Alpinismo, arrampicata e tecniche non sono delle guide alpine – 3a puntata (3-5)
di Carlo Bonardi
PARTE QUARTA
§ 19. Salviamo gli amatorial-dilettanti!
Dunque, ribadito che non mi pronuncio sull’opportunità o meno di apertura della professione ad altri soggetti e su chi abbia ragione tra g.a.-m.a. e vari loro competitors, la prospettiva è che, se verrà approvata una legge costruita sulle esigenze di esse e/o di chi sia con loro in contesa economica od eventualmente in accordi, cioè, comunque, di professionisti o imprenditori o di chi intenda operarvi, dunque in quella più generale visione e pratica mercantile che ormai vuole connotare ogni particolare ambito di vita, essa finisca usata, quantomeno come riferimento giuridico autoritario, anche su coloro che tali caratteri od intenti non abbiano né vogliano avere.
Con danno sia per la realtà delle situazioni sia per la correttezza di soluzioni e modi auspicabili per la formazione della volontà popolare espressa attraverso la legge e poi tradotta nei casi concreti.
In questo senso, però, la mia osservazione sull’introduzione della relazione (“superamento / trasformazione dell’amatoriale” in “professione”) non è sufficiente: fosse stato solo per essa, si sarebbe potuto pensare ad una svista o ad una questione di lana caprina.
§ 20. “Coppia separata”: gli artt. 1 e 13 delle proposte di legge.
Infatti, a decisiva conferma del problema, viene la lettura “combinata” di due articoli della proposta Saltamarini (al solito: entrambi uguali, anche nella Di Centa-Quartiani; simili nella Fosson).
1 A) “Tecniche alpinistiche, sci-alpinistiche ed escursionistiche che richiedono per la progressione l’impiego di tecniche e di materiali alpinistici”,
ovvero,
l’articolo 1 (base del vero e proprio testo legislativo),
che dispone,
“1. La presente legge detta i principi fondamentali in materia di ordinamento delle professioni del turismo montano, abilitate all’insegnamento delle tecniche alpinistiche, sci-alpinistiche ed escursionistiche che richiedono per la progressione l’impiego di tecniche e di materiali alpinistici, nonché all’accompagnamento in ascensioni in roccia, neve e ghiaccio, in escursioni sul territorio montano e in ambiente ipogeo.
Guida alpina Angelo Giovanetti
2. Le figure professionali di guida alpina-maestro di alpinismo, di accompagnatore di media montagna e di guida vulcanologica sono disciplinate dalla legge 2 gennaio 1989, n. 6. … “.
Omessi rilievi linguistici sull'”… l’insegnamento delle tecniche… che richiedono… l’impiego di tecniche…”,
intanto, si ricordi:
– così la norma ha inquadrato la generale materia oggetto del suo intervento, cioè (solo) la disciplina delle c.d. “professioni del turismo montano”; e per esse detterebbe “principi fondamentali”;
– col “… richiedono per la progressione l’impiego di tecniche e di materiali alpinistici…”, ha confermato la formula delimitatoria della cit. legge 1989, n. 6, istitutiva della professione di g.a.-m.a.;
– il riferimento alle “professioni”, se non vi fosse rischio di confusioni applicative con l'”amatoriale”, basterebbe a fare escludere l’applicabilità, anche solo riflessa, agli ambiti “non professionistici” (o “non professionali” o “non con professionalità”).
Però, il problema diretto è cosa intendano ora stabilire ed ulteriormente dettagliare nell’ambito delle “professioni del turismo montano”; e pure qui – ricordato quanto già detto – si pone, tra altro, una ripartizione:
– circa quella tradizionale di guida “alpina” – maestro di “alpinismo”, entrambe le proposte ne confermano l’esistenza e l’impianto, mediante il soprariportato rinvio alla legge istitutiva 1989, n. 6 (della quale vi sarebbe la modifica);
– circa una delle possibili figure professionali (l’istituzione di esse è riservata alla legge dello Stato: vd. art. 1 delle proposte, in adempimento della giurisprudenza costituzionale: post), provvede per quella del maestro di “arrampicata” (il cui governo resterebbe al Collegio nazionale delle g.a.-.m.a.).
1. B) Ma cosa sono “alpinismo” e “arrampicata” per le proposte di legge?
ovvero,
“materiale alpinistico e tecniche alpinistiche”
ovvero,
l’articolo 13 (in cauda venenum).
Torna l’eluso quesito.
Chi appena pratica la materia sa che definirli è proibitivo, specie per l’alpinismo (vi entrano fattori ambientali e soprattutto spirituali, che non consentono generalizzazioni): non l’ha mai saputo fare nessuno, meno che meno a fini giuridici, salvi ovviamente furberie e pasticci, ancorché non casuali. Discorsi che valgono, oltre per quanto accennato su “amatoriale”, “ludico”, “non agonistico”, pure per le correlate nozioni di “montagna” e “sport”.
L’art. 13 della proposta Saltamarini (uguale a quello della proposta Di Centa-Quartiani. Anche stavolta, questa norma è tenuta lontana dall’art. 1: per i lettori poco attenti?), pone le fondamenta per una risposta – obliqua – a quella domanda:
“(Materiale alpinistico e tecniche alpinistiche)
- Per materiale alpinistico si intende il materiale compreso nell’elenco approvato dal collegio nazionale periodicamente aggiornato.
- Per tecniche alpinistiche si intendono le tecniche individuate dai testi tecnici del collegio nazionale e oggetto di insegnamento nei corsi di formazione e di aggiornamento“
[note:
– queste formule riecheggiano quella che sulle “specializzazioni” era già stata adottata nell’art. 10 della legge 1989, n. 6, sopratrascritto, ed il loro modo di procedere con la “scorciatoia interna” che sopra ho evidenziato;
– non vi è qui accenno alla “montagna”, essendo il tutto incentrato su un non definito “alpinistico”, riferito solo a materiali e tecniche;
– come sopra evidenziato, c’è la delimitazione “zone con caratteristiche alpine”; ma essa, nelle stesse proposte, è stata prevista agli artt. 4 solo per escludere che lì possano esercitare gli istituendi “maestri d’arrampicata”].
