L’informazione

L’informazione
di Stefano Fait
(capitolo del saggio Per una dichiarazione di autonomia delle Terre Alte, scaricabile da qui)

Ma ognuno di noi, in una certa misura, è ormai direttore responsabile di quella microcentrale di news che è se stesso (Michele Serra)”.

La sfiducia verso i media ha raggiunto percentuali sconcertanti in Europa come negli Stati Uniti. Non è difficile capire come mai: l’informazione globale è virtualmente controllata da una mezza dozzina di multinazionali dell’informazione e dell’intrattenimento: Time Warner, Walt Disney, Viacom, News Corporation (Rupert Murdoch), Bertelsmann, Axel Springer AG, Sony.

Nel suo brillante The return of the public (2010), Dan Hind, giornalista di fama internazionale, ha proposto una visione semplice e al tempo stesso rivoluzionaria del giornalismo del futuro. La “società civile” dovrebbe poter commissionare inchieste ed articoli a giornalisti indipendenti che sarebbero pagati con un canone e che risponderebbero del loro operato direttamente ai cittadini e non più ai tycoon dell’informazione. In questo modo la stampa locale e nazionale sarebbe sottoposta a pressioni competitive virtuose, mentre ci sarebbero dei giornalisti freelance specializzati in certi campi, disposti ad approfondire tematiche che i quotidiani sono impossibilitati a seguire per un lungo periodo di tempo e globalmente.

In questo modello di giornalismo civico, un professionista dell’informazione potrebbe presentare delle proposte per ricevere dei fondi da impiegare per realizzare delle inchieste. La sua reputazione sarebbe legata non alla testata per cui scrive, ma alla qualità del servizio che garantisce, alla sua autorevolezza, alle valutazioni di assemblee di cittadini che devono decidere se e quanto sborsare di tasca propria.

I vantaggi sarebbero molteplici: si riconquisterebbero all’informazione quei cittadini che non leggono più i quotidiani e si sperimenterebbero nuove forme di associazionismo, responsabilizzazione e partecipazione civile.

Questo stesso modello, se si dimostrasse efficace, potrebbe essere esteso a ricercatori scientifici ed operatori museali.

Partecipando all’indagine, le persone comincerebbero ad interessarsi all’informazione e alla scienza, ossia alla conoscenza nel suo complesso, che è l’architrave di una democrazia sana, di una società civile vitale. Si abituerebbero a interrogarsi e informarsi invece di restare passivi per poi magari sprofondare nel risentimento e nel rancore.

Nascerebbero nuove questioni, nuove controversie, nuove ricerche. Politici e cittadini commetterebbero meno errori, risparmiando risorse, grazie a una maggiore attenzione alla realtà e una percezione più obiettiva dei fatti.

Alan Rusbridger, direttore del quotidiano britannico The Guardian, si muove in questa direzione e ha elencato le dieci regole dell’open journalism (“The future of open journalism”, The Guardian, 25 marzo 2012): incoraggia la partecipazione; non è un rapporto tra “noi” e “loro”; stimola il dibattito; favorisce la nascita di comunità intorno a interessi condivisi; è aperto al web; aggrega e seleziona il lavoro degli altri; ammette che i giornalisti non sono le uniche voci autorevoli e interessanti; promuove la diversità ma anche i valori comuni; riconosce che il giornale può essere l’inizio e non la fine del lavoro giornalistico; è trasparente e aperto alle osservazioni, comprese le correzioni, le spiegazioni e le aggiunte.

L’informazione ultima modifica: 2021-08-08T04:09:00+02:00 da GognaBlog

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7 pensieri su “L’informazione”

  1. capitan merlo cita l”inesorabile procedere
    colgo un sottile riferimento a grande capo pasini
    scontro di titani il vostro
    augh

