Turismo bianco, futuro nero – 10

Dal Corno alle Scale a Roccaraso, nell’Appennino si continuano a bruciare soldi sul settore della neve. Come se i cambiamenti climatici non esistessero.

Appennino, decine di milioni di euro (pubblici) per la neve che non c’è
Turismo bianco, futuro nero – 10 (10-17)
di Andrea Barolini
(pubblicato su valori.it il 24 febbraio 2020)

Quattro anni fa, nel 2016, le Regioni Emilia-Romagna e Toscana avevano siglato un protocollo. Obiettivo: ottenere un finanziamento a fondo perduto da 20 milioni di euro. Per costruire nuovi impianti di risalita verso il lago Scaffaiolo, nell’Appennino modenese. E creare così un comprensorio tra la stazione di Corno alle Scale a 1600 metri), monte Cimone e Abetone 1380 m. Un “sogno” da 120 km di piste, con un unico skipass.

Il progetto di un mega-comprensorio da 120 chilometri di piste
«L’opera chiave – spiegava all’epoca il Corriere Fiorentino – sarà la costruzione di una funivia che collegherà la Doganaccia (Toscana), con il lago Scaffaiolo al Corno alle Scale (Emilia): costo 7 milioni e tre anni di lavori tra progettazione e costruzione. Per unire Cutigliano con la seggiovia delle Regine all’Abetone basteranno una navetta e 20 minuti di strada. Stessa soluzione per collegare il paesino di Faidello (in fondo alla seggiovia Pulicchio, Abetone) con Le Polle, da dove ci si potranno godere gli altri 50 chilometri di piste del Cimone».

Un’immagine della stazione sciistica di Corno alle Scale, in Emilia-Romagna, all’inizio del mese di febbraio 2020. © Valori.it

Il tutto per tentare di rilanciare l’area nell’Appennino, puntando ancora una volta sugli sport invernali. «Oggi la permanenza media nel comprensorio dell’Abetone è di due-tre giorni – aveva spiegato Rolando Galli, presidente del Consorzio turistico Apm Abetone -. Noi dobbiamo aumentare la qualità dei servizi e l’offerta delle piste, per intercettare i turisti che arrivano da Sud, ma anche quelli di Inghilterra, Olanda e Belgio, senza montagna ma con tantissimi sciatori: grazie ai voli low cost e ai prezzi da bassa stagione tra Pisa, Siena e Firenze, in molti integrerebbero la loro vacanza tra arte e sci».

Al Corno alle Scale, a 1600 metri di altitudine, febbraio 2020. © Valori.it

Il WWF: «Sull’Appennino temperatura in aumento e neve in diminuzione»
Contro tale progetto si sono scagliate alcune associazioni ambientaliste. Per via dei cambiamenti climatici che stanno mettendo già ora a dura prova le stazioni sciistiche tosco-emiliane. Ma anche per l’impatto a livello locale. «Si tratta di una valle pressoché incontaminata – spiega Fausto Bonafede, presidente del WWF Bologna – è un’operazione del tutto illogica sia sul piano ambientale che su quello strategico».

L’attivista spiega che quindi che «negli ultimi 30 anni al Corno alle Scale le temperature sono aumentate mediamente di oltre 1 grado centigrado, e le precipitazioni sono diminuite di oltre 100mm/anno (equivalenti a circa un metro di neve)». Inoltre, «il Corno alle Scale, e più in generale il crinale appenninico, è uno dei luoghi più ventosi d’Italia: è normale che, durante le perturbazioni, il vento spiri a velocità comprese tra i 130 e i 150 km/h. L’11 gennaio 2016 al Passo di Croce Arcana (vicinissimo al Corno) si è registrato il record italiano di velocità del vento (238 km/h)».

E il vento, prosegue Bonafede, «oltre ad essere un pericolo per le funivie, provoca uno scioglimento accelerato del manto nevoso. Sulla neve, infatti, anche in giornate calde, staziona una bolla di aria più fredda, che a contatto con la neve è vicina a zero gradi, creando un “effetto frigorifero” che ne rallenta lo scioglimento e ne aumenta la permanenza sul terreno. In condizioni ventose, questa “bolla fredda” di aria viene spostata e dispersa».

