Il Comune di Calalzo di Cadore, con Verbale della Giunta Municipale n. 109 del 30 dicembre 2013, ha deliberato di esprimere parere favorevole in ordine alla proposta formulata dalle Guide Alpine Tre Cime di Lavaredo di poter svolgere sul territorio comunale e nelle zone suindicate la pratica dell’eliski.
Ecco i fatti. Il 26 novembre 2013 l’aspirante guida Alex Pivirotto, a nome delle Guide Alpine Tre Cime di Lavaredo, aveva sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione la proposta di poter attivare la pratica dell’eliski sui ghiacciai superiore e inferiore dell’Antelao e sul vallone esposto a nord che scende fino ad arrivare in Val d’Oten, zone che interessano esclusivamente il territorio comunale.
Nel frattempo il 23 dicembre 2013 il Collegio Regionale delle Guide Alpine del Veneto aveva espresso parere favorevole, dopo accordi con il Soccorso Alpino e il GR CAI del Veneto.
L’Antelao da Cortina
La Giunta comunale, convocata dal sindaco Luca De Carlo, si riunisce. “Considerato che la pratica di cui trattasi rappresenta ormai un’esperienza in forte crescita nelle migliori località sciistiche e potrebbe sicuramente implementare l’attrattività turistica del territorio; ritenuto dover pertanto favorire la sua diffusione sul territorio comunale, pur subordinandone l’esercizio a talune limitazioni di sostenibilità” delibera il permesso così vincolato:
1) l’esercizio dell’attività è ammesso fino al termine del mese di aprile ma rimane precluso nelle giornate di sabato e domenica;
2) l’attività è permessa per un massimo di tre giorni a settimana, a scelta della società Guide/Elicottero;
3) l’orario di attività è comunque limitato dalle ore 7.00 alle ore 12.00;
4) il numero massimo consentito è di 12 persone (per non più di n. 3 rotazioni);
5) la società di Elicotteri potrà operare solo con la presenza a bordo di una Guida Alpina;
6) dovranno essere preventivamente comunicate le piazzole di atterraggio dell’elicottero, sulle quali è consentito solo lo scarico delle persone senza sosta;
7) dovranno essere utilizzati elicotteri che riducano il più possibile il rumore e le emissioni inquinanti;
8) la valutazione delle condizioni meteo e della neve rimane rimessa alla esclusiva responsabilità della società Guide;
9) di dare atto che il presente atto di indirizzo non esonera gli operatori dall’acquisizione a loro carico di eventuali ulteriori autorizzazioni necessarie per l’esercizio dell’attività predetta e potrà essere revocato senz’altro e con effetto immediato in caso di inosservanza delle prescrizioni suddette ovvero di motivato reclamo ad opera di terzi.
Solo due anni prima, il 29 novembre 2011, Il Gruppo Regionale CAI Veneto, il Soccorso Alpino Veneto e il Collegio regionale delle Guide alpine, si erano uniti all’appello del presidente generale del CAI: «Ribadiamo la nostra contrarietà al diffondersi di tali pratiche che, oltre ad essere contrastanti con la corretta fruizione della natura e delle bellezze di luoghi ed ambienti assurti a Patrimonio dell’Umanità, possono essere cause prime per ridurre, in modo anche significativo, le norme di sicurezza del singolo e del gruppo. Pertanto auspichiamo la stretta vigilanza da parte delle sezioni del CAI e dei gestori dei rifugi e l’adozione da parte della Regione Veneto di specifiche norme che ne disciplinino l’attività per adeguarsi a quanto già, ad esempio, in atto nelle regioni contermini. Restiamo, infine, a disposizione degli enti locali e della stessa Regione per ogni tipo e forma di collaborazione possibile nello specifico settore e, in genere, in quello della valorizzazione compatibile del territorio montano e della sua promozione in sicurezza».
Il Corriere delle Alpi aveva intitolato ottimisticamente «Basta eliturismo ed eliski sulle nostre montagne», ma evidentemente non aveva letto bene la dichiarazione, che in realtà, professando una vaga “contrarietà alla diffusione”, auspicava non la soppressione dell’eliski bensì la sua regolamentazione.
Quindi ora tutti d’accordo, e il colpo di mano di un gruppetto di guide alpine ha creato un bel precedente, abbiamo l’eliski sull’Antelao, nel cuore cioè del patrimonio mondiale UNESCO. Un cuore ancora selvaggio, lontano dai caroselli dello sci tipici di altre zone più “dolci” delle Dolomiti.
C’è di sicuro chi si sente escluso e beffato: sai quanti se potessero farebbero eliski… Io personalmente invece mi sento ancora una volta deluso, soprattutto tradito da chi dovrebbe avere a cuore il proprio territorio, dagli amministratori in primo luogo ma poi anche dalle guide alpine implicate che soprattutto, meccanizzando l’avventura, banalizzano la loro professione.
E non mi dà particolare consolazione sapere che possiamo presentare reclamo, motivato naturalmente. Perché l’unico reclamo motivato possibile farebbe riferimento all’ingiustizia della delibera quando questa limita il permesso agli sciatori accompagnati da guida alpina, con ciò evidentemente negando in modo manifesto la libertà di chi non lo fa per professione ma ha uguali capacità. Insomma il cavillo sarebbe quello, ancora una volta il fine giustificherebbe i mezzi, ma sai quanto sarebbe squallido riuscire ad avere ragione in quel modo. Impedire l’eliski sostenendo che tutti hanno diritto di farlo!
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e nel frattempo che ci si preoccupa di demonizzare 4 elicotteri (forse anche meno di 4…) ecco la notizia bomba… :
http://www.lecconotizie.com/attualita/e-fatta-una-funivia-raggiungera-la-vetta-della-grignetta-163584/
Purtroppo, ecco l’effetto domino attuarsi:
http://servizi.comune.auronzo.bl.it/attiauronzo/pdf/DE140037.pdf
Eccoci qui, come precedentemente intuito, l’effetto domino è partito. Anche il comune di Auronzo ha deliberato-regolamenteto l’eliski. Riassumendo ad oggi sono i gruppi del Sorapis, Antelao, Marmarole e Popera a diventare piste… E l’Unesco? E la rete natura 2000 con Sic e Zps? E il CAI? Dove sono?
