Quando sciate fateci caso

Un nuovo impianto sciistico comporta sempre delle conseguenze: a partire dal disboscamento ai soldi spesi per la neve artificiale. Eppure le piste aumentano, a dispetto degli appassionati.
Montagne distrutte, torrenti deviati e costi in aumento.

Quando sciate fateci caso
di Fabio Valentini
(pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 3 novembre 2020)

La nascita di un impianto sciistico, la sua realizzazione, per quanto eseguita a regola d’arte comporta sempre delle conseguenze. Per descrivere questo aspetto prenderemo a prestito le parole di Paolo Cognetti, scrittore e montanaro: “Una pista si fa così: si prende un versante della montagna che viene disboscato se è un bosco, spietrato se è una pietraia, prosciugato se è un acquitrino; i torrenti vengono deviati o incanalati, le rocce fatte saltare, i buchi riempiti di terra; e si va avanti a scavare, estirpare e spianare finché quel versante della montagna assomiglia soltanto a uno scivolo dritto e senza ostacoli. Poi lo scivolo va innevato, perché è ormai impossibile affrontare l’inverno senza neve artificiale: a monte della pista viene scavato un enorme bacino, riempito con l’acqua dei torrenti d’alta quota e con quella dei fiumi pompata dal fondovalle, e lungo l’intero pendio vengono posate condutture elettriche e idrauliche, per alimentare i cannoni piantati a bordo pista ogni cento metri. Intanto decine di blocchi di cemento vengono interrati; nei blocchi conficcati piloni e tra un pilone e l’altro tirati cavi d’acciaio; all’inizio e alla fine del cavo costruite stazioni di partenza e d’arrivo dotate di motori: questa è la funivia. Mancano solo i bar e i ristoranti lungo il percorso, e una strada per servire tutto quanto. I camion e le ruspe e i fuoristrada. Infine una mattina arrivano gli sciatori, gli amanti della montagna. Davvero non lo sanno? Non vedono che non c’è più un animale né un fiore, non un torrente né un lago né un bosco, e non resta nulla del paesaggio di montagna dove passano loro?”. Una volta creata, la struttura deve essere gestita per la durata della sua attività operativa; questa è la fase più critica, che determina la reale vita degli impianti. Perché la gestione non è semplice: è un settore con una forte concorrenza.

Piste sempre più condannate alla neve artificiale
Scorrendo le statistiche tratte dal sito Skiresort.it, in Italia esistono circa 280 comprensori sciistici in attività per un numero complessivo di oltre 1700 impianti. Se un tempo le aree erano molto diversificate per raccogliere gli amanti della neve locali, oggi la facilità di spostamento delle persone garantisce la sopravvivenza solo ai comprensori più grandi ed attrezzati, un po’ quello che succede con i piccoli negozi di quartiere ed i grandi centri commerciali. In più si è aggiunto il famigerato cambiamento climatico, che ha fatto aumentare i costi per l’innevamento artificiale. Una stima dell’Ocse prevede che entro il 2050 solo le aree sciistiche localizzate oltre i 1800 metri sul livello del mare potranno lavorare in modo adeguato; inoltre secondo Federfuni, associazione italiana che rappresenta 150 aziende ed enti proprietari e/o esercenti il trasporto a fune in concessione sul territorio nazionale, l’incidenza del costo dell’innevamento artificiale pesa già, attualmente, per il 25-30% in più della media sui bilanci delle società che gestiscono gli impianti di risalita. Sorvoliamo qui sulle analisi di mercato, le valutazioni di incidenza, gli investimenti pubblici e/o privati che stanno a monte della realizzazione.

Alla luce di questi dati, riprendendo le statistiche vediamo che meno del 5% dei comprensori ha piste con le stazioni di partenza ad altitudine oltre i 1800 metri, tutte le altre sono comunque condannate a ricorrere all’innevamento artificiale. Produrre neve ha un costo variabile fra i 2 ed i 4 euro il metro cubo, dipende dalla qualità dell’impiantistica e dalle condizioni climatiche locali o stagionali. Preso atto che i giorni di reale freddo, anche in quota, sono in costante diminuzione, bisogna essere pronti a utilizzare quelle giornate in modo intensivo: in 36/72 ore l’intero demanio sciabile deve risultare innevato. Una sola notte di scirocco, o un’escursione termica protratta nel tempo, fenomeni sempre più frequenti, inibiscono il successo. Quasi il 50% dei comprensori ricadono completamente al di sotto dei 1800 metri, e sono destinati ad estinguersi. A questi vanno aggiunti, secondo le stime del rapporto “Nevediversa 2020” di Legambiente, 132 impianti dismessi non funzionanti da anni e oltre 100 temporaneamente chiusi.

