Reinhard Schiestl: nessun compromesso
di Ivo Ferrari, Carlo Caccia e Samuele Mazzolini
La premessa (di Ivo Ferrari)
Alcuni giorni fa, dopo una giornata passata ad arrampicare sulla Costa dell’Anglone in compagnia di Heinz Grill, Silvano De Zaiacono, Petra Himmel e Barbara Holzer, davanti ad un bicchiere di succo alla mela, Heinz si è messo a raccontarmi di quando lui e Reinhard Schiestl, ognuno per proprio conto, hanno ripetuto, corda in spalla, la Soldà sulla Nord del Sassolungo. Capita spesso che Heinz mi racconti di quello che secondo lui è stato il più forte e dotato arrampicatore che abbia mai conosciuto. C’è un bellissimo libro (Der leise Weg), mai tradotto in italiano che racconta di questa “figura leggendaria” nel mondo verticale, di questo uomo buono e sensibile… capace di arrampicare e scrivere versi dolcissimi. Federica me ne ha tradotto un pezzo e… ora conosco qualche cosa in più che mi fa sentire ancora più intelligente e rispettoso…
Reinhard Schiestl (di Carlo Caccia)
Ci ha lasciati nel 1995, vittima di un incidente stradale: faceva il maestro di scuola e stava andando alla stazione, per accogliere i suoi ragazzi in occasione di una gara di arrampicata sportiva. Per presentarlo come alpinista basta una frase di Reinhold Messner, tratta da Settimo grado: «Reinhard Schiestl, un magrissimo insegnante tirolese, è per me, insieme all’insuperato Heinz Mariacher, il prototipo dell’arrampicatore da grandi pareti nelle Alpi Orientali». Nato a Innsbruck nel 1957, con l’amico Luggi Rieser (Swami Prem Darshano) ha formato una cordata irresistibile, protagonista di alcune realizzazioni di altissima difficoltà – vie nuove e ripetizioni puntando all’arrampicata libera e alla leggerezza – che hanno rivoluzionato la scalata alpina tra gli anni Settanta ed Ottanta del secolo scorso.
Capaci di salire la Torre Trieste per la via Carlesso e di tornare a valle per la Cassin (arrampicando, naturalmente), Reinhard e Luggi pochi mesi dopo creavano una via leggendaria, Mephisto, sul Sass d’la Crusc: un’avventura di 300 metri, VIII- e tre chiodi intermedi, conclusa in cinque ore il 16 luglio 1979. Non di rado timoroso, di carattere diametralmente opposto a quello di Rieser (che si divertiva tanto ad incitarlo quanto a prenderlo in giro), Schiestl era in grado di vedersi in parete «protagonista solo con i suoi vuoti pensieri», impegnato a «giocare con l’assurdità» e vittima di un «sottile malessere crescente che sempre mi prende quando l’ultima via d’uscita non è sicura». Nonostante questo le sue free solo fanno ancora impressione: la Jori sulla Nord dell’Agner in un’ora e 25 minuti (nel 1980), la Messner sul Sasso delle Nove in 7 minuti (sempre nel 1980), la Micheluzzi sul Piz de Ciavazes in 20 minuti (1982), la Cassin sulla Nord-est del Badile in un’ora e 20 minuti (1984) e la Soldà sulla Sud-ovest della Marmolada in un’ora e 30 minuti (il non plus ultra, senza toccare un chiodo). Alpinista completo, straordinario su calcare ma pure su granito (Monte Bianco e Yosemite Valley) e ghiaccio, ha partecipato alla vittoriosa spedizione di Reinhold Messner all’Annapurna (1985). Ed era anche un poeta, sensibile, che un giorno si chiedeva (trovando la risposta): «Montagne, cosa sono le montagne? Un mucchio di pietre o il parco giochi dei nostri sogni… Un circo, in cui noi stessi siamo i domatori delle nostre azioni».
Mephisto (di Samuele Mazzolini)
Ho cominciato a scalare in un periodo tinto ancora di romantiche sfide.
Quando riuscire a salire era il risultato di una alchimia di Tecnica, Forza, Passione, Coraggio, e Fortuna.
Quando tra un chiodo e l’altro bisognava scalare, e non passare chiodi per poter salire sicuri, dove altrimenti non ci si sarebbe per niente azzardati.