§ 21. Combinazioni?
L’aspirante legislatore nazionale, tenuta ferma la suddistinzione tra “accompagnamento” ed “insegnamento” e la relativa “riserva” legale
[rivedi l’art. art. 2 della legge 1989, n. 6, sopratrascritto],
con la combinazione degli artt. 1 e 13 della proposta Saltamarini intende risolvere il busillis giuridico / definitorio mediante il riferimento alla progressione con impiego di materiali e di tecniche alpinistici e con l’individuazione dei concetti di questi.
Ma chi definisce quali sono i “materiali alpinistici” e le “tecniche alpinistiche”?
Le g.a.-.m.a., attraverso il loro Collegio nazionale.
§ 22. Che modi!
Eccoci al problema del convivere e legiferare più o meno democratici, e, in radice, a quello politico.
Il legislatore nazionale, incapace o non attento o callido nel fare una legge:
– la “commissiona” ad altri in via di “sussidiarietà”, mediante un rinvio della competenza;
– in questo rinvio “in bianco” non dà predeterminazioni dell’ambito da normare;
– attribuisce tale compito ad un ente, esercitante funzioni pubbliche ma rappresentativo di una privata professione (anche in contesa con altre professioni, con professioni contigue o emergenti e spesso pure con non professionisti), che le norme dovrebbe dare ai propri iscritti e solo per circostanziare l’oggetto della propria professione, e non a chi g.a.-m.a. non è, cioè tutta la restante numerosa platea dei praticanti l’alpinismo o l’arrampicata o l’escursionismo.
Dei quali tutti loro si guardano dal chiedere l’opinione o meno che meno il consenso, e, in radice, dal farsi accorgere
[utile considerare in parallelo che – invece – secondo il recente “Codice di giustizia sportiva della FIGC, Decreto del Commissario ad acta del 30 Luglio 2014, approvato con deliberazione del Presidente del CONI n. 112/52 del 31.7.2014”, sub Titolo I (Fonti della disciplina) e … Titolo I bis (Norme di comportamento):
“Art. 1 bis
Doveri e obblighi generali. …
- Sono tenuti alla osservanza delle norme contenute nel presente Codice e delle norme statutarie e federali anche i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale.”…].
Si osservi che un aspetto simile al sopradetto – ma in meno – era già emerso circa il rapporto tra collegi professionali e Regioni sulla competenza a fare le leggi, con puntuale dichiarazione di illegittimità nella cit. sentenza Corte costituzionale n. 372/1989*,
[allora riferita alla stessa cit. legge 1989, n. 6, ne basta qualche passo:
* “…Tale disciplina – nelle sue diverse articolazioni – determina una indebita compressione del ruolo riservato alle Regioni in materia di istruzione professionale, dal momento che affida l’organizzazione dei corsi professionali, di abilitazione o di aggiornamento, agli stessi organi dell’ordinamento professionale rappresentati dai collegi delle guide, escludendo, di contro, la presenza regionale (come nel caso dell’art. 9), ovvero limitandola alla sola vigilanza (come nel caso dell’art. 7) o, al massimo, all’intesa con gli stessi collegi (come nel caso dell’art. 22). La giurisprudenza di questa Corte, in precedenti occasioni, non ha mancato di sottolineare come, in materia di istruzione professionale, la definizione dei programmi e l’organizzazione dei corsi spetti alla sfera delle attribuzioni regionali, salva la presenza di possibili forme di coordinamento e controllo centrale dirette a garantire standards minimi quantitativi e qualitativi, relativi ai corsi, nonché verifiche relative alla fase della valutazione finale del risultato della frequenza ai corsi, ove questa comporti il rilascio di titoli abilitanti su scala nazionale (…). Questo non conduce, peraltro, a escludere la possibilità che, ai fini dell’organizzazione dei diversi corsi professionali e della definizione dei criteri didattici e dei programmi, sia dato spazio adeguato anche all’apporto collaborativo degli organismi rappresentativi della categoria professionale (si tratti dei collegi professionali o del Club alpino italiano, già investito, in materia, delle competenze di cui all’art. 2 della legge 24 dicembre 1985, n. 776, richiamate anche dagli artt. 20 e 26 della legge in esame): tale apporto – ben giustificato in relazione al peculiare contenuto tecnico e di esperienza proprio delle materie oggetto dei corsi professionali di cui é causa – potrà essere definito, in forme appropriate, tanto in sede di eventuale formulazione di nuovi principi da parte della legge statale quanto in sede di legislazione regionale.”].
Fermo restando che gli aspetti delle proposte da me censurati non concernono l’organizzazione od i programmi ma le ricadute esterne del generale strumento normativo (artt. 1 + 13) architettato con l’occasione dell’istituzione di una figura professionale
[quest’ultima competenza è esclusiva della legge statale, come pure tali proposte prevedono nei loro rispettivi articoli 2:
“Individuazione di nuove figure professionali.
- L’individuazione di nuove figure professionali del turismo montano e la fissazione dei pertinenti requisiti fondamentali spettano allo Stato, che istituisce con legge i rispettivi elenchi speciali, la cui tenuta è affidata ai collegi regionali delle guide di cui all’articolo 13 della legge 2 gennaio 1989, n. 6…”.].
§ 23. Imperium e “piccoli passi” (“funzionalismo alpinistico”?).
Quando sopra scrivevo che l’alpinismo professionale non è sviluppo o trasformazione dell’amatoriale, rivendicavo autonomia e libertà per coloro che non vogliono sapere di soldi nello svolgimento della propria attività né comunque essere toccati da cose altrui.
Pretese anacronistiche e stupide? Dobbiamo economicizzarci? Magari per farci poi fornire, istruire, accompagnare o spennare da altri?
