Quando l’incidente non è mortale

Quando l’incidente non è mortale

La cronaca
Martedì 4 giugno 2024 sulla Falesia di Cournalét (nei pressi di Vernante, Valle Vermenagna, in provincia di Cuneo) si svolgeva un corso di approccio all’arrampicata a beneficio degli studenti di prima superiore del Liceo Giolitti-Gandino di Bra (CN). Il corso era previsto nell’ambito del progetto Giornate Verdi.

Assieme alla scolaresca erano presenti, come accompagnatori, alcuni professori dell’istituto. I ragazzi erano seguiti passo passo da due guide alpine, che hanno spiegato loro i fondamentali e le norme di sicurezza di questa disciplina.

Quella del Cournalét è in effetti una falesia adatta a tutti, anche ai principianti, con vie di diversa difficoltà in base al proprio livello e chiodata in maniera generosa e ottimale. La vicinanza ai posteggi auto (tra i 5 e i 10 minuti di cammino, a seconda di quale dei cinque settori si voglia raggiungere) ne favorisce la frequentazione.

Con casco, imbrago e scarpette, alcuni studenti stavano affrontando un settore di grado basso, quando uno dei ragazzi, non ancora quindicenne, impegnato nella scalata e comunque ad una discreta altezza, è improvvisamente caduto, finendo addosso ad un professore. Non è chiaro se il docente si trovasse sulla traiettoria o abbia provato coscientemente ad attutire la caduta dello studente, restandone travolto.
Erano circa le 15 del pomeriggio, la chiamata al 112 è stata immediata e ben due elicotteri sono giunti sul posto, alla presenza dei sanitari e del nucleo SAGF, il soccorso alpino della Guardia di Finanza.

Il ragazzo, subito intubato, è stato portato al CTO di Torino in gravissime condizioni da trauma cranico. Durante il trasporto è andato in arresto cardiaco ed è stato rianimato con successo. Dopo qualche giorno di coma indotto, ora sembra sia fuori pericolo e senza aver subito danni permanenti.

Il docente ha subito lesioni di media gravità (codice giallo), è stato trasportato al Pronto Soccorso dell’ospedale di Cuneo. Ha riportato traumi agli arti e al costato.

La Falesia di Cournalét
Situata nel Vallone del Cournalét ad una quota di circa 1200 metri ed esposta a sud (settore 5) o a sud-ovest (settori 1-2-3-4), dunque arrampicabile tutto l’anno neve permettendo, la falesia è articolata in cinque settori. Vi sono tracciate circa 110 lunghezze di corda, con difficoltà variabile dal 4a all’8a, alte tra i 10 e i 35 metri.

Le vie sono attrezzate con spit da 8 mm, con qualche eccezione a fittoni resinati da 10 mm. Generalmente la chiodatura è ravvicinata. Tutte le soste sono attrezzate con catene e maglie rapide.

La falesia (chiamata anche “di Vernante”) è sicuramente una tra le più belle e frequentate della provincia di Cuneo. L’ambiente circostante è incantevole e sotto la falesia sono presenti tavoli e panche per il pic-nic, nelle vicinanze del ruscello. Il settore 3 ed il settore 5 presentano anche vie a più tiri (max 3), mentre i rimanenti settori propongono esclusivamente monotiri, per un totale di circa 80 vie chiodate.

La roccia è un calcare grigio di ottima qualità, con una grande aderenza che dà fiducia all’arrampicatore. L’arrampicata è estremamente varia: sono presenti placche abbattute anche molto tecniche, strapiombi e passaggi verticali di forza e di dita molto belli e suggestivi. Il settori 1 e 4 presentano qualche via con prese scavate.

Per avere dettagli, altre informazioni e l’elenco delle vie: https://www.cuneoclimbing.it/relazioni/falesie/Cournalét.pdf

Accertamenti e considerazioni
E’ un’idea assai diffusa quella che in arrampicata sportiva gli incidenti siano molto rari: purtroppo, però, sappiamo che anche la chiodatura più generosa non garantisce sempre la sicurezza al 100%. L’arrampicata rimane uno sport potenzialmente pericoloso, anche nelle falesie meglio attrezzate e mantenute.

Accanto al fattore tecnico, dove si presume che tutto sia stato fatto a regola d’arte, dobbiamo accostare il fattore umano, dunque i sempre possibili errori, le disattenzioni e, aggiungerei, anche le particolari sfighe.

