Sette ore su un cammello

È accaduto nello Yemen, dove una donna è diventata simbolo di resilienza ma anche esempio per raccontare le difficoltà delle giovani future madri nel Paese.

Sette ore su un cammello
(per far nascere il suo primo figlio)
di Veronique Virgilio
(pubblicato su agi.it il 24 maggio 2024

Nelle montagne rocciose del Nord-est dello Yemen, una giovane madre ha fatto un viaggio pericoloso di sette ore sulla gobba di un cammello per raggiungere l’ospedale più vicino e far nascere il primogenito, diventando un simbolo di resilienza delle mamme yemenite.

Una storia che ha dell’incredibile ma che, in realtà, è la dura sorte di molte ragazze e donne nei territori più remoti dello Yemen, le cui infrastrutture sono devastate da una guerra civile cominciata nel 2015 e tutt’ora in corso. La protagonista è Mona, 19 anni, che si è messa in viaggio non appena le prime contrazioni si sono manifestate.

Nel deserto arabico

La carenza di strutture in Yemen
Nella provincia di Mahweet, nello Yemen nord-occidentale, l’ospedale Bani Saad è l’unica struttura sanitaria rimasta in piedi per migliaia di donne in tutto il vasto territorio. Dalla casa di Mona, nel villaggio di Al-Maaqara, l’ospedale può essere raggiunto solo attraverso insidiose montagne a dorso di cammello o a piedi.

La distanza è di 40 chilometri e in condizioni normali si tratta di un viaggio di quattro ore, ma viste le avverse condizioni meteo e soprattutto le fitte alla pancia, ci sono volute sette ore per arrivare a destinazione. “A ogni passo avanti che il cammello faceva, mi sentivo sempre più a pezzi. Ci sono stati momenti in cui ho pregato che Dio mi portasse via e proteggesse il mio bambino in modo da poter sfuggire al dolore”, ha raccontato Mona alla Bbc.

“La strada era rocciosa”, ha detto la neo mamma del piccolo Jarrah, ricordando il “viaggio estenuante fisicamente e mentalmente”. Quando il cammello non ha più potuto proseguire, Mona è scesa e ha finito il viaggio a piedi col marito. In effetti le strade che conducono all’ospedale dai villaggi vicini sono strette.

Alcune sono disintegrate o bloccate a causa di otto anni di guerra tra le forze filogovernative sostenute da una coalizione guidata dai sauditi e il movimento ribelle Houthi sostenuto dall’Iran. Mona non ricorda di essere arrivata in ospedale, ma ricorda di aver ritrovato la speranza dopo aver sentito il pianto del suo bambino nelle mani di ostetriche e chirurghi.

Le difficoltà per le donne
La storia di Mona è solo uno dei tanti casi di difficoltà affrontati dalle future mamme nello Yemen. Il possesso di un’auto è fuori dalla portata della maggior parte delle persone comuni nello Yemen, dove l’80% della popolazione fa affidamento sugli aiuti umanitari. Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), una donna muore ogni due ore durante il travaglio per cause che si possono prevenire.

Sempre secondo la stessa fonte meno della metà delle nascite è assistita da un medico qualificato e solo un terzo delle nascite avviene in una struttura sanitaria. Due quinti della popolazione yemenita vivono a più di un’ora di distanza dal più vicino ospedale pubblico perfettamente funzionante.

Delle strutture funzionanti solo una su cinque può fornire servizi affidabili per la salute materna e infantile. Il sistema sanitario dello Yemen era in difficoltà già prima della guerra, ma il conflitto ha causato ulteriori ingenti danni agli ospedali e alle strade, rendendo impossibile un viaggio senza complicazioni.

Gli ospedali mancano di personale qualificato, attrezzature e medicinali e gli investimenti in strade e infrastrutture sono in fase di stallo. Secondo stime concordanti, la guerra in Yemen e la crisi umanitaria che ne è derivata hanno causato circa 20 mila vittime civili e decine di migliaia di feriti.