Ma l’intento ora risulta più chiaro: chi come sopra individua i “materiali alpinistici” e le “tecniche alpinistiche”, ricordato quanto ho detto circa l’applicazione legale che prevedibilmente ne faranno gli “operatori non alpinistici”, non dispone ed impone per sé, ma per tutti: cioè anche per coloro che stanno e vogliono stare fuori dall’ambito o dai confini, non solo tra professionisti – non professionisti e tra alpinismo – arrampicata ma pure tra alpinisti – arrampicatori da una parte e non alpinisti – non arrampicatori dall’altra (cosa è, chi va con ciaspole per strade allunate annusando polenta? Dove vanno messi gli escursionisti?)
[su questi ultimi, si noti che la legge della Regione Abruzzo 16 settembre 1988, n. 86, ha aggiunto la roboante apposita professione dell'”accompagnatore di media montagna-maestro d’escursionismo”.
Se guardiamo fuori dai nostri riferimenti, la legge della Regione Valle d’Aosta 21 gennaio 2003, n. 1, ha invece istituito la professione di “maestro di mountain bike”.
E così via].
Non si pensi ad una preoccupazione eccessiva: se in Italia verrà approvata una definizione per legge di alpinismo, arrampicata e relative tecniche, sarà applicata erga omnes.
§ 24. Continua l’astuzia della proposta Saltamarini
(uguale nelle proposte Di Centa-Quartiani e Fosson), la quale si spiega, con la relazione a commento dell’art. 13, dappresso.
“Materiale alpinistico” = “elenco” (delle g.a.-m.a).
“L’articolo 13 interviene in merito alla definizione del concetto di ‘materiale alpinistico’. L’elenco, già predisposto dal collegio nazionale dal 2007, costituisce un importante punto di riferimento in occasione di perizie, cause legali e controversie di vario genere. L’inserimento nella presente proposta di legge permette di ‘ufficializzare’ uno strumento già largamente utilizzato”.
Dunque, alfine e neppure nel testo proprio di legge (una relazione di legge in sé non è legge; ma conta, come ha dimostrato il cit. riferimento nella sentenza della Corte costituzionale), l’aspirante legislatore, quantomeno nel sottofondo, ha gettato la maschera:
non si tratta di porre norme di concetto o super partes ma di delegare l’orientamento e la delimitazione di un ambito, non quello definitorio alpinistico o arrampicatorio (“Lotta con l’Alpe” od altri ipotizzabili) su cui normalmente i praticanti si impegnano a declamare ma quello sugoso pragmatico / giuridico delle “perizie, cause legali e controversie di vario genere”, così al contempo affermando il campo proprio e limitando quello altrui (professionale o no, a seconda dei casi), anche con le correlate “riserve” di esercizio legale, le sanzioni (penali, amministrative) e le ulteriori conseguenze civilistiche e sociali, nonché con possibilità di ulteriori sviluppi.
Sarebbe l’ordinario compito della legge; ma qui vogliono che l’individuazione dell’oggetto materiale della norma sia affidata ad uno solo dei soggetti praticanti alpinismo ed arrampicata, per giunta non l’unico significativo, mentre in un Paese democratico non dovrebbe essere che un’attività svolta da centinaia di migliaia di persone sia per qualche santo definita da chi rappresenta la parte di poco più di un migliaio.
C’è altro, a conferma del cattivo pensiero.
Di che consiste, questo “… elenco, già predisposto dal collegio nazionale dal 2007… importante punto di riferimento in occasione di perizie, cause legali e controversie di vario genere”, il cui inserimento nella presente proposta di legge permetterebbe di “‘ufficializzare’… uno strumento che sarebbe “già largamente utilizzato”?
Leggiamolo nel sito Internet del Collegio nazionale delle g.a-m-a., come comparso in versione 08/11/2009 (le citt. proposte fanno riferimento alla versione 2007, però lo stesso art. 13 ha preimpostato una potestà evolubile):
“
° Piccozza – imbragatura – casco – ramponi
° Chiodi da roccia e da ghiaccio
° Martello da rocciatori
° Corde – cordini – fettucce – dadi -friends – eccentrici
° Dispositivi di ancoraggio
° Dispositivi assicuratori (freni, discensori, bloccanti meccanici)
° Dissipatori
° Kit da ferrata
° Moschettoni con e senza ghiera
° Staffe
° Ciaspole o racchette da neve
° Sci con attacchi a sci-alpinismo e pelli di foca
° Arva – pala – sonda da neve
° Martello da roccia e da ghiaccio”.
Non pignoliamo (esempio: quale la differenza tra “Martello da rocciatori” e “Martello da roccia e da ghiaccio”?).
Il fatto però è che – lì dentro – mediante inclusione di materiali, hanno investito l’intera gamma del praticabile: dalla roccia (martello, ecc.), al ghiaccio (martello, ecc.), al misto (idem), alla vie ferrate (kit da ferrata) o ai sentieri attrezzati (moschettoni con o senza ghiera), finanche appunto alle dette passeggiate su strade con ciaspole sotto la luna annusando polenta.
Senza distinzioni di difficoltà e/o modalità d’impiego nè alcun altra delimitazione (non sia il mio un suggerimento ad elaborarne di elusive).
Senza limitazioni all'”occasione” del “maestro d’arrampicata”, poiché queste indicazioni comprendono chi vuole fare alpinismo od escursionismo, comunque pure in “… zone con caratteristiche alpine e delle aree innevate…”.
Senza qui (art. 13) fare distinzioni tra professionisti e non professionisti, per modo che l'”obliqua” definizione del preteso “concetto” (sic) di “materiale alpinistico” varrà di riflesso per dilettanti, volontari, liberi praticanti, tutti!
Esce una considerazione ulteriore.
Il normale praticante alpinista non legge le proposte di legge e meno che meno la relazioni di presentazione, e, se mai gli fosse capitato davanti l'”elenco”, avrà pensato, senza capirne lo scopo, ad una lista qualsiasi, tipo quella da spesa; ma con esso alcuni (pochi) hanno pre-disposto lo strumento, l’hanno ufficializzato, l’hanno fatto finire in proposte legislative, il tutto in vista del maturare di una normativa e di fatti che intanto indefessi spingono avanti di soppiatto;
§ 25. Riserva di “metodi” / “teorie”?
