Capita a tutti: siamo sui sentieri, lo stimolo arriva e c’è poco da fare, bisogna agire. Perché quando scappa, scappa. Ma c’è modo e modo di farla e gestirla, se si vuole preservare la nostra salute e rispettare l’ambiente. Vediamo come trattare questa intimità particolare.
Ti scappa? Ecco sei cose da fare
a cura della Redazione di trekking.it
(pubblicato su trekking.it il 26 giugno 2024)
Cosa fare quando ti scappa durante un trekking: le regole fondamentali
Quando succede la prima volta, è un po’ destabilizzante. I principianti del trekking, quelli a cui lo stimolo inequivocabile capita solo in città, possono avere il riflesso di disperarsi all’idea che no, non c’è vicino un bagno pubblico o un bar dove barattare un caffè con una seduta liberatoria.
Nessun WC, nessuna “turca” all’orizzonte: solo natura, natura e natura.
Natura della quale facciamo parte anche noi e che quindi non dovrebbe spaventarci.
Tuttavia, anche farla durante un trekking richiede il rispetto di alcune regole fondamentali, nell’interesse della nostra salute e di quella dell’ambiente che abbiamo il privilegio di esplorare.
Vediamo quali.
1 – Keep calm, sempre e comunque
Prima regola fondamentale: non andare nel panico. Paradossalmente, sei nel luogo più adatto a farla, nel cuore della natura.
Anzi, la simbiosi con l’ambiente può rendere il tutto un’esperienza unica, quasi mistica, di totale immersione con l’ambiente che ti circonda.
Certamente dovrai rispettare le regole fondamentali che seguono e per farlo devi stare calmo.
Se ti lasci prendere dall’ansia, non solo non godrai di una bella esperienza che merita di essere vissuta, ma potresti mettere a repentaglio la tua sicurezza, la tua salute e anche quella della natura che ti circonda.
2 – Mai sul sentieri, se rispetti gli altri
Per una volta si può violare una delle regole fondamentali del trekking, quella che vieta di abbandonare la traccia.
Anzi si deve, perché lasciare altro tipo di tracce lungo il cammino non deporrebbe a vostro favore.
Farla sul sentiero non è mai un’opzione. Innanzitutto perché vi esporrebbe allo sguardo di qualche sfortunato – nel vedervi – trekker, e poi perché costringerebbe chi viene dopo di voi a fare slalom non proprio memorabili.
Per questo occorre abbandonare temporaneamente la traccia. Ma di quanto?
Almeno una trentina di metri e almeno il doppio in caso di corsi d’acqua, per evitare contaminazioni ed escludere che il bordo del sentiero diventi un accumulo di poco piacevoli rifiuti organici.
Naturalmente, uscire dal sentiero non significa gettarsi a capofitto lungo una scarpata o arrampicarsi su una roccia in stile alpinistico.
Sia perché non è proprio il momento di esagerare con gli sforzi, che potrebbero velocizzare il transito intestinale, sia perché non è il caso, nonostante tutto, di mettere a rischio la propria incolumità.
3 – Il posto ideale dove farla? Un luogo soleggiato
Questo è già più difficile, perché di solito un luogo assolato è meno nascosto rispetto a un bosco e quindi la privacy è meno protetta.
Tuttavia, trovare una piccola e intima radura è molto meglio. Sia perché il sole farà degradare più rapidamente il vostro “deposito”, sia per la piacevolezza dell’esperienza.
4 – Come pulirsi: Culoclean e gli altri sistemi
Sui metodi per pulirsi dopo avere evacuato ci sono diverse scuole di pensiero.
Si va dai tradizionalisti delle foglie grandi o del muschio a chi non fa un trekking senza salviettine o carte igieniche “speciali”.
I più coraggiosi utilizzano pietre o addirittura rami e bastoncini di legno.
Di recente sono stati prodotti veri e propri bidet per il trekking, che garantiscono probabilmente la soluzione più igienica per la pelle e anche più rispettosa della natura.
Il più famoso bidet per il trekking è Culoclean, una idea semplice e geniale creata da una start up spagnola con crowdfunding e di cui potete leggere più approfonditamente in questo articolo.
5 – Come nascondere la salma
E’ fatta: avete trovato il luogo più o meno ideale per la seduta, vi siete liberati dell’insopportabile peso, magari baciati dal sole, e vi siete anche puliti.