Praticanti in diminuzione per costi, impianti in aumento
L’impatto “terminale”, relativo agli impianti dismessi che vengono abbandonati sul territorio il più delle volte per cause economiche, è considerevole. Se le amministrazioni locali gettano milioni di euro per tenere in vita stazioni sciistiche con un vero e proprio accanimento terapeutico, quasi mai investono somme per lo smantellamento o la riconversione degli impianti abbandonati, perché l’ambiente non viene mai visto come un valore ma solo una voce di costo da tagliare.

In Marmolada le associazioni ambientaliste, insieme ai gestori di rifugio, hanno raccolto le firme per chiedere alla Provincia di Trento di non avviare la realizzazione della nuova infrastruttura funiviaria – in sostituzione di quella precedente, dismessa un anno fa – prima di aver rimosso tutte le strutture obsolete abbandonate da molti anni sul versante nord della Regina delle Dolomiti. Sarebbe un bel segnale. Posto che i praticanti dello sci alpino sono in costante diminuzione, sia a causa dell’incremento dell’età media della popolazione che per gli alti costi degli skipass, e che ogni nuovo impianto che apre non attira nuovi sciatori ma li sottrae ad altre stazioni con effetto migratorio, ha senso continuare a progettare nuove strutture dissipando contemporaneamente soldi pubblici per mantenere quelle esistenti che non sono in grado di sostenersi in autonomia e non hanno un futuro?

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Quando sciate fateci caso ultima modifica: 2020-11-30T05:14:38+01:00 da GognaBlog

34 pensieri su “Quando sciate fateci caso”

  1. 34
    D.S. says:

    @prof. Aristogitone D.S. può stare per democratici di sinistra, devoti alla sinagoga, o destra segaiola. Possiamo parlare dei personaggi della Disney oppure argomentare su un problema non così banale.. mi stia bene anche lei!

  2. 33
    Prof. Aristogitone says:

    D.S (cos’è, un modello della Citroên?), mi sa che lei faccia un minestrone con troppi ingredienti. Stia bene, la saluto.

  3. 32
    D.S. says:

    @Albert hai ragione.. i costi dello sci + contorno sono alti e in molti casi giustificati dalle spese da sostenere niente di paragonabile a certi stabilimenti balneari.. le affluenze di comprensori come Dolomiti Superski sono comunque in positivo e i conti in attivo, questo spiega i continui investimenti nella direzione.. per quanto riguarda gli incidenti tengo a fare una precisazione, perché se ti fai male su una pista questo è previsto e gestito in sicurezza da professionisti del soccorso spesso pagati dalle stesse società impianti.. gli incidenti degli skialper spesso altrettanto dilettanti, avvengono in zone impervie, dove andiamo a mettere a rischio la vita di volontari del soccorso alpino che per vocazione/passione scelgono di salvare la vita di avventurieri troppo spesso imprudenti  (vedi valanga di Canazei qualche anno fa che travolse ed uccise  2 dei 4 soccorritori durante un intervento). Poi se vogliamo parlare anche di arrampicata estiva penso a quante volte i sopracitati avventurieri hanno fatto ricorso agli impianti a fune attivati in via eccezionale, nell’impossibilità di far volare l’elicottero, per essere soccorsi dopo essersi improvvisati grandi alpinisti in sfide al di sopra delle loro possibilità, con la pretesa pure che questo venisse fatto in modo gratuito..