“Tecniche alpinistiche” = “testi tecnici” e “corsi di formazione e aggiornamento”.
Proseguendo, e ricordato che, come da art. 2 della legge 1989, n. 6, ciò che individua i contenuti della professione di g.a.-m.a. sono l’accompagnamento e l’insegnamento riferiti a “tecniche alpinistiche” (oltre che “sci-alpinistiche” ed in genere alla “montagna”), ancora più irrazionale, pesante ed invasiva risulta la prospettiva emergente – in stile ed effetti analoghi al caso precedente – dalla lettura dello stesso art. 13 ove, e sempre prescindendo da diretti riferimenti alla montagna, statuisce che:
“Per tecniche alpinistiche si intendono le tecniche individuate dai testi tecnici del Collegio nazionale e oggetto di insegnamento nei corsi di formazione e di aggiornamento”.
Difatti:
– il cit. parametro dell’elenco dei “materiali” almeno è di facile individuabilità ed intelleggibilità, pure se l’inclusione di ciascuno di essi porterebbe a fare scontrare tra loro i rilievi di arbitrarietà ed il principio del mala lex sed lex;
– ma il rinvio, per giunta del tutto indeterminato, ai “testi tecnici del Collegio nazionale e oggetto di insegnamento nei corsi di formazione e di aggiornamento”, creerebbe problemi di non univocità e non stabilità di questi riferimenti medesimi, e, soprattutto, imporrebbe una soluzione non giustificabile sul piano stesso della tecnicità e della giuridicità. Oltre che francamente arrogante.
Qui non si tratta solo dei singoli materiali che farebbero l’alpinismo e/o arrampicata, ma della loro scelta e del “metodo” / “metodi” e “teorie” sul loro impiego (quale l’esatta assicurazione? con “mezzo-barcaiolo”, col Gri-Gri, altro?).
E ciò può valere per la “gestualità” (mi sovvengono le antiche polemiche pedagogiche sull’”appoggibilità” del ginocchio o l'”incrociabilità” dei piedi nell’arrampicata su roccia…).
Come se queste cose siano “riservabili”, ed in base ad una legge, od in qualunque altro modo.
Inoltre, tutto si vuole sia normativamente “detto” dalle g.a.-m.a. e solo da esse o da qualcuna di esse, per le relative conseguenze (economiche e) legali.
C’è compatibilità di tali soluzioni coi principi costituzionali (eguaglianza, libertà di pensiero, libertà d’arte e scienza, libertà d’insegnamento e d’apprendimento, di circolazione, riserva di legge su prestazioni imposte, ecc.), oltreché, più semplicemente, con la prassi ed il buon senso?
Onde percepire la gravità ed assurdità della pretesa, si pensi alle possibili divergenze di soluzioni proposte da un manuale adottato dalle g.a.-m.a. e da uno adottato dalle scuole C.a.i. o da altri; e, in nuce, all’incongruenza del voler modulare soluzioni normative sulle opinioni di chi venga di volta in volta a gestire un settore operativo che in verità è aperto a tutti (non necessariamente sprovveduti)
[esempio, a proposito della consigliabilità di imbragature “basse” o “combinate” o “intere / complete”: il “Sicurezza” delle g.a.-m-a. 2003 pag. 21 era nel primo senso, l’Alpinismo su roccia delle scuole CAI 2007 propende per il secondo, pagg. 76 ss; e deve contare pure il parere di esperti singoli, come Il manuale dell’alpinismo. Materiali e tecniche dell’alpinismo moderno, di Franco Perlotto, Sperling & Kupfer, 1994, pag. 76, che sostiene le prime, o Il manuale dell’alpinista. Escursionismo, trekking, arrampicate:…, di Giancarlo Corbellini, ed. Piemme, 1993, pag. 102-103, che contempla solo le seconde e le terze].
Per non parlare delle epoche di produzione successive, dell'”istituzionalità” o no delle fonti di produzione, dei diversi destinatari di riferimento (clienti / allievi, o liberi praticanti, o professionisti, altri), delle soluzioni eclettiche, ecc.
Quid iuris, in caso di rilevanza giuridica in un sinistro? O, peggio: potrà essere “fermato” su una via o sentiero ferrato chi non porta casco e/o set d’arrampicata o li impiega male? E poi, su questa via, anche quelli all’ultima moda, magari artificiosa e solo produttiva di desideri?
[sull’ultimo punto, in generale, per temi analoghi e relative spinte, Serge Latouche, Usa e getta. Le follie dell’obsolescenza programmata, ed. Bollati Boringhieri, 2013.
Vd. post, tra i commenti in punto GPS, ad esempio quello sui “…formidabili gioiellini elettronici con un display più ampio (rispetto ai precedenti modelli) per me risultano una vera tentazione…”].
Si aggiunga che molte soluzioni tecniche (idem quanto a materiali) sono perfettamente valide ancorché non contemplate o preferite da un manuale od in corsi, per cui verrebbero in discussione anche i gusti
[caso di chi si autoassicura in sosta con l'”asola” o “nodo delle guide” semplice, piuttosto che col “nodo barcaiolo” unico allo scopo contemplato nel cit. manuale Alpinismo su roccia, pagg. 114-321].
§ 26. Constatazioni e domande sulle nuove g.a.-m.a. – imprenditrici (educatrici, ecc.): non più “professione di nicchia” (pro e contro).
Che parte hanno e fanno le g.a.-m.a. – nel contemporaneo – non solo in questo caso?
