Lunga vita ai càrpini

Per i suoi cinquanta anni Rolando Larcher fa un grande regalo non solo a se stesso, aprendo una meravigliosa linea sulla parete est del Monte Fibbion 2672 m, ma anche a tutti noi donandoci un racconto che svela l’incredibile storia nascosta dietro al titolo enigmatico assegnato alla via: 50 anni son volati, 25 regalati.

Il nuovo itinerario su questa montagna della parte settentrionale delle Dolomiti di Brenta (gruppo della Campa), aperto e poi liberato ai primi di ottobre del 2015 (215 metri, 8a+ max, 7b obbl.) con Herman Zanetti, Luca Giupponi e Alessandro Larcher, segna infatti non solo la grande attività dell’alpinista trentino giunto sulla soglia del 50° anno di età, ma pure 1/4 di secolo, la metà degli anni compiuti, da un miracoloso volo – lungo quanto gli anni! – che ci fa ancora avere Rolando qui con noi…

In cima al Monte Fibbion, da sinistra: Luca Giupponi, Rolando Larcher e Hermann Zanetti. Foto: Rolando Larcher
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Lunga vita ai càrpini
di Rolando Larcher
(già pubblicato su http://www.montura.it/, per gentile concessione)

Il nome di questa nuova via è un indovinello, scelta insolita e soggettiva, assecondata con grande amicizia dai miei compagni di scalata. Un indovinello facile, scontato e quasi patetico nella prima parte, più impegnativo nella seconda, alla portata di coloro che mi conoscono da tempo. 50 anni è il traguardo raggiunto in questa splendida estate, ma 50 furono anche i metri di volo a terra, fatti 25 anni fa alla Gola di Toblino. I primi 25 vissuti normalmente, i secondi totalmente regalati, dopo esser miracolosamente sopravvissuto. Desideravo soffermarmi su questa ricorrenza e seguendo la mia passione, quale miglior modo se non aprendo e battezzando una via nella parte più recondita e selvaggia del Brenta?

Il Brenta settentrionale ancora una volta ha offerto una splendida e solida parete di calcare, il Fibbion. Uno scudo compatto che si apre in alto in quattro pilastri strapiombanti, scalato solo nel 1993 da Claudio Kerschbaumer e Donata Fiamozzi con la via Supercrack.

Rolando Larcher sull’ultima lunghezza di 50 anni son volati, 25 regalati. Foto: Giampaolo Calzà
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A metà parete abbiamo trovato la finestra di una grotta e il giorno della rotpunkt, abbiamo provato a esplorarla. Dall’imbocco esce una forte e gelida corrente d’aria, segnale che dev’essere profonda e avere un altra apertura. La stretta grotta, si sviluppa orizzontalmente con i lati estremamente abrasivi e dopo 30 metri, un crollo blocca il passaggio, ma si intuisce che prosegue ancora. Immagino che potrà essere una buona meta per speleologi intraprendenti.

La Gola di Toblino
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Gola di Toblino, 18 marzo 1990, tardo pomeriggio di un giorno di scalata come tanti. Questo però segnerà la mia esistenza con un prima e un dopo.

Una spensierata giornata d’arrampicata con gli amici sta per concludersi, c’è ancora un po’ di tempo e di energie, Marino Tamanini ne ha abbastanza e con Michele Cagol scaliamo ancora una via.
Il morale è alto, ho recuperato perfettamente la forma fisica dopo l’incidente dell’estate scorsa in Marmolada, sono entusiasta perché riprovando Mojado (capolavoro di Roberto Bassi degli anni ‘80 valutato 8b/8b+) ho capito che potrei riuscire a concatenarlo a breve.
Decidiamo di salire Che Peperino, itinerario di due lunghezze. Michele parte sulla prima, raggiunge la sosta, mi recupera e proseguo sulla seconda, un piacevole 7a.
Arrivo al suo termine, dove trovo una comoda cengia, poco sopra la sosta: un anello di catena ancorato a un leccio. Penso di fare manovra per calarmi, ma Michele cambia idea e decide di scalare anche lui il tiro da secondo; pertanto per far scorrere meglio la corda, allungo la sosta con due rinvii, la inserisco, avverto di bloccarla e mi appendo.

La parete est del Monte Fibbion con il tracciato di 50 anni son volati, 25 regalati. Foto: Rolando Larcher
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Questo è il preciso momento dove il “prima” si conclude e inizia un “dopo” incerto, molto incerto…
Improvvisamente tutto accelera vertiginosamente: i pensieri, i sentimenti, la pietra che scorre, l’ultimo momento di esistenza.
In un attimo… un’infinità di sentimenti e ragionamenti si avvicendano.
Stupore: per il tradimento della corda, che inspiegabilmente mi abbandona.
Profonda rabbia: non ho capito esattamente la dinamica degli eventi, ma è certo che sto per morire per una mia grave superficialità.
Timore: il ricordo delle botte dell’estate scorsa in Marmolada è ancora limpido, temo il dolore fisico e so che a breve ne arriverà tanto.
Speranza: sono sempre stato pragmatico e l’eventualità di salvarmi dopo 50 metri di volo non l’ho nemmeno considerata. La mia unica speranza è di non sentire troppo male, un colpo secco e via.
Paura: non so se paura è la parola corretta che riassume e concentra tutti questi sentimenti, ma quella elementare, sinonimo di terrore, sinceramente non la provo. Probabilmente perché non ne ho il tempo, forse quello che sento ora è solo angoscia, angoscia di non rivedere più i miei cari e per il dolore che a loro lascerò.
Infine quiete, tanta quiete interiore, rassegnato agli eventi del destino.

