Piero Malvassora

Il 23 marzo 2022 ci ha lasciati Piero Malvassora (94 anni), grande ed indimenticato alpinista piemontese.
Proponiamo questa chiacchierata che Andrea Castellano fece con Piero Malvassora. E’ di soli quattro anni fa.

Piero Malvassora
(“mi piaceva solo andare in montagna”)
di Andrea Castellano
(pubblicato su CAI UGET Notizie gen-feb 2018), ripubblicato sul sito CAI UGET Torino, il 25 marzo 2022)

Letizia ci apre la porta: è indaffarata nelle faccende di casa. Ci accoglie come fossimo dei nipoti giunti a trovare i nonni dopo una lunga assenza. Piero Malvassora scende dalle scale della mansarda a braccia aperte: è un arzillo signore di 90 anni in piena forma e “un po’ sordo” come ci confessa, ma questo proprio non lo dà a vedere. Ci fanno accomodare in salotto; Letizia, la moglie, gentilmente ci offre degli stuzzichini: siamo all’ora dell’aperitivo e quale cosa migliore se non gustare un po’ di cibo con racconti di montagna?

La parete est del Becco Meridionale della Tribolazione

Aiutato da Lanfranco Peyretti vicino di casa dei Malvassora e storico socio Uget, Piero inizia a raccontare un po’ della sue vicende alpinistiche:
Non facevo la guida di mestiere! Non potevo, ero una guida di Torino, mi piaceva solo andare in montagna”.
Lo ripeterà spesso nel corso del nostro dialogo. Certo, oggi siamo abituati a una montagna frenetica, salite veloci e rapide, ma Piero Malvassora ci riporta indietro a quei momenti in cui nonostante tutte le difficoltà si andava in montagna per il solo divertimento di andarci. Ci svela con una certa tristezza che il nome della via, “Malvassora”, non rende merito al suo compagno Garzini, e al socio di sempre Graziano Felice, salito con i due primi apritori l’anno dopo per confermare l’itinerario. “La via del Becco Meridionale della Tribolazione” ci dice subito “porta casualmente il mio nome. C’era con me Garzini di Torino, che aveva l’età di mio padre. Lui stesso aveva adocchiato la salita anni prima, proponendo alla sua guida, un tal Pessotti, di salirla insieme”.

Piero Malvassora al rifugio Gamba (oggi rifugioMonzino)

La guida giudicava l’ascensione “impossibile”, ma Garzini evidentemente non si perdette d’animo. Il fato ha fatto incontrare lui e Malvassora sul Cervino, momento in cui scatta la scintilla. Salgono nel 1955 dalla normale del Becco per poi calarsi dalla via ideale vista da sotto. Tuttavia, la nebbia che li ha braccati sulla cima non li lascia nemmeno nelle corde doppie. Tempo d’incastrare un cuneo di legno con un po’ di fil di ferro, si arrendono e compiono una veloce ritirata: sarà per l’anno prossimo, tentando la prima salita dal basso, vera avventura.
Quando abbiamo fatto la via al Becco l’anno dopo” racconta Malvassora “eravamo partiti Garzini ed io da Torino in treno, poi in corriera fino a Locana. Da lì, una lunga salita a piedi” “A piedi?” ribatto stupefatto. “Eh sì, una volta si faceva così. A dire il vero, allora stavano costruendo la diga del Teleccio; chiedemmo al capocantiere di salire con loro sul furgone: tuttavia poteva portare solo i nostri sacchi. Così siamo partiti da Locana, abbiamo dormito nelle malghe alle grange superiori e il giorno dopo siamo andati alla via”.

La parete est del Becco Meridionale della Tribolazione. La via Malvassora si svolge esattamente lungo lo sperone centrale.

