L’inganno del paesaggio 

L’inganno del paesaggio 
di Leandro Cossu
(pubblicato su lantidiplomatico.it il 30 settembre 2024)

Laddove non può limitarsi al semplice nascondimento dei fatti e delle proteste, l’apparato propagandistico in difesa della speculazione energetica in Sardegna ha messo su una serie di strumenti retorici da snocciolare a memoria non appena l’ideale manuale del progressismo italiota indica l’assenza di una via d’uscita alternativa. Non è un caso che capiti sempre più spesso che anche chi sardo non è sappia di polemicucce sterili e artefatte montate ad arte dai signori dell’ambientalismo liberal. Per esempio, per delegittimare l’immenso movimento di popolo costituitosi in Sardegna da almeno tre anni contro l’orrore della speculazione energetica – un vero e proprio sacco coloniale che, a colpi di pale eoliche e pannelli solari, devasterà irreversibilmente ogni aspetto della vita delle comunità locali – non si accontentano certo del benaltrismo petrolifero: ovvero, di fronte a ragionamenti rigorosi e argomentati che attraversano ogni aspetto della questione, rispondere aggressivamente che l’interlocutore, che lo sappia o meno, fa il gioco del carbone, dei petrolieri, del gasolio. Molto più subdolamente, quando ne parlano, curvano le linee del discorso, ricombinano a piacimento frasi dette da persone diverse in momenti diversi, in modo da rendere caricaturale l’urlo di dolore di un popolo, che diventa improvvisamente un ammasso di retrogradi fascisti trincerato dentro il proprio orticello per proteggere gli interessi locali di fronte alla marcia seducente e irresistibile della cosiddetta “transizione energetica”.

Avremo sicuramente modo di ricostruire tutta la questione in modo da offrire strumenti ermeneutici e politici in grado di comprendere la situazione e rispondere in modo democratico e organizzato anche a chi si ritrova a vivere la stessa situazione nella propria terra (penso, per esempio, ai siciliani o ai pugliesi). Lo scopo di questo breve articolo è smontare definitivamente uno degli argomenti fantoccio esemplificativi della malafede del circo green, denunciandone tutte le conseguenze che, a cascata, ne derivano.

«La preoccupazione principale dei sardi per le fonti di energia rinnovabili è legata principalmente al paesaggio».

Questa innanzitutto è una balla statistica. Ovvero, solo una esigua minoranza di persone risponderà di opporsi alla speculazione energetica per un motivo strutturalmente legato al paesaggio in quanto tale, inteso dai sacerdoti del green come mera istanza estetica, di apparenza. Ciò non significa, ovviamente, che il paesaggio non c’entri, ma ci arriveremo. È abbastanza chiaro il motivo per cui hanno interesse a ridurre tutta l’opposizione a questa farsa: così, possono far passare il messaggio che si tratta di una contrapposizione tra gli eroici ambientalisti che riescono a vedere al di là del proprio naso per il bene della Terra contro il cinquantenne tonto che vuole semplicemente vedere il tramonto sui bastioni di Alghero mentre sorseggia uno spritz a 8 euro.

Dire che un sardo si oppone alla speculazione per motivi paesaggistici equivale a dire che una qualunque persona si opporrebbe all’amputazione di una gamba da parte di un sequestratore sadico per motivi estetici. L’indignazione dei sardi è dovuta all’appropriazione dell’improprio da parte di multinazionali senza scrupoli con il placet di UE, Stato e Regione. E questo improprio è costituito proprio da tutto ciò che tocca tutti senza appartenere a nessuno: storia, cultura, archeologia, antropologia, società, fauna, flora – in una parola, paesaggio come reciproca e irriducibile interazione tra uomo e natura, quest’ultima mai offertasi come idillio impermeabile a una antropizzazione, la quale può presentarsi anche come assenza della presenza materiale dell’uomo.

La questione estetica è sì presente, ma è una subordinata di secondo grado. Sopra tutto siede l’ingiustizia del ritrovarsi assoggettati all’arbitrio sovrano dei signori del sole e del vento; da cui deriva lo stravolgimento dei sensi della vita delle comunità sarde; infine, la bruttezza di pale e pannelli che diviene sintomo di un rapporto di potere, la conseguenza, offertasi ai sensi, di questo vero e proprio saccheggio. Se le pale eoliche fossero invisibili, sparirebbe il sintomo ma non la malattia che permette di parlare usando le categorie di stupro, saccheggio e colonialismo energetici.

Oltre alla banalizzazione dell’opposizione a tutto questo, l’argomento estetico-paesaggistico ha due gravi conseguenze politiche. In primis, consente finte mediazioni ai bardi del green: «sediamoci», dicono loro, «e identifichiamo pure le aree idonee per le aziende rinnovabili. Capiamo che alcuni posti dovranno essere esclusi, e siamo qui per trovarli insieme». Ma proprio questa finta mediazione in realtà ribadisce la presunta ineluttabilità del sacco speculativo che vogliono loro. Per cui impedire in modo assolutamente non strutturale tre o quattro stabilimenti eolici diventa una vera e propria opera di ingegneria sociale per disinnescare la rabbia e la voglia di riscatto e ribadire la necessità di tutti gli altri.

A differenza del radical chic medio, il sardo non è stupido. Non sostiene una posizione solo per lo spauracchio pavloviano di essere associato alla destra da un editoriale del manifesto o di Repubblica. Da secoli vive la materialità dei problemi materiali, e non saranno le mistificazioni dei bardi della transizione a occultare questo orrore.