Ora siete in pace con il mondo, freschi e in piena armonia con la natura.
Però ricordatevi che no, l’opera non è finita. E’ vero, non siete sul sentiero, ma bisogna ancora nascondere il “cadavere”.
Ricordate che le feci possono essere strumento di trasmissione di infezioni, a maggior ragione per la fauna selvatica.
Per prima cosa occorre scavare una buca di diametro tale da contenere il vostro “souvenir” e di profondità pari a circa 15-20 cm. La profondità non è casuale.
Con un buco poco profondo l’olezzo del vostro “lascito” attirerebbe gli animali, mentre scendere troppo sotto la superficie sarebbe inutile: gran parte dei batteri che fanno degradare le feci, infatti, vivono entro quella profondità.
Un bastone o un’apposita paletta vi aiuteranno nel compito di scavare la buca.
Vi consigliamo di dare una bella rimestata per amalgamare feci e terreno, prima di chiudere la buca: quest’ultimo tocco da maestro faciliterà la decomposizione.
6 – E se non puoi scavare? Ecco cosa fare
Non sempre ci si trova su terreni che consentano di scavare.
In alta montagna, ad esempio, la normalità è il terreno roccioso, ghiaioso o coperto da neve. Il consiglio degli esperti, in questo caso, è di trovare una pietra con faccia piatta e larga esposta ai raggi solari.
Quella pietra sarà il vostro WC d’alta quota.
Una volta espletati i vostri doveri, vi basterà prendere un bastone e spalmare accuratamente i vostri bisogni sulla pietra, in modo da formare uno strato omogeneo e sottile.
I raggi del sole penseranno al resto, facendo degradare poco a poco il vostro “deposito”.
Voi potrete tornare a camminare sul sentiero, leggeri e sereni, consapevoli di essere pienamente parte della natura che vi circonda.
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L’ultimo incontro, qualche giorno fa, a due passi (proprio due di numero) dal sentiero.
Se fosse carta igienica sarebbe diverso?
Ma che bello!
Da quello che mi dicono , la cellulosa non dura molto in ambiente , piuttosto fa schifo vederla o portarla a casa nello zaino.
.
Non servirebbe una grande preparazione scientifica per allontanarsi una quindicina di metri in senso ortogonale dal sentiero , scarivare il cadavere in una buca profonda una ventina di centimetri , ricoprire con cura e riprendere la giornata con le dita asciutte.
Cominetti #41:
Io lo dedicherei piuttosto a chi la carta igienica (e/o altro) la abbandona!
Se parliamo di educazione siamo un popolo di maleducati. Basta entrare in un bagno pubblico per capirlo. Non parliamo poi dei bagni delle donne.
…il cul si netta e non metta. Il correttore, haimé.
Aggiungo una settima possibilità: per pulirsi usare un dito.
Negli anni ’70 nel cesso lurido (ma vi ricordate com’erano?) di un cinema avevo letto una filastrocca che non ho mai dimenticato:
Chi col dito il cul si metta
tosto in bocca se lo metta.
Alla fine avrà pulito
Sia il culo, che il dito.
Sistema dedicato a chi si scandalizza per la carta igienica abbandonata che in qualche modo richiama concetti che avevo già espresso in un articolo pubblicato anche sul gognablog, questo:
https://gognablog.sherpa-gate.com/down-is-the-new-up/
Mi rendo conto che possa esistere chi, se “scappa”, abbia problemi, ma specie chi ha conosciuto boschi e monti fin da piccolo, ha imparato a non temere l’evento. E a cavarsela senza troppe storie.
Poi invece di farne un trattato, basta ricordare il buon senso, non fare nulla che possa dar fastidio agli altri.
Si va lontano dal sentiero trekking o dal tracciato scialpinistico, ciò è rispetto, anzitutto.
Personalmente sempre dotato di carta igienica, cerco un posto invisibile e scavo, spesso basta il tallone della pedula, lì, ehm, eseguo…poi ricopro tutto.
Il cane può farla improvvisamente a fianco sentiero, la sotterro. Basta aver voglia… e di me e dei miei cani non c’è mai stata traccia in tanti decenni, in nessun posto.
Di altri purtroppo…
Il Creatore, checché se ne dica, ha fallito. Doveva farci a circuito chiuso. Così almeno di questo non avremmo parlato e tribolato. Salvo che . . .