  4. 31
    Luca Cardini says:

    🤣🤣🤣Pensa che la montagna sia casa sua e di chi ci vive..I montanari di proprietà personale possono solo avere la propria abitazione o i terreni di loro proprietà accatastati.Tutto il resto è proprietà dello Stato, quindi è proprietà di tutti!!! Sia ben chiaro.Quindi i montanari non possono usufruire e sfruttare a loro piacimento i terreni della montagna. La smettano con i loro piagnistei e si limitino a pascolare le capre.Lusa ha toccato una questione tanto importante quanto poco chiara per i non addetti ai lavori che avrei piacere fosse meglio chiarita da chi ha un po’ di competenza in materia, visto che mi pare l’intellettualità non manchi…quanto c’è di fatto di proprietà statale (demanio pubblico) sui monti d’Italia? a quel che ho potuto vedere cercando in rete mi pare assai poco: si tratta di foreste demaniali, patrimonio agricolo-forestale a gestione regionale o provinciale…ho come l’impressione che la quasi totalità dell’area montana sia per la maggior parte coperta da proprietà private, comunioni di privati ovvero associazioni agrarie (interessenze, vicinie…), demanio civico (proprietà di frazioni o comuni), proprietà collettive…insomma mi pare che di statale c’è, ma un vincolo paesaggistico su aree oltre le  quote 1200 e 1600… ma se è di proprietà che si parla, credo siamo fuori strada… o no?

  5. 30
    D.S. says:

    @albertobenassi quando @lusa dice che i montanari dovrebbero pensare solo a pascolare le capre mi viene da pensare che non venga ne’ da Cortina ne’ dalla val Gardena.. se mi sbagliassi e così fosse sarebbe come quel signore che si tagliò i testicoli per fare dispiacere alla moglie! Non giustifico a prescindere gli impiantisti e tutto il loro operato.. negli anni son stati fatti scempi ed usati i valloni come discariche in alcuni casi in modo irreversibile!lì la politica deve avere polso fermo e intervenire obbligando a ripristinare e facendo pagare multe salate in modo che non riaccada.. bisogna ragionare insieme e creare un modello sostenibile! Ne è un nell’ esempio la nuova stazione di carezza ad opera di Tscholl https://carezza.it/it/Attualita/Blog/La-nuova-cabinovia-di-Re-Laurino_b_12103763
    ma quando a prescindere senza conoscere le dinamiche si vorrebbe fermare una macchina che crea un economia importante e sfama direttamente e non, migliaia di persone allora m’ infuriò. Certo quando vedo che si continua ad investire denaro e risorse sull alpe del nevegal a 1600 mt in una zona perennemente esposta al sole sono il primo ad essere indisposto.. bisogna pensare a modelli sostenibili e ad alternative per il futuro sono d’accordo, ma teniamoci distanti dai soliti estremismi ipocriti.. può farlo senza macchia solo chi vive nei boschi nutrendosi di bacche e sussistenza.
     

  6. 29
    Alberto Benassi says:

    Chi si esprime contro un certo comportamento di chi vive in montagna, deve per forza essere cittadino di pianura?
    Non potrebbe essere un montanaro anche lui che non condivide certi modi di agire?

  7. 28
    Alberto Benassi says:

    D.S.
    Che ne sai te se LUSA vive in città?
    Magari no.

  8. 27
    D.S. says:

    @Lusa non ho mai detto che la montagna sia nostra, ma non è nemmeno di chi come te pretende di passare i 1000 mt di quota e trovare il parco giochi incontaminato con Heidi che munge le vacche nella stalla dicendo a chi ha scelto di viverci come dovrebbe farlo .. poi ve ne tornate nelle vostre belle cittá fatte di cemento e diossido di carbonio a proclamare sentenze e fate facili moralismi!partite da lì a fare la sostenibilità poi se vi avanza tempo vi accolgo a braccia aperte. Le uniche capre che andrebbero recintate e pascolate sono le persone che ragionano come te.. 

  9. 26

    Albert, la tua descrizione può andare bene per qualche stazioncina in crisi, ma i numeri li fanno le stazioni in attivo che sono quelle capaci di generare un indotto che coinvolge molte altre imprese, piccole e grandi, e quindi molta forza lavoro, ovvero tante famiglie che vivono di molte professioni. Purtroppo la macchina ha preso un abbrivio difficile da fermare o anche solo deviare. Non dico impossibile ma difficile lo qualifica realisticamente. 