L’inverno è il periodo di maggiore scarsità di cibo per gli animali selvatici costretti a migrazioni giornaliere alla ricerca di qualcosa da mangiare. Un ungulato spaventato dai motori correndo consuma 8-10 volte le energie di quando cammina. I tetraonidi invece iniziano sul finire del’inverno a cercarsi per l’accoppiamento e si nascondono, per affrontare la stagione fredda, nella neve nella zona tra vegetazione cespugliosa ed altofusti. Gli elicotteri, non il singolo dell’antelao, si aggiungono a motoslitte e cingolati vari. Il controllo sui motori già oggi non è possibile a meno di dotare i vigili degli stessi mezzi o dotarli di telescopi per vedere le matricole degli elicotteri. Chi riempie i parcheggi e i tavoli dei vari ristoranti in quota sono perlopiù i turisti attirati dai facili accessi forniti da un sistema stradale che punta sempre più in alto trasformando la montagna in un luna park. La montagna non è un ambiente per tutti e non è la mecca obbligata per l’accesso al paradiso. E un luogo selvaggio governato da un ecosistema fragile, sottoposto continuamente a stress, le Dolomiti ancor di più per via della loro storia geologica, della loro accessibiita in relazione alla forma delle valli. Incontro sempre più spesso femmine di cervo che col piccolo cercano di scavalcare muretti e cigli stradali, camosci caduti da dirupi, volpi che annaspano nella spazzatura. No, non è l’elicottero dell’Antelao, e’ anche l’elicottero dell’Antelao, ma è principalmente la non conoscenza dell’ambiente, le vacanze impostate al consumo quantitativo, il parlarsi addosso sviscerando le negatività senza mai tentare una strada nuova per uno sviluppo in equilibrio tra le esigenze attuali ed il rispetto per il futuro. Se no bisogna avere il coraggio di dire che son tutte balle, chiudere i parchi naturali e mandare a quel paese l’UNESCO. Ue’ avvisatemi quando prendete sta direzione che cerco Luca e fuggiamo verso una nuovo paese.
Credo che siano ben 50 anni che non si vedono alpinisti, trekker, sci alpinisti, fungaioli, foto amatori, partire dalle loro case a piedi o in bici per raggiungere le pendici delle montagne e poi svolgere le attività di cui si parla.
Vedo sempre più parcheggi pieni migliaia di auto ai passi dolomitici, come d’inverno nei parcheggi delle funivie come degli hotel come ai rifugi ove si sbanchetta a tavola.
Ambientalisti e psudo verdi compresi.
Sta di fatto che tanto caos x tre rotazioni al giorno x tre giorni a settimana x forse 2 mesi quando d’inverno c’è o ci sarà la neve.
Italia…
Trovo molto triste che siano le guide alpine a spingere per l’eliski. Forse anche questo è un segno dei tempi: la crisi colpisce anche loro, già salvati peraltro dalla provvidenziale e più recente “moda” delle ciaspole senza la quale, prima, non battevano quasi un chiodo (in tutti i sensi). Le guide dovrebbero capire che, distrutto il fascino selvaggio (oddio) delle Dolomiti sempre più ridotte a un luna park, il danno alla lunga sarebbe anche per loro. Somiglia molto a chi sega il ramo su cui è seduto.
A parte alcuni errori giuridici che spesso purtroppo vanno a cozzare contro le situazioni montane ma che sono poco importanti in questo caso, il post di Valagussa evidenzia perfettamente la situazione.
Come avevo già scritto sul mio primo post, io non sono né favorevole né contrario alla pratica dell’eliski e non lo reputo un pericolo per la montagna se ben gestito e regolato, sicuramente meno invasivo ed invadente degli ormai accettati impianti sciistici!
Il problema quindi è quello di individuare con un minimo di criterio (ma in questo caso non mi sembra si invadano spazi faunistici o dall’equilibrio delicato) un punto dove poter far coincidere varie e diverse esigenze.
Ho citato già la Valle d’Aosta come regione italiana, il Canada, ma se non vogliamo andare tanto in là con condizioni diverse si può citare la Francia in alcuni casi: la questione è una regolamentazione di tipo regionale, quindi sovrana, che non permetta e non ammetta deroghe in proposito, togliendo a vari sindaci a caccia di voti l’opportunità di demolire completamente l’ambiente.
Croci e padroni… liberarle dalle croci la vedo dura e ogni anno se ne mette qualcuna in più o si cambia quella vecchia, ma guai a dir qualcosa in contrario!
Per questo dico che il male peggiore non è certo l’eliski e che vi sono situazioni ben più culturalmente radicate che andrebbero cambiate, altrimenti si rischia una crociata contro i mulini a vento, ammettendo invece la costruzione della centrale nucleare di turno… paragone a mio avviso non esagerato!
Siamo ancora oggi dopo trent’anni a polemizzare di spit sì spit no (altro demonio delle montagne) forse è ora di concentrare le energie su qualcosa di più concreto a cominciare dal non separare la montagna dal resto della nostra vita.
Ordunque il CAI ha parlato!
Carrer: «Il Cai è contro l’eliturismo» , Corriere delle Alpi, 25 Febbraio 2014:
http://corrierealpi.gelocal.it/cronaca/2014/02/25/news/carrer-il-cai-e-contro-l-eliturismo-1.8743123
Francesco Carrer presumo faccia riferimento, a precedente articolo:
«I safari delle montagne un’offesa per le Dolomiti», Corriere delle Alpi, 19 Febbraio 2014:
http://corrierealpi.gelocal.it/cronaca/2014/02/19/news/i-safari-delle-montagne-un-offesa-per-le-dolomiti-1.8694481
A mio modesto avviso sono molto deludenti le parole di Carrer. Stridono con il titolo dell’articolo. Ed ora sta a vedere che la questione si riduce a polemica intestina tra Mountain Wilderness e CAI. Questo depista dal Punto specifico in oggetto. Se davvero «Il Cai è contro l’eliturismo» deve agire fattivamente, ma non mi pare lo stia ancora facendo.
