La scienza non crede a se stessa
di Guido Dalla Casa
(pubblicato su ariannaeditrice.it l’11 dicembre 2022)
Premesse
Si sentono spesso, da parte di organi ufficiali di informazione, molte raccomandazioni di “ascoltare la Scienza”. Naturalmente le Autorità pensano a quella ufficiale, riconosciuta dal sistema e divulgata, anche perché di solito non ne conoscono altre. Quella che abbiamo chiamato “scienza ufficiale” è sostanzialmente la raccolta delle conoscenze che si inquadrano nel paradigma cartesiano-newtoniano, tuttora ritenuto da molti “la verità” malgrado sia stato falsificato più volte, come vedremo. Spesso i fatti che non si inquadrano in quel paradigma vengono semplicemente negati. In altre parole, viene chiamata “scienza” quella che considera reale soltanto la materia. E’ opinione corrente che la Scienza abbia una sola voce “approvata e consolidata” e che quindi sia in grado di fornire “certezze”. Vedremo che si tratta di un’opinione molto fuorviante e completamente superata.
Per definizione, la scienza non dovrebbe avere dogmi, tutte le affermazioni dovrebbero essere falsificabili. Una teoria, o visione del mondo, viene falsificata se qualche fatto non vi è inquadrabile. Lo scienziato inglese Rupert Sheldrake ha posto in evidenza, nel suo libro Le illusioni della scienza (Apogeo Urra, 2013), le premesse che vengono invece prese come dogmi dalla scienza maggiormente diffusa (e fondata sulla visione “ottocentesca” del mondo):
– La Natura si comporta come una macchina;
– Il complesso energia-materia è rimasto costante da sempre e per sempre;
– Le leggi della Natura restano invariate;
– La materia non ha alcun genere di coscienza;
– La Natura non ha alcuno scopo, né obiettivo;
– Tutta l’eredità biologica è trasmessa nella materia;
– Tutto ciò che è nella memoria è registrato come tracce materiali;
– La mente è un prodotto soltanto del cervello;
– I fenomeni psichici sono illusioni;
– La medicina materiale meccanicista è l’unica che funziona veramente.
La scienza ufficiale semplicemente nega (e spesso deride) i fatti che contraddicono questi dogmi, alla faccia del metodo scientifico. Ma è interessante notare che le falsificazioni dei dogmi sopra citati provengono dalla scienza stessa. Se ne deduce che la cosiddetta scienza, quella venerata da molti politicanti e giornalisti come se fosse un’unica voce infallibile, non crede più neanche a se stessa.
“Qualunque cosa io dica, Vi prego di interpretarla come una domanda (Niels Bohr)”.
“L’unica legge è che non c’è nessuna legge (John Archibald Wheeler)”.
Due paradigmi
Facciamo un breve excursus su come sono state inquadrate le conoscenze a partire dall’inizio della cosiddetta “scienza moderna”. Ogni scienziato inserisce in genere le sue conoscenze in quello che oggi viene chiamato il suo paradigma, seguendo una felice definizione del filosofo Thomas Kuhn (La struttura delle rivoluzioni scientifiche – Einaudi, 1978).
Mettiamo in evidenza i due paradigmi maggiormente presenti nella scienza, seguendo una definizione di Fritjof Capra (Il punto di svolta – Feltrinelli, 1984): il paradigma cartesiano-newtoniano e il paradigma sistemico-olistico.
Con il paradigma cartesiano-newtoniano tutte le conoscenze vengono inquadrate nell’ipotesi che l’universale sia una gigantesca macchina con l’optional del Grande Ingegnere (esterno): in questo paradigma ci illudiamo di separare i singoli problemi e risolverli uno per uno in modo lineare. Invece, con il paradigma sistemico-olistico non possiamo suddividere in parti l’universale: è necessario prendere in considerazione tutti gli effetti e le retroazioni fra i vari elementi e considerare il grado di complessità di un sistema, che non è divisibile in processi esaminabili singolarmente.
Dopo il primo periodo dall’inizio della cosiddetta scienza moderna, il paradigma principale vigente può essere considerato il determinismo di Laplace (primi decenni dell’Ottocento). Non c’è alcuna libertà, per nessuno, anche se una parte della scienza dell’epoca accettava un pizzico di libertà, ma attribuito soltanto “all’uomo”. In sostanza, la scienza cartesiana-meccanicista ha ancora le sue basi nell’Ottocento.