Sull’accaduto sono in corso accertamenti, ovviamente è in piedi un’indagine per colpa, ma non sembra che l’opinione pubblica sia particolarmente attenta a questo incidente.

Allorché l’allievo viene “preparato” per la sua prova, è compito dell’istruttore (che in questo caso era una guida alpina) verificare che ogni dettaglio sia al suo posto, in particolare il nodo con il quale l’allievo è legato alla corda che lo assicura durante la salita e che lo dovrà poi sostenere con tutto il suo peso in fase di calata a terra. E’ molto probabile che il nodo non fosse stato completato, infatti si è sciolto non appena sollecitato all’inizio della calata. La fortuna ha voluto che l’incidente non fosse mortale grazie alla pura coincidenza di cadere su un altro corpo umano (quello del professore di educazione fisica).

L’episodio, ovviamente, dovrebbe farci riflettere tutti sulla sicurezza in falesia ed innescare quell’appropriato dibattito che invece sembra proprio non essere partito.

Sono numerose le parti in causa: da una parte le amministrazioni, la scuola e il pubblico in generale, dall’altra le guide alpine, i tecnici FASI e Usacli e chiunque altro eserciti insegnamento o accompagnamento. In passato (e pure al presente purtroppo) abbiamo assistito molto più spesso alle liti feroci tra le diverse categorie di docenti che non a ragionati confronti con al centro l’interesse e la cura per il cliente e/o allievo. Insulti e denunce allontanano i coinvolti dall’essere pienamente coscienti che un giorno potrebbe succedere a chiunque di loro qualcosa del genere.

Al di là della nostra vicinanza agli infortunati e del grande dispiacere per la guida coinvolta in questo caso (che di certo non si darà pace a lungo per quanto è successo), resta tangibile la pubblicità negativa all’arrampicata sportiva, di certo “marchiata” per anni da questo grave genere di imprevisti.

Il fatto che l’incidente sia accaduto con l’assistenza di professionisti mette in dubbio i protocolli che dovranno sicuramente essere rimessi in discussione per standardizzarli e rinnovarli in maniera più efficace. Perché ora, questo sport “sicuro” da proporre alle scolaresche rischia di tornare indietro ed essere incistato in un concetto inaccettabile di “rischio”.

La dirigenza delle guide dovrebbe farsi delle domande al suo interno con una sana autocritica ed essere quindi in prima linea a proporre delle nuove soluzioni. Le relazioni tra i diversi attori dell’insegnamento e dell’accompagnamento in montagna dovrebbero migliorare, rasserenandosi nella comune visione d’interesse e cura per chi si mette nelle loro mani, invece di perdersi in altre cause legali, risse e velenose discussioni. Tutti dovrebbero essere coscienti che sono proprio le liti a scatenare il disamore del pubblico e l’accanimento della giustizia.

Purtroppo, invece, anche in questo caso, c’è la tendenza a dare la colpa alla legge dei grandi numeri, quindi ad archiviare o, peggio, a tentare di insabbiare (è grave, per esempio, che questo incidente non abbia trovato spazio sul quotidiano regionale più importante, La Stampa).

Anche se, per fortuna, questo incidente non è stato mortale, non si può trattarlo alla stregua di un semplice inconveniente, perché comunque si gioca con la vita delle persone.

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Quando l’incidente non è mortale ultima modifica: 2024-07-01T05:27:00+02:00 da GognaBlog

49 pensieri su “Quando l’incidente non è mortale”

  1. Con Marcello mi trovo completamente d’accordo nel far provare gli allievi prima a terra sia l’arrampicata che la sensazione di stare appesi ad una corda (prima in orizzontale e poi a 1/2 metri da terra) mentre non sono d’accordo a fare assicurare ad un corso con il secchiello ma io/noi usiamo il migliore device sul mercato e cioè il Gri Gri con anti panico.
    Per l’implementazione delle procedure dopo un’analisi personale approfondita credo non si possa prescindere da alcune  salva vita che utilizziamo con la nostra associazione: partner check(magari doppio), casco, nodo di fine corda, conoscenza perfetta della manovra in sosta (e altre varianti che non sto ad elencare)
    E sono sempre d’accordo con Marcello che i protocolli vanno adattati ed adeguati alle circostanze perché in fondo in questa materia c’è sempre da imparare e da evolversi ed in una qualche misura noi tecnici come le guide siamo tutti “liberi docenti”
    Concludo che in ogni caso una giornata con i principianti ed i neofiti e’ comunque assai stancante e noi come associazione non superiamo il limite autoimposto di 4 persone per tecnico.

