Scorribande alpine e… “detti memorabili”

Oggi è l’anniversario della morte per CoViD-19 di un grande amico, Euro Montagna.

Scorribande alpine e… “detti memorabili”
di Gianni Pàstine
(pubblicato su La Pietragrande 2020)

Appennino Ligure: Reopasso, spigolo Questa alla Biurca con lo scrivente, maggio primi anni Sessanta. Scendiamo sul versante Vobbia per terreno non facile. Euro: «Il 5 maggio 1585 messer Agosto Spinola e messer Giovanni de Salvareca precipitarono dalle Rocche del Reopasso e furono portati in sepoltura a Busalla» (dall’archivio parrocchiale di Crocefieschi).
Io: «Tîa ’n pö fêua a còrda perché chi, s’o me vèdde vegnî zu, o præve de Noxæo o no fa ’n ténpo a dâme l’asoluçión sótta condiçión! (tira un po’ fuori la corda perché qui, se mi vede cadere, il prete di Noceto non fa in tempo a darmi l’assoluzione sotto condizione!, NdR)». Mi lega e assicura…

Rocca del Prete, spigolo nord, prima ascensione. È novembre e fa freddo. Manuel Guarnieri, di Chiavari, è in difficoltà: «Tira, tira!» Euro, dall’alto, si rivolge a un amico che li osserva: «Dìgghe a-o Mànoel che s’o dîxe ancón ’na vòtta tira, mòllo tùtto e o va fìnn-a ’n fóndo. Éuggio ch’o dìgghe: recùpera…! (Dì a Manuel che se dice ancora una volta tira mollo tutto e lui va giù fino in fondo. Voglio che dica ‘recupera’!, NdR)».

Gianni Pàstine (al centro) ed Euro Montagna (a destra) in vetta al Pizzo Badile, luglio 1960.

Riva Trigoso, placca triangolare, via centrale. Sono laureato da poco. Passa una barca di pescatori: «V’anæ a çercâ o mâ cómme i mêghi! (vi state andando a cercare il male come i medici!, NdR)». Pronta la risposta di Euro: «O sémmo mêghi! (ma noi lo siamo medici!, NdR)».

Castello della Pietra, parete nord: l’ascensione avviene a più riprese. È davvero dura e occorre anche un notevole uso di mezzi artificiali: l’Oscar della pazienza anche a chi lo assiste in basso.

Alpi Apuane: Pizzo d’Uccello, parete nord, via dei Genovesi: prima ascensione solitaria, in poco più di tre ore. Nel viaggio di andata, sulla automotrice Aulla-Lucca, molti passeggeri si spostano strofinandogli in faccia i crisantemi. Come augurio per una prima solitaria…

Pizzo d’Uccello, parete nord, via Oppio-Colnaghi con Sergio Rinaldi: una cordata davvero d’eccezione. In vetta li attende l’indimenticabile Franco Chiarella: li disseta, scende con loro e li porta a casa con la sua guida “alla Nuvolari”.

Tratto “apuanicamente” infido. Una sosta è davvero precaria. Euro parla italiano: un po’ come Cevasco che parlava italiano solo quando era incazzato. «Soprattutto ti proibisco di volare!» Gino non vola…

Monte Contrario, parete sud, prima invernale, con Ottavio Bastrenta. Fa un freddo terribile. È necessario anche un bivacco. A Resceto siamo ad attenderli nella incombente seconda sera sempre meno ottimisti. Improvvisamente compare Euro, per primo. Lo abbraccio. Poi l’immancabile Franco li riporterà a casa.

Monte Pisanino, parete est, prima invernale con Sergio Rinaldi e Giorgio Piombo. In un primo tentativo una nuvola rossastra avvolge la montagna: «O Pisanìn o ciàmma sàngoe! Nìnte! (Il Monte Pisanino vuole sangue! Niente da fare!, NdR). Tornano con bel tempo. Terreno ostico: neve, roccia calcarea poco solida, un pendio di erba gelata ripidissimo. Cima raggiunta, anche se un sasso lesiona una corda. Le solite Apuane, belle a vedersi…

Corsica: Capo Tafonatu, parete ovest, prima ascensione. Salita difficile, in ambiente severo ma su roccia solida. Anche il compagno, il notissimo pisano Angelo Nerli, è una garanzia.

Alpi Marittime: Colletto Coolidge, Canalone di Lourousa, 3 novembre 1952. Purtroppo, nella discesa al Colle del Chiapous, muore l’amico Ermanno Quaglia.

Corno Stella, spigolo sud-est con Enrico Cavalieri, primi di luglio 1959. Violento temporale che blocca la mia cordata sulla Ovest della Cima Nord dell’Argentera. Quando, dopo un fortunoso bivacco, sono quasi al nevaio di base, vedo non pochi amici che mi vengono incontro, ripartiti da Genova dopo la salita al Corno, fra i quali Euro. Indimenticabile!