  10. 25
    Luigi says:

    Saranno anche belli i monti Tatra ma non dimentichiamoci che la Polonia è la nazione più inquinante d’Europa, in cui l’energia fossile più utilizzata è  il carbone. Per quanto riguarda la Tradizione e la Patria stenderei un velo pietoso…

  11. 24
    albert says:

    Oggi un quotidiano sui fatti  online a firma di Giorgio Martini pubblica un articolo che svela parecchio:”Lo sci garantisce la sopravvivenza delle regioni alpine’ Facciamo due conti!”..a volte occorre qualcuno che scopra che il re e’nudo.La forza lavoro e’ praticamente importata  da quote piu’ basse , c’e’molto mordi e fuggi e paninamento nel bagagliaio e ..alla fine gli introiti non appianano i debiti…contratti per impianti faraonici.  Se  tutti i costi dovessero ricadere sugli utenti dello sci, ci sarebbe un pianto generale. Gia’ con i prezzi attuali molti si lamentano del presunto caro impianti.. si vede che non hanno mai speso fatica per  risalire a gambe una sola volta per  godere una sola discesa…e poi a letto a recuperare le forze..non confrontabile con   decine di discese un un giorno… a prezzo “modico” per ciascuna.L’abbonamento  e’come  il pranzo a buffet..si tende ad ingolfarsi… a prova  di cio’ e’ il verificarsi degli incidenti su pista. 1/3 del totale degli interventi si è verificato nelle due ore tra le 11:30 e le 13:30.ovvero quando le energie sono esaurite ma prima del rifornimento o di smettere in quanto poco preparati fisicamente si vuole fare “ancora l’ultima.” Poi  tra 10:30 e le 16:30 sono stati registrati l’85,4%. specie quando si approssima la chiusura impianti ed ancora si vuole strappare” l’ultima discesa “, tanto il giornaliero e’gia’pagato.  Con abbonamento  fisso, piu’discese si fanno e piu’sembra di sfruttare e ciascuna costa unitariamente di meno.Per evitare e la noia ripetitiva..si vogliono i caroselli giornalieri … che se fatti “a gambe  in salita”porterebbero via parecchi giorni con dispersi ed infortunati .
     

  12. 23
    lusa says:

    D.S. dice: Facile andare in casa altrui a dettare legge quando ci si viene solo per divertirsi..
    🤣🤣🤣Pensa che la montagna sia casa sua e di chi ci vive..
    I montanari di proprietà personale possono solo avere la propria abitazione o i terreni di loro proprietà accatastati.
    Tutto il resto è proprietà dello Stato, quindi è proprietà di tutti!!! Sia ben chiaro.
    Quindi i montanari non possono usufruire e sfruttare a loro piacimento i terreni della montagna. La smettano con i loro piagnistei e si limitino a pascolare le capre.

  13. 22
    Alberto Benassi says:

    e soprattutto non si fa SCEMPIO del paesaggio !!

  14. 21
    Alberto Benassi says:

    Anche qui occorre essere onesti: ogni intervento di nuova realizzazione e ampliamento dei comprensori sciistici è soggetto a valutazione di impatto ambientale, come è giusto che sia per opere di questo tipo.

    meno male, allora si può stare tranquilli.
    Infatti in Italia è proprio perchè si passa attraverso questa valutazione e autorizzazione che non si fanno troiai e tutto viene realizzato a perfetta regola d’arte.

  15. 20
    Luca Frezzini says:

    Riprendo il commento di Filippo Petrocelli in particolare sul punto in cui si evidenzia che “Venendo agli effetti ambientali, ritengo che il disboscamento sia di gran lunga il danno ambientale minore, per quanto probabilmente il più impattante paesaggisticamente. Vuoi per la percentuale irrisoria rispetto alla copertura boschiva totale alpina (ma non solo), vuoi per l’estrema artificialità della maggior parte dei popolamenti forestali in questione.”
    Senza dubbio negli ultimi decenni la superficie forestale in Italia è andata aumentando, ma non è certo una buona ragione per procedere alla trasformazione d’uso di intere superfici boscate in piste da sci; i boschi delle nostre alpi per stragrande maggioranza sono boschi naturali, certamente non foreste vergini, certamente utilizzati  e gestiti nel corso dei secoli da parte dell’uomo, ma non per questo privi di un elevato valore ecologico e ambientale che va tutelato e salvaguardato, per garantire un futuro alle nuove generazioni; “percentuale irrisoria”: è proprio dalla erosione ritenuta marginale del capitale naturale che si dà inizio  alle grosse trasformazioni ambientali, che  innescano poi fenomeni di indebolimento dei nostri ecosistemi, con estinzione delle specie animali e  vegetali particolarmente sensibili alle mutazioni ambientali.
    Condivido poi tutte le altre considerazioni di Filippo
    Luca Frezzini

  16. 19
    D.S. says:

    Io non so da dove venga il redattore di quest’ articolo. Ma la montagna ha bisogno anche di economia per sopravvivere, ha bisogno di chi se ne prenda cura, e per avere questo c’è bisogno di persone che possano viverci.. la pista, lo sci, il rifugio dove anche i cari ambientalisti vanno a rifocillarsi dopo aver fatto la Marmolada in skialp sulla pista battuta per poi farsi il selfie in fuori pista sull’altro versante, sono mezzi di sostentamento importanti per chi la montagna la abita. Giustissimo ripristinare le aree dagli impianti dismessi, ma le piste sono anche pascoli per l’estate, il disbosco visti i disastri di Vaia, quantomeno necessario. L’acqua per innevare è la stessa che viene incanalata per alimentare le centrali elettriche e irrigare i campi della pianura, non mi sembra venga rubata a differenza di Enel che ha fatto scempio delle vallate senza pagare nulla. Facile andare in casa altrui a dettare legge quando ci si viene solo per divertirsi.. li ho visti io gli ambientalisti elargire sentenze su come si dovrebbe vivere la montagna e poi salire su di un alfa sud fumante come le ciminiere di Marghera.. quando vedrò il verde di casa mia nelle vostre città e gli ambientalisti venire a dimostrare a piedi e non con il suv targato incoerenza forse potrò darvi ascolto! Prendetevela con le astronavi di Messer e le sue montagne asfaltate purissi levissimi, non con la gente che lavora..

  17. 18
    Luciano Pellegrini says:

    Solo ora leggo per impegni. Sono favorevolmente affascinato dal PARCO NAZIONALE DEI MONTI TATRA, caro Marcello. Non penso che ci sarà abbandono, incuria, perché come ho scritto, chi frequenta il parco lo rispetta. Buona serata
     
     
     

  18. 17
    albert says:

    il colmo e’lo skialp su pista innevata  artificiale..gare in salita e discesa con tanto di cronometro, pile frontali.sponsor…ecc.
     Certi praticano downhill con pattini  a rotelle inline su asfalto ..che non sia il futuro?’Gia’c’e campionato di skiroll su strade pubbliche  chiuse  momentaneamente al traffico con regolare permesso .. o su piste ciclabili ormai consentito dal Codice delle Strada.

  19. 16

    Pellegrini, perdonami ma dal tuo commento io non capisco se sei favorevolmente influenzato dai parchi polacchi o se ne prevedi un degrado imminente. 

  20. 15
    Prof. Aristogitone says:

    Giotex, cos’è, un tessuto per giovani? Tex Willer adolescente? Insomma Giotex, spiegaci come mai i tuoi genitori ti hanno dato un nome simile. Grazie.

  21. 14
    Fabio Bertoncelli says:

    Forse è ora di trasferirsi in Polonia…

  22. 13
    Alberto Benassi says:

    @Giotex
    caro mio non hai capito il senso. Quello che è impressionante non è il taglio di un albero, è la velocità e la facilità con cui la macchina elimina l’ albero. Sai quante persone ci vorrebbero? Mi ha  fatto impressione, che ci vuoi fare sono sensibile.
    Hai visto il filmato sulle cave? Visto come è facile affettare il marmo !!

  23. 12
    Luciano Pellegrini says:

    Frequento IL PARCO NAZIONALE DEI MONTI TATRA IN POLONIA, da circa dieci anni. Nei MONTI TATRA NON ESISTONO IMPIANTI DI RISALITA E QUINDI PISTE DA SCI. Indirettamente è un invito a recarsi in Polonia e scoprire questo stato che pur avendo sofferto la guerra, i campi di concentramento, le dittature, si è rialzata, legandosi alle tradizioni ed alla patria, dimenticando gli orrori subiti con il regime comunista e la prepotenza tedesca che hanno vissuto. Nel parco, si cammina a piedi in estate e con le ciaspole o sci con pelli di foca, in inverno. Sono commosso e stregato da queste montagne. Chi frequenta il parco lo
    rispetta, è educato, ha amore per la montagna. Per entrare nel parco, bisogna pagare una piccola somma che viene investita per la manutenzione… viene fatta e si può vedere. I sentieri sono puliti, manutentati, segnalati, non si vede immondizia. MA NON SI SCIA? PERBACCO SE SI SCIA! Rispettando l’amico e collega PAOLO COGNETTI, tanti anni fa ho scritto come i polacchi, hanno realizzato un IMPIANTO SCIISTICO…, MA SUI MONTI PRE TATRA! Stesso metodo e non può essere diverso.
    Le persone nate al termine della seconda guerra mondiale, stanno ancora soffrendo per come sono stati trattati, ma i figli che hanno generato, hanno studiato, si sono laureati, e alcuni sono diventati anche imprenditori per gli impianti da sci. I nonni e genitori che facevano i boscaioli e quindi erano proprietari di un pezzo di bosco, lo hanno venduto ad un imprenditore, che poi ha realizzato la stazione sciistica, seguendo passo passo, quello che ha scritto Cognetti.
    Queste stazioni funzionano anche di notte, chiaramente illuminate da lampade. Il nonno e il padre boscaiolo, con i soldi guadagnati vendendo la loro proprietà boschiva, hanno costruito nel paese montano, una baita dove gli appassionati di sci possono trovare vitto ed alloggio. Ma c’è un qualcosa che rende più appetibile i MONTI TATRA. CI SONO VENE ACQUIFERE CON ACQUA CALDA E SOLFOROSA. SI SONO REALIZZATE COSI’ LE TERME. Quindi, in questi piccoli paesi, trovi vitto, alloggio, impianti sciistici e ti puoi rilassare nelle terme. I costi sono molto bassi per noi che abbiamo come moneta l’euro. IN POLONIA C’E’ LO ZLOTY polacco, che al cambio è 0,22 euro. Per fare il conto semplice, 4 zloty fanno UN EURO. Quindi 40 zloty, per noi sono solo 10 euro. CONVENIENTE! Considerando che la neve sarà fra poco solo artificiale, vale la pena seguitare a fare impianti sciistici sulle nostre montagne, che si trovano quasi sempre nei parchi? SEGUITIAMO COSI’ A DISTREGGERLI E BUTTARE I SOLDI! Un esempio è l’idea, accettata con “sommo gaudio” dagli impiantisti, di sparare la neve artificiale con i cannoni, su una pista che inizia a 1300 metri e termina a 1600 metri. Sto parlando della stazione sciistica di PASSO LANCIANO CHE ARRIVA A MAMMA ROSA, PARCO NAZIONALE DELLA MAIELLA, PRETORO CH. Il progetto è stato approvato, stabilendo anche l’inizio dei lavori. MA IL PROBLEMA PIU’ IMPORTANTE E’… COME RIEMPIRE LA VASCA CON L’ACQUA CHE SERVE PER CREARE LA NEVE? Non ci sono torrenti, ghiacciai, pozzi, solo acqua potabile! Anche oggi l’acqua potabile manca, e molte famiglie di diversi comuni, non hanno questa risorsa. Vedremo come il progettista pensa di riempire la vasca. Sui MONTI PRE TATRA, L’ACQUA NON MANCA, NON CI SONO GHIACCIAI, MA TANTI TORRENTI.
     

  24. 11
    giotex says:

    @ Alberto Benassi     
    dalle “mie parti” una volta tutto attorno c’erano solo prati, adesso non ce n’e’ piu’ neanche uno. in 20 anni sono scomparsi….Hanno piantato da per tutto abeti!!!e’ arrivata anche la nebbia, che non c’era mai stata!!! non e’ che se tagliano un albero ci si straccia le vesti…

  25. 10
    Prof. Aristogitone says:

    Si sa che al peggio non c’è limite, purtroppo.

  26. 9
    Alberto Benassi says:

    Prof.
    guarda questo

    https://youtu.be/clYuGVVVLpo

    distruzione o trasformazione ?

  27. 8
    Prof. Aristogitone says:

    https://youtu.be/qh_CB9NA0lY
    Altra bella chicca passata inosservata. Merita la visione.