Quando una salita difficile, “psicologicamente difficile”, era considerata un “dono”, lasciato da chi, per primo, aveva vinto la parete.
Quando la pretesa di salire “ad ogni costo” era come la neve in primavera: bagnata, pesante, inutile, dannosa. Come la finta sicurezza di una “ferrata verticale”, che ti porta in un luogo dove non saresti arrivato, dove non saresti dovuto essere, dove non riusciresti a gestire l’imprevisto.
Così ho cominciato a scalare. Un poco per volta, quasi come volessi far durare più a lungo il mio cibo.
E ho cominciato a leggere, a cercare di capire le motivazioni di chi prima di me aveva scalato.
Reinhard Schiestl in apertura su Mephisto
A = R+S (L’Avventura è uguale al Rischio più lo Scopo) (Robert McClure).
La foto della via Mephisto al Sass dla Crusc (il primo VIII grado delle Alpi) mi si è presentata improvvisa, indecifrabile, paurosa, sfogliando le ultime pagine del libro Settimo grado di Messner.
E ha cominciato a cullare i miei Sogni, per molte notti.
Questo Reinhard Schiestl mi incuriosiva, in un certo qual modo la pensavo come lui… anche se Mephisto avrei potuto allora solo scenderla in corda doppia (se mai avessi trovato le soste…).
Però, ai miei occhi, quella via era un dono, quel genere di doni che vanno conservati con cura, spolverati, mantenuti, tenuti vivi nel Cuore. Che vanno amati e custoditi con la passione.
Mephisto per me era l’Avventura, il motore per cercare di migliorare e, comunque, se anche non fossi mai stato in grado di salirla, sarebbe rimasta per me qualcosa di grande valore.
Se tutti potessero vivere il loro Sogno, allora questo mondo sarebbe un mondo migliore (Dean Potter).
Mephisto era un Sogno, lo Scopo che giustificava il Rischio.
Sognare è pensare, immaginare, cercare di realizzare qualcosa di bello. Qualcosa che ti faccia stare meglio. E se stai meglio, stai meglio anche con gli altri. Questo è il potere dei Sogni che, se si mischiano, si intrecciano, si mescolano, creano la Magia per rendere migliore questo mondo.
Così ho deciso di cominciare a sognare, di cominciare ad allenarmi, senza nulla pretendere, perché l’immaginazione già mi bastava. Il solo stare in montagna era importante.
Ma come spesso avviene, se si desidera davvero una cosa, questa finisce per accadere.
E così, in un pomeriggio di giugno del 2002, mi sono ritrovato sulla cima del Sass dla Crusc dopo aver salito Mephisto, al fianco di Beppe Babbi, compagno di scalate, Amico, Fratello e Stregone, che mi ha aiutato a rendere possibile questo e altri sogni.
Non si scoprono nuove terre senza essere disposti a perdere di vista la costa per un lungo periodo (André Gide).
Ci si sente così quando si arrampica sulla nera roccia di Mephisto, quando ti allontani dall’ultimo chiodo. Sconfini per un po’ nell’incertezza, per ricercare una risposta che altrimenti non troveresti.
Così mi sono allontanato, non senza un buon margine di sicurezza, ottenuto anno dopo anno, allenamento dopo allenamento, scalata dopo scalata. Perché, come ci si allontana, si deve anche saper tornare, ritrovare la strada di casa. Tornare, cambiati, con una smorfia sul viso e un sorriso nel cuore.
Questo mi ha lasciato Mephisto, questa è stata la Magia di tutte le scalate di Reinhard Schiestl.
Nella stessa posizione, 23 anni dopo. Foto: Samuele Mazzolini
La Vita è il premio da vincere. L’Avventura è la via per arrivarci (liberamente modificata da O. Henry).
Vivi intensamente ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo.
Lavora, combatti, costruisci, distruggi e costruisci di nuovo degnamente il tuo presente, dai forma al tuo Sogno.
Il Futuro, meraviglioso, sarà solo la semplice conseguenza.
per quanto mi riguarda mephisto e e rimarrà un personaggio legato a Tex Willer… a parte gli scherzi complimenti a Sam per il suo commento pieno di pensieri e citazioni importanti