Missione Cassini e montagne aliene
Lettura: spessore-weight****, impegno-effort**, disimpegno-entertainment***
Uno dei più grandi avvenimenti spaziali e astronomici del 2017 riguarda la conclusione della Missione Cassini, avvenuta ieri venerdì 15 settembre, alle 13.55, ora italiana. Dopo vent’anni di onorato servizio, la sonda che porta il nome dell’astronomo perinaldese Giovanni Domenico Cassini (1625-1712), uno dei più grandi astronomi del Seicento, ha terminato il suo lunghissimo viaggio interplanetario, dopo aver studiato il pianeta e le sue lune per 13 anni, con un incredibile tuffo nell’atmosfera di Saturno.
Partita nel 1997, per volontà dell’Italia, con la sua ASI (Agenzia Spaziale Italiana), di NASA ed ESA (Agenzia Spaziale Europea), Cassini era la sonda dei record: 5.600 kg al decollo, più di 3 miliardi di dollari il costo, forse 4; 27 nazioni coinvolte nella missione, 9 miliardi di km percorsi, quasi 4.000 articoli scientifici pubblicati a partire dai dati raccolti, 6 lune di Saturno “nuove” scoperte, oltre 453.000 fotografie scattate, 22 “tuffi” tra gli anelli di Saturno.
“Avrebbe potuto continuare ancora, di energia le pile a radioisotopi ne fornivano in abbondanza, ma il gas per le correzioni di rotta era finito. Meglio farle abbracciare alla fine il pianeta di cui ci ha rivelato tanti segreti, dalla composizione degli anelli, mai visti e studiati così da vicino, alle lune che modulano, come cani pastori con le pecore, la traiettoria dei milioni di pezzi di ghiaccio e roccia che formano gli anelli, la collana di quello che è sicuramente il pianeta più elegante del nostro sistema solare, un sistema complesso entro il nostro sistema solare. Tante informazioni nuove e importanti su come è fatto Saturno, ma anche come si è formato e come evolverà il sistema di pianeti in cui abitiamo (Leopoldo Benacchio, Il Sole 24 ore)”.
E’ stato entusiasmante quando la piccola sonda Huygens, portata fino a lì proprio da Cassini, atterrò su Titano, un satellite di Saturno, e ci mostrò per la prima volta un mondo così lontano, dotato di terreno solido, enormi e stupefacenti laghi di metano e altri carboidrati e un’atmosfera satura di questi composti.
Quella che sembra un piccolo bitorzolo (più o meno all’equatore) di Giapeto è la cresta di montagne lunga 1.300 km, con dislivelli fino a 20 km.
Giovedì 14 settembre, la sera prima della distruzione di Cassini, si è tenuta la videoconferenza Occhi su Saturno, Cassini ultimo atto, qui riportata in integrale, cui hanno partecipato scienziati e tecnici di alto profilo, alcuni direttamente coinvolti nel progetto Cassini. E’ stata organizzata da Enrico Bonfante per EmpiricaMente e da Rodolfo Calanca per EANWeb. Condotta dallo stesso Bonfante e da Alan Zamboni, si è svolta con grande interesse per più di due ore.
Gli organizzatori hanno voluto mettere per ultimo un mio intervento.
“A te, alpinista professionista e divulgatore, cosa t’ispira la visione delle immagini della sonda Cassini che ritrae le imponenti catene montuose sul satellite di Saturno, Giapeto e il picco centrale all’interno del grande cratere da impatto di Mimas, identico alla Morte Nera del film Guerre stellari?”.
Grazie anzitutto di avermi invitato a questa teleconferenza, sono un po’ intimorito per il fatto di essere al seguito di così numerosi e autorevoli interventi, tutti rigorosamente in tema astronomico e scientifico. I miei soli legami con questo lungo discorso sono probabilmente la mia passione infantile, ancora ai tempi di Yuri Gagarin, di voler diventare un astronauta… e poi, poco dopo, di aver frequentato per cinque anni a Genova il liceo scientifico intitolato proprio a G. D. Cassini…! Un po’ pochino, direi.
La mia vita infatti ha preso una direzione del tutto diversa da quelle fantasie infantili e l’alpinismo ne è stato il faro motore. Che cosa mi suggeriscono queste immagini? Non posso prescindere dalla mia formazione, se volete deformazione, alpinistica. Quest’attività è un’avventura strana, che nasce dall’esplorazione e quindi nel solco della tradizione scientifica. Non per nulla l’alpinismo è nato alla fine del Settecento, in pieno Illuminismo, quando il criterio scientifico ha preso il sopravvento su tutte le altre componenti culturali umane. Ma proprio in quel periodo, con Goethe, nasceva anche l’epoca romantica, quel distacco tra l’Io e la Natura che ci ha permesso non solo di studiarla ma anche di sfidarla, amandola. L’alpinismo è pienamente romantico, è un agglomerato di sogni, che sono desideri, quindi sfide, che si basano sull’osservazione e sulla conoscenza (che invece appartengono al mondo della scienza).