  28. 7
    Filippo Petrocelli says:

    Anche qui occorre essere onesti: ogni intervento di nuova realizzazione e ampliamento dei comprensori sciistici è soggetto a valutazione di impatto ambientale, come è giusto che sia per opere di questo tipo. Che poi, nonostante  questo processo, le decisioni vengano orientate più da ragioni economiche che ambientali è pur vero. Venendo agli effetti ambientali, ritengo che il disboscamento sia di gran lunga il danno ambientale minore, per quanto probabilmente il più impattante paesaggisticamente. Vuoi per la percentuale irrisoria rispetto alla copertura boschiva totale alpina (ma non solo), vuoi per l’estrema artificialità della maggior parte dei popolamenti forestali in questione. Il consumo idrico e il disturbo acustico in quota, invece, basterebbero essi soli a far desistere le amministrazioni pubbliche dal mettere a progetto interventi di questo tipo. Per il primo aspetto, il più impattante, finora ha giocato a favore l’estrema ricchezza della risorsa in ambiente montano alpino: le comunità non devono ancora scegliere fra uso dell’acqua per scopi primari e uso dell’acqua per l’innevamento. Ci arriveremo presto. Quando i danni ambientali cominceranno a presentare i costi economici connessi, il cerchio si chiuderà e questa dicotomia fra economia ed ambiente si rivelerà per quello che è, una pura illusione. Speriamo che i nostri amministratori siano capaci di guardare non dico lontano, ma almeno più in là del loro naso…

  29. 6
    Giorgio Daidola says:

    Le piste di una volta, Cognetti non le può ricordare, non erano così. Erano tracciati naturali, che seguivano la conformazione del pendio, con allargamenti e strettoie, con muri da brivido e pezzi pianeggianti, larici giganteschi che dividevano in alcuni punti la pista in due. Erano bellissime, divertentissime e si inserivano perfettamente nell’ambiente. Ne esistono ancora, seppure un po’ rovinate per tentare di  renderle sicure e adatte agli sciatori cannibali ( non quelli di Crovella ma quelli di una sottospecie ancor più pericolosa creata dallo sci d’oggi, sul quale qui non mi dilungo a dire cosa penso).  La pista 29 e la pista 12 di Sauze d’Oulx erano così. La fantastica Weissmatten di Gressoney Saint-  Jean pure e la stessa Hahnenkamm di Kitzbuheul lo è ancora. Walter Pause aveva dedicato un grande e prezioso volume alle 100 più belle piste delle Alpi, piste che in parte esistono ancora. Prima di fare di tutta l’erba un fascio bisognerebbe quindi informarsi e sopratutto andarle a percorrere. La rovina delle belle piste con una storia alle spalle sono gli impianti  di risalita moderni di grande portata e uno sci sempre più veloce e ripetitivo: è su questo che bisogna riflettere prima di tutto per tentare di cambiare, per ritornare ad uno sci più naturale, servito esclusivamente da impianti lenti e leggeri, che richiedono solo le piste naturali di un tempo. Ovviamente dovrebbero cambiare anche normative assurde fatte da incompetenti per uno sci da giubilare. Uno sci da cannibali appunto. Anche i caschi da marziani non sarebbero più necessari, salvo ovviamente che per partecipare alle discese libere. E non è assurdo pensare che i reparti di ortopedia sarebbero molto meno presi d’assalto nella stagione dello sci.Un appunto finale: questi articoli-arringa contro lo sci alpino moderno non dovrebbero cadere in inesattezze, se vogliono sortire l’effetto desiderato: lo sci alpino da discesa e lo snowboard non sembrano più, almeno in Italia, in contrazione.  Lo dicono chiaramente le statistiche di Skipass. Inoltre di impianti che fanno utili fuori dalla spending list di Cottarelli, ce ne sono ancora molti, come dice Fabio al punto 14 dell’articolo precedente. Il capitolo “Il cortocircuito dello sci di massa” del mio libro “Ski Spirit” andrebbe quindi aggiornato. Tutti dobbiamo sempre farlo, anche quando non fa comodo. Si direbbe infatti che sia in corso un ulteriore imbarbarimento della massa sciatoria.

  30. 5
    Prof. Aristogitone says:

    I popoli di montagna sono molto religiosi. Anche compiendo gesti atroci, molto peggiori della costruzione delle piste da sci, poi si va dal prete che punisce e poi assolve. 

  31. 4
    Alberto Benassi says:

    è impressionante vedere con quale velocità viene tagliato il bosco: 
    taglio dell’albero, pulizia dai rami, taglio in vari pezzi del tronco e trasporto.
    Tutto con una macchina sola e una sola persona.
    La campana che suona glorifica tutto.

  32. 3
    Paolo Gallese says:

    Grazie!

  33. 2

    Di quest’articolo esiste anche la versione video https://youtu.be/hi3wq7bFwpI
    Non perdetevela, è anche ben fatta.

  34. 1

    Direi che la risposta l’ha già data Diego al commento 14 dell’articolo precedente.

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