Come noto, secondo il pensiero cartesiano, tuttora in auge, la mente è nettamente separata dalla materia e l’unico punto di contatto è una ghiandola del cervello umano, l’ipofisi: tutto il resto è materia manipolabile. Per il filosofo francese, ci sono tanti individui umani autonomi: Cogito, ergo sum. L’anima è soltanto umana. Tra l’altro, l’ipofisi è a pochi centimetri dalla corteccia cerebrale, dove “risiede tutto il pensiero cosciente” secondo molti medici meccanicisti. E il mondo “esterno” come era visto?
Nell’Ottocento si era ormai affermata la teoria atomica, dove gli atomi erano considerati indivisibili. Ma negli ultimi anni del secolo la scoperta della radioattività da parte di Becquerel rese gli atomi non più indivisibili. Nel modello di Rutherford l’atomo appariva come un sistema solare in miniatura, cioè era fatto di “palline” ancora più piccole, ma la concezione di fondo restava ancora quella di Democrito: esistevano le particelle elementari e il vuoto, attraverso il quale si propagavano le forze che le tenevano unite, o le distanziavano.
Con la relatività speciale, enunciata da Albert Einstein nel 1905, spazio e tempo perdono ogni connotazione assoluta, materia ed energia diventano la stessa cosa. Tutto questo nasce dal fatto che la velocità della luce non è un infinito, è molto grande ma è un numero finito, e anche un invariante. L’unificazione energia-materia è stata accettata, ma ci sono voluti “gli episodi” di Hiroshima e Nagasaki per convincere le masse. Con la relatività generale, la gravità newtoniana diventa la curvatura dello spazio-tempo, ma la divisione cartesiana fra mente e materia resta totale. C’è un osservatore che guarda un mondo materiale realmente esistente. In altre parole, il paradigma non è più newtoniano, ma ancora ben saldamente cartesiano.
L’ego e il mondo – Mente e materia
La rivoluzione più grande è iniziata nel 1927, quando Werner Heisenberg ha enunciato il suo principio di indeterminazione, che inizialmente riguardava la posizione e la quantità di moto di una particella: il principio è stato poi confermato da Niels Bohr (con l’interpretazione di Copenhagen) e da tutti gli esperimenti successivi. Non si tratta di limiti dei nostri sensi, ma della natura del mondo. Posizione e velocità non sono determinabili esattamente entrambe: se vogliamo definirne una, l’altra è completamente indeterminata, e tutto questo proviene da considerazioni matematiche, quindi accettate dal sistema: se il prodotto delle due indeterminazioni è sempre maggiore di una costante mai nulla, quando una delle due tende a zero (precisione assoluta), l’altra tende all’infinito (indeterminazione totale). Solo l’osservazione, cioè un fenomeno mentale, “sceglie” la grandezza da conoscere. Ovunque, anche in tutte le grandezze delle espressioni matematiche, vi è un contenuto mentale. Il principio si applica ad altre coppie di grandezze, fra cui la coppia energia-tempo: se fissiamo un istante esatto, cioè vogliamo che l’indeterminazione del tempo sia nulla, la “particella” presenta una massa-energia totalmente indeterminata, il che significa che non è niente di definibile in alcun modo. Non si può separare il fenomeno dall’osservazione, non esiste alcuna realtà oggettiva, esistono solo relazioni.
Il dualismo mente-materia è scomparso: non si possono separare.
“In contrasto con la concezione meccanicistica cartesiana del mondo, la visione del mondo che emerge dalla fisica moderna può essere caratterizzata con parole come organica, olistica ed ecologica. Essa potrebbe essere designata anche come una visione sistemica, nel senso della teoria generale dei sistemi. L’universo non è visto più come una macchina composta da una moltitudine di oggetti, ma deve essere raffigurato come un tutto indivisibile, dinamico, le cui parti sono essenzialmente interconnesse e possono essere intese solo come strutture di un processo cosmico (Fritjof Capra)”.