Otto anni di conflitto hanno costretto più di 4,5 milioni di persone, tra cui più di 2 milioni di bambini bambine e a lasciare le loro case, e si stima che 21,6 milioni di persone, tra cui 11 milioni di bambine e bambini, abbiano bisogno di assistenza umanitaria. 

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Sette ore su un cammello ultima modifica: 2023-06-04T05:37:00+02:00 da GognaBlog

17 pensieri su “Sette ore su un cammello”

  1. 17
    Roberto Pasini says:

    Ps. Ho dimenticato anche i pedaggi pagati con il Telepass. I viaggi in auto sono un buon indicatore di reddito 😀 Di solito i dati sono usati dalle forze dell’ordine durante indagini penali autorizzate dal giudice (in teoria) a meno che si tratti di sicurezza nazionale ma potrebbe usarli anche l’Agenzia delle Entrate per verificare ad esempio i 6000 € annui dichiarati dai tassisti della capitale anche se sul Raccordo non si paga pedaggio a differenza della Tangenziale di Milano 😀 Prova a indovinare perché anche gratis intere zone del paese rifiuterebbero il Telepass (Indagini di mercato fatte da Autostrade che avrebbe tutto l’interesse a ridurre i costi di esazione). La difesa della Libertà ovviamente e “Maleddetto sia chi pensa male!”

  2. 16
    Roberto Pasini says:

    Matteo. Anch’io ne conosco qualcuno personalmente di quel 6% visto che ho appena accettato il 730 precompilato di uno di cui l’Agenzia delle entrate conosce tutto, sul fronte ricavi e spese pagate con carta di credito o bonifico 😀 l’articolo segnalato da Balsamo ti fa vedere bene l’andamento della spesa sanitaria rispetto al Pil: l’aumento, poi l’appiattimento e il recente tentativo di rientrare nel livello pre-covid, che secondo me fallirà a causa delle pressioni delle Regioni. Ovviamente si tratta di scelte di allocazione delle risorse di finanza pubblica.  Tuttavia secondo me non giustificano alcune grida un po’ esagerate sui tagli; parliamo di efficienza piuttosto e di sprechi, magari anche di etica, ricordando come stanno messi altri popoli. Garattini ha recentemente detto che potremmo eliminare meta’ dei farmaci senza gravi danni. Io stesso ho visto che molte prescrizioni per me avevano un carattere difensivo non per me ma per il prescrittore:,io applico il protocollo, poi se è ridondante per questo paziente va bene, ma se poi succede qualcosa nessuno può dirmi niente: carta canta. Sui vaccini non voglio ritornare. Può darsi che la demenza senile cominci a farsi sentire ma non mi pare di essere mai stato un Vaccinator ad oltranza per tutti, pur non avendo le competenze adeguate per giudicare nel merito, ma solo usando un po’ di buon senso e di sensibilità per i temi della comunicazione e delle dinamiche sociali. 

  3. 15
    Matteo says:

    Domanda facile facile…ne conosco in persona personalmente!
     
    Cmq dall’articolo (di cui sarebbe da verificare l’effettiva correttezza) si evince chiaramente che è un bel po’ di tempo che le spese per la sanità sono in fase di sostanziale, lenta contrazione…altro che popolazione che invecchia.
     
    E forse adesso capirai perché discutendo su COVID e vaccini mi incazzavo così tanto con te che sostenevi essere giusto vaccinare tutti indiscriminatamente I, II e III dose a botte di 20€ l’una!

  4. 14
    Roberto Pasini says:

    Matteo. Il nostro sistema ha un sacco di problemi: di efficacia, di efficienza e di finanzianento. Destinati ad aggravarsi a causa di una serie di motivi, se non si agisce. Me ne sono occupato professionalmente per un periodo della mia vita e recentemente l’ho sperimentato sulla mia pelle. Rispetto ad altri sistemi ai due estremi della gaussiana (USA da un lato e Yemen dell’articolo) siamo comunque messi meglio nell’equilibrio qualità/equità. Purtroppo la perfezione come ha detto recentemente Gogna su un altro argomento è molto rara e difficile. Ma possiamo puntare alla decenza. Le premesse ci sono ma c’è da lavorare con realismo, senza demagogia, false credenze e aspettative fuori scala per un paese tra i più indebitati del mondo. Intanto facciamo pagare le tasse: il 63% dei 41 milioni di contribuenti dichiara meno di 25.000 euro l’anno. Solo il 6% dichiara più di 50.000 euro e chi sono in maggioranza?  Prova a indovinare. 