Un’immagine della stazione sciistica di Corno alle Scale, in Emilia-Romagna, all’inizio del mese di febbraio 2020. © Valori.it

«Meglio puntare sulla stagione estiva, ristrutturare sentieri e beni storici e artistici»
Ma non è tutto: secondo il WWF il progetto sciistico potrebbe nuocere alla biodiversità. «Ciò a causa della presenza “fisica” degli stessi impianti, della viabilità accessoria funzionale allo stoccaggio e trasporto (in fase di costruzione), delle nuove piste, dei grandi parcheggi (soprattutto sul versante toscano), della problematica connessa all’innevamento artificiale e alla captazione di sorgenti e acque superficiali».

Senza dimenticare che «il turismo sull’Appennino è sostenuto soprattutto dalla stagione estiva. È noto che le strutture ricettive mancano di elementi essenziali di accoglienza (servizi per handicap, bagno in tutte le camera ecc.). La rete di sentieri non ha un’adeguata manutenzione e segnalazione. I beni storici, artistici e culturali non vengono adeguatamente mantenuti e valorizzati».

Ciò nonostante, nell’ottobre del 2019 il progetto ha ricevuto i primi 2,5 milioni di euro di stanziamenti. Per infrastrutture che, stando all’evoluzione della temperatura media globale indicata dagli scienziati di tutto il mondo, saranno difficilmente sfruttabili già nel medio periodo. Legambiente Emilia-Romagna, in questo senso, ha bollato l’iniziativa come «un accanimento terapeutico».

Soltanto poche piste sono aperte al Corno alle Scale all’inizio di febbraio 2020. © Valori.it

In Abruzzo 50 milioni di euro per le piste da sci
Ma la vicenda Abetone-Corno alle Scale non è la sola. L’associazione Dislivelli ha ricordato che «nel 2017 la Regione Abruzzo ha stanziato 50 milioni di euro per sostenere lo sci e ampliare l’innevamento artificiale a Roccaraso, Ovindoli, Prati di Tivo, Passolanciano, Majelletta, Campo di Giove e Cappadocia. Quindi 22 milioni per due cabinovie a Castel di Sangro». Mentre «lavori per quasi 6 milioni provenienti dai fondi nazionali per le aree sottoutilizzate hanno permesso al già imponente sistema di innevamento artificiale del comprensorio dell’Alto Sangro di diventare il più grande d’Italia»

Eppure, le cronache parlano di neve che manca pressoché ovunque. E di temperature troppo alte non solo per aspettare che scenda dal cielo ma anche per spararla con i cannoni. All’inizio di febbraio, al Corno alle Scale le piste aperte si contavano sulle dita di una mano. Tanto che una responsabile della società che gestisce gli impianti di risalita ha parlato apertamente di stagione molto difficile.

Si scia soltanto sulle poche piste servite da cannoni per la neve artificiale. © Valori.it

Piste chiuse e neve scarsa in tutto l’Appennino
Allo stesso modo, stazioni come Campocatino e Campostaffi, nel Lazio, stanno vivendo «una stagione da incubo», come spiegato dal quotidiano locale Ciocaria Oggi. «Quelli che in questo periodo erano luoghi ricoperti dalla neve e affollati da appassionati si presentano come distese verdi», spiega la testata, che parla anche di «quadro desolante e preoccupante».

A Roccaraso, in Abruzzo, un’associazione di consumatori ha denunciato la mancanza di neve, sia naturale che artificiale, chiedendo perfino il rimborso degli skipass ai turisti. Mentre il Quotidiano del Molise parla di «stazioni di Campitello e Capracotta al collasso». Allo stesso modo, il Corriere di Siena titolava a metà gennaio: «Sci, poca neve sull’Amiata: a rischio la stagione invernale sulla montagna senese».