A me pare che, sempre tali chiamandosi e firmandosi, continuino ad usare il “valore d’immagine” dell’antico mestiere / professione, ma che ormai siano attaccate ai poteri economici e pubblici e pensino ed agiscano pure da imprenditori, nel senso del prendersi anche un po’ tutto del profittevole resto, se del caso incuranti di passare sopra a qualcuno
[esempi a caso: Angelo Seneci in Gli sport outdoor, una risorsa turistica: farne un’opportunità e non un problema, da “guida alpina, Direttore Rock Master e consulente esperto in Turismo Outdoor”, Gogna Blog; o la fresca Accademia della montagna trentina, presieduta da g.a.-m.a. la quale non limita il proprio focus ad “accompagnamento” + “istruzione” ed opera su più fronti in sinergia con l’ambiente universitario, di altri imprenditori, ecc.].
Estensione d’ambito che in anni recenti è stata puntualmente formalizzata e sostenuta dalla legislazione, nel solco delle mercatizzazioni e delle “valorizzazioni” di cui all’art. 117 Costituzione riformato nel 2001
[ad esempio, la Legge Regione Veneto 3 gennaio 2005, n. 1 e successive modifiche (“Nuova disciplina della professione di guida alpina e di accompagnatore di media montagna”):
“Art. 20. Promozione e diffusione delle attività di montagna.
- Le guide alpine e gli aspiranti guida e gli accompagnatori di media montagna sono soggetti impegnati a promuovere e diffondere le attività di montagna, nonché a incentivare il turismo montano e a creare flussi di visitatori nazionali e esteri nel territorio regionale veneto. A tal fine possono cercare collaborazioni, anche attraverso accordi e convenzioni, con altri soggetti istituzionali, pubblici e privati, nazionali od esteri che, del pari, operano con finalità sportive, ricreative, educative e turistiche.
- Per i fini indicati al comma 1, la Giunta regionale è autorizzata a concedere al direttivo del collegio regionale delle guide contributi: …”.].
Possono (fino ad un certo punto). Ma, a parte il fatto che così facendo non sfuggiranno dalle diverse sostanze ed alle legali responsabilità del rinnovato statuto giuridico d’appartenenza (ormai non solo quello della tradizionale professione), hanno il dovere di essere chiare nei confronti del “gestito” “popolo alpinistico” e magari di chi vota le leggi, nonché, per certi casi, di non prevaricare.
Non è più “di nicchia”, la gloriosa professione di g.a.-m.a.: connotata, rispetto ad altre note, da caratteri anomali, pure per numeri piccoli e per privilegi, cerca e trova nuove alleanze battendo strade espansive, vincolando altri.
§ 27. Episodio o “macchia a cascata d’olio” (non solo g.a.-m.a.)? Tutto sub “sicurezza” (e nuovi “funzionari” o “ausiliari”).
Quanto sopra si colloca in un trend, variegato, diffuso e volto ad ulteriori obbiettivi, come risulta da alcuni esempi:
1 = sci da pista: altri vigilantes (proposta di legge Senatrice Lanzillotta, anno 2014)
Un’altra proposta di legge, per lo più circa gli sport non agonistici, da ultimo comunicata alla presidenza l’11 marzo 2014 col n. 1367 a nome della Senatrice Lanzillotta e recante “Modifiche alla legge 24 dicembre 2003, n. 363, in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e di fondo”, procede a fare diventare tutori dell’ordine sportivo (c.d. “vigilanti privati” per l’art. 15*) alcuni soggetti privati e professionisti della montagna – imprese gerenti impianti sciistici o maestri di sci – mediante la loro parziale assimilazione operativa alle tradizionali Forze di polizia; infatti,
*art. 15 comma 1 lettera a) della proposta Lanzillotta:
– comincia, introducendo il comma 1-bis nell’art. 21 della cit. vigente legge 2003, n. 363,
“Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano… istituiscono… specifiche figure a cui affidare, mediante convenzioni con i gestori, che si avvalgono a tal fine anche della collaborazione dei maestri di sci, i compiti di soccorso e di vigilanza, anche al fine di irrogare le sanzioni; … (nota: per altre evenienze, post);
– continua, introducendovi il comma 1-sexies,
“Ai soggetti incaricati di svolgere i compiti di vigilanza, privi della qualifica di pubblico ufficiale, sono attribuiti i poteri di contestazione e riscossione immediate, nonché la redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento con efficacia di cui agli articoli 2699* e 2700** del codice civile”
[* art. 2699 codice civile:
“Atto pubblico.
L’atto pubblico è il documento redatto, con le richiese formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è stato formato”;
** art. 2700 codice civile:
“Efficacia dell’atto pubblico.
L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.].
Ciò – per inciso – benché la relazione di presentazione delle proposta medesima avesse affermato: “Viene, in fine, confermato il ruolo dei maestri di sci, non quali soggetti accertatori delle violazioni, ma per la segnalazione agli addetti alla vigilanza di tutti i comportamenti non corretti (e non solo di quelli attinenti alla velocità, come al momento previsto)”
[riporto infatti a raffronto la per ora vigente legge 2003, n. 363, che la proposta Lanzillotta vuole in punto come sopra modificare:
“Art. 21. “(Soggetti competenti per il controllo)
- Ferma restando la normativa già in vigore in materia nelle regioni, la Polizia di Stato, il Corpo forestale dello Stato, l’Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza, nonché i corpi di polizia locali, nello svolgimento del servizio di vigilanza e soccorso nelle località sciistiche, provvedono al controllo dell’osservanza delle disposizioni di cui alla presente legge e a irrogare le relative sanzioni nei confronti dei soggetti inadempienti.
- Le contestazioni relative alla violazione delle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 1, avvengono, di norma, su segnalazione di maestri di sci.”].
Dunque, la proposta mira – sembra senza voler fare acquisire la qualifica (nemmeno i doveri e le responsabilità…) di “pubblici ufficiali” o di “persone incaricate di un pubblico servizio” (vd. altrimenti gli artt. 357* e 358** del codice penale) e richiamando le note figure cittadine degli accertatori di illeciti da circolazione stradale*** – a fare sì che alcuni privati abbiano poteri di redigere verbali di accertamento, di contestare illeciti e di riscuotere le relative sanzioni, a carico dei normali praticanti sportivi
[* art. 357 codice penale:
“Nozione di pubblico ufficiale.
Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”;
** art. 358 codice penale:
“Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio.
Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico sevizio.
Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale”;
*** va detto che nella giurisprudenza penale è stata esclusa, in capo ai c.d. “ausiliari del traffico” stradale dipendenti privati, la ricorrenza delle qualifiche di pubblico ufficiale o di persona incaricata di pubblico servizio; pertanto, essi non rispondono dei reati di falso in atto pubblico e simili, esempio sentenza Corte di cassazione penale 14 giugno 2013, n. 26222.
Quella di “… far assurgere le guide alpine a ‘pubblico ufficiale’ al di sopra di una certa quota e su terreni ‘alpinistici’, affinché esse possano avere il giusto valore nel contenere certi comportamenti sconsiderati, evitando quelle imbarazzanti situazioni in cui, come è capitato a esempio al sottoscritto, si viene mandati a quel paese in nome della tanto nominata eppure poco conosciuta libertà per avere consigliato, a una inesperta famigliola, di non avventurarsi su un ghiacciaio senza corda e gli adeguati attrezzi”, era una proposta della g.a.-m.a. Giovanni Groaz, Alpinismo: quale libertà?, in Lo Scarpone novembre 2011, pag. 39].
E’ corretto? I normali praticanti sportivi ne sapevano o sanno qualcosa? Ne arriveranno poi altri, di vigilantes privati, magari comprendendovi g.a.-m.a. e volontari?
Ci si rende conto, e non solo quanto ai “professionisti del turismo montano”, che così ne viene ulteriormente modificata la natura e l’identità: da solo professionisti praticanti, a funzionari od ausiliari, occhiuti su altri;
2 = “sci fuori pista” e “sci-alpinismo” (astenersi!).
La stessa proposta Lanzillotta – ancora strumentalizzando il mantra / business della “sicurezza” e benché diversamente intitolata (visibilmente, non tratta nè sci fuori pista né sci-alpinismo), investe pure questi ambiti, con l’art. 12 e nel relativo passaggio della relazione illustrativa, a modifica dell’art. 17 sempre della legge 2003, n. 363.
Infatti, circa l’obbligo di dotazione di “cosiddetti ARTVA”, abroga l’inciso della vigente legge “laddove, per le condizioni climatiche e della neve, sussistano evidenti rischi di valanghe” (prima però cura dichiararlo “imperfetto”: se c’è evidente rischio, non si va!), e prescrive per tale caso il dovere secco di astensione dall’attività
[si pensi alla conseguente possibilità di impedire e sanzionare l’escursionista per la sola mancanza dell’apparecchiatura, a prescindere da un sinistro e da ogni sua eventualità; ed all’automaticità di coinvolgimenti amministrativi e giudiziari nel caso in cui si sia davvero verificato, magari per altra causa];
3 = vie ferrate: anche là, il “tutor”!
Franco Brevini (Le 10 ferrate più belle d’ Italia, Corriere della Sera del 07.8.2012), premesso che “i puristi storcono il naso e lamentano la profanazione della montagna”, evidenziava che “Anche il Soccorso alpino si è mosso per una campagna di prevenzione, «Sicuri in ferrata»: i tutor hanno trascorso alcune giornate sulle ferrate più frequentate, controllando se gli escursionisti indossassero il casco e l’imbragatura e si servissero dei set da ferrata… Quelli non attrezzati nel modo corretto vengono scoraggiati a proseguire”.
A parte il fatto che così ad essere profanate sarebbero le persone autosufficienti e non le montagne, mi rammarico di tanti che continuano a non accorgersi del problema: col tempo – pare un’altra applicazione della politica europea dei “piccoli passi” alias “funzionalismo economico” – avremo pure i controllori da roccia, pubblici e privati (tra essi non voglia mettersi il C.a.i., per farci del bene);
4 = g.a.-m.a. e bivacchi abbandonati: diffide e operazioni in danno di proprietari inadempienti.
Una particolare funzione potestativa è stata attribuita alle g.a.m.a. della Valle d’Aosta, in forza della legge regionale 20 aprile 2004, n. 4 e recenti integrazioni con legge regionale 28 dicembre 2011, n. 33:
“Art. 5bis
(Obblighi di conservazione e pulizia dei bivacchi)
- I proprietari dei bivacchi che beneficiano delle agevolazioni di cui alla presente legge sono tenuti ad assicurare la pulizia periodica e la conservazione delle strutture.
- Nei casi di accertata inosservanza degli obblighi di cui al comma 1, le società locali di guide alpine di cui all’articolo 19 della l.r. 7/1997, previa diffida a provvedere entro un congruo termine, possono disporre le operazioni necessarie in danno dei proprietari inadempienti.”;
5 = rilevatori elettronici, videosorveglianza, ecc.: “Grande Fratello Montano”.
Ancora nella cit. proposta Lanzillotta (sullo sci da pista ma – ormai l’abbiamo notato – vale extra):
– art. 15 comma 1-quater,
“… può essere prevista la sperimentazione di sistemi elettronici di identificazione dello sciatore, di registrazione delle sanzioni irrogate e di videocontrollo delle piste, anche al fine di prevenire le violazioni della presente legge, con particolare riferimento a quelle previste dall’articolo 9”
[nota: quest’ultimo concerne il dovere di “collocare l’attrezzatura fuori dal piano sciabile, in modo da non recare intralcio o pericolo ad altre persone”].
L'”identificazione” dello sciatore a mezzo di sistemi elettronici (esempio nell’accedere all’impianto sciistico), con videocontrollo e registrazioni, già riguarderà di fatto ciascuno, qualunque cosa faccia o non faccia; ma,
– art. 15 comma 1-bis,
“… possono altresì procedere, previo accordo con i gestori, a forme di sperimentazione, anche ulteriori rispetto a quelle previste dal comma 1-quater, per migliorare la prevenzione dei rischi della pratica degli sport invernali”.