L’inganno del paesaggio  ultima modifica: 2025-04-24T04:13:00+02:00 da GognaBlog

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12 pensieri su “L’inganno del paesaggio ”

  1. #11: il discorso è assai più complesso e nessuno -credo- vuole mantenere attive le centrali a carbone in Sardegna.
    Se vuoi informarti in modo più approfondito sull’attuale dibattito riguardante la produzione e la fruizione dell’energia in Sardegna, casca a fagiolo questo documento  apparso proprio oggi sul sito del GrIG:
    https://gruppodinterventogiuridicoweb.com/2025/04/28/il-ritorno-del-gas-naturale-in-sardegna-e-qualche-considerazione-sui-reali-vantaggi-per-le-bollette-dei-cittadini/

  2. @ 7
    Il punto è che lui -e la maggioranza dei Sardi- vuole che le decisioni politiche sulla progettazione di impianti che hanno anche un pesante impatto sul territorio debbano passare attraverso la concertazione con chi quel territorio lo vive tutti i giorni.

    Perfettamente d’accordo.
    Purchè si facciano carico delle conseguenze di qualsiasi scelta ritengano valida. Sia che ritengano il sistema proposto valido sia che non lo ritengano.
    Non vedo perchè io debba pagare, in forme diverse compreso lo sfruttamento del mio territorio, per fornire servizi a chi fa scelte diverse.
    Preferite il carbone? Va bene. Ma vi accollate i costi, non li spalmate sulla fiscalità generale.
    Ogni scelta ha un costo, vedete voi quale preferite pagare.

  3. A Ratman gli piace fare il saputello, lui usa termini difficili per dire cose facili. A Detassis gli starebbe sui coglioni.

  4. 7 Antonio, non sarebbe difficile da capire, soltato lo si volesse. Sta di fatto che si vuole sempre imporre e sfruttare. E se i sardi non si vogliono far sfruttare e s’incazzano, fanno bene!!!!

  5. Massimo, credo che tu non abbia colto il senso dell’articolo e le conseguenze di ciò che sta avvenendo.
     
    Luciano, da quando sul blog si sono diffusi pseudonimi, dietro ai quali ci si nasconde, molto spesso per vilipendere, ho scelto di non prestare loro attenzione.

  6. Il punto non è che Leandro Cossu è giovane, scapigliato, insoddisfatto o cavernicolo.
    Il punto è che lui -e la maggioranza dei Sardi- vuole che le decisioni politiche sulla progettazione di impianti che hanno anche un pesante impatto sul territorio debbano passare attraverso la concertazione con chi quel territorio lo vive tutti i giorni. Cosa che non è avvenuta in passato; e che non sta avvenendo con l’eolico, l’agrivoltaico ecc., così da configurare l’intero sistema del Green come l’ennesima forma di sfruttamento e dunque colonialismo di un territorio.
    E’ così difficile da capire?

  7. Insomma il bisogno, l’ansia, il desiderio di fare qualcosa, unito ad una evidente insoddisfazione esistenziale…

    Ratman, ma se non hai neanche il coraggio di esprimere le tue cazzate mettendoci la faccia, di cosa vai cianciando? Temo che l’unico ad avere problemi di insoddisfazione sia tu, in questo angusto bar frequentato da diversamente giovani.

  8. E’ davvero agghiacciante rendersi conto che la Sardegna è solo un inizio e che non è stata scelta a caso, e che gli espropri continueranno a dilagare su tutto il territorio, sapientemente tenuti nascosti ai più.

  9. Immagino che per l’estensore siano meglio le centrali a carbone attive in Sardegna. 
    Quelle il paesaggio non lo turbano.

  10. Il paesaggio sarebbe un inganno perché trasforma la lotta politica ed economica dei sardi contro le pale eoliche e i pannelli solari in una questione estetica

    Non è soltanto una questione estetica, se fosse solo estetica sarebbe facilmente risolvibile.
    Il fatto è che per poter installare pale eoliche e pannelli solari, devono essere eseguite a monte delle opere a supporto e sostegno con interventi sull’ambiente che lasceranno per sempre un ferita aperta.
    Un pala eolica alta decine di metri che pesa tonnellate non è che può essere semplicimente appoggiata al terreno. Vanno fatte opere di accesso al luogo di posa, di sbancamento, di fondazione in cemento armato, un impianto di alimentazione e trasporro energia prodotta.
    Stessa cosa per i pannelli solari, che fai li appoggi interra, oppure li fissi ad una struttura che li possa sostenere ancorati?
    Quindi non è solo e soltanto  un problema estetico che con un lieve colpo di spazzola si cancella tutto.

  11. Il paesaggio sarebbe un inganno perché trasforma la lotta politica ed economica dei sardi contro le pale eoliche e i pannelli solari in una questione estetica. Si tratta invece di un equivoco che l’autore condivide con il populismo della sinistra materialista e paleomarxista: il paesaggio diventa comunque un luogo spirituale, un luogo dell’anima che trascende l’interazione materiale tra l’uomo e la natura, trasferisce la percezione del paesaggio dalla natura allo spirito, trasforma la realtà del lavoro nell’idillio della bellezza.

  12. “sacco coloniale”
    Questo concetto è,  per rimanere nel linguaggio del giovane autore [classe 2000], la chiave ermeneutica che apre le porte alla comprensione dell’articolo.
    Il “decolonialismo”,  i “gender studies”  , “l antispecismo”, hanno ormai colonizzato le università e sostituito gli studi marxisti, cosi come gli orsi hanno sostituito gli operai tra le categorie degli sfruttati.
    Insomma il bisogno, l’ansia, il desiderio di fare qualcosa,  unito ad una evidente insoddisfazione esistenziale,  è all”origine di quella che pare una pura smania letteraria di “difendere i deboli”.
     

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