Dida

Un impianto di risalita chiuso poco prima dell’arrivo al Corno alle Scale. © Valori.it
Gli sciatori devono accontentarsi di una striscia di neve in mezzo ad un paesaggio quasi primaverile. © Valori.it
Qui le Regioni Emilia-Romagna e Toscana immaginano di investire 20 milioni di euro per creare un mega-comprensorio sciistico. © Valori.it
Le temperature sono destinate a crescere nell’Appennino. © Valori.it
Un impianto di risalita abbandonato nei pressi del Corno alle Scale. © Valori.it
Una vecchia locandina pubblicitaria al Corno alle Scale. © Valori.it

Dalle Alpi all’Appennino, come cambia l’inverno e l’economia della montagna in tempi di cambiamenti climatici? Ascolta qui.

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Turismo bianco, futuro nero – 10 ultima modifica: 2020-08-03T05:56:09+02:00 da GognaBlog

11 pensieri su “Turismo bianco, futuro nero – 10”

  1. 9. Eh certo, il futuro è degli 84enni! Ma perché questi vecchiacci (tutti, senza distinzione di colore politico) non se ne stanno zitti e buoni, con tutti i danni e con la vita da nababbi che hanno fatto. Che intervistino i ventenni, non queste ormai inutili cariatidi.

  2. Ricordo anche che il versante SO del Cimone, ora libero dai vecchi impianti degli anni Ottanta, fa parte del Parco Regionale dell’Alto Appennino Modenese.

  3. ——— L’UOMO DEL MONTE HA DETTO SÍ ———
     
    “Collegare il Cimone all’Abetone è possibile? Non è certo la prima volta che se ne parla, ma l’impresa sembra così ardua e forse anche impossibile che è sempre rimasta chiusa nelle parole. Un sogno per qualcuno, una follia per altri, sicuramente non una passeggiata.
    È recentemente tornato sull’argomento Romano Prodi, ex premier ed ex presidente della Commissione Europea, che vedrebbe di buon occhio la realizzazione del progetto, dal momento che solo i grandi comprensori possono essere garanzia di sviluppo turistico e di lavoro sul territorio.
    Dinnanzi a questa apertura Luciano Magnani, presidente ad honorem del Collegio nazionale dei maestri di sci, nonché presidente del Consorzio Cimone, ha preso subito la palla al balzo per depositare sul tavolo dei due presidenti regionali, Emilia-Romagna e Toscana, un progetto su cui lavorare per andare in questa direzione che potrebbe rientrare tra le opportunità del Pnrr.
    Si tratterebbe di una funivia capace di unire il Pulicchio (Abetone) e la Buca del Cimone con una linea suddivisa in tre stralci: Pulicchio-Fiumalbo, Fiumalbo-Doccia e Doccia-Buca del Cimone, per un totale di 6.100 metri, con un impianto simile a quello che unisce Aosta e Pila [dicesi tre tronchi di funivia, per una lunghezza totale di oltre sei chilometri!]. Il giochino prevede una spesa attorno ai 35 milioni di Euro.”
     Articolo tratto da http://www.sciaremag.it.
     
    … … …
    Ricordo che, nei luoghi in cui dovrebbero passare le funivie, nei primi anni Ottanta furono installate tre sciovie (versante SO del Cimone). A causa dell’esposizione al sole i pendii erano scarsamente innevati (per le esigenze di una stazione sciistica) perfino in quegli inverni nevosi. E infatti l’impresa fallí in pochissimi anni.
    Ora Prodi, lungimirante, vuole spendere 35 milioni di euro per ripetere il fallimento.
    Beninteso, fondi PNRR ovvero denaro dei contribuenti.

  4. Gli amministratori continuano a concede licenze ed a lasciali fare, forse perchè concedendo licenze si possono pagare stipendi a dipendenti comunali inutili. Ma  la neve sarà un ricordo da cartolina e speriamo che i capitani coraggiosi vadano a progettare caroselli sciistici a Dubai, almeno il danno ambientale sarà minore

  5. Sia chiaro, non sono contrario alle piccole stazione da sci, a maggior ragione se a misura di famiglia. Rispetto con attenzione la nostalgia di chi ha iniziato in contesti del genere. Anzi, in teoria mi piacerebbe che ci fossero tante stazioncine piuttosto che mega stazioni. Purtroppo l’altezza dell’innevamento mette fuori gioco principalmente le piccole stazioni. In generale fosse per me non metterei piu’ neanche un nuovo impianto, né a 1500 m né a 2500-3000 m. Ci sono gia’ troppe cose “umane” in montagna. Buona serata a tutti.

