Profumo di caffè e luce calda
(emozioni lungo la trilogia d’Agnèr)
a cura del Gruppo Roccia 4 Gatti
Giovedì 11 agosto 2022. Marco Toldo e Diego Dellai, del Gruppo Roccia 4 Gatti di Arsiero (VI) hanno realizzato un importante concatenamento nel gruppo dell’Agnèr. Partendo alle prime ore del mattino e terminando alle 22 hanno salito in sequenza la via Susatti allo Spiz Nord d’Agnèr (Armando Aste, Josve Aiazzi e Franco Solina dal 22 al 24 agosto 1960 -1000 m, VI), lo Spigolo Nord dell’Agnèr (Celso Gilberti e Oscar Soravito il 29 agosto 1932 -1600 m, V+ e un passo di VI-) e la via Tissi alla Torre Armena (Attilio Tissi, Giovanni Andrich e Francesco Zanetti il 4 giugno 1931 – 500 m. IV e V). Un’impresa che assomiglia più che altro a un viaggio colmo di avventura, passione e soprattutto amore per queste immense montagne. I racconti che seguono sono due “occhi diversi” delle stesse ore ma che hanno un unico denominatore comune: l’emozione intensa di una grande giornata.
Grazie Agnèr
di Marco Toldo
È da qualche anno che consiglio, a chi un po’ se lo merita, di entrare almeno una volta nella valle di San Lucano, recarsi nella piccola frazione di Col di Prà, voltarsi indietro e lasciarsi trasportare dall’ondata di forza ed energia che quelle pareti riescono a trasmettere, anche a chi, ne sono sicuro, di alpinismo se ne intende gran poco. E c’è uno scorcio in particolare, che mi ha sempre catturato. Basta parcheggiare la macchina sulla strada asfaltata in prossimità dell’imbocco del sentiero che porta al bivacco Cozzolino, superare la breve radura per trovarsi sulla riva del Tegnès. Sarebbe da tenere gli occhi chiusi fino a quel momento, per aprirli di colpo, guardare in alto e lasciarsi portare da quella sensazione di maestosità e potenza che credo pochi posti al mondo riescano a dare. Siamo davanti al versante settentrionale dell’Agnèr; ho passato ore a guardare quelle pareti, pensare alle vie percorse, quelle che vorrei salire e magari anche a qualche linea che aspetta ancora i primi cavalieri. Ho passato ore a sognare e fantasticare nuove avventure su quelle grandi pareti, ma c’è stato un momento in particolare in cui tra quelle enormi torri di roccia ho visto qualcosa in più, ho visto una possibilità nuova, come una visione, qualcosa di logico in realtà ma che probabilmente non aveva ancora catturato l’interesse di nessuno. Quel giorno ero stato stregato da un sogno come altre volte mi era accaduto in questa magica valle… Davanti a me il gigante con i suoi satelliti: da sinistra lo Spiz Verde, all’apparenza esile e insignificante, poi lo Spiz d’Agnèr Nord, alto e slanciato come una freccia appuntita verso il cielo. Dietro, un po’ nascosto e quasi insignificante lo Spiz Sud. Poi il grande Agnèr, in tutta la sua mole con il lunghissimo spigolo dritto davanti a me. A destra la Torre Armena, distante e isolata da sembrare irraggiungibile. Infine la catena continua verso ovest con grandi montagne che sembrano svanire sempre di più… Quel giorno, e son passati un bel po’ di anni, mi ero chiesto se mai sarebbe stato possibile concatenare quelle tre affascinanti montagne in un solo giorno… Nel frattempo combinammo tante cose in Agnèr, tra cui una sventurata discesa con gli sci per il Vallon delle Scandole.
Quanta neve c’era, e che abisso quel canale! La mia testa tornò sul concatenamento; in effetti quella era una discesa che una volta veniva usata come rientro dalle vie in estate… Siamo tornati in quel luogo, l’anno scorso ad inizio estate per avvicinarci alla Ovest della Torre Armena per percorrere la via Maliarda, capolavoro dei grandi Renato Pancera e Gianpaolo Galiazzo. Quel giorno con Diego abbiamo accennato qualche considerazione a quella cavalcata, dato che di lì saremmo per forza dovuti scendere.