“Non sono sicuro che l’individualità che noi sentiamo come persona, come individuo, sia reale, che essa non sia un’illusione. E’ in ogni caso un’idea diffusa in Oriente, presso i maestri delle Upanishad, che si tratti di un’illusione, che noi non siamo realmente individui spirituali, ma “parte” di una stessa Entità (Erwin Schroedinger)”,
“Oggi c’è una concordanza di vedute molto vasta – che tra i fisici raggiunge quasi l’unanimità – sul fatto che la corrente delle conoscenze si sta dirigendo verso una realtà non meccanica: l’Universo comincia ad assomigliare ad un grande Pensiero piuttosto che a una grande macchina (Arthur S. Eddington e James Jeans)”.
“Credo che vi sia un’Intelligenza nell’Universo. Badi, ho detto nell’Universo. L’idea giudaico-cristiana è quella di un Dio che, dal di fuori, fabbrica l’Universo come si fabbrica un oggetto in uno stabilimento. E’ un’idea che non mi attira. Io penso che l’Intelligenza sia nell’Universo. Che sia l’Universo (Fred Hoyle)”.
Tertium datur – Vuoto e pieno
L’indeterminazione applicata al binomio massa-tempo (o energia-tempo) portò a formulare il concetto di vuoto quantistico: non esiste alcuna particella né entità stabile, c’è solo una specie di vacuità creativa. Il dualismo vuoto-pieno è scomparso: “A” e ”non-A” possono coesistere. Non esiste alcun “mattone fondamentale” della materia. Se si assume un istante preciso (indeterminazione del tempo nulla), la cosiddetta particella non ha alcuna massa-energia definibile in alcun modo: l’indeterminazione della massa tende all’infinito. Quindi il concetto di “esistere” è privo di significato. Il cosiddetto “vuoto” è “pieno” di miriadi di particelle che nascono e muoiono in continuazione, vivendo meno del tempo massimo loro concesso. Tutto si riconduce al vuoto quantistico, cioè a una meravigliosa danza di energie che continuamente nascono nell’Essere e svaniscono nel Nulla. Per inciso, il vuoto quantistico assomiglia straordinariamente alla sunyata del Buddhismo, come ha più volte fatto notare il fisico italiano Rovelli, dopo aver letto i testi di Nagarjuna (2° secolo d.C.).
Mentre il gatto di Schroedinger era nel suo scatolone, nella sua condizione di vivo/morto in quella ora fra la rottura/non rottura della fiala di cianuro e l’apertura dello scatolone da parte dell’”osservatore”, il principio del terzo escluso (il Tertium non datur) era volato via, insieme alla logica aristotelica.
Tertium datur: qualcosa può anche esistere/non esistere contemporaneamente. Tutto si risolve nel vuoto quantistico, che è vuoto/pieno, una Vacuità creativa: così se ne va allegramente la visione atomistica di Democrito e dell’Occidente.
“Il problema è la visione del mondo meccanicistica che, malgrado tutto, risulta purtroppo ancora imperante. Dalla nuova Fisica non emerge una visione del mondo come costituito da oggetti separati che interagiscono urtandosi più o meno forte, ma una visione del mondo, invece, che scopre come grazie alla “sintonia” e all’interrelazione, alla cooperazione, si possano “evocare”, quasi magicamente, correlazioni inusitate, potenzialità finora inimmaginabili (Roberto Germano)”.
“L’esistenza delle esperienze transpersonali viola alcuni dei presupposti e principi più basilari della scienza meccanicistica. Esse implicano concetti apparentemente assurdi, quali la natura arbitraria e relativa di tutte le barriere fisiche, le connessioni dell’universo di natura non spaziale, la comunicazione tramite mezzi e canali ignoti, la memoria senza substrato materiale, la non linearità del tempo, o la coscienza associata a tutte le forme di vita (compresi gli organismi unicellulari e le piante) e persino alla materia inorganica (Stanislav Grof)”.
Prevedibilità – Complessità
Nella seconda metà del Novecento lo studio dei sistemi portò a formulare le idee di sistema complesso e di essere collettivo. Come vedremo, un sistema che abbia un certo grado di complessità si evolve in modo da divenire completamente imprevedibile, anche in linea di principio: infatti si trova ben presto in qualche biforcazione-instabilità, o entra in uno stato caotico. La sua evoluzione non è prevedibile neanche in termini probabilistici. Nei punti di biforcazione il sistema sceglie di prendere una o un’altra via, in modo non determinabile da nessuna legge inerente al mondo energetico-materiale. Gli scienziati meccanicisti dicono che la via viene presa “a caso”, ma non sappiamo cosa questo significhi, né abbiamo alcun motivo per dire che si tratta di una scelta solo se il sistema in esame è il cervello umano. In altre parole, nei sistemi complessi si ha l’emergenza di fenomeni mentali. Anche secondo lo scienziato-filosofo inglese Gregory Bateson la mente sorge come conseguenza di un certo livello di complessità del sistema.