Chi frequenta la salita oggi trova soste a spit collegate, qualche protezione in loco a cui aggiunge le proprie “veloci”. Malvassora e Garzini invece avevano solo 3 chiodi, qualche cordino e la corda di canapa. La loro salita rimane oggi una delle più frequentate nella valle. La descrizione è disponibile su Gulliver.
Ma la carriera di guida è ricca di episodi, come una discesa dal Ciarforon dove impara a spese proprie, e del compagno di cordata, la tecnica per arrestare la caduta. O ancora le spedizioni extraeuropee: tra gli anni 60 e 70 è un pioniere delle salite in Africa e Sud America. Non prime assolute certo, ma per primo metteva il cuore e la passione che aveva per la montagna portando gli amici di sempre.
Letizia interviene in aiuto “Sei andato al Kilimanjaro, Piero, con Beppe Tenti“.
Il ricordo di quella salita è ben impresso: “Quando l’hanno salito” continua Letizia “hanno patito prima il lungo avvicinamento nella foresta pluviale. La prima volta hanno dormito nelle tende. La seconda sono andata anch’io, ma eravamo nei lodge attrezzati per i turisti”.

Parete est del Becco Meridionale della Tribolazione: dalla via Grassi-Re uno sguardo verso una caratteristica torre della via Malvassora. Foto: Marco Lanzavecchia.

E proprio il lavoro ordinario di Malvassora porta Mike Kosterlitz durante il periodo della sua permanenza a Torino, a casa Malvassora . “Venne il figlio del capo del dipartimento di Fisica a dirmi che c’era un inglese che voleva andare in montagna” ricorda Piero un po’ dispiaciuto per non vederlo da tanti anni. “Un po’ annoiato risposi che l’avrei portato. Quando Kosterlitz mi presentò il suo curriculum alpinistico, eh… aveva fatto la Direttissima americana al Dru e la Philipp-Flamm al Civetta; morale, dovetti presentarlo a Motti e agli altri. Dopo un anno è tornato per qualche mese, aveva già una figlia. Andare in hotel gli sarebbe costato troppo: gli abbiamo proposto di stare da noi. E così ha fatto”. Mike Kosterlitz, scalatore scozzese premio Nobel per la fisica nel 2016, visse qualche anno a Torino per studio. Alla notizia che sarebbe tornato a Torino per il conferimento di alcune onorificenze: “Mi piacerebbe rincontrarlo” dice commosso Piero.

Foto ricordo di un incontro (tra il 2012 e il 2014) degli scalatori che hanno compiuto imprese sul versante canavesano del Gran Paradiso. In secondo piano, da sinistra: xx, Michele Miclin Ghirardi, Adriano Trombetta, yy, Claudio Sant’Unione, zz; in primo piano: Ugo Manera, Piero Malvassora, Vincenzo Sartore, Andrea Mellano, uu, vv, Nazzareno Valerio; in ginocchio, Andrea Giorda. Foto: Archivio Ugo Manera.

La storia di un alpinista è anche segnata purtroppo da rischi che a volte mutano in incidenti o ricordi tristi “Frequentavamo le vie alla Sacra di San Michele con Cesare Re e c’era anche Guido Rossa”. Il ricordo del sindacalista è vivo negli occhi del nostro interlocutore. Con un po’ di commozione riprende “ Si andava in bicicletta, e poi alla fine si faceva la merenda Sinoira. Anche per la Sbarua si partiva il pomeriggio del sabato perché al mattino si lavorava. Un mio amico in lambretta faceva la spola: raccoglieva uno di noi, lo portava in una locanda dove alloggiavamo e tornava indietro a prenderne un altro, così fino a che tutti potevamo ritrovarci a Cantalupa”. Questo incontro è anche un momento per rivivere un momento di fratellanza tra amici alpinisti. “Dopo un inizio di inverno con tempo stabile, decidiamo di andare a fare la cresta Furggen al Cervino. Con me c’era Alderighi. Iniziata la salita, il tempo cambia. Due giorni di tempesta, ma per fortuna solo un mignolo mozzato”. Alcuni amici, saliranno a cercare gli sfortunati Alderighi e Malvassora riportardoli a valle, mettendo a repentaglio a loro volta la vita. A tal proposito. Letizia ricorda le parole di Achille Compagnoni: “Sulla Furggen siete stati bravi, ma anche un po’ imprudenti; infischiatene delle critiche che ti hanno fatto”.
Questo aperitivo è anche l’occasione per ricordare un bell’episodio di solidarietà con una guida francese che presenta Malvassora e i suoi clienti al gestore del Gouter per farli dormire al caldo del rifugio, visto il numero esorbitante di alpinisti di quel week-end. “Ci sono poche persone così, ma è straordinario che ci sia gente ancora così solidale e buona”.
Sul finire, è anche il momento per ritornare sugli anni in cui lui e la moglie hanno gestito il rifugio Guido Rey: ”Facevamo fino a 250 coperti al giorno quando gli impianti andavano a ritmo”.
Oggi quegli impianti non ci sono più e forse neppure quell’alpinismo.