Stante la condivisione con il messaggio 1 di Marcello, vorrei “alzare” un po’ l’asticella..
Per i frequentatori del Gogna Blog forse sarebbe più utile parlare dell’espletamento dei bisogni fisiologici in parete. Ci sono diverse variabili da considerare tipo: su roccia o su ghiaccio, su cascate, in sosta o in arrampicata, nello scialpinismo, con tempo buono o brutto, con vento o senza, d’inverno o d’estate, in bassa, alta o altissima quota, con disturbi gastrointestinali, ecc. Ho assistito a situazioni a dir poco agghiaccianti che fortunatamente non mi hanno coinvolto direttamente anche se a volte ci è mancato poco…ma…quando scappa, scappa
Rosi:
La carta igienica sarà anche “molto più biodegradabile”, ma non si degrada in tempo zero… Ho visto cose…
Qualunque cosa si usi, si porta via. Semplice.
Assolutamente d’accordo invece sugli idioti delle lattine vuote (e non solo sui ghiacciai).
Date retta a me! La cosa più importante da fare quando scappa è di non farsela addosso!
Poi con un fazzoletto un accendino una pietra e un po’ di buonsenso tutto torna alla normalità, e di lì a qualche mese le erbette circostanti vi ringrazieranno!
Vorrei segnalare (scusate l’abbassamento del livello) che il decantato “Culo Clean” costa 12 euro. Il che equivale (a mio parere) ad un furto visto il contenuto in materiale ed in tecnologia del prodotto. L’idea di base è originale, nella sua semplicità. Immagino però che il prezzo non possa essere giustificato dall’aver investito milioni di euro in ricerca per arrivare in produzione
Molti anni fa ero sul Bianco e ho dato un’occhiata dentro la Capanna Vallot! Un cesso totale altro che bivacco! Peccato che le foto sono andate perse!
Io già ho perplessità rispetto al termine trekking, che ormai sembra designare qualunque tipo di passeggiata, mentre in realtà si tratta di un viaggio di più giorni.
D’accordo con Marcello al commento 1 e Marco al 6.
Per Flavia e Rosy: i migliori sono proprio quelli che non solo raccolgono gli escrementi dei loro cani racchiudendoli in plastica pure quando sono in natura, ma che li lasciano dappertutto. L’anno scorso ho trovato uno di questi regalini a 2.900 m sull’Etna.
Caro Fabio, vista la follia di costringere gli animali in città, rendendoli in tutto e per tutto dipendenti da noi umani, non trovo soluzioni per evitare che moltissime strade siano costellate e profumate da escrementi di ogni tipo.
Sorvoliamo sul commento classista di Cla al 20? Pure sui consigli di strumenti appositi per fare i propri bisogni: vivo la mia vita all’aria aperta da più di 20 anni e tutto è sempre andato bene.
Torno a leggere qualcosa di più interessante!
“Anche spalmata al sole?”
Non saprei. Ma l’idea di cercare di spiegare ad un centinaio di portatori balti come è perche’ debbano procedere alla spalmatura ha, come dire, dei risvolti potenziali molto interessanti.
@24
Una cacca depositata in quel clima resiste magnificamente agli attacchi batterici e climatici, e può permanere intatta per molto (troppo) tempo.
Anche spalmata al sole ?
.
🙂
Celebre frase di Milan Kundera sul tema:
https://www.lefrasi.com/frase/milan-kundera-merda-problema-teologico-piu-arduo-problema
Incidentalmente, nel caso di attivita’ che coinvolgono numeri non trascurabili di persone che si muovono tutte assieme (e almeno in Karakorum, credo siano ancora in vigore leggi che impongono di assumere tot portatori per ogni partecipante straniero), il problema non e’ certo trascurabile. Noi avevamo ricevuto dall’ organizzazione degli appositi sacchetti per riportare indietro qualsiasi rifiuto non organico, e come detto sinche’ c’erano le toilette (se non ricordo male, sino a Colofon) ci impegnavamo a usarle, ma anche cosi’ il nostro passaggio comportava inevitabilmente il deposito giornaliero delle feci di 150-160 persone. Questo era, e di gran lunga e snche senza voler fare gli schifiltosi, l’ aspetto meno piacevole di tutta la faccenda.
Se la situazione e’ davvero migliorata, sarei davvero interessato a sapere da chi e’ passato di recente da quelle parti come vadano oggi le cose.