  2. Cerco di fare usare il secchiello inizialmente, in luogo del sicuramente più comodo grigri, che per chi esordisce, trovo che sia deresponsabilizzante e che non tenga sufficientemente alta la necessaria soglia d’attenzione.

    Completamente d’accordo!!!
    Anche perchè è bene imparare ad allargare la mente per non essere completamente dipendenti da attrezzi meccanici.

  3. In pratica il miglior protocollo da applicare è il non avere nessun protocollo ma essere flessibili, valorizzando le caratteristiche di ogni allievo per farlo stare al sicuro e, perché no, farlo anche divertire.

  4. La “prima volta” sulla roccia può essere una giornata isolata e/o come tante altre, per alcuni, come qualcosa che cambia la vita per altri.
    Io di solito mi concentro sul fare muovere le persone a pochi cm da terra senza usare la corda subito.
    La corda e relative manovre di assicurazione non sono “arrampicare” ma lo scomodo sistema necessario a prolungare la nostra vita sulla terra. Come una medicina, e come tale vanno usate con testa e raziocinio.
    Il muoversi insieme per qualche ora sulla roccia fa capire a chi insegna i singoli caratteri degli allievi, conoscenza che in seguito si rivelerà molto utile, quando si passerà all’uso delle scomode rischiose manovre di assicurazione. 
    Cerco di fare usare il secchiello inizialmente, in luogo del sicuramente più comodo grigri, che per chi esordisce, trovo che sia deresponsabilizzante e che non tenga sufficientemente alta la necessaria soglia d’attenzione. 
    Se ho più allievi porto sia grigri che secchielli distribuendoli a chi assicura in base all’idea che mi sono fatto durante la fase di movimento iniziale.
    Preferisco dare il secchiello a chi è più incerto e/o imbranato  per dargli una sveglia che è rappresentata dal fatto che la vita del compagno dipenderà in maggior parte da lui e non dall’aiuto di uno strumento. 
    Ovviamente la fase dedicata al controllo reciproco di legatura e corretta assicurazione della coppia deve rivestire importanza enorme, allo scopo di responsabilizzare al massimo chi ne fa parte.
    Infine, imporre senza farla pesare, una disciplina ferrea alla base della parete. Il tutto con la massima calma e naturalezza. Non c’è come anche una leggera tensione percepita dell’allievo nel suo maestro, che mette il primo in condizione di fare errori. Purtroppo l’ho visto.

  5. Mi capita di vedere spesso dei corsi Cai sotto le falesie ; secondo me un gradino abbastanza “critico” e’ il momento in cui gli allievi prendono in mano un freno e virtualmente la vita dei propri compagni.
    .
    In falesia sono un fan del grigri , anche se ho sentito che e’ qualcuno trafficando con la leva durante un volo o una discesa , e’ riuscito a impanicarsi tanto da far cadere a terra il compagno.
     

  6. Ho partecipato anche io come istruttore a giornate in falesia denominate “arrampigiocata” con i ragazzi organizzate da sezioni CAI che ci hanno chiesto questa assistenza. C’erano i ragazzi e i loro genitori, abbiamo fatto arrampicare tutti e due. Si sono divertiti sia i ragazzi che i genitori. Trattandosi di minori la responsabilità è ancora più alta e l’attenzione più che massima. Tutto bello, tutto divertente, ma ci si prende una bella responsabilità, sia legale che morale, comunque nessuno ti obbliga.

  7. Non sono in grado di svolgere ragionamenti circa l’utilità di una giornata in falesia per arrampicare su vie facili per principianti. Lascio agli esperti le considerazioni. So  però che esistono protocolli tra ministero dell’istruzione e CAI/GA per questo tipo di attività sia indoor che outdoor che quindi è attività istituzionale CAI coperta da assicurazione. Io stesso ho fatto più volte gratuitamente assistenza, come istruttore, sia in sala boulder che in falesia. Non si tratta di corsi, si tratta di giornate una tantum. Nei corsi codificati CAI il livello di responsabiltà è altissimo; quì trattandosi di minori il grado di attenzione da prestare è ancora più elevato. Pertanto il giorno prima controllo personalmente lo stato delle catene e dei materiali in loco. L’assicurazione viene svolta solo da un istruttore qualificato con rapporto è singolo. 