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Piero Malvassora ultima modifica: 2022-04-19T05:44:00+02:00 da GognaBlog

3 pensieri su “Piero Malvassora”

  1. Il mio commento lo vorrei dedicare all’Amico e Alpinista Piero Malvassora scomparso un mese fa ma, nel contempo, anche ad un altro fortissimo dell’alpinismo cresciuto nell’ambito della Scuola “Giusto Gervasutti” di Torino: L’Istruttore e Medaglia d’oro al valoe civile Gianni Ribaldone.
    Cosa accomuna queste due straordinarie persone: L’amore per la Montagna e la stupenda via di roccia granitica che solca nella sua zona centrale tutta la parete sud-Est del Becco Meridionale della Tribolazione.
    Nell’estate del 1951, Piero malvassora con il compagno A Garzini aprirono su quella parete una via fantastica che è ancora adesso una classica. Poi, nel pieno dell’inverno del 1964, fu scalata da Gianni ribaldone ed altri sei compagni. I loro nomi: Gianpiero Baima, Paolo Rattazzini, Ennio Cristiano, Natale fornelli, Franco Guido e Vittorio Lazzarino. Furono necessssari due bivacchi.
    Non vorrei dilungarmi con una noiosa cronistoria della scalata ma qualche episodio merita di essere citato.
    Partimmo in gran segreto da Torino in tre: Gianni, Gianpiero ed io perchè nell’ambiente torinese qesta “prima” era molto ambita ma qualcosa non funzionò e in piena notte mentre noi bivaccavamo alla base del Becco, fummo raggiunti dagli altri quattro pretendenti. Il giorno successivo attaccammo la parete e ponemmo il secondo bivacco su due strette cenge con i piedi a penzoloni nel vuoto in un freddo glaciale.
    A dimostrazione che non c’era più competizione fra di noi all’alba dell’Epifania di quell’anno partimmo verso la vetta in una unica cordata con alla testa Gianni, il più forte e in coda il più “sfigato” e cioè il sottoscritto, quello che doveva schiodare e raccogliere tutta la rumenta lasciata in parete dagli altri.
    Raggiunsi anch’io la vetta verso le 11 ed ero così felice, che se il pudore non me lo avesse impedito, avrei abbracciato tutti i miei compagni di cordata.
    Paolo Rattazzini
     
     
     
     
     

  2. Peru bel e Peru brut… quante ce ne sarebbero da raccontare. Un bel periodo per l’ambiente torinese.

  3. “Andare in hotel gli sarebbe costato troppo: gli abbiamo proposto di stare da noi. E così ha fatto”. Mike Kosterlitz, scalatore scozzese premio Nobel per la fisica nel 2016, visse qualche anno a Torino per studio. Alla notizia che sarebbe tornato a Torino per il conferimento di alcune onorificenze: “Mi piacerebbe rincontrarlo” dice commosso Piero”( il Nobel si sara’ ricordato  del Vecchio  generoso??). Esperienza mia personale: quando erano spiantati senza un soldo , certi praticamente si autoclassificavano amiconi  ,venivano in zona dolomitica invernale ed erano pressoche’ certi di essere ospitati nella “stanza in piu’ o anche salotto o corridoio “, pure accompaganti a conscere le classiche scialpinistiche della val di Fassa .Poi quando hanno fatto carriera professionale  e soldi, fino a comprarsi la casa in montagna,  un bel ciaone al vecchio ospitante e neppure risposta alle email.

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