  6. Ennesima denuncia sensata di spreco di denaro e scempio dell’ambiente. Investimenti insensati puramente speculativi a vantaggio di pochi. L’altro ieri sul Gran Pilastro (Breonie di Levante) a 3510 m si saliva tranquillamente in scarpette, sul versante al sole senza un filo di neve.  

  7. Lo scorso inverno alla Doganaccia erano possibili i picnic sui prati.  Serviva solo un maglioncino.
    E il cappello da sole.

  8. Da quale sciatore incallito, concordo che questo progetto è una”cagata pazzesca “: l’ennesimo esempio di come buttare soldi non solo che potrebbero essere spesi per utilità ma per fare disastri… 

  9. Concordo con Carlo Crovella, oltre a rimanere profondamente commosso per la citazione di Lito Tejada-Flores.
    Mi dispiace molto per il Corno Alle Scale, ho imparato a sciare lì, e ad oggi se ci fosse neve sarebbe ancora una piccola stazione assai carina con costi di gestione ridotti, adatta a famiglie con bambini e principianti.
    L’ambiente circostante è stupendo, tant’è che ad oggi è molto frequentato da escursionisti sia in inverno che in estate. Bellissime le cascate del Dardagna che si trovano proprio adiacenti alla stazione sciistica. 
    Per il Vernante Toscano la Doganaccia sta già facendo been, la funivia da Cutigliano ha dato una bella smossa e anche lì gli impianti riportano a tempi passati, uno sci molto romantico che ad esempio alla mia famiglia piace. 
     
    Fu “casa” di Alberto Tomba ai tempi d’oro, infatti le piste portano il suo nome.

  10. I professionisti del crimine hanno degli esperti consulenti legali infallibili che sapranno reperire sicuramente i fondi necessari alla costruzione di qualche grande ovovia a quota da coltivazione di pomodori. Statene certi.

  11. Il titolo di questa importante “serie” di interventi, con la sua contrapposizione cromatica molto manichea, mi ha fatto tornare alla mente un articolo di Lito Tejada-Flores, intellettuale e scrittore californiano oltre che appassionatissimo di sci, dal titolo “Neve bianca, neve nera”. Il testo risale agli anni ’80 e, se non ricordo male, è stato pubblicato in italiano su Dimensione Sci (annuario RdM dedicato allo sci). Nel caso Giorgio Daidola sa recuperarlo rapidamente e penso che lo metterebbe a a disposizione con entusiasmo. Si tratta di un articolo ambientalista ante litteram perché contrapponeva apertamente la neve sporca di affarismo (degli impianti) con la neve intonsa in cui ci si avventura lontano dagli impianti. Ogni tipologia di impianti, ma a maggior ragione se “forzati” come nel caso di ampliamenti di stazioni a quote troppo basse per disporre di un innevamento naturale che copra l’intera stagione.  Progetti come questi o altri analoghi sono completamente insensati e ricordano il “magna magna” che, specie in Italia, coinvolge la costruzione di impianti sportivi in occasione di importanti manifestazioni, quali Olimpiadi o Campionati del Mondo. Sono pronto a scommettere che nella ripartizione dei fondi europei (Recovery Fund ecc) salterà fuori qualcosa per  nuovi palazzetti con “forme strane” (tipo la Nuvola di Fuksas), o qualche stadio in più (il Delle Alpi di Torino, costruito per i Mondiali 1990, è inutilizzato da anni!). Non mi stupirei che nei finanziamenti ci finisse anche qualche seggiovia nuova a quota ridicole…  Niente di nuovo sotto il sole.

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