  8. 37. Ma ha letto l’articolo?
    I titolari dicono che stava facendo esercizi a terra e si è accasciata…

  9. Felice di essere sopravvissuto alla mia infanzia e adolescenza, forse è anche colpa nostra se oggi è diverso (intendo almeno negli ultimi 20 anni…..)…..e mi riferisco alla valutazione e accettazione del rischio, furto di ciliegie compreso ????

  10. L’unico rischio da noi percepito era il contadino: si sarebbe inferocito come una belva.

    quanti fugoni mi son preso fregando ciliege. Era troppo bello!!!

  11. ———  DIVAGAZIONE  ———
    Quando ero piccolo, io e i miei amici andavamo a rubare ciliegie, duroni e soprattutto marusticani, piacere sopraffino del palato di noi monelli. Ci arrampicavamo sugli alberi fino a un’altezza di cinque, sei o sette metri. L’unico rischio da noi percepito era il contadino: si sarebbe inferocito come una belva.
    Chissà, forse i ragazzini di oggi avrebbero bisogno dell’assistenza di una guida alpina…
     
    Cominetti, tu hai esperienza in materia di furto di marusticani? 
    😀 😀 😀

  12. Enri ha perfettamente ragione sul fatto che l’arrampicata debba essere insegnata a piccoli gruppi così che si possa controllare ma anche insegnare meglio.
    Sul fatto di proporla o meno ognuno avrà la sua idea ma nella vicina Francia non c’è scuola che non abbia muro di arrampicata e ho visto personalmente uscite  terreno naturale in falesie che ovviamente devono avere determinate caratteristiche per poter fruibili da una scolaresca.

  13. Si , fra un attimo il ragazzino a cui si e’ sciolto il nodo mentre era appeso ad una sosta inox in top rope , lo dipingiamo mente sale la via proteggendosi con i nuts e rinforzando la sosta da solo… 
    Esiste un minimo di differenza mi pare , e qui l’imputato e’ solo il nodo e chi doveva supervisionarlo.

  14. Concordo pienamente con Enri , e poi vorrei vederle queste statistiche….mah????? Esistono davvero ? Provate  a farvi un’assicurazione sulla vita e dire che praticate l’arrampicata , le statistiche che hanno in assicurazione parlano chiaro????? rischio come calcetto o tennis?????  Dai!!!!!

  15. Quoto completamente ENRI !!!
    La sosta spesso si trova composta da 2/3 ancoraggi (spit/fix/resinati) uniti da una catena. Questo ho sentito dire ad un ragazzo che 20 metri sotto spiegava ad una ragazza, che sopra non trovava la sosta, perchè i 2 chiodi che aveva davanti agli occhi non erano con la catena e lei non la riconosceva come tale. E chiaramente non sapeva come unirli, ne rinforzarla.

  16. Che il nodo è stato fatto male deve essere appurato da un’inchiesta, perchè c’è il penale e prima di addossare certe responsabilità è bene avere prove incontrovertibili. Fosse anche che qualche ragazzetto, per scherzo, abbia sciolto parzialmente il nodo all’amichetto immediatamente prima di partire che poi si è sciolto quando si è appeso.. la colpa rimarrebbe di chi doveva controllare ma la forse il “nostro” (inteso come persone qui presenti che hanno già emesso sentenza) cambierebbe.
    Per quanto riguarda quanto espresso da Marco: l’arrampicata è pericolosa, stare alla base è pericoloso, ma è stato detto ai ragazzi, accompagnatori e genitori?
    A me la situazione pare tutt’altro che semplice, per cui non entro nel merito, faccio gli auguri a tutti i protagonisti, in primis al ragazzo e al professore che probabilmente ha cercato di attutire il colpo, alle famiglie, ai compagni e a chi pensava di regalare un’esperienza bellissima che non volendo, è diventata tragica.