Corno Stella, parete nord, via Ellena-Soria. Siamo arrivati a Terme con la macchina di Renzo Conte, con il quale vado al Bozano per salire lo spigolo inferiore del Corno. Euro va con Ottavio e Carlo alla Nord. Scesa la seconda doppia della parete nord-ovest, vedo Euro, ultimo e solo su una sosta espostissima. Mi viene in mente una storia semiseria del primo alpinismo bolzanetese al Castello della Pietra. Dico a Euro: «Dôve ti métti o pê; in sciô giànco ò in sciô néigro? (Dove metti il piede, sul bianco o sul nero?, NdR)» Risposta: «Chi l’é tùtto néigro! (Qui è tutto nero!, NdR)». Nel tardo pomeriggio siamo tutti al Bozano e, a sera, a casa.

Catena delle Guide: traversata con Rita Corsi. Giunto alle cenge del Corno, vede Lucci e Gin armeggiare in maniera poco ortodossa fuori via sulla De Cessole: «Lócci! De lì no gh’é mai pasòu nisciùn! (Lucci, da lì non è mai passato nessuno!, NdR)». Se la cavano e Gin dirà a Lucci: «Quéllo che te doviæ dî ti t’ò-u peu inmaginâ (Quello che dovrei dirti te lo puoi immaginare, NdR)».

Cima Sud dell’Argentera, via Campia: senza storia.

Corno Stella, parete sud-ovest, via Campia: Euro, io, Cavalieri e Bussetti. Salita tutt’altro che facile, con qualche armeggio in più. Se la tira da primo praticamente tutta lui. In vetta lo abbraccio. In discesa, la prima doppia rimane tesa in aria per il vento…

Alpi Cozie: Rocca Castello, Spigolo Castiglioni (sud-est) con Lucci e Gio. Vuol tirarsela tutta da primo, ma, ad un tratto: «Pescia! Són a l’estrêmo! (Pescia, sono al limite!, NdR)», «E mi cöse fàsso? (E io cosa faccio?, NdR)». Tutto si risolve. Il Pathos lo ha sempre affascinato… Farà anche la Castiglioni Ovest.

Gruppo del Monte Bianco: fu qui dove Euro seppe esprimersi al massimo. Fu davvero una partenza in salita. Nonostante il buon livello tecnico raggiunto da non pochi degli amici bolzanetesi, il Bianco incuteva sempre almeno giustificati dubbi. Euro tagliò subito corto con il cugino Duilino, fisicamente idoneo, ma alpinisticamente ancora piuttosto inesperto: puntò subito grosso, con lo Sperone della Brenva e l’Aiguille du Grépon, ma rimediò soltanto due bivacchi nelle rispettive discese. A questo punto si inserì un malaugurato incidente, dovuto ad una manovra tecnica evidentemente errata.

Ma la chirurgia ortopedica era allora (1956) ben lontana dalla efficienza attuale. Solo con un testardo esercizio il nostro riuscì a ricuperare parzialmente la funzione della articolazione del ginocchio sinistro. Agì quasi di nascosto, con un compagno poco conosciuto e, almeno oggettivamente, quasi principiante quale Silvano Massa. A mezzanotte salirono su un accelerato per Torino che fermava in tutte le stazioni. Proseguirono per Aosta, Pré-Saint-Didier e Courmayeur. Quindi subito per la Val Veny e la capanna Gamba, avendo come meta le acute Dames Anglaises, con base al bivacco Craveri. «Se no ti te lêvi fîto i mónti fæti a pónta, quànde t’ê vêgio te pónzan inta schénn-a (Se non ti fai fuori subito i monti fatti a punta poi, quando sei vecchio, quelli ti pungono la schiena, NdR)». Ma alla Gamba trovarono altra atmosfera: Sabbadini, Pinelli, Alletto e altri (che volevano andare sulla Peutérey fino in vetta al Bianco, NdR). «Cosa dici, andiamo anche noi?». Andarono e, prima dell’Aiguille Blanche, li colse il maltempo a notte ormai incombente. Non era il caso di montare attrezzature da bivacco. Euro ebbe il “coraggio” di togliersi la giacca a vento e di stenderla per coprire anche il compagno. Attraversarono la Blanche e scesero al Col de Peuterey. Nuovo bivacco, ma, stavolta, meno disagiato grazie all’igloo costruito da tre tedeschi. Quindi via, al Bianco, facilitati dalla scalinata intagliata abilmente da Carlo Sabbadini. Vallot-Bionassay-Gonella-Miage-La Visaille-Courmayeur, dove diedero sollievo ai piedi comperando al mercato i comodi e termici “scouffoun” valsesiani.