Spero bene che la situazione sul Baltoro sia migliorata. La mia esperienza risale al 1995, una vita fa.
Permettete, tutti, oggi un gran blog di merda e pipì. Decadenza estiva.
Devo ammettere che questa conversazione su pipí e popò, pur non dissertando sui massimi princípi aristotelici, si sta rivelando utile e pragmatica.
A proposito, invito tutti a rileggere l’esperienza estrema del buon Gogna, non so piú se in Turchia, Afghanistan, Pakistan o chissà quale altro cantone del mondo. Doveva fare la pipí (o la popò?), ma il buco del cesso si apriva a quattro o cinque metri di distanza. Ed erano quattro o cinque metri ricoperti di uno spesso strato (5-10 centimetri?) di defecatio umana, sia fresca di giornata che stagionata.
Alessandro, non ricordo piú i particolari. Puoi dirmi come andò a finire?
😀 😀 😀
Ezio e pensa che la situazione mi dicono essere migliorata rispetto a qualche anno fa!
Comunque prova tu a pisciare in piedi con i pantaloni larghi e con su la socca dei Baltì e poi mi dici se non ti viene da accosciarti 🙂
“Basta fare un trekking, anche molto facile, in Himalaya per farsi passare ogni dubbio e imparare tante cose. ”
Oh sì. Ne ho fatto solo uno (su per il Baltoro sino a Concordia e poi indietro per il Vigne) e da questo specifico punto di vista mi è bastat0 ampiamente. Eravamo un gruppo abbastanza numeroso con qualcosa come 150-160 portatori, il che ovviamente moltiplicava la produzione. Ai principali punti di tappa erano state costruite delle toilette in muratura (ovviamente alla turca) a dispersione, che però non disperdevano abbastanza e quindi erano colme di feci sino all’ingresso e oltre. I membri del gruppo, da Tedeschi rispettosi delle regole (era una spedizione del DAV Summit Club) si facevano un punto d’onore di utilizzare comunque le toilette come previsto dalle autorità a ciò preposte, anche se spesso non era letteralmente più possibile distinguere dove esattamente fosse l’imboccatura dello scarico. I portatori se ne guardavano bene e si liberavano a cielo aperto. Da cui ho imparato due cose:
– Almeno in quelle zone, gli uomini non pisciano in piedi, ma si accucciano come per defecare;
– Una cacca depositata in quel clima resiste magnificamente agli attacchi batterici e climatici, e può permanere intatta per molto (troppo) tempo.
Cla, mia moglie, le nostre figlie e tutte le donne normali che frequentiamo (ci capita di frequentarne anche di anormali ma di rado) non hanno mai avuto bisogno di strumenti per fare i propri bisogni.
Di aggeggi simili ce ne sono tanti e da tanto tempo. Non c’è bisogno di reclamizzarli ne tantomeno di consigliarli.
Nell’educazione, che Crovella sbandiera come vessillo di superiorità ma ha tanta confusione in testa, ci metto il fare giocare i figli piccoli all’aperto, dove dovranno fare anche i propri bisogni.
Certo che se uno/a decide di darsi al trekking (che sarebbe più corretto chiamare hiking) a 50 anni e prima ha solo cagato in cessi sterilizzati, troverà delle difficoltà. Basta fare un trekking, anche molto facile, in Himalaya per farsi passare ogni dubbio e imparare tante cose. La merda può persino diventare un elemento amico se non ci si fanno le seghe mentali. È un materiale che elaboriamo all’interno del nostro corpo. Se lo ripudiamo significa che abbiamo dei problemi. Non dico di farla in salotto ma neppure di averne paura come fosse un grizzly. Purtroppo per tante persone è così. Guardate che bella faccia che sfoggia la signora nella foto che illustra l’articolo che la fa senza abbassarsi i pantaloni.
Certo che chi lo ha scritto ci prende tutti per deficienti.
Se sono in tenda e fuori fa molto freddo la faccio in una bottiglia dal collo un po’ più largo, di quelle dei succhi di frutta. Le donne sveglie la fanno in una bottiglia tagliata a mo di bicchierone e poi la versano fuori dalla tenda. Se non ci riescono è perché non conoscono abbastanza il proprio corpo. Si esercitino!
Amo i cessi alla turca, igienici e ergonomici e ritengo il bidet un inutile ingombro.
Poi fate un po’ come volete.