  5. 13
    Matteo says:

    Pasini, in tutta sincerità non ho capito se stai sostenendo che la sanità va bene o male o che non c’è nulla da fare, meglio di così non potrà mai andare perché stiamo diventando sempre più vecchi e malati…

  6. 12
    Roberto Pasini says:

    Bertoncelli. La storia di Mona nella sua tragicità ci mette sotto gli occhi che ancora oggi le possibilità di vita nella specie umana non sono uguali per tutti. Da un lato abbiamo popoli dove anche i livelli elementari di assistenza sanitaria sono carenti. Dall’altro abbiamo popoli dove pur con tutti i limiti e le contraddizioni si sono raggiunti livelli impensabili nella seconda metà del secolo scorso e la domanda di salute e benessere, un bisogno cruciale per ogni uomo,  aumenta ogni giorno di più. Putroppo non ci sono pasti gratis e l’allungamento della vita media ha un costo sempre crescente. Ti faccio un esempio personale. L’intervento che ho fatto io al cuore trenta anni fa era molto raro, molti crepavano dopo l’intervento e altri che se lo potevano permettere andavano a Huston o alla Mayo Clinic. Oggi nel solo ospedale dove sono stato io se ne fanno 1750 con un tasso di mortalità a 30 giorni inferiore al 2% e 6 giorni medi di degenza. Tutto questo ha un costo. Il pacchetto completo (diagnosi, intervento, riabilitazione, farmaci e cure post che durera’ tutta la vita) cuba sui 50.000 € (negli USA costrrebbe 150.000 dollari).  Io come lavoratore dipendente e oggi pensionato ho pagato l’IRPEF per quasi 50 anni fino all’ultima lira/euro e sono contento di averlo fatto perché ho aiutato in passato persone meno fortunate e quando e’ capitato a me ho tirato fuori 18 € e non ho dovuto vendere la casa. Però il problema esiste ed è grosso: una parte dell’umanità vive gia’ oggi molto più a lungo e tutti, anche chi vive oggi meno e peggio, vorrebbe vivere non solo più a lungo ma anche in salute, senza troppe sofferenze. Questo significa risorse, da dove le prendi e che scelte di priorità fai. È una questione cruciale, come quella dell’ambiente, ma forse ancora più basica e coinvolgente. Non te rendi conto quando stai bene ma quando cominci ad avere qualche problema, magari anche solo preventivo e senza sintomi, come successo a me. E prima poi, toccando ferro, capitata a tutti, in misura maggiore o minore. Perché non siamo eterni e i processi degenerativi non sono, allo stato attuale, bloccabili ma solo rallentabili. Facciamoci gli auguri a vicenda e paghiamo le tasse, che non sono un pizzo di Stato e ringraziamo che viviamo in Europa dove esistono sistemi di sanità su base mutualistica. 

  7. 11
    Carlo says:

    Che la settima potenza industriale al mondo non abbia soldi per adempiere ad un dovere istituzionale lo trovo ridicolo. È che noi siamo pizza e mandolino, le cose serie, importanti, per tutti non le sappiamo fare. A volte non lo vogliamo fare. D’altronde siamo nazione da un secolo e mezzo e campanilismi, peculiarità ed ii ancira albergano in noi. Avremo bisogno di politici capaci di fare il proprio mestiere, ma ancora deve nascere…dovremo cercarlo all’estero, in fondo con l’estero ci siamo sempre barcamenati* francia o spagna purché se magna* 

  8. 10
    Giuseppe Balsamo says:

    @8
    Bertoncelli, credi che non sappia quali sono i problemi della sanità (pubblica) anche in Emilia Romagna ?
    Ci vivo, in Emilia Romagna!
     