Il gruppo condotto da Ilya Prigogine (La Nuova Alleanza, Einaudi, 1981) studiando le “strutture dissipative” o lontane dall’equilibrio, come sono anche tutti i sistemi viventi, parla di una tendenza a strutturarsi, ad auto-organizzarsi: compare una spinta interiore, un immanente “desiderio” di creare strutture. Il determinismo biologico è scomparso.
Predestinazione o libero arbitrio? Tertium datur. C’è un pizzico di libero arbitrio in ogni entità, in ogni processo. I sistemi complessi incontrano sempre una biforcazione, o entrano in uno stato caotico, imprevedibile anche in linea teorica. E’ forse la legge del karma? Già, ma quella parola viene dall’Oriente… è “esotica”!
“Secondo Bateson la mente è una conseguenza necessaria e inevitabile di una certa complessità, la quale ha inizio molto tempo prima che degli organismi viventi sviluppino un cervello e un sistema nervoso superiore. Egli sottolineò anche che caratteristiche mentali sono manifeste non solo in singoli organismi, ma anche in sistemi sociali e in ecosistemi, che la mente è immanente non solo nel corpo ma anche nelle vie e nei messaggi fuori dal corpo. Una mente senza un sistema nervoso? La mente si manifesterebbe in tutti i sistemi che soddisfano certi criteri? La mente sarebbe immanente in vie e messaggi fuori dal corpo? Queste idee erano così nuove per me che, a tutta prima, non riuscii a dar loro un senso. La nozione di mente di Bateson non sembrava aver nulla a che fare con le cose da me associate alla parola ‘mente’ (Fritjof Capra)”.
“Si intende mettere in evidenza che il ruolo delle forme, dei colori, dei sapori, dei suoni, degli odori e della bellezza è stato fondamentale nell’evoluzione biologica, e lo è ancor oggi a maggior ragione per avere una percezione scientifica della complessità. La natura è minacciata dagli approcci lineari, meccanicisti, arroganti e, in ultima analisi, rozzi di una scienza tutta subalterna alla visione economicista di un pensiero omologante che “conosce il prezzo di tutto e il valore di niente (Gregory Bateson)”.
Non-località
Ho visto espressioni matematiche che avevano al denominatore una differenza di frequenze, quindi, se le due frequenze sono quasi-uguali, la frazione tende all’infinito, indipendentemente dalla distanza, che può essere grandissima: ne nascono fenomeni non-locali. Forse le vibrazioni e le frequenze sono più importanti delle forze abituali della fisica “ottocentesca”, le distanze non contano…
E l’entanglement? Le entità che sono state in contatto anche una sola volta, resteranno collegate a qualunque distanza verranno a trovarsi…e istantaneamente, a una velocità che tende all’infinito.
“[…] In verità, significa che esiste una realtà soggiacente l’universo che ne connette tutti i contenuti. In questo luogo non esistono separazioni tra una cosa e l’altra. Questo regno crea degli eventi che si materializzano nello spazio-tempo, nel cosmo fisico osservabile.
Proviamo a dirlo in altri termini. La fisica classica non permette connessioni istantanee tra gli oggetti o, almeno, non nell’universo in cui abbiamo sempre immaginato di vivere. Per coprire la distanza tra – poniamo – la Terra e Saturno, alla luce serve più di un’ora, all’astronave migliore servono alcuni anni. E’ una separazione vera. Tuttavia, allo stesso tempo, questo spazio è parte integrante di un sistema unitario nel quale gli oggetti sulla Terra e su Saturno sono in contatto simultaneo. […]
La conclusione sembra inevitabile: il cosmo è pervaso dal regno della mente, le cui osservazioni fanno sì che gli oggetti si materializzino, assumano una proprietà oppure un’altra o saltino da un posto all’altro senza attraversare alcuno spazio intermedio.
