La Torre Grigia del Brento e le sue vie
di Walter Polidori
E’ strano, spesso vediamo solo quello che vogliamo, non guardiamo con i nostri occhi perché il nostro pensiero ci guida con immagini prefissate.
Quando si esce dalle vie alle grandi placconate del Monte Brento, vie ben conosciute come Boomerang di Furlani o Speranza di Grill, si arriva ad una traccia di sentiero che dopo tanta roccia e verticalità porta alla civiltà, al paese di San Giovanni. Penso che la maggior parte degli alpinisti, come me, dopo quelle belle avventure non assapori realmente il luogo dove si arriva, così dominante sulla Valle del Sarca, ma pensi solamente ad arrivare alla macchina, e magari ad una bella birra. E’ così che si perdono panorami incredibili, il silenzio di questi luoghi, e non si fa neanche caso a quella torre grigia che si trova poco sopra il sentiero. Si tratta di una struttura dalle forme bizzarre scolpite dall’acqua, una piccola cattedrale con tanto di pinnacoli; certo è molto piccola rispetto alla grande parete del Brento.
Sono passato due volte anni fa sotto questa torre, e in un’occasione ne sono stato attirato, sono riuscito a vedere quello che è sempre stato lì, così le ho fatto qualche foto. Da allora sono passati molti anni, e recentemente grazie alla curiosità dell’amico Alessandro Pelanda, mi è tornata in mente. Eppure è così evidente, si vede anche dalla valle, una torre messa sopra una parete di quasi mille metri.
In arrampicata sulla Torre Grigia del Brento, Una giornata tra amici, 3aL, 1a ascensione
L’idea di esplorare, di trovare del nuovo, mi ha portato nel dicembre 2016 a cercare, con l’amico Alessandro Ceriani, il sentiero che porta alla base della torre. Perché, se è vero che è facile tornare dalle vie sopra citate, non è così immediato riconoscere il punto in cui individuare la partenza a ritroso di questo sentiero. Al secondo tentativo io e Alessandro abbiamo trovato il punto di partenza, ora segnato con un ometto. Così poco tempo dopo, con gli amici Mattia Guzzetti e Carlo dal Toè, sono andato a tentare una nuova apertura, per inseguire il sogno di aprire una via in Valle del Sarca, a cui sono legato tantissimo.
In vetta, da sinistra: Carlo dal Toè, Mattia Guzzetti e Walter Polidori
Abbiamo attaccato cercando una linea logica ma non facile, dove purtroppo abbiamo trovato roccia a tratti molto friabile. Mattia ha tirato i primi tiri più duri, di cui uno particolarmente ostico su roccia compatta, tanto che gli ho chiesto se si fosse dopato per l’occorrenza… forte Mattia. Poco il materiale lasciato, abbiamo usato solo friend dove possibile.
Dopo sette tiri siamo sbucati in vetta, con tutta l’emozione legata ad una apertura. E poi è successo tutto in questo posto speciale, magico. Davanti a noi tutta la Valle, con un tramonto che non si dimentica.
Dopo aver fatto un ometto mancava solo di scrivere qualcosa sul libro di via, portato con noi nella speranza di successo. Messo alle strette per il buio che avanzava, Mattia ha proposto il nome della via: Una giornata tra amici, e questo è il nome dato. Perché tutto questo ha senso solo se fatto con persone con cui si sta bene, di cui ci si fida, con cui ci si diverte, amici appunto.
Torre Grigia del Brento, tracciato del Camino del Pesce d’Aprile
La via non avrà sicuramente grandi ripetizioni, meriterebbe di essere un po’ ripulita e resa meno scorbutica. Chissà, forse in futuro; per ora rimane un terreno di avventura da non sottovalutare. Meglio lasciare perdere se non si hanno le idee ben chiare.
Passato qualche mese, come sempre mi è tornata la voglia di esplorare e di mettermi alla prova, perché quando si provano le sensazioni di una apertura, difficilmente si riesce a dimenticarle; nel meccanismo di dipendenza dell’andare in montagna, del fare alpinismo, si crea una ulteriore dipendenza, ancora più forte, che ti lega a necessità ancestrali, quelle primitive e belle che cerchiamo di eliminare nella vita “sicura” che la società ormai ha scelto come indirizzo da seguire.