Giorgio. Tessera CAI nr. 962001 (rinnovata 2014)
E’ strana la vita, quando pensi sia giunta l’ora di tirare i remi (o gli scarponi) in barca (o nello zaino) succede qualcosa che ti costringe a rimetterti in gioco, ad iniziare una nuova ennesima battaglia. Sono nato a Milano e con Luca ho vissuto gli anni piu belli della meglio gioventù, un attimo prima di lui ho scelto di trasferirmi in Cadore, per due delle cose importanti della mia vita: una donna e le Dolomiti. Ho sbarcato il lunario cambiando lavori vari ed oggi faccio il sindacalista part time e la guida naturalistica proprio in Cadore. Ho diffuso il testo della delibera con la convinzione che questa dell’eliski in Dolomiti è per questo territorio la madre di tutte le battaglie, non oso dal mio limitato angolo di osservazione pensare alle Alpi, ad una soluzione generale. Visione quindi parziale la mia, lo ammetto. Questa dell’eliski in Cadore è un punto di arrivo di una politica turistica che inizia da una serie di fatti che possono anche sembrare di periferia, fatterelli senza peso. La nostra storia inizia in un piccolo comune del Centro Cadore dove un sindaco decide di ritagliarsi un posto in una delle tante situazioni amministrative, ma non essendo elettiva deve conquistarsi il parere favorevole degli altri sindaci. Lo fa utilizzando due cose apparentemente impossibili in un’area di montagna, lo sa bene chi ci vive o la frequenta non per il solo diporto: mettere insieme i comuni su un unico progetto. E su cosa? Una cosa che a parole tutti dichiarano nei propri programmi amministrativi: lo sviluppo turistico. Così comincia a cercare una associazione di montagna che si occupa (a parer suo) di turismo: le sezioni del Cai. Ma anche qui le sezioni sono divise, perfino litigiose. Occorre una figura con una autorità ed un rispetto riconosciuti: una guida alpina. Ma su cosa metterli a lavorare? Un gruppo di punta storico degli alpinisti cadorini da tempo ha un progetto che sottopone alle istituzioni alla ricerca di fondi: sviluppare lo scialpinismo e promuovere gare in ogni valle. Ma le istituzioni interpellate ritengono poco appetibile e riservato a pochi lo scialpinismo, e la guida ha un’idea, questo è l’anno del boom delle ciaspe. Ma come promuoverlo, servirebbe un professionista della comunicazione, ecco un giornalista pratico di montagna. Trovato: giornalista RAI dirigente regionale CAI. È fatta. Ed il tecnico costruisce il prodotto: ciaspe, facili sentieri, rifugi aperti, mulattiere battute con un gatto. Ma l’inverno è pericoloso. Bene allora sul gatto ci mettiamo una guida alpina ed il gatto lo diamo in gestione a degli amici in cooperativa per gestire anche i compensi. Il nome dell’operazione nasce spontaneo: Cadore paradiso delle ciaspe. E’ fatta, ma… e le guide? Sì, nel paradiso ci sono anche vie tortuose non battibili col gattino delle nevi. Bene le promuoviamo come possibili solo con guida alpina, Artva, pala e sonda. Poi iniziano a rompere le uova le guide naturalistiche ed allora a questi incompetenti affianchiamo con apposita legge le guide di media montagna formate per usare Artva, pala e sonda. Ma la legge (sulle guide alpine) non parla di questa possibilità… E allora diremo che le ciaspe sono un mezzo alpinistico di progressione!
Scusate la lunghezza, ma vi garantisco che quelli riportati sono solo dei punti eclatanti, la storia è ben più lunga. Finisco. Il risultato: il sindaco fa il presidente, le sezioni CAI organizzano l’accompagnamento e faranno in Cadore la festa nazionale dell’escursionismo utilizzando l’immagine delle Tre Cime cara ai tirolesi, le guide alpine riceveranno i soliti finanziamenti regionali per i corsi di formazione, il giornalista organizza serate sull’alpinismo in associazione con le istituzioni cadorine, i rifugi continuano ad essere chiusi in inverno, tranne uno che organizza gli elipranzi in tutte le stagioni, in ogni paese cadorino si svolgono gare con ciaspe, slittini e sci, si sono sviluppati club delle motoslitte e oggi l’eliski. Ma attenzione perché il problema non è l’Antelao su cui già si faceva eliski, ma la regolamentazione. Infatti questa, per come è fatta, è una vera e propria concessione d’uso di terreno. Chi impedirà ad ogni comune di concedere l’uso parziale di uno spazio? Ecco fatto, si chiama effetto domino. Non a caso i “tecnici” chiamati ad assolvere l’incombenza della dichiarazione di fattibilità sono “cavalieri senza macchia” “angeli della montagna”: il CAI depositario dell’etica alpina, le guide che attestano la fattibilità, il soccorso alpino che dichiara la non pericolosità. Sigh! Liberiamo le cime da croci e padroni. Il Cadore migliore non fa rima con motore, credemi, ma con cuore, fiore e amore.
Ps. Ovviamente per chi lo desidera posso mettere nomi e cognomi di ogni azione.
perché fino al 2010 non c’era alcun decreto restrittivo sull’Antelao e si poteva volare anche a Punta Rocca… tutto qua…
Pare che lo facessero già anche senza la delibera.
http://www.skiforum.it/forum/discussioni-generali/62097-eliski-13.html
Questi video sono stati caricati nel 2010.
Buongiorno Giorgio!