  2. https://mondodomani.org/dialegesthai/articoli/claudio-tugnoli-24
     se volessi intraprendere attivita’ giornalistica o  legata alla comunicazione, me lo studierei per bene. Comunque fa bene a tutti  ,anche con un studio dell’argomento “fallacie logiche e retoriche”invece pare basti navigare e raccogliere  , poi copia&incolla e diffondi in maniera esponenziale e qualunque notizia o informazione assume verita’ o falsita’  secondo peso statistico di citazione. Lo fanno anche con articoli scientifici che assumono punti validita’in quanto con appositi software si spingono nelle citazioni di citazioni di citazioni  con un loop senza fine.
     feschi freschi
     1-“arriva bomba di calore , Lucifero, aumentano le condizioni di sviluppo incendi”..leggono pure  i piromani grati della dritta e quindi la notizia e’ profezia che si auto avverererà  a livello globale..
    2-Notizia  ”   Incremento di incidenti in montagna nel week -end” ma nessuno fa il rapporto con l’aumento pure di escursioni e gite e scalate nel week end…e quelle andate a buon fine sfuggono.Poi si dettagliano le cause dell’incidente e modalita’ del soccorso  ed un appassionato  che si autodefinisce esperto sperimentato pensa” che  errore ,  che sbadataggine banale, a me non succedera’ o non sarebbe mai  successo “Poi  la casistica e’ raggruppata in categorie statistiche:scivolata, maltempo, perdita del percorso, improvviso cambio di itinerario in solitaria , ecc.”rarissimo  l’incidente in modalita’  mai verificatasi prima.

  3.  Troppa informazione equivale a poca, indipendentemente dalla qualita’ e veridicita’, per cui prima di essere ben informati, bisogna pur vivere! In tema di informazione di itinerari alpinistico-escursionistici,  esiste ormai cartografia cartacea e online talmente esaustiva e ridondante che ci si perde nella scelta Alla fine, si passa il tempo a confrontare le alternative, per poi fermarsi al primo punto sosta pic nic con panchine e tavolino  in quanto manca allenamento e fiato.Poi la realta’ puo essere che certi intinerari sono ormai invasi da alberi caduti erbe e cespugli e frane e nessuno va a liberarli , essendocene troppi e troppo pochi volontari   . Si puo’ sempre, come per analogia con  il nuovo giornalismo auspicato,, riaprirli o creare nuove tracce,ma essere disposti a lavorare con  colpi di machete…e cadere in forre o buche.

  4. Forse non ho capito bene la proposta comunque lodevole perché esprime una voce contraria all’inesorabile procedere nei confronti del quale alcuni trovano più opportuno adattarsi, piuttosto che ribellarsi.
    Tuttavia non mi sento di appoggiarla.
    Se il giornalismo si struttura in organizzazone per l’informazione, immediatamente diviene disponibile al mercato.
    Molti cederanno l’etica dell’indipendenza a favore del conto in banca. il “68” – e non solo – insegna.
    A mio parere deve restare disorganizzato se non per piccoli gruppi. Entro i quali, peraltro, conosco personalmente casi, di censura, deontologia non rispettata, responsabilità non assunte.
    Il giornalismo costa molto. Un free lance, senza accredito da parte di una testata autorevole, mediamente non mette piede in una conferenza stampa di qualche vertice mondiale. Se arriva sul fronte di qualche conflitto lo fa a spese sue e a sue spese permane il tempo di realizzare un servizio, che sarà tendenzialmente sottopagato quando non ignorato.
    Le singole voci indipendenti – scadenti e interessanti – tendono a formare l’informato, ultimo discriminatore dell’informazione da seguire o da buttare.
    Per questo “La sfiducia verso i media ha raggiunto percentuali sconcertanti in Europa come negli Stati Uniti”.

  5. “Non è difficile capire come mai: l’informazione globale è virtualmente controllata da una mezza dozzina di multinazionali dell’informazione e dell’intrattenimento”
      Anche per faccende terra terra.. dialogo tra coniugi ” sto cioccolato fondente  ha cambiato sapore,si appiccica in bocca  non e’  piu tosto come quello di una volta”
     Si indaga con occhiali da presbite.il marchio e il packaging sono uguali, sul retro in piccolo il marchietto di una multinazionale che lo ha comprato, ma evidentemente  ha piazzato i suoi” palati “maestri cioccolatai allenati a risparmiare sui costi degli ingredienti e con la “mission” di uniformare i gusti.

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