Farla all’aperto, sia d’estate che d’inverno, non ha nulla di scandaloso. Basta farla in posti che gli altri possono evitare, altrimenti è segno di maleducazione e assenza di rispetto verso gli altri.: è questo che dà fastidio. Non ho nulla contro il pisciare sulla neve (ma intanto, quando capita a me, ci metto sopra un mucchietto di neve, in modo che non resti la macchia gialla “a vista”: neppure questo è grande manifestazione di educazione e rispetto verso gli altri). Invece ce l’ho con chi, umano o cane, schizza sulla pista e costringe gli altri a passarci sopra con le pelli. Io faccio zig zag, ma perché devo sorbirmi fatica aggiuntiva per colpa della maleducazione di qualcuno? (per quanto riguarda i cani ribadisco che la maleducazione è di alcuni loro proprietari, non dei cani che “fanno i cani”).
@ 18
Cla, grazie per il consiglio, però per fortuna non è il mio caso. Si tratta di una famiglia sfortunata che abita a Bologna e che ha scritto una lettera di protesta a un giornale.
A proposito di Bologna, conoscevo un bolognese che abitava in Via del Pratello (centro storico). Mi diceva che la zona è diventata un orinatoio (e pure peggio). Chi poteva fuggiva; gli altri (anziani, poveri) erano costretti ad annusare e sopportare disgustati.
… … …
Come diceva quella tipa che vive agiata con quindicimila euro al mese, “le loro usanze diventeranno le nostre usanze”.
Grazie, Boldrina!
P.S. Dalle mie parti, un’ipocrita del genere la chiamiamo scantacaiàun (scanta coglioni). Però, finché i gonzi la voteranno, lei continuerà felice e beata.
Cominetti:
Alle donne potresti consigliare il pisse de bout:
https://pissedebout.fr/
La mia compagna lo trova comodo
E ti dirò di più.
Amo pisciare all’aperto, ma non perché ce l’ho con la società (questo lo può pensare solo Crovella che è un superficiale poco intelligente) tant’è vero che la faccio spesso fuori, imboccando la porta di casa anziché quella del bagno. D’estate su un cespuglio di ortiche che usiamo per fare succulenti risotti.
Mi è pure capitato di condurre gruppi di clienti americani (notoriamente piuttosto tonti) a farla nel bosco come terapia liberatoria verso le convenzioni, ottenendo risultati commoventi. Scoprivano che si poteva fare! Come berci una birra su un prato (vietato negli USA). Piccole libertà che si apprezzano.
Non prenderei mai in nessuna considerazione una donna che si fa problemi a farla all’aperto perché le da fastidio oppure perché non può pulirsi come vorrebbe. Resti a casa, ma non con me. Potrebbe essere la più grande gnocca del pianeta. Se è una mia cliente la mollo dopo la prima volta. Mica faccio l’assistente sociale.
Educazione è sapere stare al mondo e il rispetto ognuno deve guadagnarselo.
Bertoncelli:
Appartamento a piano terra in città oramai è solo roba da extracomunitari.
Cambia casa!
beh… bisogna essere educati. se a uno piace pisciare sulla neve, perché gli dà un senso di libertà (è evidente che si tratta dell’emerge di un bisogno interiore di ribellione dalla società “opprimente” col tutte le sue regole, comprese quella dell’educazione, NdR) si allontana tre metri dalla traccia per rispetto a chi trova schifoso dover far passare le proprie pelli sopra agli schizzi altrui, che siano umani o canini. Vivere in società impone il rispetto delle regole, altrimenti vale il liberi tutti e arrivare all’uso del kalashnikov contro chi infrange le regole per partito preso, è solo quesitone di tempo.
Il problema centrale non sembra essere dove farla e come lasciarla, ma come pulirsi.
Pisciare sulla neve mi da grande piacere. Magari non sulla traccia, semmai a lato. Anche pisciare sugli sci non mi dispiace.
Trovo curioso che ci siano persone a cui da fastidio il giallo di una pisciata sulla neve.
Quando prendevo gli impianti piasciavo anche dalle seggiovie (se sotto non passava una pista) e portavo la canottiera di lana. Un selvaggio.
