Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 7 alle fonti di energia rinnovabile. Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 7.
Per la prima volta dall’inizio del nostra lettura critica, ci sentiamo di approvare in toto quanto enunciato in questo settimo Punto e sottoscriviamo perciò questo testo, che riportiamo integralmente. L’unica nota che ci permettiamo è un appunto su ciò che manca nel testo: perché non si fa cenno, né nell’analisi né negli impegni enunciati, al problema della sicurezza per le popolazioni? Perché non si promuovono studi approfonditi sulla pericolosità dei pendii delle montagne che circondano i bacini idroelettrici? Non c’è bisogno di evocare il Vajont o la frana che creò l’attuale Lago di Alleghe per capire che oggi slittamenti di roccia e terra non sono certo un fenomeno raro. Un’analisi seria di ciò che pencola ai bordi dei laghi artificiali è doverosa. Non facciamo finta di dimenticarcene…
Impianto biogas da insilato verde, alimentato con fieno verde (Manduria, TA)
Punto 7 – fonti di energia rinnovabile
Il CAI è conscio della fondamentale importanza dell’energia e della sua disponibilità per la sopravvivenza e lo sviluppo dei territori di montagna. Diverse fonti rinnovabili di energia (energia cinetica, idraulica ed eolica, biomasse forestali, ecc.) traggono origine, per condizioni favorevoli, dalle zone montuose, ma il loro sfruttamento può causare importanti squilibri (idrogeologici, paesaggistici, floro-faunistici e antropico-sociali) all’ambiente.
Le attuali fonti rinnovabili di energia pongono problemi non indifferenti al paesaggio e all’ambiente naturale in genere:
- l’eolico industriale, per la necessità di infrastrutture di grande impatto in rapporto alla modesta energia prodotta;
- il fotovoltaico, per la tendenza a sostituirsi all’agricoltura nelle campagne e sui pendii dolci e per l’impoverimento della fertilità dei suoli;
- l’idroelettrico, oltre a modificare radicalmente l’idrografia e l’ambiente nelle zone di captazione, riduce fortemente la portata dei corsi d’acqua con evidenti ricadute sulla loro naturalità e sui territori a valle;
- gli impianti a biomassa, possono alterare l’economia delle coltivazioni alimentari, fenomeno tutt’altro che raro, e provocare massiccia importazione di materiale dai Paesi Esteri con devastanti ricadute su quei territori e sul traffico conseguente al trasporto della materia prima.
L’utilizzo di tali fonti, auspicabile in linea di principio, è tuttavia oggi distorto da incentivazioni economiche che possono alterare e falsare la loro sostenibilità economico-ambientale e indurre speculazioni industriali a spese dell’ambiente naturale e del paesaggio.
La posizione del CAI
Il CAI ritiene che le fonti di energia rinnovabili possano essere sostenute, operando in modo che il loro utilizzo debba sottostare:
- a un controllo positivo del rapporto costi-benefici in termini energetici, economici, ambientali e sociali, esperito tramite la valutazione di incidenza ed impatto ambientale per le nuove strutture;
- al rispetto dei vincoli e dei principi di sostenibilità ambientale e paesaggistica previsti dalle vigenti disposizioni con particolare riferimento alle aree protette (parchi nazionali, regionali, SIC, ZPS ed Aree Natura 2000);
- alla priorità nella installazione del fotovoltaico in centri abitati e/o utilizzando strutture già esistenti (tetti, parcheggi, ecc.);
- all’evitare installazioni in zone agricole, maggenghi e alpeggi, anche se abbandonati;
- all’accertamento, per l’eolico, della sussistenza di una ventosità che assicuri una produttività specifica media equivalente ad almeno 2.000 ore/anno di funzionamento a potenza nominale.
Il CAI ritiene inoltre che debba essere favorito per le piccole comunità l’uso dell’energia autoprodotta da piccole centrali locali, che utilizzino biomasse di risulta, provenienti dai boschi e dagli allevamenti (biogas), o addirittura carbone locale.