E’ stato detto che questi risultati eludono una comprensione logica. Però si tratta di veri esperimenti, riprodotti ormai così tante volte che nessun fisico li mette in discussione. Come disse una volta il premio Nobel per la fisica Richard Feynman: “Penso che si possa tranquillamente affermare che nessuno capisce la fisica quantistica. […] Non continuate a ripetere a voi stessi, se riuscite a evitarlo: ‘Ma come può essere?’, perché finirete intrappolati in un vicolo cieco dal quale, finora, nessuno è sfuggito”. Ma il biocentrismo dà un senso a tutto questo, per la prima volta, perché la mente non è secondaria a un universo materiale, bensì è una con esso (tratto da Oltre il biocentrismo di Robert Lanza con Bob Berman (Il Saggiatore, 2016)”.
L’evoluzione biologica
L’idea di umanità è stata “costruita”, nella nostra cultura, in antitesi con l’idea di animalità, e questo è insostenibile sotto tutti i punti di vista, soprattutto quello scientifico. Anche il linguaggio abituale è improprio, perché l’uomo è un animale.
Siamo animali a tutti gli effetti, ma questo non significa assolutamente essere materialisti. Comunque siamo una parte integrante dell’Ecosistema, della Biosfera, della Terra. Anche se la nostra cultura si ispira a un mito della Creazione che ci fa “metafisicamente” diversi, sappiamo che sulla Terra sono esistite, fino a un secolo fa, circa cinquemila culture umane, e ciascuna aveva un proprio “mito delle origini”: non capisco perché ci si dovrebbe basare su uno solo, e buttare alle ortiche tutti gli altri!
E’ ormai evidente poi che la storiella che veniva raccontata ai bambini (e non solo ai bambini) una cinquantina di anni fa, che cioè la nostra specie “ha l’intelligenza” mentre gli (altri) animali hanno soltanto “l’istinto”, è insostenibile.
Gran parte delle posizioni attuali derivano dalle religioni che si sono originate nella regione medio-orientale ed hanno invaso il mondo, spesso con la violenza, diffondendo ideologie mostruosamente antropocentriche. Molte istituzioni che le rappresentano continuano quest’opera: a parte le diverse interpretazioni del concetto di “anima”, anche sul piano pratico si agitano non poco per quattro cellule surgelate (purché umane) e non dicono una parola sulle spaventose sofferenze inflitte a tanti esseri senzienti. Il pensiero materialista non ha cambiato nulla mantenendo l’uomo “al centro” attraverso una specie di “merito selettivo”, che gli ha conservato l’esclusiva mentale-spirituale. A tutte queste ideologie è mancata totalmente la percezione che la nostra specie è strettamente collegata “all’interno” a tutto il resto del mondo naturale. Invece, staccata, è priva di significato.
Non sono bastati gli studi di Konrad Lorenz e di numerosi altri scienziati, per riconoscere una profonda vita soggettiva agli altri animali. Come abbiamo visto, altre idee recenti attribuiscono una mente immanente a tutti i sistemi complessi e quindi a tutte le entità naturali.
Considerare l’uomo al di fuori della Biosfera, oltre ad una mancanza di percezione dei profondi e indissolubili legami fra tutte le entità naturali, ha causato i grossi guai in cui ci troviamo, cioè il problema ecologico e la rottura della situazione vitale del Pianeta con la perdita delle sue capacità omeostatiche.