    Il punto è che la spesa sanitaria (che, come hai visto, non è stata tagliata negli ultimi vent’anni – o sei ancora convinto che lo sia stata ?) è, probabilmente, sotto-finanziata nei confronti di una popolazione la cui età media aumenta (con annesse maggiori – e diverse – esigenze e costi sanitari).
    E, forse, un pò di responsabilità ce l’hanno anche i MMG, parte dei quali sono diventati estensori di ricette o prescrittori di esami diagnostici che allungano le liste d’attesa e scaricano diagnosi e terapie sugli specialisti.
     
    Il fatto è che la coperta è corta (grazie anche a chi elude il proprio contributo) e fra governare cercando di gestire i problemi e stare all’opposizione lamentandosi e facendo promesse c’è la differenza del doppio (come credo stia sperimentando da qualche mese a questa parte la nostra Giorgia).
     
    Ma, come ho scritto, al toro questo non interessa. Gli fanno vedere la muleta e su quella lui si concentra. E il torero se la ride.
    Acà!

  9. 9
    Roberto Pasini says:

    Bertoncelli. Fabio quelli che tu citi sono esempi di scarsa efficacia e di scarsa efficienza del sistema. Ognuno credo abbia avuto esperienze dirette o indirette di questo tipo oppure di segno contrario. Io in questi mesi ne ho personalmente osservate di entrambi i tipi. Miseria e nobiltà, mediocrità ed eccellenza. Questo però è altra cosa rispetto all’andamento del volume della spesa sanitaria in termini nominali e reali e alle sue fonti di finanziamento. Uno è il tema di quanti soldi si spendono (tanti, circa 116 miliardi) e l’altro di come si spendono.  Recentemente è stata pubblicata una graduatoria degli ospedali pubblici molto significativa. I soldi quelli sono, c’è chi li spende bene e chi male.

  10. 8
    Fabio Bertoncelli says:

    L’ospedale di Castelfranco Emilia (trentamila abitanti) fu chiuso molti anni fa.
    Il Pronto Soccorso di Castelfranco Emilia fu chiuso poco dopo.
    Al Pronto Soccorso del Policlinico di Modena bisogna attendere anche quattro, cinque, sei o sette ore (!), come accaduto piú e piú volte a me e ai miei familiari.
    Per visite specialistiche ed esami spesso bisogna aspettare molti mesi.
    Mia zia prenotò lo scorso gennaio una visita oculistica: primo posto disponibile il 26 giugno p.v.
    Anni fa dovetti pagare un costosissimo esame per sapere se sarei sopravvisuto o no; altrimenti il primo posto sarebbe stato dopo quasi cinque mesi: cinque mesi di angoscia.
    Per un’operazione di ernia inguinale ho atteso dieci mesi.
    Per la rimozione di un calcolo ho atteso otto mesi.
    Per un’operazione alla prostata a mio cognato è stato dato appuntamento nel 2024.
    Mia madre subí una frattura all’omero. Essendo anziana, il medico reputò superflua la riabilitazione (dicono che sia spesa inutile per un vecchio): il braccio rimase menomato.
    Mia madre soffrí di aritmia cardiaca: da 65 bpm a 32 bpm in pochi secondi, e viceversa. Pronto Soccorso al Policlinico di Modena, poi a casa dopo sette o otto ore. Dopo due giorni, ricovero d’urgenza in Cardiologia, con rischio di morte imminente e impianto di pacemaker.
    Mio fratello si ammalò di Covid: tachipirina e vigile attesa. Dopo tre giorni fu ricoverato d’urgenza per polmonite bilaterale.
    Il mio medico di base andrà in pensione in agosto. Al momento non esistono posti presso i colleghi. Però mi ha detto che la ASL sta pensando di spedire tutti a Carpi, perché lí c’è ancora posto.
     
    Questa è la mia “narrazione”. Assai diversa da quella dell’anima bella che sfoggia le sue “realtà fattuali” e tracima perenne livore, ma forse si tratta solo di problemi caratteriali.