L’impianto fotovoltaico sul tetto della Martignani (Lugo, RA)
L’impegno del CAI
– seguire la legislazione nazionale e regionale in materia e i piani pluriennali di sviluppo per impedire, con opposizioni in sede amministrativa o ricorsi giurisdizionali, violazioni della stessa;
– sostenere studi, sviluppi e utilizzo di fonti rinnovabili di energia;
– sostenere l’indirizzo delle incentivazioni in campo energetico preferibilmente verso programmi di ricerca per nuove fonti ad alto rendimento e per una maggiore efficienza e risparmio delle utilizzazioni finali di energia;
– vigilare affinché ogni nuova realizzazione o ampliamento di quanto esistente risulti inquadrata nei piani energetici nazionali e/o regionali, nonché per impedire gravi danni all’ambiente anche con opposizioni in sede amministrativa o ricorsi giurisdizionali. Vedi Documento approvato dal CC in data 29/03/2008.
vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 6 (precedente)
vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 8 (successivo)
La diga artificiale di Ridracoli (Parco Nazionale Foreste Casentinesi)
Caro Daniele, sono molto contento delle tue precisazioni, evidentemente fatte da uno che ci lavora. Ben vengano. Sappi solo che io mi riferivo al fatto preciso che, nel Punto 7, il CAI NON accenni a questa problematica. Avvertivo semplicemente che il CAI dovrebbe spingere perché di questi studi se ne facciano sempre di più, sempre più accurati e li si tenga aggiornati; ma soprattutto si faccia uno sforzo perché vengano resi noti.
Il problema delle autorizzazioni non c’entra nulla, è ovvio che per fare una diga sia stato fatto uno studio… Ma ammetterai che, se una diga è stata costruita negli anni Trenta, forse bisognerebbe rendere obbligatorio un controllo serio. E il CAI può, se vuole, spingere in questa direzione e non può dimenticarsene (come ha fatto) nella stesura del Nuovo Bidecalogo.
E non dimenticare che la mia osservazione si riferisce solo alle frane eventualmente incombenti sui bacini, proprio perché nel Punto 7 è di questi che si parla. Perciò, al fine di un giudizio generale sul post, a nulla serve spostare l’attenzione sulle frane in generale.
Quando i fatti parlano, parlano in questa maniera: c’è una diga li, c’è una frana sopra, non c’è nessuno studio e nessun monitoraggio, andando a prendere le documentazioni a riguardo; i fatti non parlano con “in genere” ma “nello specifico”. Scusami se mi occupo quotidianamente di impianti di derivazione idroelettrica, sorbendomi migliaia di pagine di relazioni geologiche forse qualcosina ne so. Poi possiamo discutere se sono fatti bene o male, se sono più o meno appropriati, etc etc etc., questo può essere benissimo argomento di discussione e dialettica anche molto aspra.
Ho riletto il decalogo e il punto 7, in nessun punto si parla di mancanza di studi, piuttosto si parla nei punti precedenti di partecipazione alle procedure di autorizzazione dove, in tanti anni, in quelle casualmente che mi è capitato di vedere, non ho mai visto il sodalizio (cui appartengo da molti lustri) presente, ma può essere stato un caso.
Pompei è uno scandalo nazionale, vero, che non ha nulla a che vedere con la gestione delle dighe. Fare una diga senza studi geologici è contro la legge, se si afferma che non sono stati fatti si devono prendere le carte ed andare in procura. Anche in termini generali, magari non si sa che esistono progetti come i piani di bacino o IFFI
http://www.isprambiente.gov.it/it/progetti/suolo-e-territorio-1/iffi-inventario-dei-fenomeni-franosi-in-italia
che non studiano i versanti non solo sulle frane, ma sull’intero territorio.
Poi se nel bacino y nella regione z esiste una frana che il gestore non ha visto può anche essere, ma il sistema e iul quadro conoscitivo di oggi non è certo quello del 1963. Ma il post messo su facebook e secondo me molto fuoriviante rispetto alla realtà quotidiana.
E’ venuto fuori anonimo per un errore in un mio click.
Non viene affermato con certezza che gli studi non vengono effettuati: viene affermato che il CAI non vi fa cenno. In ogni modo, caro anonimo, sono i fatti che parlano, questo genere di studi in Italia (il paese che lascia andare in malora Pompei) non sono all’ordine del giorno.
In base a cosa viene affermato che questi studi non vengono effettuati ?