“Sono residente in via de’ Chiari 23, Bologna, e voglio segnalare l’insostenibile situazione di fetore e sporcizia che caratterizza la nostra strada. Essendo buia e poco trafficata la strada è ormai un orinatoio a cielo aperto, con fiumi di urina ed escrementi umani e animali, presenti a qualsiasi ora del giorno e della notte. Il fetore inonda tutta la strada e penetra nel mio appartamento situato a piano terra. Spesso ci è capitato di cogliere in flagrante persone intente a urinare sotto la finestra di casa, senza pudore né rispetto. E non siamo in zona universitaria, dunque molto lontano dagli schiamazzi e dalle piazza affollate, dove tutto ciò è normalità.”
Non è che la redazione di trekking.it abbia consigli anche per i valorosi defecatori e urinatori di città?
P.S. Mi correggo: non “per” ma “contro”.
Effettivamente i cani sono diventati un “grosso” problema in montagna. Non è colpa dei cani, che “fanno i cani”, ma è colpa dei loro proprietari, o, meglio, di ALCUNI proprietari (però non sono pochi), quelli disattenti e maleducati che non sanno/non vogliono “trattenere” i propri cani dall’arrecare fastidio agli altri frequentatori della montagna. Le cacche dei cani sono solo la punta dell’iceberg del problema cani in montagna, ma certo sono una delle componenti più fastidiose. Già da una ventina d’anni almeno, i marciapiedi delle città sono stati ridotti e vere e proprie latrine, ma almeno in montagna dovremmo esser liberati da questo problema. In più mettere la cacca del proprio cane in un sacchettino e poi lasciarla lì, magari in bella mostra, è davvero il massimo della maleducazione… più che delle cacche umane, mi preoccuperei di constrastare il problema delle cacche di cane. Fastidiosissimi anche gli “schizzi” giallo-rossicci di urina (sempre dei cani, ma a volte anche umana) che i cani lasciano sulla neve, specie sulla traccia di salita di percorsi scialpinistici: chi non vuole pestare tali getti con le proprie pelli di foca, è costretto a fare dei continui zig zag…
Eviterei i fazzoletti ma si a carta igienica (molto più biodegradabile). Ma 2 parole sugli IDIOTI che lasciano lattine vuote schiacciate e dico schiacciate sui ghiacciai…!!!
Questo articolo è un bel po’ che gira per gli intestini di Internet.. vederlo ripubblicato qui fa pensare a una morìa estiva di notizie valide.
Ma è vero che c’è sempre più gente che non si sa allacciare le scarpe, figuriamoci misurarsi con la defecazione in quota. I risultati sono visibili ovunque.
Plauso @Matteo! Non defecate ma neppure urinate nelle trincee o altre opere campali della Prima guerra mondiale! Nei monti del Nordest è una pena, specialmente l’anno scorso e il precedente per scarsità di neve e pioggia. Riportatevi i fazzolettini coi quali vi siete ripuliti a casa: è tutta roba vostra. Basta un sacchettino.
Aggiungerei pure di non abbandonare -anche a media o bassa quota- i sacchetti di plastica con dentro le cacche dei vostri cani. Che senso ha raccoglierla se poi lanciate il tutto non più biodegradabile in mezzo ai prati e boschetti???
Meno cannibali in montagna = meno cacca in giro (e non solo in senso stretto).
Il punto 2) sfugge a molti.
Applicabile a molte situazioni.
https://youtu.be/me3w7aCyTTU?si=cnSqHMUaknuljpK5
Immagino il boscaiolo che sorprende la “distinta” signora milanese che spalma la di lei merda sulla roccia….
a chi si è dovuto insegnare a lavarsi le mani, non si poteva non insegnare a cacare.
Ma, in un blog come questo, con tutto il rispetto, c’era bisogno di un articolo (simpatico) così?
P.S.: e anche al minuto 4 (mi era dimenticato!)
Io però aggiungerei un paio di regole:
1- un accendino per bruciare la carta per evitare di lasciare in giro i foglietti sgommati
2- evitare assolutamente di farla, liquida o solida che sia, in cavità naturali o artificiali (grotte, tunnel di guerra, nicchie, ecc.) per nascondersi all’altrui vista, che li rimane in eterno perché la pioggia non batte
Momento di poesia al minuto 1.45: https://www.youtube.com/watch?v=Su3xvIrS54M
@Cominetti …effettivamente ahahahah
Comunque io non spalmo niente eh?
Se da adulto hai bisogno di istruzioni su come cagare se non c’è un cesso, vuol dire che hai avuto un’infanzia proprio difficile.