  11. 7
    Giuseppe Balsamo says:

    Qui qualche altro dettaglio:
    osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-l-evoluzione-della-spesa-sanitaria-italiana
     
    Capire come nascono narrazioni totalmente avulse dalla realtà fattuale e come queste diventino verità per qualcuno (che, tipicamente, crede d’aver capito tutto a differenza di tutti gli altri – un pregiudizio questo abbastanza diffuso) è un esercizio molto interessante, ma, soprattutto, assai attuale.
    Forse c’entrano qualcosa Dunning & Kruger… 🙂

  12. 6
    Roberto Pasini says:

    Bertoncelli “Se si guardano i numeri, tra il 2000 e il 2019 (anno precedente alla pandemia per evitare distorsioni), la spesa pro-capite nominale è aumentata del 61 per cento, da poco più di 1.100 euro a poco più di 1.900 euro, ma anche la spesa reale è comunque aumentata del 20 per cento. All’aumento della spesa si accompagna anche una crescita del finanziamento corrente, sia in termini nominali sia in termini reali, sullo stesso periodo temporale…..,Pur con questi fatti, un italiano su due pensa che la spesa per il Ssn non sia affatto aumentata, addirittura uno su tre pensa che si spenda un po’ meno o molto meno rispetto a vent’anni fa.“ cfr “La sanità italiana tra fatti e narrazioni” pubblicato oggi su la voce.it L’articolo contiene altre interessanti considerazioni sul rapporto tra dati e opinioni. Da rifletterci sopra su come si formano e diffondono le “narrazioni”. Nella mia recente esperienza come paziente ho avuto modo di constatare che la maggior parte dei miei compagni di viaggio non aveva la più pallida idea dei costi complessivi dell’intervento subito e del contributo ricevuto dal sistema, malgrado le cifre siano evidenziate nella lettera di dimissioni. Avendone consapevolezza poi magari uno paga piu volentieri l’IRPEF che finanzia il sistema in chiave solidaristica e si mangia una quota rilevante della ricchezza prelevata attraverso la tassazione generale.  È anche interessante osservare che il 6% dei contibuenti che dichiara più di 50.000 € paga il 40% dell’IRPEF, ciò paga le spese sanitarie degli altri. 

  13. 5
    Grazia says:

    Ciao Fabio,

    grazie per la risata che hai suscitato!

    E’ che il popolo, assuefatto alla mediocrità, non se ne accorge più.

  14. 4
    Fabio Bertoncelli says:

    Cara Grazia, se tu introduci il tema dei tagli alla salute, scateni in me furiose pulsioni omicide.

  15. 3
    Grazia says:

    Qualche anno fa, con il taglio clamoroso alla salute (che, mi preme ricordare, è avvenuto gradualmente arrivando ai disastri del covid) sono stati anche aboliti tutti i punti nascita delle isole minori.

    Questo significa che tutte le donne in attesa devo spostarsi sulla penisola per partorire, talvolta anche con largo anticipo per evitare di essere bloccate dalle intemperie. 

  16. 2
    Carlo says:

    Grazie alle nostre armi noi abbiamo elicotteri per soccorrere i biker che finiscono la batteria. Grazie alle nostre armi il tuo paese è distrutto….ma ti abbiamo lasciato ancora il cammello!!

  17. 1
    Carlo says:

    Quando parliamo di riduzione, spesso ci dimentichiamo chi non ha nulla da ridurre. 200 anni fa quella ragazza avrebbe partorito nella sua capanna, forse sarebbe morta, il suo bimbo avrebbe avuto poche possibilità di superare il sesto anno di vita, forse sarebbe andato tutto bene, la madre sarebbe arrivata alla veneranda età di 40 anni, il figlio un fiero yemenita a portare a casa la pagnotta anche per lei….200 anni fa. Ma il progresso ha portato un ospedale a 7 ore di cammello. Noi si arma le guerre che portano questi progressi, sviluppando la nostra economia.
    Auguri Mona, e scusami se non sono riuscito a dare condizioni migliori a te e incerto futuro per tuo figlio

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