Pochi secondi sono trascorsi, una miriade di pensieri si sono avvicendati ed improvvisamente il mio fluttuare incontra il primo ostacolo, bam! Un cespuglio sospeso rallenta il mio precipitare, lo buco e proseguo verso il basso. Immediatamente un altro urto, bram! Sento un fortissimo crepitio di rami spezzati, qualcosa di più solido sta per fermarmi, mi ammortizza miracolosamente, poi un secco crak e riprendo a volare, ma per poco, perché sono oramai a terra e ora posso solo rotolare giù per la scarpata.
Finalmente mi fermo. Incredibile… Sono ancora presente e lucido, sono salvo! Forse.
Non sento alcun dolore, fiumi di adrenalina lo stanno sedando, temo il peggio, ma braccia e gambe sono ancora attaccati!
Barcollando mi alzo in piedi… subito penso a Michele, rimasto lassù, a metà parete sotto shock: gli sono volato accanto per poi scomparire nel bosco. La prima aria che riesco a inspirare, la butto in un urlo, per comunicare a lui e al mondo che sono ancora vivo!

Questa è la cronaca di ciò che accadde quel giorno. Da allora son trascorsi 25 anni e a 50 anni si comincia a riflettere sulla vita vissuta, facendo il punto sulla propria esistenza.
Il nome curioso della via al Fibbion, 50 anni son volati, 25 regalati!, è frutto di queste circostanze, quasi un gioco aritmetico, dove gli anni si confondono con i metri di volo.
C’è stato un prima, fatto di 25 anni spensierati, trascorsi senza quella consapevolezza dell’immenso valore della vita.
Un dopo, totalmente regalato, vissuto ancor più intensamente, soprattutto dal lato interiore. Un regalo inaspettato, prezioso e speciale, che per sempre apprezzerò.

Dopo la caduta, Marino mi raggiunse subito, mi sorresse fino alla macchina e poi corremmo al pronto soccorso, con il timore di qualche emorragia interna.
Michele (la vita poi ci farà ritrovare cognati) riuscì a scendere con una doppia, ma per una settimana ebbe qualche problema per dormire.
Per me le conseguenze fisiche furono incredibilmente lievi, un miracolo nel miracolo. Un’infinità di escoriazioni, tagli e conseguenti punti di sutura, un sacco di botte ed ematomi, una lieve distorsione a un ginocchio, ma nemmeno una frattura! 40 giorni dopo, partecipai a una competizione d’arrampicata di Coppa Italia e arrivai nono.

Le conseguenze psicologiche furono abbastanza lievi e mi fecero ripensare a tanti piccoli fatti, vissuti soprattutto scalando in montagna, dove per un nonnulla, quella semplice inattesa sbandierata, 10 metri sopra la sosta precaria, non degenerasse in tragedia. Sicuramente diventai più cauto in alpinismo, benché l’incidente fosse accaduto in falesia per una mia grave distrazione.
Da quella volta quando scalo, mi capita spesso di provare un improvviso attimo di panico, controllo il nodo, mi quieto e riprendo a divertirmi.
Ultima cosa, l’albero che mi ha salvato era un càrpino nero… lunga vita ai càrpini!

 

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Rolando Larcher
E’ nato a Cles (Trento) il 1 settembre 1965. Passione pura, che brucia dentro. Anzi, di più: «Dopo trent’anni di scalate non posso parlare di sola passione: l’arrampicata è una parte di me». Parola di Rolando Larcher, che dopo settanta vie nuove che hanno fatto la storia dell’arrampicata, conserva l’entusiasmo di un ragazzino. Talento, determinazione, idee chiare e rigore stilistico: ecco gli ingredienti di un fuoriclasse che continua a stupire, che con le sue creazioni è un modello per i giovani. Tutto è cominciato con papà Renato, nel 1981, e tutto continua nella gioia di una famiglia, con la moglie Letizia e i figli Alessandro e Anna.
Tra i capolavori di Rolando Larcher: Mastro Geppetto va nel globo (Brenta, 1994), Mai più così (Madagascar, 1998), Hotel Supramonte (Sardegna, 1999), La vita che verrà (Brenta, 1999), Larcher-Vigiani (Marmolada, 2000), La Svizzera (Wenden, 2006), Osa, ma non troppo (Patagonia, 2007) e AlexAnna (Marmolada, 2008).

 

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Lunga vita ai càrpini ultima modifica: 2016-03-05T05:34:05+01:00 da GognaBlog

2 pensieri su “Lunga vita ai càrpini”

  1. Bello ! Bello!
    Non che servisse, ma questo scritto conferma che Rolando è un grande, non solo per quello che fa in parete, leggerlo mi ha fatto venire la pelle d’oca e pensare….

  2. Bello!
    Un altro fatto che mi conferma che i 25 anni o giù di lì siano una età “alpinistica” italiana per la quale o si passa, o si scompare.

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