Pertanto, la proposta, che parte dal poco (poiché i maleducati lasciano pericolosamente gli sci sulla pista intanto che vanno a bere il caffè…, ecco un videocontrollo contro il “… collocare l’attrezzatura fuori dal piano sciabile, in modo da non recare intralcio…”, anche se riprenderà chiunque), già si proietta su tutto e tutti;
6 = “raccomandazioni” e “istruzioni” (tecnologie ed altro), prima.
Se ed intanto che qualcuno fa leggi, non conviene nè serve stabilire un obbligo di impiego di materiali o tecniche.
In genere, iniziano con raccomandazioni comportamentali, a volte utili, preferibilmente fatte sostenere da enti istituzionali o soggetti autorevoli, in ambiti didattici o comunque di prevenzione e/o magari solo voluttuari, le quali però varranno fuori da questi confini
[prendo ad esempio l’apparecchiatura GPS, ma considerando che in questo periodo fenomeni analoghi si constatano pure per altro (AIRBAG per sci-alpinismo, GeoResQ per tutti, ecc.), a campione:
– le aziende di produzione e commercializzazione, si avvalgono di rilevatori volontari (per accordi ad esempio tra Garmin e C.a.i. vd. Internet);
– l’alpinista estremo Simone Moro sostiene sui media che il GPS è “fondamentale sicurezza”;
– su Internet e sul territorio proliferano informazioni, convegni ed inviti stentorei (esempio, “Tutto quello che bisogna assolutamente sapere su un GPS outdoor da escursionismo”: ivi sono sintomatici alcuni commenti, come quelli di Cristina: “…volevo regalare un GPS al fidanzato perché gli è venuto il trip di segnarsi i posti dove trova i funghi …” o di Paolo Ornella, già riportato, “… il fatto che risultino dei formidabili gioiellini elettronici con un display più ampio (rispetto ai precedenti modelli) per me risultano una vera tentazione:…”);
– la Regione Piemonte istituisce il “Catasto Regionale dei percorsi escursionistici” avvalendosi di “metodologie di rilevamento con strumenti GPS dei dati informativi sui percorsi inclusi nella Rete escursionistica regionale”, vd. in “Deliberazione della Giunta Regionale n. 37 – 11086 del 23 marzo 2009. Approvazione della Rete escursionistica regionale e del Catasto regionale dei percorsi escursionistici”, Internet;
– il Servizio valanghe italiano organizza un corso 2012 di cartografia digitale e utilizzo del GPS aperto a tutti coloro che intendono organizzare “correttamente” le escursioni in ambiente;
– le g.a.-m.a. tengono corsi di addestramento all’utilizzo di tali materiali e tecniche;
– il CAI evidenzia in corsi e manuali tecnici l’importanza dell’utilizzo di questa strumentazione ai fini di sicurezza, soddisfazione e divertimento [“Montagna da vivere…” cit., pag. 299 ss, nonché, per il recente sistema GeoResQ, pag. 945-496. Ivi ne è sostenuto l’uso al contempo per la caratteristica del “… saper progettare un itinerario e condurlo in modo autonomo…” (mah!), pag. 270-271];
– ecc.
Altri aspetti nel mio Sicurezza in montagna diventa ‘ipertecnologica’?, Gogna Blog].
Si tenga presente: non sto discutendo dell’utilità o meno di certe attrezzature o tecniche ma di come da una prassi, sovente provocata, si formano norme che possono finire a vincolare ciascuno, ciò che in fondo sostanzialmente interessa chi produce e vende;
7 = “obblighi” (correlati “scaricabarili”, amministrativi o ex lege), poi.
E’ così già arrivata l’imposizione al praticante dell’obbligo di dotarsi di alcuni strumenti, e dunque, prima, d’acquistarli, e di adottare alcune tecniche; ancora con possibili ricadute, in difetto, ex art. 43 c. p.
Ciò, pure, ove non sia dato capire se davvero vogliono sia fatta “sicurezza” o piuttosto credere di esonerare da responsabilità chi ha realizzato o gestisce l’impianto (e chi gli aggeggi li compra e porta con sè magari solo – come si dice – per “pararsi” legalmente).
Comunque sia, è bizzarra la pretesa di imporre pubblicamente al praticante il modo di avvalersi di impianti, e, al contempo, di non volerne portare le conseguenti responsabilità legali
[esemplarmente, per la ferrata “Sasse” a filo di Lago d’Idro, inaugurata nel 2013, a carico dell'”alpinista (?) e fruitore” è prevista l'”attrezzatura obbligatoria” costituita da casco e set di ferrata (lì hanno dimenticato pinne e salvagente). Con l’ormai classico avviso scaricabarile: “La ‘Ferrara Sasse è stata attrezzata adottando materiali e criteri in conformità alle leggi vigenti per quanto riguarda la sicurezza; tuttavia vista la pericolosità intrinseca di questa attività sportiva, ogni responsabilità per danni a se stessi, ad altri e a cose è a carico del singolo alpinista (?) e fruitore”. Internet.
Cenni al punto in Luoghi d’arrampicata…” cit.].
In conseguenza dell’avvenuta “mercatizzazione” del “sistema falesie” e del voluto o sperato – ove non sia anche sfruttato – tramonto della tradizionale mentalità autoresponsabile dell’alpinista, risulta accentuato il problema legale per chi realizza e gestisce impianti del genere; e dunque è sorta la necessità di avere a sostegno tecnici tranquilizzatori
[prof. avv. Carlo Bona, “Gli aspetti giuridici della fruizione turistica della montagna”, in atti del convegno L’arrampicata sportiva – un’opportunità per il territorio, marzo 2013, rinvenibile in Le possibilità di sviluppo delle falesie del Lecchese e in Progetto di valorizzazione delle falesie lecchesi, Gogna Blog.
Diversa e complessa l’esposizione dell’avvocato Massimo Viola, in Rischio e rischio residuo lungo le vie e i sentieri di comunicazione 2, sempre Gogna Blog.