  17. L’articolo tocca, forse senza accorgersene, più di un punto.
    1 Il grado di rischio dell’arrampicata sportiva
    Come ho già detto, l’arrampicata sportiva è uno sport rischioso e non mi baserei solo sulle statistiche ma su aspetti evidenti: se sbagli una manovra puoi morire. Quanti morti abbiamo in una campestre o su un campo da tennis?
    Il boulder indoor non è rischioso, infatti non ha nulla a che vedere con l’arrampicata sportiva.
    2 L’arrampicata sportiva va diffusa 
    Chi l’ha detto? perchè dovrebbe?
    3 Il modo di diffonderla
    Ripeto che a mio avviso questo trend di presentarla a gruppi di persone, scolaresche, gruppi di colleghi di lavoro per fare teambuilding (= aria fritta) è negativo. Cosa pensate apprendano venti ragazzi (numero ipotetico) tutti radunati sotto una parete, probabilmente schiamazzanti e non del tutto focalizzati sulla materia, con un paio di guide o istruttori che siano che mostrano qualche manovra o qualche nodo? Temo che l’apprendimento sia molto basso in questo caso e magari la domenica dopo ne troviamo due della scolaresca che provano a mettere su una corda…
    Diffondere implica il senso di responsabilità di chi lo fa. Non finisce a fine giornata quando ci si saluta. Chi doffonde un’attività il cui rischio è quello di lasciarci la pelle deve chiedersi ogni volta se ha fatto il massimo per mettere bene in guardia i suoi allievi dal fare stupidaggini, a costo di risultare eccessivamente pessimista. E non sono del tutto certo che questo avvenga.
    La scalata inoltre ed infine non è un’attività di squadra, al più si è in due o tre ed è per questo che io credo debba essere insegnata a mini gruppetti, due tre persone max. Se si è in venti cosa vede il ventesimo della file su come si fa il nodo, su come si fa sicura? Manca quell’attenzione “one to one” che permette di memorizzare all’istante senza dimenticarsi più. Inoltre l’insegnamento  va fatto sul campo, in falesia, in parete. Se mi dite che basta mostrare i nodi, le sicure e come si attrezza una sosta stando seduti su un materasso in una palestra faccio passo e chiudo..
    Ps
    scrivendo mi accordo dire sciocchezze, chi mai oggi insegna ad attrezzare una sosta?
     
     

  18. Anche per arrampicare ti devono insegnare nodi , imbrago , sicurezze e progressione.

    Non mi dici nulla di nuovo, sono un istruttore caiano.

  19. Anche per arrampicare ti devono insegnare nodi , imbrago , sicurezze e progressione.
    .
    Io senza essere legato e assicurato in sosta non ci vado.

  20. esattamente come chi sale su una moto senza sapere dove sono i freni e senza indossare il casco.

    Per guidare una moto in strada devi avere la patente. Quindi si presuppone che ti abbiano insegnato  dove sono e a che servono i freni e il casco. Certo che se poi vai a 200 all’ora per le strade facendo le sfide con gli amici per sentirti ganzo , e caschi o picchi da qualche parte, col freno e il casco ci fai poco o nulla. Devi avere solo culo di non fracassarti.

  21. Non ho detto che non si deve proporre, ne praticare. Per me va benissimo farlo anche nelle scuole. 
    Ma non  la ritengo un’attività con un fattore di rischio parificabile a tante altre.
    Certo anche l’escursionismo ha i suoi bei pericoli. Dipende  dove lo pratichi.

  22. Il boulder indoor è sicuramente un attività a basso rischio, divertente e ci consigliabile anche ai bambini. L’arrampicata su roccia è tutta un’altra cosa, ci sono falesie, e potrei farvi un lungo elenco dove si ci può far seriamente male anche solo stando alla base, io veramente sono convinto che la maggior parte di voi non abbia minimamente idea di cosa stia parlando…..comunque rispetto le opinioni di tutti siate almeno onesti però, se parlate di arrampicata fatelo con cognizione di causa, altrimenti è inutile e fastidioso.

  23. Certo che si può, il boulder indoor è un’attività a rischio molto basso e molto divertente e attraente per chi inizia, non vedo perché non possa essere comparata ad altre attività sportive da proporre in età scolastica in alternativa alle solite.

  24. A me invece sembra abbastanza ovvio : quelli che dicono che l’arrampicata sportiva è meno pericolosa del calcio lo fanno sulla base di numeri di praticanti e numeri di infortuni , e hanno ragione : lo dimostrano i dati della Francia , dove è ampiamente diffusa anche nelle scuole..E’ ovvio che sei in alto , e se uno non verifica imbrago -nodi-casco , il rischio aumenta a dismisura , esattamente come chi sale su una moto senza sapere dove sono i freni e senza indossare il casco..Se il ragazzino fosse caduto penzolandosi senza imbrago da una ferrata , vedreste come “mortale” anche l’escursionismo ?