L’evoluzione biologica ha intaccato decisamente l’idea dell’umanità come “speciale”, “frutto di creazione separata”, qualcosa di “staccato dalla Natura”. Tuttavia, quando comparve questa forma di pensiero su base scientifica, si perse un’ottima occasione per una vera svolta culturale. Invece di mettere in evidenza il fatto essenziale, cioè l’appartenenza della nostra specie alla Natura e quindi la necessità di seguirne le grandi leggi cicliche, l’evoluzione fu inquadrata nel meccanicismo imperante: venne evidenziata soprattutto l’idea di “selezione naturale e sopravvivenza del più adatto” con ogni sorta di estensione arbitraria. Se poi, molti anni dopo, James Lovelock e Lynn Margulis pongono l’accento su un miliardo di anni di cooperazione fra cellule, meglio non parlarne: la competizione (e quindi la guerra) è la base di questa civiltà (e di qualche altra), che però in questo modo ne ha per poco…
Tra l’altro, quando si parla dell’evoluzione biologica si nomina sempre Charles Darwin come un riferimento certo. L’unità della Vita era stata affermata già cinquanta anni prima dal naturalista francese Jean-Baptiste de Lamarck, che sarebbe ora di rivalutare. I seguaci di Lamarck della prima metà dell’Ottocento erano chiamati “trasformisti”, perché erano convinti che le specie si potessero trasformare una nell’altra, cioè che la Vita era Unica. I processi vitali sono gli stessi in tutte le specie, i Viventi sono tutti strettamente collegati, l’uomo è un vivente anche facilmente classificabile. Le specie mutano e non ci sono vere discontinuità in questa evoluzione. Solo che Lamarck pensava che l’evoluzione fosse causata dall’ereditarietà dei caratteri acquisiti, ma questo è un dettaglio. Darwin era dotato di maggiore documentazione dopo il famoso viaggio del Beagle descritto nel suo libro Viaggio di un naturalista attorno al mondo. L’idea essenziale è stata comunque di Lamarck.
Malgrado tutto questo, noto alla Scienza da un paio di secoli, si continuano a infliggere terribili sofferenze agli esseri senzienti negli allevamenti intensivi, nei macelli, nei laboratori, fra il silenzio (o il plauso) della scienza ufficiale cartesiana.
L’italiano Stefano Mancuso e il tedesco Peter Wohlleben trovano che le piante comunicano fra loro e provano emozioni. Silenzio: c’è qualche rischio per le basi dell’Occidente. E se lo scienziato italo-americano Lino Galianni fa osservazioni astronomiche incompatibili con il Big Bang, che ne facciamo della “Creazione”? Il Big Bang? Ma qui abbiamo “la prova”: la radiazione di fondo a 3 Kelvin. Già, ma chi ci garantisce che le leggi fisiche siano rimaste inalterate per 15 miliardi di anni? Nessuno lo potrà mai.
“Gli ecosistemi nascono e si evolvono sulla base di meccanismi di co-evoluzione e auto-organizzazione. Sono sistemi di elevata complessità, interconnessi in tutte le loro componenti, e non obbediscono a leggi lineari e deterministiche.
In biologia e in ecologia non possono esistere esperimenti riproducibili.
La biodiversità e la meravigliosa bellezza biologica giocano in favore di un disegno metafisico nell’evoluzione della vita. Lungi dall’essere in linea con l’ideologia del creazionismo, il riconoscimento di un disegno metafisico in natura è in linea con il punto di vista dell’evoluzione, ma non con la sua deriva determinista, o meglio, in linea con il punto di vista di una “evoluzione senza fondamenti” nella quale libero arbitrio, scelte e caso giocano un intergioco complesso e meraviglioso (Enzo Tiezzi)”.
“L’ipotesi di Gaia è indubbiamente un notevole passo avanti verso un nuovo animismo; proprio per questo motivo è così discussa. D’altro canto suscita molto interesse perché ci ricollega agli schemi di pensiero del pre-meccanicismo e del pre-umanesimo.
Se Gaia è in qualche modo animata, allora deve possedere qualcosa di simile a un’anima, un principio organizzatore con fini e obiettivi propri. Ma non dobbiamo supporre che la Terra sia cosciente solo perché sembra viva e provvista di intenzionalità. Potrebbe essere cosciente, ma se lo fosse la sua coscienza probabilmente sarebbe incredibilmente diversa dalla nostra, che è inevitabilmente influenzata dalla cultura e dal linguaggio degli uomini. D’altro canto potrebbe anche essere completamente inconscia. Oppure potrebbe, come noi, essere una creatura dalle abitudini inconsce provvista, a volte, di una certa dose di coscienza. Questo interrogativo deve restare aperto.
Che cosa cambia se consideriamo la natura viva piuttosto che inanimata? Primo, mettiamo in crisi le ipotesi umanistiche su cui la civiltà moderna è basata. Secondo, instauriamo un rapporto diverso con il mondo naturale e acquistiamo una prospettiva diversa della natura umana. Terzo, diventa possibile una nuova sacralizzazione della natura (Rupert Sheldrake, La rinascita della Natura, Corbaccio, 1994)”.