Cenni ancora in Luoghi d’arrampicata… cit.; nonché nei miei La sicurezza ‘messa’, anche in montagna: è l’era MinS! e ‘FRUIRE’ la montagna: no, grazie!, Gogna Blog].
Si noti che – a volte – il legislatore invero già ha escluso certe responsabilità legali in capo a certi concessionari e gestori (ecc.), cosa che rende ancora meno giustificabile come possano esservi loro preoccupazioni almeno per quanto avvenga fuori od indipendentemente da essi; ad esempio,
per l’art. 17 comma 1 della cit. vigente legge 2003, n. 363:
“(Sci fuori pista e sci-alpinismo)
Il concessionario e il gestore degli impianti di risalita non sono responsabili degli incidenti che possono verificarsi nei percorsi fuori pista serviti dagli impianti medesimi.”…;
[l’esonero previsto dallo stesso articolo verrebbe ampliato dall’art. 12 della cit. proposta Lanzilotta, così:
“Il concessionario, il gestore degli impianti di risalita e i comuni non sono responsabili degli incidenti che possono verificarsi nei percorsi fuori pista serviti dagli impianti medesimi e segnalati ai sensi del comma 2-bis”;…”.].
Mentre, quali esempi di una prassi legislativa ormai diffusa, affermante un principio che – ad essere seri – non dovrebbe nemmeno essere discutibile:
– per articoli vari (23, 25, 29 e 39) della legge Provincia di Trento 15 novembre 2007, n. 20,
sono assoggettabili a “manutenzione e controllo” le “vie alpinistiche”, cioè gli “itinerari che possono richiedere una progressione anche in arrampicata, segnalati solo da tracce di passaggio o ometti in pietra, attrezzate dei soli ancoraggi per agevolare l’assicurazione degli alpinisti”, e … “Per la realizzazione o la modifica di strutture alpinistiche… è richiesta l’autorizzazione della Provincia…”; però, “L’iscrizione nell’elenco e l’esercizio dell’attività di controllo e manutenzione non escludono i rischi connessi alla frequentazione dell’ambiente montano”;
– per l’art. 2 bis comma primo legge cit. Regione Valle d’Aosta 21 gennaio 2003, n. 1 e successive modifiche,
“(Pratica della mountain bike)
La percorrenza con la mountain bike di sentieri e strade non classificate come statali, regionali o comunali, avviene a completo rischio e pericolo degli utenti.”…
Il tutto a prescindere dal problema se le legislazioni regionali o provinciali ed i provvedimenti amministrativi possano incidere sugli ambiti di “giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale…”, che sarebbero invero esclusivi di quella statale
[art. 117 comma 1 lettera l) Costituzione, modificato nel 2001];
8 = prestazioni alpinistiche imposte (art. 23 Costituzione?).
E’ in questo retroterra che si radica il tentativo, a volte realizzato, di imporre al praticante alpinistico l’obbligo di avvalersi di altrui prestazioni professionali, in specie dalle g.a.-m.a.
[però si potrebbero fare pensieri sul limite argomentabile dall’art. 23 Costituzione:
“Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”].
Basta da un lato in generale ricordare il già segnalato titolo del maldestro articolo di Mariolina Iossa Maestri alpini e divieti. Arriva il codice della neve. Presto norme severe contro i turisti delle valanghe. Le guide. Con condizioni buone si può sciare fuoripista solo con una guida alpina, non a caso pubblicato su un importante quotidiano commerciale quale il Corriere della Sera; e dall’altro citare qualche esempio di una serie di minuti provvedimenti che tale intento / pratica hanno auspicato od applicato:
a = le note ordinanze del Sindaco di Livigno sull’obbligo di accompagnamento da parte di g.a.-m.a. in certe pericolose condizioni sci-alpinistiche (vd. in Il diritto va in montagna cit.);
b = la normativa amministrativa a proposito della pratica dell’eliski accompagnato da g.a.-m.a., oltre ad altre, della Vallecamonica-Adamello (Legalizzazione dell’eliski e scorretta informazione, Gogna Blog);
c = i pareri di alcune g.a.-m.a. prestigiose a proposito del rilascio di “patentini”, corsi d’obbligo per neofiti, o simili (Hans Kammerlander, Giovanni Groaz cit., altri)
d = il dibattito parlamentare, con l’intervento del Sen. Antonio Fosson, nel senso che “… Il rischio nella pratica degli sport di montagna non può essere eliminato completamente, ma può essere ridotto se affrontato con professionisti, non da turisti soli e inesperti: alcuni percorsi di sci alpinismo devono essere affrontati solo se vi è un professionista come accompagnatore” (in Incidenti montagna: Fosson, non sanzioni su sci fuori pista, da Sito ufficiale della Regione Autonoma Valle d’Aosta, 10/02/2010, e altrove, Internet);
e = l’accessibilità turistica ai vulcani italiani, ove si alternano provvedimenti che la consentono, la condizionano all’accompagnamento di guida vulcanologica (in generale prevista della legge istitutiva delle g.a.-m.a. 1989, n. 6, cit.) o addirittura la vietano (in argomento rimando all’appena pubblicato Etna libero 1, intervista a Marco Albino Ferrari con ulteriori fonti nello stesso cliccabili, Gogna Blog). Ecc.
Sarebbe auspicabile che in punto libera frequentazione della montagna sia definita, dichiarata e nei fatti mantenuta la posizione ufficiale delle g.a.-m.a.
CONTINUA
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Davvero interessante! Peccato per l’Italiano, che potremmo facilmente definire “burocratese”. Suggerisco la lettura di uno dei documenti in propositio dell’Accademia della Crusca: http://www.accademiadellacrusca.it/it/attivita/4139
Immagino che nella continuazione si cerchi di affrontare la tematica “Scuole di Alpinismo del CAI” e “Istruttori Sezionali e Nazionali d’Alpinismo” formati nella Scuola Centrale del CAI.
Grazie