  25. Ma infatti, come si fa a mettere sullo stesso piano un’attività come l’arrampicata, che se fai anche la più piccola cazzata, la puoi pagare o far pagare carissima, con altre attività sportive tipo calcetto, corsa, ect.

  26. Scusate ho riletto tutti i commenti…..ma qualcuno di voi arrampica ? Alberto lo so, forse enri credo di conoscerlo…..ma sapete di che parlate? …..l’arrampicata è come il calcetto????? Mi vengono i brividi …..via meno male che il ragazzino non è morto.

  27. Tutta questa cosa di voler proporre l’arrampicata come se fosse la corsa campestre nelle scuole io proprio non la vedo…..sottoscrivo pienamente. 
     

  28. Grazia ha detto:
    1 Luglio 2024 alle 21:42
    Francesco, cosa c’è da discutere sul fatto che sembra non sia stato realizzato bene il nodo? Vuoi stabilire una punizione o cosa?
    Infatti non c’è nulla da discutere, se la dinamica è questa è tutto chiarissimo come ho già detto. Se voglio una punizione? Non è questione se IO la voglio, la questione è consequenziale, ad un errore è seguito un grave incidente che solo per caso non è risultato mortale. Perciò ci deve essere una sanzione, lo stabilisce la legge. Non stiamo parlando di astronavi stellari ma di un nodo, la base della base. Certo esiste l’errore ma farebbe piacere che la legge fosse uguale per tutti invece, come Emanuele ha rilevato, nel caso avesse riguardato un altra associazione le Guide avrebbero puntato il dito con risonanza nazionale. Tutto qua

  29. Emanuele ha detto:
    1 Luglio 2024 alle 17:02
    ..secondo me anche Francesco è andato un po’ fuori tema
    Non mi sembra onestamente anzi mi pare di essere stato in linea con il post originale. L’articolo parla essenzialmente di 2 cose, la dinamica che ha portato all’incidente e l’omertà (diciamo silenzio che sembra meno brutto) che ne è seguita e che è argomento del tuo intervento e che mi trova d’accordo. Poi aspettiamo la conclusione delle indagini ma più chiaro di così… 

  30. Francesco, cosa c’è da discutere sul fatto che sembra non sia stato realizzato bene il nodo? Vuoi stabilire una punizione o cosa?

    I commenti precedenti e successivi al tuo a me paiono tutti discorrere degli svariati temi menzionati nell’articolo. 

  31. Penso che con il senno di poi siano tutti più bravi….
    Più che inserire nuovi protocolli comportamentali ,si dovrebbe risolvere il problema a monte di un associazione o collegio di ” professionisti “…..che forse ha perso la propria identità..  
     
     

  32. Ci avete ragione tutti , ma per me la magistratura culla sempre in cuor suo di individuare un determinismo che spesso e’ lontanissimo dalle cose di montagna ed anche dal calcolo delle probabilita’.
    .
    Ovvio che se uno ha sbagliato un nodo su un allievo vada sanzionato , ma la falla nel procedimento e’ spesso che il capogita abbia poteri paranormali , soprattutto in ambito scialpinistico.
    .
    Vedi dei cristi vestiti di nero , totalmente in balia di preconcetti da casalinga, che cercano forzatamente un colpevole per una valanga , e spesso non hanno alba di cosa sia e perche’ cada una valanga , sanno solo che se la gente andasse solo sugli impianti il mondo sarebbe migliore.
    .
    Lo vediamo anche con altri tipi di incidenti : se tizio si schianta con la macchina mentre sta andando al lago , allora e’ stato un comune incidente e non e’ colpa di nessuno.
    Se tizio si schianta con l’auto e per disgrazia stava andando a lavorare , e’ un problema , xche’ e’ un incidente sul lavoro , e un colpevole , anche pretestuoso , bisogna trovarlo.

  33. ..secondo me anche Francesco è andato un po’ fuori tema. L’errore umano lo stabilirà la procura alla fine delle indagini, ci saranno delle perizie e si faranno saltar fuori le liberatorie firmate, controfirmate etc…
    Credo che l’altro punto della questione è che se l’incidente fosse avvenuto ad altra associazione, sarebbe rimasto tutto così nell’ombra? Che rimanga nell’ombra, per non darlo in pasto persone non competenti in materia, può andar bene, ma che valga per tutti.

  34. Certo ci metti pochissimo,  ma te hai scritto:

    non c’è molto altro da sbagliare.

    Il problema è che se sbagli, una di queste tre cose, quindi poche,  sono cazzi amari. E siccome esiste la distrazione, l’abitudine e il fatto che siamo umani, purtroppo si sbaglia.