La scena cambia: Torino Porta Nuova, scendo dalla automotrice che ho preso a Châtillon e vedo davanti a me Euro e compagno. Li raggiungo. Euro mi chiede: «Da dove vieni?». Gli rispondo: «Dal Cervino e voi?». Risposta di Euro: «Abbiamo fatto la Peutérey al Bianco». Resto di sasso. Euro ha ripreso a fare ascensioni del genere! E quel compagno chi è? Sul diretto per Genova la conversazione riprende normale sull’argomento preferito. Una donna non giovane ci guarda con tristezza: «Povere vostre mamme!». Già, ma quella di Euro, ad onta di una paralisi che la obbligava su una seggiola, sapeva a memoria «Bionassay-Brouillard-Innominata-Peutérey»…

Euro tornò ancora in vetta al Bianco, giungendovi in uno splendido tramonto per la prestigiosa via Major, in cordata con un compagno davvero degno di lui: l’indimenticabile Carlo Aureli, primo istruttore nazionale di alpinismo e scialpinismo della Liguria.

Ma rimaniamo ancora nel Bianco perché, nell’agosto 1959, Euro capita ad Entrèves, dove mi trovo provvisoriamente alloggiato, e mi propone la normale al Petit Dru. Non è una normale da poco. Andiamo e, dopo una lunga peregrinazione, raggiungiamo il rifugio della Charpoua. Una atmosfera da romanzo di Frison-Roche… Ci riavviamo nella notte e, raggiunta facilmente la “spalla”, attacchiamo le difficoltà così ben descritte nel sopracitato romanzo. Euro va davvero forte. Io mi arrangio abbastanza, forte della sua corda, e ci lasciamo dietro anche due tedeschi che all’ultima difficoltà ci hanno chiesto corda. Ci ricambieranno con la risalita di una doppia recalcitrante. Uomini del Karwendel e delle Pietre Lunghe sulla stessa prestigiosa vetta. La lunga serie di doppie, sempre in sintonia con il celebre romanzo, ci riconduce alla spalla quando ormai è buio. Si bivacca. Le poche razioni energetiche sono rigorosamente razionate. Infilo il mio primo duvet Moncler e prendo sonno. È quasi mezzanotte quando Euro mi sveglia: «Ti sæ che a st’ôa chi un o l’intra inte ’n òstàia e o ghe dîxe: mêzo lîtro. Ghò-u dàn, ghò-u dàn in sciô sério (Sai che a quest’ora uno entra in un’osteria e chiede un mezzo litro. Glielo danno, glielo danno davvero, NdR)». Oramai contiamo le ore che scorrono con inesorabile lentezza. Albeggia. Euro va a risistemare le corde per la discesa, slegato e senza scarpe. Un banale richiamo alla prudenza sarebbe inutile, una citazione storica colpirebbe nel segno. Ho davanti a me la Nord delle Jorasses: «Stai attento, Haringer! (si riferisce alla disgrazia di Peter Haringer, caduto nel tentativo di prima ascensione allo Sperone Croz mentre, dopo un bivacco, si allontanava di poco ma senza scarpe dal luogo del bivacco, NdR)». «T’æ dîto? (Cosa hai detto?, NdR)» Ripeto. Si mette le scarpe e si lega. L’avventura volge alla fine.

Nel Bianco compì ancora una notevole impresa su uno sperone del Tacul, di fianco al canale Gervasutti. L’immancabile bivacco ebbe stavolta solo un aspetto comico causa una attrezzatura finalmente idonea. Euro non voleva rinunciare ai classici preparativi ma «quéllo diâo de ’n Sironi o ronfâva za…! (quel diavolo di Stefano Sironi ronfava già…!, NdR)».

Non mancarono ovviamente frequentazioni ad altri gruppi montuosi. Non poté mancare ovviamente il Cervino, come pure una prestigiosa Nord del Lyskamm Orientale, in un anno dalle condizioni glaciali particolarmente favorevoli. Non mancò neppure una Corna di Medale, dai risvolti comici che cominciarono già all’uscita del casello di Binasco. L’auto guidata da Lucci aveva la prima vicino alla retromarcia, costringendolo ad armeggiare in modo poco ortodosso. Il casellante sbottò: «Veh! Per parti se mett la prima». Pronto Lucci: «Senta lei, scemo del belino, lo sa che lei c’entra come l’acqua nel vino..?». Ripartì. Sulla Corna Euro e Piergiorgio uscirono prima che facesse notte, mentre Gianluigi e Lucci diedero fuoco a un albero per scaldarsi. Santi bricchetti (fiammiferi, NdR)!

