per puntare al Millstättersee e alle sue luci mattiniere. Più tardi nella mattinata porto le bambine ad arrampicare nella palestrina di roccia (settore Kreuzwand) vicina alla Fallbach, più bella cascata della Maltatal, e infine le accontento portandole vicino a Seeboden, al Sommeregg Schloss, un bellissimo castello dove d’agosto si svolgono spettacolari tornei a cavallo e in costume. È una vera compagnia teatrale quella che recita con bravura da attori e abilità circense. Una trama comica regge lo spettacolo, facile da comprendere anche se non si conosce la lingua e gli esercizi più difficili costituiscono il racconto, spesso interrotto da sinceri applausi. Il cielo è sereno, la gioia grande (meno se guardo a nord-ovest, e poi domani dobbiamo partire). La sera visitiamo, per non negarci nulla, il museo delle torture del castello, se possibile ben più inquietante delle già tetre rievocazioni di Eva Faschauner. Da una parte ci pentiamo di aver concesso questo desiderio delle bambine, dall’altra ci consoliamo pensando che quello strazio buio e opprimente può essere, se non educativo, almeno causa di riflessione: se non altro per i pannelli di Amnesty International che dimostrano, con altrettanta crudezza, quanto la tortura sia ancora ben viva al mondo.

Dall’Obere Maralm verso la Hochalmspitze e il piccolo ghiacciaio dell’Hochalmkees.
Da poco sotto il Lausnock, panorama sulla ghiacciata Hochalmspitze
Da poco sotto il Lausnock, panorama sul bacino dell’Hauptspeicher Kölnbrein e sui ghiacciati Hochalmspitze e Ankogel. La nube perversa si è dissolta in extremis.

La mattina dopo, alle cinque, mi alzo senza convinzione. I bagagli sono già pronti, per le dieci bisogna lasciare la stanza. Salgo in macchina e, alla fatidica curva, mi accorgo che la nuvola non c’è più! Accelero, posteggio con stridor di freni alla diga, mi butto a salire verso il Lausnock senza sentiero e nei rododendri bagnati: questa dev’essere la volta buona e voglio essere più in alto possibile alle prime luci colorate. Dalla Quota 2350 m del Lausnock con sospiri di sollievo e con gioia profonda scatto rulli su rulli, mentre il sole illumina questo angolo segreto degli Alti Tauri. L’Ankogel è lassù, come se l’avessi salito.

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La nube perversa ultima modifica: 2022-01-22T05:59:00+01:00 da GognaBlog

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1 commento su “La nube perversa”

  1. Quando il tempo è brutto si possono fare molte altre cose. Non mi sono mai arrabbiato con le piogge persistenti e anzi, mi sono sempre detto che era forse il momento di riposarsi o di fare cose che si erano tralasciate a scapito di altre nei giorni di sole. Facendo la guida ci sono periodi in cui ti auguri una brutta giornata per riposarti. Desmaison nel suo Professionista del Vuoto parla spesso del rumore della pioggia sulle lamiere del tetto del bivacco o del rifugio, come di un istante liberatorio perché alla tensione della salita imminente si sostituisce il girarsi dall’altra parte per continuare a dormire.
    Con i bambini il discorso è diverso, infatti quando fa brutto possono imparare l’arte dell’ozio o dell’annoiarsi per non diventare degli adulti incapaci di gestire l’inattività fisica, come purtroppo ce ne sono tanti.

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