In arrampicata sulla Torre Grigia del Brento, Camino del Pesce d’Aprile, 3aL, 1a ascensione
A fine marzo sono tornato di nuovo alla base della torre, battezzata ormai Torre grigia del Brento. Con me Alessandro Pelanda, amico di tante avventure, e Alessandro Ceriani, nuovo amico col quale ho già condiviso molte belle esperienze, che aveva voglia di vedere da vicino cosa significhi “aprire”. L’idea è stata quella di seguire una linea classica, e così abbiamo puntato a una evidente spaccatura che incide tutta la parete sud, formata da un grande avancorpo appoggiato alla parete principale. Certo, all’inizio c’è un po’ di erba, ma la qualità della roccia non è male. Arrivati al termine della spaccatura, sul pulpito dell’avancorpo, ci siamo trovati di fronte una parete bellissima, che più in alto è squarciata da un profondo camino che forma due ripidi spigoli. Il nostro primo approccio è arrivato alla destra dell’imbocco del camino, lasciandoci le incognite legate ad una placca compatta che ci separava da esso. Fino a qui la chiodatura, tranne che nell’ultimo tiro, è stata molto difficile, perché le fessure tendono a sfaldarsi con la pressione dei chiodi. Molto meglio usare friend, dove possibile, mentre alle soste abbiamo optato per l’uso di fix. Certo che avere il trapano tra il materiale ammazza in parte l’avventura, ma tutto dipende dalla regole che ci si dà. Così i fix sono stati usati alle soste, mentre nei tiri l’uso dei fix è stato fatto solo quando era impossibile proteggersi diversamente.
Dopo una settimana sono tornato di nuovo alla base della torre, con me Alessandro Pelanda. I tiri ormai conosciuti sono andati veloci, ma ci siamo resi conto che non erano banali. Mancava però l’incertezza, aprire è un’altra cosa. Ora bisognava raggiungere il camino. Sono partito sulla placca compatta, dove la roccia è super con piccole prese, ma mi sono reso conto che per passare in libera da li avrei dovuto avere un livello tecnico ben più alto. Piazzato un fix, con un passo in artificiale e un po’ di adrenalina ho raggiunto finalmente il caminone. È un po’ erboso, ma a parte qualche blocco la roccia è buona. Per proteggersi occorre stare sul fondo di questo budello, con la difficoltà creata dal materiale appeso all’imbrago. Un secondo fix in un punto dove la roccia peggiora mi ha permesso di uscire un po’ all’esterno e finalmente arrampicare. Pochi metri dopo sono arrivato sul culmine dell’anticima, placida ed erbosa, dove abbiamo costruito un ometto e lasciato il libro di via. Più in là, in maniera discontinua, c’è una ultima paretina, che porta alla cima vera e propria della Torre grigia, che però non c’entra nulla con l’anticima e soprattutto ha una roccia evidentemente marcia. Ci siamo quindi ben accontentati del nostro successo: quattro tiri, sono nulla e sono tutto, la via ha uno sviluppo di soli 110 metri, ma mi è sembrata molto più lunga di tante vie preconfezionate… E’ nata Camino del pesce d’aprile, per ricordare la data di fine apertura.
Bella, bella, bella esperienza! Dedico questa salita all’amico Alessandro Ceriani, che ha contribuito attivamente alla sua apertura, all’amico Alessando Pelanda, alpinista classicone come me, e al mitico Mattia Guzzetti, che ci ha prestato del materiale prezioso.
Quando arrivi in cima continua a salire…
Tracciare una via nuova
di Mattia Guzzetti
Tracciare una linea nuova, indipendentemente da che parete sia e dal motivo per cui si faccia, è secondo me un’esperienza rara. Il sapere che nessuno è mai passato in quel posto, il poter decidere dove andare e l’incertezza del cosa verrà dopo, mi permette di riscoprire quello che dovevano provare i veri avventurieri di un tempo. Quando questo avviene con amici con cui non ti vedi spesso, ma con cui sai che ti troverai sempre bene, il tutto si trasforma in una gran giornata. Questa via è nata così, con Walter, instancabile esploratore di nuovi pareti e amante del “classico” (parola spesso usata come sinonimo di friabile), e Carletto, sempre tranquillo e umile, con cui scalare è sempre un piacere (quelle rare volte che risponde al telefono). La via Una giornata tra amici è una salita modesta, considerando le grandi pareti che la circondano, ma che trova comunque il suo perché nello stile con cui è stata aperta e nel posto poco conosciuto e selvaggio in cui si trova.
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