Rispondo al tuo post perché credo sia dovuto, poi come già ho espresso il mio parere su argomenti di questo tipo si potrebbe discutere, anzi sarebbe proprio il caso di farlo vista l’estrema confusione che c’è in giro, perché ‘na ferratina… non è proprio una stupidaggine e accompagnare qualcuno a pagamento è professione non dilettantismo, ma sarebbe bello farlo su di un post apposito che dia un input di qualche genere alla discussione. Magari Alessandro che legge ci pensa lui…
Se accompagni la tua ragazza anche a fare la nord dell’Eiger son contento per te/voi e tanto di cappello per le capacità, ma se lo fai con qualcuno facendoti pagare per questo, è abusivismo della professione. E in questo termine giuridico vi sta tutta una serie di situazioni…
Le guide muoiono? Ovvio… 1) non siamo superman, 2) se mandassi avanti il cliente a testare il terreno e fosse lui a rimetterci non sarei un guida no…?!
Oltre alla questione abusivismo, ed essendo tu un professionista sai bene di cosa parlo, c’è una serie di situazioni più o meno legalizzate che non solo cozzano contro la legge nazionale ma creano dei pericolosi precedenti e in queste situazioni vi stanno certamente quelle figure create dalle regioni che non hanno alcuna formazione pratica, ottengono un autorizzazione dopo un esamino scritto e ben che vada dopo un corsetto teorico molto generico. Alla risposta che Mario (tanto per dire un nome qualunque) è di per sé un bravo alpinista contro-rispondo con: allora perché Mario non frequenta i corsi guida invece di trovare comode scappatoie?
Qui concludo e come detto spero ci sia occasione di discutere sull’argomento che in Italia sta diventando bollente, e dico in Italia perché un tedesco o un inglese (il 90% dei miei clienti lo sono) mai si sognerebbe di pagare per farsi accompagnare da qualcuno che non rivesta le caratteristiche di guida o del nostro Accompagnatore di Media Montagna… culture diverse…
Stefano, buongiorno
Non posso e non voglio fare polemica, con te, qui. Mi pare che la mia lettera sia invece attinente ai fatti (il “cappello” c’è, per usare le tue parole). Solo tre “brevi” pensieri e risposte a tua domanda finale (retorica):
1. Sui morti
A riguardo degli incidenti mortali in “quelle” zone: vuoi che ti prepari l’elenco delle guide alpine e istruttori CAI (e tutti gli altri delle classi inferiori, per correttezza) morti negli ultimi anni in montagna? nome e cognome, luogo, data, causa incidente? Ne parlavamo proprio giorni addietro, per altre questioni, con amico (di quante persone sono morte per valanghe etc. proprio in quelle zone, proprio tra esperti). Facciamo ‘sta tabellina statistica se credi possa essere utile spunto per una discussione approfondita. Sarebbe forse utile. Per inciso, io pur essendo un ingegnere, odio la statistica… e l’uso strumentale che se ne fa oggigiorno nel mondo dell’immagine-pubblicitaria… ma questo è forse… tutto un altro discorso.
2. Sull’accompagnare le persone in montagna”
Perdonami, ma tu generalizzi!
Una cosa è accompagnare un alpinista a fare una via, in ambiente, da proteggere.
Altra cosa è accompagnare un gruppo di studenti in vacanza-natura a fare ‘na ferratina.
Altra cosa è accompagnare un gruppo di turisti a fare ‘na ciaspolata.
Altra cosa è se io accompagno la mia ragazza a fare due passi su un sentiero (posso, no?).
3. Sul con chi andare in montagna
Se io con le guide alpine ci sono stato? Sono stato SOLO con UNA guida alpina: Alex Pivirotto.
E non l’ho fatto, perché “avevo bisogno” di una “guida alpina” a tutti i costi, ma perché l’amico Gianfranco mi aveva detto:
“Giorgio, tu non hai idea! questo ragazzo è troppo bravo, è una persona stupenda! Ha i controcoglioni e in più è proprio buono come persona”. Dopo che me l’ha ripetuto 10 volte in 10 mesi, ho detto:
“Gianf, diamine, va bene! andiamo a fare ‘sta Nord dell’Antelao con LUI! Paghiamo il dovuto!”
Mi sono trovato talmente bene con Alex, che ci sono tornato a fare la Oppel, eppoi sulle Tofane, eppoi…
Quindi andare in montagna non può essere ridotto a una questione di profitto, convenienza, opportunità in termini economici, ma io lo faccio con le persone che mi danno sicurezza tecnica/teorica/pratica/TUTTO. Non con le persone che mi propongono l’ideologia, la legge della SICUREZZA.
Personalmente, ho amici che “non andrebbero mai” a fare una via con una guida (sai sono genovese e ho amici genovesi… No, a parte gli scherzi, io rispetto il LAVORO, riconosco la competenza e se ho i denari in tasca pago addirittura volentieri, sai ho vissuto a Milano per un tot di anni. Ma non appartengo a una categoria “generica” di “cliente”. Sono un uomo, più in generale, sai… la vita è una ruota che gira…
Forse non hai colto il focus della mia lettera, Stefano, concentrandoti solo sull’aspetto della mia critica alla categoria. Ma il senso della mia lettera era sugli uomini, la stima tra uomini, il loro rapporto con la montagna e più in generale con la natura. Un rapporto che va a degradarsi ogni giorno di più anche in montagna, anche con le persone e gli ambienti più lontani dalla turpitudine delle città.
Con rispetto
Giorgio
A Giorgio Robino:
in questo argomento credo sia meglio attenersi a ciò che si pensa attorno alla faccenda eliski, altrimenti si rischia di divagare in situazioni che, si vede da ciò che scrivi, non conosci né tantomeno hanno un cappello su cui poter discutere.