  35. Beh ,Per fare un bell’ otto all’imbrago e verificare il corretto lavoro del moschettone in sosta quanto tempo ci metti ?.Non stiamo parlando dell’incidente che ha avuto Tito Traversa , che aveva dell’assurdo , ma della configurazione più banale dell’arrampicata sportiva : ovvio che anche con attrezzatura e soste a prova di bomba tu debba fare un nodo che non si sciolga.

  36. In una falesia penso che il problema possa venire solo da come è messo il moschettone in sosta e da chi manovra il freno , non c’è molto altro da sbagliare.

    Hai detto NULLA!!!!!!

  37. Quoto Francesco.Se parlo di “sicurezza” con qualcuno digiuno di arrampicata , nella sua testa si affollano 100 fantasmi , la maggior parte dei quali sono idee peregrine che servono solo a confondere le idee..E’ chiaro che la catena di sicurezza deve funzionare , ma l’arrampicata sportiva è uno sport relativamente sicuro , ed è giusto che con la dovuta attenzione ( bravo quello che ha detto che il compagno dia un’occhiata anche al tuo nodo ) dovrebbe essere provato da tutti i ragazzi , senza protagonismi e bollini di *estremo*..Il problema non è tanto istituzionalizzare procedure cervellotiche , ma capire perchè è stato fatto salire qualcuno con il nodo malfatto.In una falesia penso che il problema possa venire solo da come è messo il moschettone in sosta e da chi manovra il freno , non c’è molto altro da sbagliare.

  38. Ma scusate… È tanto difficile rimanere in tema? “Si è sciolto il nodo” significa una cosa sola: non è stato fatto bene e non è stato controllato. Questo elimina ogni discussione, significa con assoluta chiarezza che da parte delle guide c’è stato un gravissimo errore. Punto. Tutte le altre problematiche sono comuni a qualsiasi attività all’aperto sulle quali, come già detto, non è possibile avere pieno controllo ma in questo caso c’è stata una mancanza colossale e basta. 

  39. Scusatemi ma i commenti sotto-intendono cure che sono peggiori del male.
    1. L’arrampicata è uno sport con enormi valenze anche educative e deve avere sempre più spazio a scuola (vedi francia)
    2. La formazione degli operatori professionali DEVE essere aggiornata e i protocolli di gestione di un gruppo numeroso DENONO essere analizzati rivisti se erver e APPLICATI SENZA DEROGHE
    3. Qualsiasi attività è rischiosa, sia in montagna che al mare che in pianura
    La crescita e l’educazione portano alla consapevolezza e alle competenze necessarie.

  40. Penso invece che le procedure standard siano ulteriormente migliorabili (non mi addentro volutamente) e non siano ancora ad un livello tale da poter garantire quella sicurezza che rende l’arrampicata su roccia uno sport relativamente sicuro.
    L’auspicio e’ che tutta la docenza citata che potrebbe essere coinvolta in fatti simili proponga, magari confrontandosi senza preconcetti, protocolli ancora più adattabili ed aggiornati in modo che tali incidenti vengano ulteriormente ridotti.

  41. Ci sono molti sport che vengono praticati a scuola dove il rischio di incidenti è ben più elevato (il calcio in primis) che arrampicare in top rope su roccia e credo che come dice Grazia fino ai 10/12 anni sia molto importante far provare esperienze motorie diverse.
    L’arrampicata ha inoltre, oltre la componente fisica, molte altre valenze (non sto ad elencarle) che la rendono adatta ed interessante sia per classi che per gruppi di diversa natura.

  42. La questione importante che le masse dimenticano a ogni passo è che nulla (per fortuna) nella vita è sicuro.
    Quando ero forse alle elementari da scuola mi portarono all’ospedale perché, inciampando, ho sbattuto la bocca sul profilo di legno di una sedia, che a quei tempi era di legno, e pensavano che avessi bisogno di punti.
     
    Secondo me nei primi dieci anni di vita bisogna provare più attività possibile, così da poter scegliere. Mi piacerebbe che si conoscessero tutte le discipline sportive ritenute secondarie al calcio.
    L’arrampicata la farei provare in palestra, proponendo corsi fuori a chi è davvero interessato.