Quest’anno la poca neve presente nei canali di discesa ci ha portato a pensare che probabilmente era arrivato il momento di tentare quel concatenamento. L’organizzazione è venuta spontanea… L’idea iniziale era: dormire al Cozzolino, salire lo Spigolo Nord, scendere per le Scandole e a circa metà raggiungere la base della Torre Armena dove avremmo salito la Tissi. Tornare sulle Scandole e scenderle fino in fondo, passare per il Cozzolino e poi attaccare lo Spigolo Susatti allo Spiz Nord. A fine luglio sono salito da solo al bivacco Biasin per depositare acqua e cibo per poi scendere per il Vallon delle Scandole, attrezzando alcune doppie e ragionando su come poter essere il più rapidi possibili. Al di là dell’euforia alimentata dalle forti sensazioni provate durante tutta la discesa, sono arrivato a valle con la netta sensazione che la nostra idea era praticamente impossibile, perché le Scandole richiedevano troppo tempo. Dovevamo per forza scendere a nord per essere veloci, così abbiamo spostato l’attenzione sul lato opposto del Gigante: lì, tra lo Spiz Nord e l’Agnèr, scendono due grandi spaccature divise in alto dallo Spiz Sud. Diego programmò un tentativo di discesa dal grande e spaventoso canale a sinistra dell’Agnèr, per fortuna mai neanche iniziato, così abbiamo deciso di tentare una discesa tra lo Spiz Nord e lo Spiz Sud. Giovedì 4 agosto dormiamo a malga Agnèr. Quel giorno Diego ed Erika (Reniero, NdR) avevano salito la Via Andrea Oggioni. Il giorno seguente Erika sarebbe scesa a valle mentre io e Diego saremmo saliti verso lo Spiz Nord per la via Normale e, raggiunta la Forcella Parissenti, avremmo depositato acqua e cibo e tentato questa nuova discesa alternativa. La cosa andò meglio del previsto e con 8 doppie da 50 metri e qualche tratto da arrampicare in discesa, arrivammo al Cozzolino e poi giù in valle con la consapevolezza che quel sogno era forse realizzabile. Cambiamo la sequenza delle vie e quindi la logistica, ma rimanevano grandi dubbi… tempistiche sulle discese, la Susatti mai percorsa prima, l’avvicinamento alla Tissi dalle Scandole sconosciuto…
Giovedì 11 agosto usciamo dal bivacco Cozzolino alle 3.53, saliamo veloci e attacchiamo lo spigolo Susatti. La via è bellissima, la percorriamo senza neanche renderci conto di essere veloci e quando arriviamo alla Forcella Parissenti, poco sotto la cima, non sono ancora le 8. Cominciamo a scendere la nuova linea di doppie. Difficile pensare di essere veloci perché lì c’è anche da stare attenti ma tutto fila e poco passate le 10 entriamo al bivacco Cozzolino. Ricorderò sempre il piacere, in una giornata così frenetica, di concederci dieci minuti di stop, mettere su la moca e bersi il caffè più buono che io abbia mai bevuto… Tocca allo spigolo Gilberti-Soravito, via che non ha bisogno di presentazioni, che scorre veloce. Arriviamo al bivacco Biasin sotto la cima dell’Agnèr che l’orologio segna le 16.30. C’è tempo, c’è ancora energia e c’è tanta motivazione. Scendiamo le Scandole e raggiungiamo l’attacco della Torre Armena in modo inaspettatamente semplice. La Tissi è una bellissima via, logica e non troppo difficile che, nonostante la stanchezza, percorriamo veloci e anche in maniera piacevole. Alle 20.30 manca l’ultimo tiro, poi la cima, tutta quella cresta affilata per poi scendere e risalire al bivacco Biasin. Accendiamo le frontali e inizia a piovere… attorno a noi si sta manifestando un bel temporale, i tuoni si sentono decisi anche se ancora lontani. La cima della Torre Armena penso sia uno dei peggiori posti delle Dolomiti dove trovarsi in caso di temporale!
Sento un po’ d’ansia salirmi, acceleriamo, speriamo non succeda un casino!