Esiste una legge quadro “Legge quadro Nazionale 2 gennaio 1989, n. 6” che garantisce la tutela di chi si affida ad un professionista nell’accompagnamento di persone in ambiente ostile e di incidenti anche mortali (uno proprio nelle zone che tu sembri frequentare) dovuti al mancato rispetto normativo delle regioni in questo caso ce ne sono ogni anno…
Per una volta che in Italia viene formulata una legge che non limita le libertà ma ne garantisce le tutele non siamo in grado di comprenderne i valori e di denunciare chi abusivamente più o meno con il benestare dei soliti furbacchioni salta a piè pari gli ostacoli per farsi gli affaracci propri?
Esiste in quella legge una figura di guida escursionistica (Accompagnatore di Media Montagna) che col suo iter formativo garantisce almeno a livello legale le sue capacità, ora come mai alcune regioni preferiscono evitare la formazione di questa figura e regalare a sedicenti guide l’opportunità di operare in situazioni per la quale nessuno le ha formate?
Accompagnare le persone in montagna non è da tutti e non è facile farlo senza adeguata preparazione oggi come oggi è sintomo di superficialità sia da parte amministrativa che da parte di chi esercita una pseudo professione non garantita.
Ma tu che sembra con le guide ci sei stato, preferisci una persona preparata a livello pratico o soltanto teorico…?
Sennò per 50,00 euro ti raccomando a un mio amico che va in montagna… lui ci va da sempre… magari è bravo… magari ti va di c….
Il 13 Febbraio 2013 il Nonno (l’amico Gianfranco Valagussa) mi telefona ed inizia a farmi un racconto che non capisco bene; la linea è disturbata:
io: “Cosa? Ma Chi?”
Gianf: “Alex!”
io: “Ma non ci credo! sei sicuro? ma che stai dicendo?”
Gianf: “Sì ti dico! Alex Pivirotto! A – L – E -X”
Allora voglio dire subito una cosa: Alex Pivirotto lo conosco personalmente. E’ veramente una brava persona malgrado sia guida alpina (scherzo, scherzo!), e tra l’altro proprio con lui ho salito la Nord dell’Antelao ben due volte:
La prima volta con Gianf appunto, per il la via “normale” da nord, ovvero il canale Arnaldi-Menini; la seconda volta salendo per l’impegnativo (per me) Canalone Oppel.
Va buò! Come “cliente” (beati i tempi in cui potevo…) mi sono sempre trovato benissimo con Alex, una persona gentile, competente (seppur molto giovane), con la quale c’è stato un bel rapporto in cui si parlava di tutto: dei problemi della sua gente, del Cadore, delle fidanzate, di tutto! E’ poi vero che Alex ama molto sciare e so che fa imprese pure toste con memorabili traversate di scialpinismo (di cui non mi sono però troppo incuriosito per mio disinteresse montagnino su tutto quello che riguarda gli sci).
Questa dell’eliski sull’Antelao però è proprio una roba che non comprendo; cioè capisco che ognuno cerchi di sbarcare il lunario e inventarsi attrattive turistiche “nuove”. Ma questa è proprio strada SBAGLIATA!
Ma allora tutti i discorsi che ci siamo fatti sull’ambiente? ‘Sta “necessità alpinistica” della fatica necessaria al godimento della bellezza del panorama di vetta…?!
Tutto perde ogni significato se, mentre io sono lì che smadonno con le picche e ramponi, mi passa sopra l’elicottero del riccone milanese che ha pagato i dinè per salire su comodamente col carroarmato volante e scendere giù a tutta birra in snowboard e magari pure mi svalanga giù addosso… no! mi cadono le braccia…
Con Gianf ne abbiamo parlato fino alla nausea di tutte ‘ste robe:
della crisi economica del Cadore,
delle vie per superare questo ormai decennale declino dell’industria (degli occhiali e di tutto il resto),
dello stallo dell’economia delle valli,
delle possibili OPPORTUNITA’ di lavoro legato all’AMBIENTE,
Un ambiente che non è solo il Re Antelao, per rimanere nello specifico del comune di Calalzo, ma l’ambiente, del Cadore e delle Dolomiti lì intorno, è molto altro: è un MARE di “piccole” montagne nascoste ai profani (cioè i turisti che passano per la statale andando a mete più gettonate, eh sì…
C’è tutta l’enorme catena delle selvaggie Marmarole!
ci sono gli Spalti di Toro, per esempio, che molti cadorini mi hanno detto quasi piangendo essere le “LORO” montagne!…
e mille altre montagne,
che stanno dentro montagne,
che stanno ancora dentro altre montagne…
in un microcosmo frattale
di bellezza primordiale…
Ma basta sognare Giorgino! torniamo al sociale, agli umani noialtri!
E già! Ma quante volte ne abbiamo già parlato?!
con il Nonno
con il compianto Luciano Mazzier… (morto in un assurdo incidente sotto una valanga, quasi sopra casa sua…)
con altri amici di Calalzo, di Lozzo, di Vallesella, di Auronzo…
della NECESSITA’ di un “turismo” DIVERSO, nell’AMBIENTE, nella NATURA…
attraverso una visione che deve per forza RI-PARTIRE
dai Veneti, dai Cadorini..
e da chi sennò?! dagli “occidentalisti”? Da me meschino? sì, vabbuò, l’ultimo degli ultimi e non c’entro niente lì…
No.
‘Sta roba dell’eliski è veramente all’opposto di quello ci siamo sempre detti essere il da farsi nella via giusta! Ma temo che tutto questo sia solo un tassello di un mosaico più grande:
Negli ultimi anni mi pare ci sia quasi una STRATEGIA delle Guide Alpine Italiane, che in Veneto ed in generale in Italia, fanno azioni sempre CORPORATIVE… per esempio, ho seguito con curioso interesse le varie loro “mosse” contro le povere guide Naturalistiche, prendiamo il caso di ‘sto preteso divieto alle guide Naturalistiche di portare la gente a fare ‘ste cazzo di passeggiate con le ciaspole, con la motivazione della non-competenza di comportamento dell’ambiente innevato, della “sicurezza”, dei pericoli valanghivi, etc.