  43. Mah….Sul fatto che l’arrampicata sportiva esponga a rischi anche gravissimi non ci piove , ricordo in una piazza cittadina in una struttura allestita dalle guide , avere visto un ragazzino salire in top rope , e arrivato in sosta venire calato..A un metro da terra il ragazzino precipita , per fortuna senza conseguenze ; istintivamente guardiamo su e….era venuta giù la sosta <….>..Immagino che anche in questa occasione i liceali stessero praticando l’arrampicata “Top rope” , e qualcuno alla base controllasse il loro nodo all’imbrago o , con meno sicurezza , li assicurasse a un base larga debitamente chiuso..
    Penso che sia il peggiore errore che si possa fare arrampicando : un nodo che si scioglie è peggio di una brutta assicurazione e di molte altre cose che “succedono” oggettivamente.Qui con un po’ di attenzione si poteva evitare.

  44. C’era un tale che diceva che si deve saper scendere in autonomia un grado in più di quello che si vuol salire!
    L’avessero ascoltato!!!

  45. Per me la differenza è proprio nel modo di raccontare l’arrampicata sportiva e cioè con questa tendenza a dire che è uno sport sicuro o alquanto sicuro o non molto rischioso. L’arrampicata sportiva è uno sport rischioso. Punto. E il proporlo come sport sicuro a scolaresche cosi come a dipendenti di aziende per fare team bulding è una sciocchezza.
    Ovvio che rispetto a fare una via da proteggere in valle dell’Orco è molto più sicuro. Ma rimane molto molto più rischioso che correre i 100 metri o giocare a tennis o semplicemente fare trekking se si vuol restare in ambiente naturale.
     
     

  46. Citando l’articolo “se si diffonderà l’idea che l’arrampicata non è uno sport sicuro” non ci vedo nulla di male. Basta aggiungere la parola ” non è totalmente sicuro” perchè i praticanti, e chi la insegna,  ci mettano l’ttenzione richiesta. Se la dinamica è quella ipotizzata sarebbe bastato  un minimo controllo reciproco per evitare l’incidente. Tutto il girone di guai giudiziari che ne seguirà dipende anche dal fatto che ormai ogni attività umana, soprattutto in montagna, è pretesa a rischio zero. Detto questo tutta la mia solidarietà va a tutte le persone coinvolte, dal  povero ragazzo che speriamo non abbia conseguenze permanenti al prof. e al dirigente della scuola che ha avuto il coraggio di proporre un’attività diversa sul territorio. E ovviamente anche alle guide/ istruttori che si porteranno sempre il peso dell’accaduto per un possibile errore. Speriamo serva almeno a tutti, me compreso, a tenere altissima l’attenzione quando si arrampicata soprattutto con principianti, ma anche con i superbig.

  47. “Perché ora, questo sport “sicuro” da proporre alle scolaresche rischia di tornare indietro ed essere incistato in un concetto inaccettabile di “rischio”.
    Sinceramente non ho capito se la frase sopra indicata è retorica o meno. Nel caso non lo fosse, è chiaro a tutti che l’arrampicata sportiva non è un’attività priva di rischi, anzi. Si parte dal nodo, che va sempre controllato a livello maniacale e meglio se da due persone, al fatto che, soprattutto nei primi metri, non è detto che la chiodatura impedisca la caduta a terra, fino ad arrivare alle manovre in sosta, quando spesso è necessario slegarsi ecc.. Tutto questo ha dei rischi, seppure minori rispetto a percorrere una via sprotetta  in alta montagna. E poi, soprattutto, ma chi l’ha detto che è uno sport da proporre alle scolaresche? Io ritengo che non sia uno sport da proporre alle scolaresche. Abbiamo già tutti gli effetti negativi di orde di gente che frequenta le palestre indoor e pensa di essere in grado di scalare in falesia allo stesso modo. Ora pure ci mettiamo a proporlo alle scolaresche? l’arrampicata sportiva è il filone meno rischioso di tutto quello che possiamo definire “scalata” ma  pur sempre rischioso. E soprattutto anche l’arrampicata sportiva va guadagnata con mentalità alpinistica: farsi portare da professionisti o più esperti, imparare quello che c’è da imparare sulle manovre di corda, saper osservare il posizionamento degli ancoraggi, saper far sicura al primo di cordata (si vedono delle cose oscene in giro), ricordarsi che la gravità esiste anche su una paretina a livello del mare, ecc. ecc..
    Tutta questa cosa di voler proporre l’arrampicata come se fosse la corsa campestre nelle scuole io proprio non la vedo.
     

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