L’uomo e gli altri animali
I brani che seguono sono riportati dall’articolo “La loro mente – Gli animali sono più intelligenti di quanto crediate” di Virginia Morell, pubblicato sul numero di marzo 2008 del National Geographic:
“Gli scimpanzè, i bonobo e i gorilla sono capaci di apprendere il linguaggio dei segni e di utilizzare simboli per comunicare con noi. Il bonobo Kanzi porta con sé una lavagna piena di simboli che gli permette di “parlare” ai ricercatori, e ha inventato, per esprimersi, nuove combinazioni simboliche”.
“Azy (un orango) ha una ricca vita interiore. Cognitivamente gli oranghi sono sullo stesso piano delle scimmie africane, e in certi compiti le superano. Oltre a comunicare i suoi pensieri con i simboli di una tastiera, Azy mostra anche una “teoria della mente” (cioè comprende il punto di vista di un altro), e fa scelte logiche che dimostrano una notevole flessibilità mentale”
“Non siamo i soli a saper inventare, a pianificare le nostre azioni, ad avere un’immagine di noi stessi; e neppure i soli a mentire e ingannare”.
“Dotati di un grosso cervello e agili tentacoli, i polpi sanno bloccare le loro tane con delle rocce, e si divertono sparando acqua a bersagli come bottiglie di plastica o ai ricercatori”.
“Kanzi, un bonobo, da piccolo ha imparato a comunicare spontaneamente osservando gli scienziati che addestravano sua madre. A 27 anni, questo bonobo “parla” grazie a più di 360 simboli di tastiera, e capisce il significato di migliaia di parole dette a voce. Kanzi sa formulare delle frasi, eseguire nuove istruzioni, e fabbricare strumenti di pietra, cambiando tecnica a seconda della durezza del materiale. Crea strumenti come quelli dei primi umani”.
“Le ghiandaie sanno ragionare: sapendo di essere ladre, spostano le provviste di cibo se un’altra ghiandaia le osserva; pianificano i pasti futuri, e nel fare provviste tengono conto dei bisogni futuri piuttosto che della fame del momento”.
“I delfini hanno ottima memoria, estro creativo e capacità linguistiche; sono versatili, sia dal punto di vista cognitivo che comportamentale. Hanno un grande cervello generalista, proprio come noi. Modificano il proprio mondo per rendere possibili nuove cose”.
“Chiunque conosca intimamente un mammifero superiore, come un cane o una scimmia, e non si convince che tale essere ha sentimenti simili ai suoi, è psichicamente anormale (Konrad Lorenz)”.
Che fine hanno fatto le tante “migrazioni umane dall’Africa” ipotizzate fino a pochi anni orsono? Erano solo tentativi per “salvare” l’origine unica dell’umanità, per restare compatibili con l’Occidente. Oggi si è dovuto “riscrivere tutto”: il Neanderthal e il Sapiens si accoppiavano allegramente, qualche percento dei geni del Neanderthal sono ancora dentro di noi, siamo il frutto di incroci multipli, la Vita non ha confini interni… Ma continuiamo a far soffrire gli altri esseri senzienti, anche inutilmente, fra l’indifferenza delle cosiddette “religioni ufficiali” e della “scienza”, come se fossero realmente diversi, “inferiori” e altre idee del genere. E se il karma torna indietro?
Conclusioni
La scienza che viene divulgata è quella adatta per salvare l’Occidente: separazioni io-mondo, mente-materia, uomo-animali, elogio della competizione, teorie “realistiche” e “locali”. Tutto il resto viene ignorato o addirittura deriso: un secolo è passato invano. La scienza divulgata, quella propagandata in TV dai fedeli servi del sistema, gli apprezzatissimi divulgatori ufficiali, non esiterebbe un minuto a dichiarare “antiscientifiche” le citazioni sopra riportate, che sono tutte opera di scienziati, spesso anche riconosciuti dal mondo accademico.
In un mondo dove sappiamo di essere animali, anche facilmente classificabili, dove incontriamo quotidianamente sincronicità junghiane, cioè coincidenze significative senza rapporti di causa-effetto, dove regna anche l’ordine implicato (Bohm), dove le manifestazioni dei campi morfici e della Mente Estesa sono frequenti (Sheldrake), dove i fenomeni non-locali sono pure frequenti e l’indeterminazione è ovunque (Heisenberg e Bohr), si continua ad andare avanti come se l’universale fosse una grande macchina, tutt’al più con l’optional del Grande Ingegnere. Continuiamo a usare ragionamenti lineari di causa-effetto in Sistemi ad altissimo grado di complessità, tutto per conservare le premesse che tengono in piedi la civiltà industriale, che distrugge la Vita e non è neppure tanto entusiasmante dal punto di vista soltanto umano.