Eppoi ‘sta faccenda della lista di proscrizione dei sentieri “permessi” (per cui le guide Naturalistiche dovrebbero portare la gente SOLO in alcuni sentieri consentiti/facili e NON in altri?!, per esempio non potrebbero portare le persone in sentieri che passano per “passi di Montagna” (se ho capito bene, ma forse mi sbaglio),
ma… non passare per i passi di montagna è un non-senso!
E’ quasi come dire che non si può andare da nessuna parte…
Che tristezza ‘sta guerra di potere…
‘Sta lotta di “classe” che ritorna…
Di questo passo tra un po’ magari verrà fuori che io povero solitario-individuo-alpinista-della domenica non potrò mica più andare per una via alpina o un sentiero “difficile” da solo! Ma scherziamo?!
“E LA SICUREZZA!?”
Mi sarà vietato e dovrò per legge andarci con una guida alpina certificata dalla corporation?!
Tutto ciò è come dire: un po’ poco “democratico”.
Ah, sì! A proposito di DEMOCRAZIA, rappresentanza e collegialità:
Eh! il CAI, sì, il CLUB ALPINO ITALIANO, che dice di tutto questo?
No, perchè… ho sentito pure qualche portavoce/esponente/eminenza santissima del CAI dire cose un po’ sospette…
No, raga! così non andiamo da nessuna parte! Dobbiamo invece LAVORARE TUTTI:
– Le guide alpine facciano quello che sanno fare (spesso) bene: portare la gente a SCALARE!
– Le Guide Naturalistiche portino le persone (meno esperte) a camminare, d’estate in scarponcini e d’inverno con le ciaspole laddove il pericolo è minimo… (e ce ne sono ben! di percorsi bellissimi in Cadore e senza pericolo! Gianf ci ha scritto un libro, per esempio!).
– Giorgio faccia software, invece di menarsela su ‘ste robe, che gli viene il magone poi…
– E infine, il CAI… ah già, il CAI!? che dice il CAI?
the end
P.S. Questo ridicolo raccontino è un estratto (dove ho corretto ortografia, tolto due parolacce, modificato qualche parola e sicuramente reintrodotto errori ortografici) di quanto avevo già scritto in mia nota: https://www.facebook.com/notes/giorgio-robino/sulleliski-lantelao-il-cadore-le-guide-alpine-la-montagna/10153791118665207 inconsapevole di questo post di Alessandro!
20 Febbraio 2013
Giorgio Robino
Luca sono d’accordo per quanto riguarda il mio personalissimo modo di vedere questa professione e di esercitarla, come alpinista (che mi sento ben prima di esser guida) ho sempre cercato di esplorare ed in questo ci metto anche ripetere itinerari poco noti o ignoti, come ben sai ho pubblicato due guide che raccolgono itinerari di questo genere, malgrado per vendere di più (anche se i risultati sono stati di molto migliori del preventivato…) avrei potuto ricadere nei soliti clichets del trito e ritrito.
Ma… questo è il mio personalissimo modo di intendere la montagna che riporto ovviamente anche nella mia personalissima attività professionale, senza obiettare ad alcuno sul loro personalissimo modo di condurla, perché ho sempre considerato che il mondo è grande e vario e avere un’ottica poco aperta e sensibile ad altre visioni o necessità rende il mio essere alpinista e guida, ristretto.
Non condivido ad esempio l’apertura sistematica a spit sulle grandi pareti ma non la contesto, perché la considero un “male” di passaggio che prima o poi avrà fine essendo limitativo per vari aspetti, come fu per le grandi direttissime anni’50-’60…
In questo modo non mi sento di condannare sistematicamente un episodio come quello in questione, perché non è altro che lo specchio dei tempi.
Ovviamente come hai ben compreso la mia risposta era relativa all’accomunamento di una figura che è e rimane unica e già troppo viene vessata da varie parti solo perché in 4 gatti poco si può rispondere, salvo poi venire a chiedere aiuti vari e consulenze di vario tipo e genere, proprio da parte di chi il giorno prima denigra a destra e a manca… (NON PARLO OVVIAMENTE DI TE né DI ALESSANDRO).
Personalmente il cliente non ha sempre ragione, ma va indirizzato, questo però coi tempi che corrono non tutti hanno il coraggio di farlo ed è comprensibilissimo, alla stregua di quei milioni di dipendenti, lavoratori autonomi, professionisti, in Italia, che ogni giorno mangiano pane e m… pur di mantenersi il posto di lavoro…
Hai ragione Stefano, sono stato generico nella critica alla categoria. Ma anche se questo di Alessandro Gogna è un blog dialettico e non inamidato o scontato, non è che mi vada di litigare sempre e in particolare con degli amici.
Potrei circostanziare, credimi, così come devi credere che in tutte quelle circostanze, amico o non amico, mi sono battuto.
Prendo perciò un altro esempio, che non rilancia conflitti ma aiuta ugualmente a sostenere il mio pensiero.
C’è una via, su una famosa cima dolomitica, bella, mediamente difficile, su roccia solida. E’ anche la via dei primi salitori, cioè dovrebbe essere la “normale”. Nell’ultima edizione della Guida Monti d’Italia che riguarda il gruppo in questione però la vedo trascritta in caratteri minori rispetto agli itinerari adiacenti. Chiedo alla guida alpina che ha concorso a un tale ridimensionamento il perché e mi risponde: “Eh, non ce la chiedono mai i clienti!”. A mia volta gli ribatto: “Ma voi la proponete?”.
Ecco il punto. Secondo me le guide alpine non dovrebbero inseguire i vizi e i capricci dei turisti. Altrimenti siamo al cane che si morde la coda. E avanza il peggio.