Uno scorcio su Saturno. Il piccolo punto è la nostra Terra vista da 1,5 miliardi di km
L’alpinismo è dunque un misto di sogno e di pensiero. Il sogno ha grande forza, specie quando convive bene con il pensiero: ci fa architettare le grandi sfide, e fa in modo anche che qualche volta le vinciamo.
Quando vedo queste immagini… non posso non immaginare. Sogni o pensieri?
Il pensiero è di certo più debole, ma arriva dappertutto. Con il pensiero io posso, in una frazione di secondo, raggiungere i confini dell’universo e pensarmi là, per poi accorgermi che ce n’è ancora, che posso andare ancora più in là. Perché senza il corpo lo posso fare, di andare dove posso concepire di andare e un domani di concepire ancora di più… Ma è il sogno che mi permette di essere realista e fare i passi che effettivamente posso fare. Per assurdo il sognatore è più concreto del pensatore…
Saturno è distante da noi circa un miliardo e mezzo di km… credo che in me prevalga il pensatore, perché il sogno non arriva ancora così lontano.
Ma prendiamo le montagne di Giapeto, questa luna di Saturno così ben fotografata da circa 1.600 km dalla sonda Cassini. E’ stata misurata un’enorme spina dorsale di circa 1.300 km di montagne consecutive; ma soprattutto sono i dislivelli a impressionare, perché si parla di picchi fino a 20.000 m sopra quello che è il livello medio del satellite. La pendenza di quelle rocce sarebbe anche mediamente scalabile, ma quelle macchie nere che si vedono così bene, formatesi dopo gli impatti con enormi meteoriti, suggeriscono tratti di pareti verticali di anche tremila metri di dislivello! Queste cifre costituiscono solo l’abbozzo, un suggerimento di quanto aspetterebbe là un eventuale osservatore. E, sottolineo, solo osservatore, perché per poter concepire una scalata a non so che temperatura sotto zero e con chissà quali “scafandri” spaziali, sarebbe necessario ancora un pizzico di secoli prima di poter parlare di “sogno” e dunque di progettualità alpinistica.
L’incredibile cratere (con montagna al centro) di Mimas
La Morte Nera di Guerre Stellari
“Pensando alle vette terrestri, quasi sempre innevate, queste lontane montagne di altri mondi, cosparse da crateri da impatto e sempre immerse in una debole luce crepuscolare, ti affascinano, oppure ti risvegliano timori legati all’ignoto e alla desolazione dei paesaggi alieni?”.
Se siamo sotto all’Everest abbiamo sulla testa circa 4.500 metri di rocce e ghiacci; sotto alla vetta di Giapeto ne abbiamo 20.000! Questo mi lascia senza fiato e senza sogni! Con il sogno posso arrivare alla scalata sui crateri della nostra Luna, ciò che circonda Saturno mi mette in soggezione e m’impedisce di sognare.
Timori? Certo. Io ho sempre avuto paura, la paura è sana e ti frena dall’esagerazione. E’ salvifica! La paura però la si contiene, la si razionalizza anche, poi ci si lascia prendere dall’azione.
Ci sono delle montagne cui ci possiamo abituare, per esempio quelle alpine, quando alla mattina ti svegli e loro sono lì sulla tua testa, splendenti nel sole. Ce ne sono altre, e sono la maggioranza, cui non ci si può abituare. L’Himalaya ha dimensioni tali che l’uomo, anche se sale più volte più cime, non vi si abituerà mai! L’Himalaya, il Karakorum e altre catene hanno ancora il potere di farci sentire proprio piccini. Di fronte a questi rilievi alieni, con atmosfera inesistente o irrespirabile, con temperature dis-umane, con dimensioni al di là del sistema metrico-decimale, c’è il fascino non del sogno ma del prima o poi sognabile, ammesso che con qualche equipaggiamento si possano affrontare tutti quegli ostacoli. Il fascino del pensare che l’uomo abbia ancora davanti l’universo per poter crescere, la grande avventura spaziale, per poter diventare qualcosa di meglio di quello che è.
Il Polo Nord di Saturno. L’ultima immagine inviata alla Terra da Cassini è stata scattata il giorno prima sopra il polo nord del pianeta, per osservare, tra l’altro, le famose tempeste esagonali
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Solitudini, silenzi, spazi smisurati. Mistero e vertigine. Da piccolo le vastità siderali mi rapivano, il fascino di soli lontani e nebulose variopinte creava suggestioni a cui soccombevo estasiato.
Ma la contemplazione senza azione non mi è molto congeniale, così spostai la mia passione laddove potevo ritrovare le medesime suggestioni da attore e non da spettatore: la montagna.
In montagna il mistero e l’avventura esistono ancora, si possono trovare ed ognuno può intraprende il proprio viaggio verso l’ignoto.
Questo è l’anello di giunzione tra la montagna e gli spazi siderali: l’ignoto del viaggio, la paura di naufragare in luoghi le cui vastità ci sovrastano.
Sentirsi piccoli.