Nelle Dolomiti avvicinò il gruppo del Brenta con due ascensioni al Campanile Basso, variante finale Pooli-Trenti, e lungo la via Fehrmann in condizioni meteorologiche tutt’altro che ideali causa di un pittoresco alterco dialettale fra Euro e Gino che, per l’occasione, sfoderò le più colorite espressioni in uso in porto dove era anche una autorità. Lucci, presente, commentava: «Eppure sono amici!».

Con l’indimenticabile Guido Rossa scalò la Dibona al Croz dell’Altissimo. Per una tale cordata era ordinaria amministrazione.

Voglio terminare con il ricordo più bello. Nel luglio 1960 partimmo da Genova con la mia seicento (la prima auto personale): Serravalle-Milano-Como-Chiavenna, dove lasciammo l’auto. Ci facemmo trasportare in breve a Promontogno, dove trovammo un fienile dalla paglia morbida davvero svizzera. L’indomani salimmo alla capanna Sasc Furä, dove sostammo e pernottammo. Euro era ansiosamente concentrato. Si muoveva come un pugile in allenamento, ripetendo «Són ansciôso de picâme co-o Pìsso Badîle! (Sono ansioso di lottare con il Pizzo Badile!, NdR)». E raddoppiava i pugni in aria. La salita, magistralmente condotta, non ebbe praticamente storia. Solo in un tratto saliva troppo dritto e una guida svizzera lo ammonì: «No lì, sesto crado!» Euro si gira serio: «Schêua de Baiardétta e de Prîa Grànde! (siamo della scuola della Bajardetta e della Pietragrande, le palestre di roccia più frequentate a quel tempo, NdR)». «Ah bene, bene!» «Ti véddi, o a conósce ànche lê! (Vedi, la conosce anche lui!, NdR)» Toccata una vetta tanto storica, scendemmo a pernottare al Gianetti. Il giorno dopo il ritorno fu laborioso: Ardenno-Colico-Chiavenna-Como-Milano. Poco dopo aver attraversato il Po, ci comparvero i nostri famigliari monti: «I gigànti! O Tóggio e o Fìgne, o Tacón e o Lêco (Ecco i giganti! Il Monte Tobbio, il Monte delle Figne, il Taccone e il Lecco, NdR)». Per tradizione lasciammo l’autostrada e varcammo i Giovi: Mignanego-Pontedecimo-San Quirico-Serro-Morigallo-Via Bolzaneto 13. Tutti gli amici di Bolzaneto, senza essere stati avvertiti, erano lì ad aspettarci con il padre di Euro che mi domandò subito: «Alôa, gh’êa do quàrto? (Allora, ce n’era di quarto grado?, NdR)» Era salito sì e no alla Madonna della Guardia, ma era debitamente catechizzato anche lui… Addio Euro, vorrei dire arrivederci nemmeno troppo tardi.

Nomi e persone citati nell’articolo: Carlo (Sabbadini), Gianluigi (Vaccari), Gin (Solari), Gino (Dellacasa), Gio (Giorgio Noli), Lucci (Vittorio Pescia), Ottavio (Bastrenta), Piergiorgio (Ravajoni).

Si ringrazia il Prof. Franco Bampi, Presidente dell’associazione culturale genovese “A Compagna”, per aver controllato che la trascrizione del genovese fosse corretta.

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Scorribande alpine e… “detti memorabili” ultima modifica: 2021-10-29T05:49:00+02:00 da GognaBlog

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4 pensieri su “Scorribande alpine e… “detti memorabili””

  1. Sulla nord del castello della pietra un paio di anni fa ho ripetuto una delle due vie “moderne” presenti, meteorix. Credo che abbia una o due ripetizioni all’anno, se le ha, e mettendoci le mani sopra si capisce perché… Ho poca esperienza di marcio “di qualità” come ad esempio lo scarason, ma devo dire che la puddinga in biurca a paragone è calcare finalese! Dovevo togliere il muschio per scoprire se appigli è appoggi erano potabili… Via molto bella comunque, che interseca la diretta al torrione est di cui parla Pastine se non sbaglio. 

  2. Anni fa convinsi Gianni a scrivere un libro sulle situazioni tragicomiche da lui vissute, che fu il suo più grande successo editoriale.so che Gianni non ne va orgoglioso perché avrebbe preferito un successo più colto, ma va bene così. E anche a Euro, che ho avuto la fortuna di conoscere, chapeau.

  3. Detto memorabile di un distinto debuttante di mezza età sulle ferrate delle Dolomiti, subito dopo aver afferrato di nuovo il cavo oltre un breve tratto – allo spasimo – non attrezzato: “Adès ca sàun ché atāch, na gran ciavèda an la ciāp pió!”.
     
    P.S. Per la traduzione rivolgersi a un modenese.

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