Succede che il “corso delle cose” ahinoi non sottrae le guide dal precipitare in quello sciagurato marketing territorial-esperienziale che s’illude di toccare le corde emotive del turista, così come si fa per vendere un aperitivo, illudendolo di conquistarsi il paesaggio incontaminato con attività “adrenaliniche” e con viste “mozzafiato”. Insomma non è più il tempo di vedere e conoscere, ma solo di mostrare questo enorme supermercato di attività ludico ricreative, che alla fine potrei fare in altre mille luoghi, tutti uguali..
Concordo con te Alessandro sul 90% di ciò che scrivi e se altri che leggono magari ne sono ignari, tu invece ben sai come io la pensi e sai (almeno in parte) cosa nel mio piccolo ho fatto per cambiare questa italica situazione (che peraltro in alpinismo è soltanto poca cosa…) e per quanto tempo e, non da ultimo, con quali conseguenze, visto che in diverse occasioni abbiamo avuto modo di raccontarci.
Condivido ciò che reputi dovrebbe essere coerente con la figura della guida che tutti e due rivestiamo. Personalmente nella mia professione ho scelto la strada più difficile che è data, non dalla commercializzazione della montagna, ma dall’acculturamento possibile che dalla sua frequentazione deriva oltre che dalla figura di “realizzatore di sogni”, virtuale realtà estremamente importante per la vita dell’essere umano.
Senza scendere in filosofie di vario genere però, devo constatare che se da una parte (quella etico-morale) ciò mi da grandi soddisfazioni, dall’altra (quella economico-finanziaria…perchè la minestra in tavola bisogna portarla altrimenti si rischia l’accattonaggio…) le soddisfazioni sono ben poche e sempre guadagnate con grandissima fatica. Certo, quando sarò vecchio e magari (FORSE???) in pensione, tutto questo sarà nel complesso della mia vita e del mio modo di vivere, motivo di orgoglio, ma ora…? Ora solo fatica… senza aggiungere annessi e connessi…
Perciò malgrado io non condivida scelte fatte da altri colleghi, ciò non significa che non sia in grado di comprenderle e di dire che (come si può ben evincere dal mio primo intervento) se la situazione lo consente e l’etica personale (situazione assolutamente soggettiva e non ponderabile) non vi cozzi contro, tutto è ammesso e lecito senza per questo essere oggetto di critiche generiche (di categoria in questo caso) che tendano a lapidare senza prima aver dato atto ad un confronto.
Fare la guida è ben diverso che essere guida, nel senso che esercitare questa professione a tempo pieno è ben più difficile e sfuggente a chiunque, rispetto ad aver ottenuto un diploma o esecitarla a tempo perso, alla stregua di un secondo lavoro…
Certo, l’esperienza che ne deriva è sicuramente più intensa e ricca, come dire maggiormente qualitativa, ma oggi il mercato, entità al quale anche le guide sono sottoposte, guarda alla qualità meno che alla convenienza e noi dobbiamo farne le spese come tutti….
Colgo l’occasione della pacata critica di Stefano Michelazzi per chiarire meglio la mia posizione in fatto di mala amministrazione, di eliski e di guide alpine che fanno compromessi.
Anzitutto non dobbiamo cedere alla tentazione di sminuire la rilevanza etica di alcune nostre scelte semplicemente citando l’esistenza di altri dolorosi problemi che, con la loro pretesa superiorità, dovrebbero “cancellare” appunto un po’ di quella stessa rilevanza. Si cadrebbe nel meccanismo, ben comune nel nostro paese italico, di convincerci che anche noi possiamo rubare visto che già lo fanno tutti, e in grande stile.
Un male, se è un male, lo è a prescindere dalla gravità di altre cose. Nelle dieci tavole consegnate sul Monte Sinai a Mosè c’erano dieci comandamenti a pari dignità: noi però oggi consideriamo, e sfido a dimostrare il contrario, che “Non uccidere” sia di certo più rilevante e grave che “Non desiderare la donna d’altri”, eppure l’elenco è quello, e la dottrina religiosa non si è mai sognata di sminuire la rilevanza di un “peccato” di fronte a quella degli altri nove. Magari però chissà… un confessore commina 20 Pater noster a un omicida e solo 5 a un adultero.
Quindi, se l’eliski è un problema, lo è a prescindere da Tita Weiss che ha costruito più vie ferrate di quanto sia ragionevole o a prescindere dalle esplosioni seriali per i nuovi collegamenti tra comprensori sciistici e dai vandalici lavori di terra e roccia per ampliamento delle piste di sci (che peraltro pochi utopisti, tra cui mi annovero anch’io, condannano duramente da almeno 27 anni).
Di certo, se l’eliski è un problema, e per me lo è, non è comunque il padre di tutti i mali della montagna. E’ un fratellino. Su questo concordiamo.
Per ciò che riguarda la Valle d’Aosta e la Regione Piemonte ho già denunciato la cosa proprio in altri post di questo blog, quindi valgono le stesse considerazioni. Non è che siccome lo fanno tutti allora lo possiamo fare anche noi (in questo caso, veneti)…
Per ciò che riguarda il Canada, a mio avviso il problema è soprattutto dei canadesi, che dalla loro parte hanno un territorio incomparabilmente più vasto e selvaggio che le nostre Alpi. Mi rifiuto di pensare comunque che là basti fare una domandina a un sindaco e si abbia il permesso necessario… non so come è la situazione, e sarei ben felice se qualcuno si documentasse e ci spiegasse. In ogni caso, parlando di Montagne Rocciose Canadesi e di Alpi, mi viene in mente la Costa Crociere: finché naviga nel Mediterraneo non farà mai i danni che fa nella Laguna di Venezia o a pochi metri dagli scogli dell’Isola del Giglio.
Luca Visentini non è “sconcertato” dall’amministrazione, perché preferisce mettere l’accento sul nuovo disagio di vedere la guida alpina con essa connivente: ma non credo che il giudizio negativo che Visentini ha sempre riservato ai disastri ambientali procurati dagli amministratori diventi improvvisamente positivo solo perché ci sono i quattro gatti guide alpine come nuovi e rampanti protagonisti di questo gioco al massacro.