Neanche il tempo di bagnarci le spalle che smette di piovere, riprenderà alle 23 quando noi saremo già distesi sulle brande del bivacco sotto qualche bello strato di coperte…
Più di 18 ore trascorse praticamente senza pause; 18 ore concentrati, veloci e determinati; 18 ore esposti agli inevitabili pericoli oggettivi che tre grandi montagne come queste possono creare sia durante le salite sia nelle discese; 18 ore immersi nei dubbi dovuti a una preparazione semplice, dove avevamo scelto di non essere troppo meticolosi per lasciare comunque spazio all’avventura.
E quando tutto finisce ti chiedi semplicemente: è possibile che sia andato tutto così incredibilmente bene? E allora anche se può sembrare un pensiero un po’ astratto, mi sento di rispondere che ancora una volta il Gigante ha in qualche modo contribuito per fare andare tutto per il verso giusto in cambio della grande ammirazione che proviamo per questa montagna.
Non volevamo fare un record, né tanto meno “utilizzare” l’Agnèr come una pista d’atletica. Volevamo semplicemente entrare a fondo in questa montagna, conoscerne i segreti e provare a trasformare in realtà quel sogno che quel giorno mi aveva trasmesso sulla riva del Tegnàs.
Ci siamo riusciti. Grazie Agnèr!
5 sensi
di Diego Dellai
Profumo di caffè e luce calda, apro la porta del bivacco, è buio. I passi vanno in salita le mani iniziano a toccare roccia conosciuta, il chiarore della pila frontale concentra tutta l’attenzione su quel metro quadro davanti a faccia e piedi, il resto è superfluo e buio. Rumore di ferraglia e moschettoni. Marco inizia a salire legato, la corda fila veloce poi finisce. Indosso le scarpette e via! Le dita afferrano roccia e prese bellissime. Adatto la velocità a quella del mio compagno, se va piano so che fra cinquanta metri troverò un passaggio più impegnativo o un friend da rimuovere. Ci ritroviamo in sosta, spegniamo la frontale, passo il materiale e poi riparte, prima piano, poi veloce su è ancora su. Non sono ancora le otto, quando a Forcella Parissenti sentiamo le voci di una cordata poco sopra, probabilmente hanno dormito fuori. “Che via avete fatto?” chiedono. Quasi in imbarazzo lascio la risposta a Marco: “La Susatti, questa mattina presto!”
Iniziamo a scendere, corde doppie e tratti di arrampicata in discesa dove la concentrazione è al massimo. “Tonf”! Un sasso mi cade sopra il piede, faccio un rapido controllo togliendo la scarpa, è tutto ok ma fa male! La discesa riprende mi sento vulnerabile ma all’altezza, in un ambiente severo ma che conosco. Ci si sente piccoli giù per quei budelli!
Poche parole, quasi nessuna, riprendiamo a parlare quando anche l’ultima doppia fila liscia, e veloci ripassiamo al bivacco Cozzolino per la merenda, panino con prosciutto e caffè!
Sono quasi le 11, sullo Spigolo Nord riparte Marco, i primi tiri legati poi liberi e veloci tra il profumo dei mughi e il pizzicore dei suoi aghi. Le mani sono sporche di terra, non sento rumori, solo quel movimento di braccia e piedi perfettamente sincronizzato, veloce e leggero, che continua a salire ed aggrapparsi. Marco è veloce, quasi non riesco a stargli dietro. Una breve sosta al grande larice e via, su per i canali e diedri mentre giù sotto a destra arrivano le voci di una cordata. Maniche corte, è caldo e mi sento stanco, cerco di dosare le forze, di procedere il più costanti possibile sino alla parte alta.
Lui non fa una piega e continua a fare il suo compito, sale su roccia bellissima e io seguo, le soste ci sono… ma non per noi!
All’uscita nemmeno un minuto, dritti verso il bivacco Biasin dove abbiamo acqua e cibo. Sono quasi le cinque, un po’ in ritardo sui piani ma in tolleranza, non sono pienamente convinto di continuare ma Marco lo chiede con una frase a senso unico: “Ne hai ancora vero? Siamo in orario e fermarsi adesso sarebbe un vero peccato!” Avanti!
I piedi scendono tra le ghiaie del Vallon delle Scandole, una doppia, roccia levigata, un buco d’acqua, tolgo gli occhiali e beviamo.
