Ancora quante COP?
di Guido Dalla Casa
(pubblicato su ariannaeditrice.it il 7 novembre 2021)
C’è ancora chi pone qualche speranza in queste COP: siamo al numero 26. Dove arriveremo? Finora con tutte queste riunioni di “potenti del mondo” (?) non è cambiato assolutamente niente. Vediamo perché non potrà mai venire niente di buono da questo tipo di incontri.
I cambiamenti climatici sono solo un effetto di una causa ben più profonda, cioè il fatto che il modo di funzionare della civiltà industriale altera, anzi disarticola, i cicli vitali della Terra. La civiltà industriale è un modello che si è innestato sulla cultura occidentale circa due secoli fa. Si fonda su due basi filosofiche essenziali: l’antropocentrismo, già completamente presente nella cultura occidentale da un paio di millenni, e il materialismo, affermatosi di fatto appunto due secoli orsono. Entrambi questi fondamenti del pensiero sono stati fortemente messi in dubbio da alcune conoscenze recenti inquadrabili in un nuovo paradigma della scienza-filosofia: Evoluzione biologica, Fisica quantistica, Dinamica dei sistemi complessi, Studi sulla mente animale e vegetale, Ecopsicologia (Inconscio Ecologico), Anima del Mondo, Ecologia Profonda.
Se i giovani che manifestano in tutto il mondo per mettere in evidenza i sostanziali continui fallimenti dell’incontro di Glasgow non hanno esposto neanche un cartello o uno striscione che dica quanto scritto sopra, anche attraverso qualche slogan, le loro manifestazioni servono solo a rendere evidente un generico dissenso, ma non colgono la reale portata del problema. Non si è visto neanche un cartello dove venisse messo in evidenza che la causa prima del drastico cambiamento climatico è la crescita economica, oltre naturalmente alla sovrappopolazione umana!
Circa 50 anni fa (nel 1969) il Segretario Generale dell’ONU, Maha Thray Sithu U Thant, aveva scritto che, allora, c’erano a malapena dieci anni per cambiare veramente rotta e occuparsi a fondo dei problemi della sovrappopolazione e dello sviluppo, dopo di che sarebbero divenuti al di fuori di ogni nostra possibilità di controllo. E così è stato. Le dichiarazioni, ancora velate, di qualche rappresentante intervenuto a Glasgow ha lasciato intendere proprio questo: la situazione non è più controllabile, una forma di collasso è ormai inevitabile. Possiamo solo fare qualcosa per rendere questo collasso il meno traumatico possibile. Ma è doveroso farlo!
A Glasgow non si sono mai messi in dubbio i princìpi dell’Occidente! Del resto sono andati al COP 26 i rappresentanti dei cosiddetti “Stati sovrani”, che sono essi stessi una caratteristica della cultura occidentale, quando sappiamo benissimo quanto poco siano “sovrani”, dato che sono ormai completamente in balìa di entità molto più potenti (le multinazionali) che sono presenti ovunque, sono di fatto incontrollabili, e, per loro stessa natura, hanno come unico scopo il profitto.
Per ottenere qualcosa per il clima, e quindi per la buona salute del Complesso Terrestre, bisognerebbe abolire l’economia, non parlarne più, come facevano tante culture native, quando neppure esistevano veri confini “nazionali”. Un obiettivo successivo sarebbe anche quello di abolire il denaro, sia cartaceo che virtuale. L’economia è un sistema con un’unica variabile (il denaro) all’interno di un Sistema Complesso (l’Ecosfera terrestre) con un numero grandissimo di variabili. Il sistema così non può funzionare, se non per un tempo molto breve, che sta per scadere.
I drastici cambiamenti climatici, e forse anche le pandemie che stanno iniziando, sono le prime reazioni immunitarie della Terra per riportarsi in condizioni vitali, che, con la nostra scala dei tempi, devono essere stazionarie.
Mi rivolgo ai giovani manifestanti, a Greta Thunberg, ai Fridays For Future, a Extinction Rebellion. Rendetevi conto fino in fondo della situazione, portate in giro almeno qualche cartello o qualche striscione su quanto scritto sopra, non vi costa molto, e almeno qualcuno leggerà: forse semplicemente non ci aveva mai pensato.
Non basta diminuire o annullare le emissioni, bisogna anche diminuire tutti i trasporti e tutti i consumi. Il problema non è come mandare avanti “le macchine” (se con i combustibili fossili o le energie rinnovabili), il problema sono “le macchine” stesse.
La sola possibilità che abbiamo, come primo passo, è aumentare la consapevolezza. Poi: l’estinzione del desiderio, la fine della competizione e del materialismo, e di quel delirio di grandezza che ci fa credere unici e inconfondibili fra tutti gli esseri viventi e senzienti del Pianeta (altri animali, piante, ecosistemi, esseri collettivi).
Invece di pensare a Repubbliche “fondate sul lavoro”, proviamo a pensare a comunità “fondate sul Mondo Naturale”.
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Parole inutili per la beneamata maggioranza.
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/un-miracolo
Identificarsi nel giudizio
Fa il mondo
Ci descrive
Ci separa
Articolo affermare troppo tardi per filosofie ecocentriche et paremi poterlo accreditare . Stop 🙄
Ma non si tratta si abolire l’economia.
Si tratta di spostare il punto di attenzione, di portarlo verso una filosofia ecocentrica, toglierlo da quella antropocentrica. Il fare che ne uscirà tenderà a sostituire qualunque precedente consuetudine, sortilegio, superstizione che ora dominano il pensiero, fino al punto di dire che non si può abolire l’economia.
Tutto giusto in teoria ma non si può abolire l’economia ,quindi il discorso è una utopia. Il mondo attuale è già cambiato e Greta & c sono parte del problema ,non parte della soluzione. Il tracollo probabilmente accelererà con una progressione geometrica e porterà presto altri malanni oltre agli attuali. Tra Cassandre e negazionisti chi avrà avuto ragione si vedrà ( ma non lo sapremo).
Ogni realizzazione d’uomo, ogni record, ogni carriera, impresa, evoluzione, guarigione, malattia, politica e società avviene a causa dell’attenzione ferma sul risultato ultimo. Diversamente resta un’utopia. Al punto di attenzione corrisponde una realtà e quella realtà corrisponde a noi.