I “superdivulgatori” televisivi devono essere meccanicisti, oppure passare inosservati: così il sistema si difende. E trattiamo come “cose” gli altri esseri senzienti, che sappiamo essere soggetti come noi alle emozioni, ai sentimenti e alla sofferenza. Ma il Complesso dei Viventi, Il Grande Inconscio, la Terra, è molto più grande di tutti noi, anche se abbiamo superato il folle numero di otto miliardi di individui. Molte cose si sapevano già, ma in altre culture umane: la superbia e la cecità dell’Occidente ci hanno impedito di conoscerle prima. Tutto per salvare il nostro mondo e le sue premesse (antropocentrismo e materialismo), anche sacrificando il metodo scientifico, parlando di “sapere consolidato” e di “teorie universalmente accettate”. Comunque, ripetiamo che le citazioni riportate sono opera di scienziati, anche piuttosto conosciuti.
La scienza non crede più neanche a se stessa.
“Credo nel Dio di Spinoza, che si manifesta nell’armonia di tutte le cose, non in un Dio che si interessa del destino e delle azioni degli uomini.
La religione del futuro sarà una religione cosmica. Dovrebbe trascendere un Dio personale ed evitare dogmi e teologia. Incorporando sia il mondo naturale che il mondo spirituale dovrebbe fondarsi su un senso religioso che scaturisce dall’esperienza di ogni cosa, naturale e spirituale, come di un’unità piena di significato (Albert Einstein)”.
“L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile, senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando (Hubert Reeves)”.
3Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
@5
Dunque, durante una pandemia, con significativa mortalità in eccesso e terapie intensive piene di ricoverati, un farmaco con proprietà ansiolitiche e sedative, di prima scelta per la sedazione palliativa ospedaliera e domiciliare, presenta un picco di utilizzo.
Davvero soprendente! Ma chi se lo sarebbe aspettato…
Tuttavia, per l’estensore dello studio, da te definito “molto interessante“, tutto ciò si spiega con un pandemia finta e la mortalità in eccesso dovuta a una “politica sistematica di eutanasia“, la cui natura (dell’eutanasia) “richiede ulteriori indagini“.
Parmeggiani, ripeti con me:
“Correlation is not causation”
“Correlation is not causation”
“Correlation is not causation”
“Correlation is not causation”
“E sempre siano lodati Occam e il suo rasoio!”
https://www.youtube.com/watch?v=XyR2zN_TCyM
P.S. In alternativa alla scienza, si può sempre “credere” ai ciarlatani 🙂
@5 Ma hai capito che nella ricerca che hai linkato la vaccinazione non c’entra nulla, e che il soggetto preso in esame è un farmaco?
D’altro canto “Dovete credere alla scienza” è stato il mantra che ci è stato ripetuto per anni, per convincerci a vaccinarci contro il Covid
Non so se la scienza crede in sé stessa… Sicuramente la politica crede alla scienza come alla religione, altrimenti non ci sarebbero stati gli obblighi iniqui durante la pandemia.
Agevolo questo link, molto interessante
https://www.medclinrese.org/open-access/excess-deaths-in-the-united-kingdom-midazolam-and-euthanasia-in-the-covid19-pandemic.pdf
E’ sempre bello leggere Guido: mi dà la forza di perseguire il cammino intrapreso.
Se la scienza credesse a sé stessa, sarebbe un bel problema. Non sarebbe più scienza.
Che ne facciamo della creazione? Niente! Si tratta di un mito creato per consolare le disgrazie della vita. Confidare in Dio non serve a niente, come non serve a niente confidare nella Natura. Per esempio l’evoluzionismo nasce e si sviluppa per cancellare Dio che viene sostituito dalla Natura. Ma se Dio non esiste non ha più importanza credere nella natura: che gli uomini discendano dalle scummie o dagli orsi o magari dai dinosauri non ha più alcuna rilevanza ideologica.
Articolo interessantissimo, stimolante alla riflessione e all’approfondimento. Grazie!