Poi ancora giù su rocce esposte e l’incognita di trovare una soluzione veloce per raggiungere l’attacco della via Tissi. Più su? Più giù? Proviamo là!
Una cengia, 80 metri di traverso su roccia magnifica, sopra la testa la Torre Armena e il cielo grigio. Sento una nuova energia dentro, è il Diego determinato che potrebbe andare avanti per giorni perché sa che tutto è possibile. Inizio a salire, i piedi fanno male ma passano in secondo piano, penso a quanto forti erano quei pionieri con gli scarponi e l’attrezzatura pesante, su fessure impegnative e quarti gradi difficilmente proteggibili. Arriva il buio, accendiamo le frontali mentre in lontananza rimbombano tuoni e fulmini.
Alcune gocce iniziano a cadere e sembra quasi grandine da quanto grosse sono, poi fortunatamente smette, poco sotto la cima togliamo corda e scarpette iniziando il saliscendi in cresta sempre concentrati, sotto i piedi la pila illumina ma a sinistra è il buio più totale. Sono le 22 quando riapriamo la porta del bivacco Biasin, un abbraccio, un semplice abbraccio atteso da ore è la dichiarazione che ora possiamo rilassarci, che quell’idea pazza nata qualche anno prima è diventata realtà. Penso all’inutile senso di questa intensa giornata, i palmi delle mani sono dolenti come la pianta dei piedi, potrebbe sembrare una performance da atleti ma non è così. Discutiamo un po’, confido a Marco che con questo “tour” ho la paura di svilire queste bellissime salite alpinistiche. È stata una sfida dentro di noi, un gioco di strategia, un dover conoscere a fondo queste pareti per poter passare sicuri, leggeri e veloci. Un piacere possibile grazie ad un amico con il quale tutto sembra normale e il parlare alterna la voce al silenzio.
Il rumore della pioggia accompagna il sonno dentro il bivacco, prima avevo voglia di terminare e ritrovarmi tra le luci in qualche festa di paese, ora la sensazione è strana, è come se avessi letto un libro fantastico, una sola copia tutta per me, potrei raccontarlo ma pochi riuscirebbero a capirne la bellezza.
20
Che bei racconti, si leggono con piacere, filano via veloci e leggeri ma il senso è profondo quanto l’ amicizia che lega i due protagonisti tra loro e a questa strepitosa e fortunatamente ancora incontaminata valle. Grazie Diego e Marco.
Complimenti per la realizzazione e per il racconto. Una corona di cime magnifiche in ambienti severi, per chi ha voglia di faticare, che ti ripagano con salite di grande respiro a contatto di una montagna selvaggia e ancora solitaria.
Da lungo tempo ricevo il vostro Blog, tanto che non ricordo più come io lo abbia ricevuto la prima volta. Non ricordo nemmeno (sono un anziano di quasi 79 anni innamorato della montagna) se mi sono iscritto o meno alla rivista. Lo farò ora come una forma di ringraziamento della compagnia che mi avete fatto. Ho spesso apprezzato le notizie pubblicate e spero che continui così come è stato finora il rapporto. Grazie e complimenti per l’impegno in difesa della montagna.
Davvero una bella avventura. Complimenti per l’articolo che si legge con grande piacere.
Bellissima avventura, complimenti a Marco e Diego per l’impresa e anche per il modo e la sensibilità con cui l’hano raccontata.
Bei racconti di una belle avventura. Dimostrazione che si possono raccontare avventure alpinistiche al presente senza necessariamente rivolgersi al passato. Complimenti per l’impresa e per i racconti.
Giustamente l’esaltazione della montagna comprende anche il fascino del bivacco e per questo possiamo ringraziare i due alpinisti veneti per la sincera testimonianza dell’impresa. Viceversa il sindaco di Saint-Gervais denuncia i due alpinisti francesi che hanno bivaccato sulla cima del Bianco. Stranamente il sindaco confonde il delirio ossessivo e repressivo della libertà con la tutela della montagna e del turismo domestico. Vedi il video dell’impresa francese in http://www.mountainblog.it/redazionale/due-alpinisti-bivaccano-in-cima-al-monte-bianco-il-sindaco-di-saint-gervais-li-denuncia/