Purtroppo non è colpa di nessuno se è più facile combattere una battaglia contro pochi che contro eserciti di amministratori potenti e disinvolti nelle alleanze con questi pochi. Credo che l’importante sia non rifiutare alcuna sfida, e accettare la lotta sia con i pochi che sappiamo deboli sia con i molti che sappiamo forti e che hanno enormi interessi economici in gioco. Un giorno tocca ai pochi, quello prima era toccato ai molti. Non bisogna demordere. Perdonatemi le similitudini belliche, ma le battaglie si vincono non solo facendo saltare con un colpo di mortaio un intero avamposto ma anche eliminando fisicamente i singoli avversari, uno per volta.
Infine arrivo ai compromessi. E’ vero, tutti noi abbiamo fatto dei compromessi, chi minimi e chi così grossi da far pensare di essere totalmente dall’altra parte con il salto dello steccato. A parte i traditori, non esiste essere umano senza compromessi.
E allora? Dovremmo sottostare alle manovre speculative, ai disastri, ai piccoli affarucci squallidi solo perché abbiamo il sospetto che, forse, magari, chissà, anche noi, messi nella stessa situazione, faremmo lo stesso? Non credo, anzi sono sicuro: no. E alle guide alpine non posso tacere il mio disagio quando vedo che compromettono il loro mestiere e quello dei loro colleghi, in nome di possibili (ma non accertati) miglioramenti economici derivanti da un’attività come l’eliski che comunque sarà sempre osteggiata e criticata da una considerevole fetta dell’opinione pubblica. Con tutto il rispetto per la categoria dei taxisti, la guida alpina non deve diventare il tassinaro delle Alpi, dev’essere l’alpinista più bravo di te che ti porta a vivere l’avventura che gli chiedi, senza contravvenire alla regola fondamentale per la quale un desiderio non lo si esaudisce comprandolo e basta, bensì vivendolo con umiltà, fino in fondo, con il proprio impegno e la propria fatica.
Alessandro Gogna, guida alpina
Tita Weiss è meritevole di giustificazione e di comprensione al contrario di altre guide? Non credo…!
Le belle, stupende, uniche al mondo, crode dolomitiche possono tranquillamente venir stuprate da impianti sciistici che ogni anno continuano a distruggere il territorio? Non credo…!
L’eliski è il padre di tutti i mali? Non credo…!
Credo invece che al pari di altre regioni come ad esempio in Valle d’Aosta o di altri Paesi come in Canada, trovare una forma di esercizio di un’attività emergente come l’eliski non sia cosa peggiore di dare permessi a go-go (ne sanno qualcosa i sassi del Brenta che ogni tanto godono delle esplosioni ammesse e concesse a miglioramento ed ampliamento delle piste o la famosa pista del Vallon sul Sella, scavata di sana pianta con le mine…) per ampliamenti e ammodernamenti vari nei comprensori sciistici.
E’ chiaro che lapidare 4 gatti di guide che ci provano a mettersi al passo coi tempi per non perdere o acquistare qualche cliente in più (la crisi c’è per tutti ed i compromessi sul lavoro, perchè di questo si tratta, li fanno tutti!!! Scagli la prima pietra chi si è permesso di non accettare mai compromessi in ambito lavorativo…) è gioco abbastanza facile, mentre scagliarsi contro gli impianti sciistici che determinano un peso importantissimo nell’economia di tutto un Paese è impresa persa in partenza, solo che farne poi una questione di stile e di etica mi sembra un esagerare nei termini.
Pivirotto ha chiesto, l’amministrazione pubblica ha risposto! Chi si deve giudicare nel caso? Una guida che ci prova a migliorare magari la propria situazione economica o un amministrazione che da buon padre di famiglia se ne sbatte di sentire pareri opposti di cittadini che ne fanno parte?
Malgrado la stima che nutro sia per Alessandro che per Luca, stavolta devo dire che a mio avviso nessuno dei due ha saputo incentrare il discorso su ciò che comunque entrambi avevano accennato, ossia la mala-amministrazione.
Personalmente non difendo l’eliski che se c’è o non c’è non mi cambia la vita, ma credo come detto che non sia il male peggiore anzi…
A me non sconcerta la scarsa sensibilità ambientale degli amministratori: basta vedere come hanno ridotto il nostro Bel Paese, dappertutto, dal dopoguerra in poi. Quello che invece, da un po’ di tempo, mi stupisce in negativo, è il gran daffare che si danno diverse guide alpine dell’ultima generazione. La montagna sembra debba assoggettarsi alla loro professione. Una professione che ho sempre stimato, per la preparazione, il coraggio, la competenza. Solo che adesso si venderebbero la madre. Perché? I capricci dei clienti danarosi fino a che punto li soddisfano o addirittura li incentivano? Tutto è cominciato con le ferrate. Allora, nei primi anni ’80, la maggior parte delle guide non aveva il livello che selezioni ben più ardue hanno notevolmente aumentato. La guida di adesso è davvero il massimo! Ai vecchietti del passato, accompagnare una comitiva su una via ferrata in un certo senso conveniva. E gli albergatori, talvolta imparentati, li finanziavano pur di realizzarne di nuove. Ricordo quella di Vaél, dove il povero Tita trapanava il luogo a lui più caro e intimo, in cui si allenava quando altrove c’era il caos, su mandato dello zio. Poi si è passati ai rifugi, in anni in cui il candidato più idoneo a gestirli doveva essere appunto una guida alpina. E il territorio limitrofo alla stesso rifugio ha perduto la sua verginità, diventando una sorta di palestra, di campo giochi, di turismo sfacciato e ineducato. Mo’ arriviamo alla neve, nella stagione più discreta, quella in cui le montagne dovrebbero anch’esse, vivendo, riposarsi. Sulle alte quote almeno, ché le pendici… Bon, trovato: l’elicottero! Ma che succede alla guide alpine?