Vite sospese tra pandemia e democrazia
di Massimo Giannini
(pubblicato su La Stampa del 25 ottobre 2020)
Torno a casa. Esco dal tunnel, dopo tre settimane esatte di buio. Sono ancora positivo, ma dopo 21 giorni di CoViD-19 e almeno tre senza più sintomi posso proseguire la quarantena a domicilio. C’è un drammatico bisogno di posti letto, per ricoverare i tanti, troppi pazienti gravi che arrivano in continuazione. Quando sono entrato io, solo al mio piano, eravamo in 18. Ora ce ne sono 84. Oltre la metà ha meno di 54 anni, ed è intubata e pronata. Una “procedura” terrificante, che mi sono fatto raccontare. Ti sedano, ti infilano un tubo nei polmoni, e da quel momento su di te scende la notte di un tempo infinito e un luogo indefinito. Sei sdraiato sulla pancia, in una posizione guidata da un rianimatore esperto, per sedici ore consecutive. Dopo ti rigirano supino, per otto ore. Poi si ricomincia: sedici ore prono, otto ore supino. E così via. Tutte le volte che serve a far «distendere i polmoni», come dicono, e a sperare che intanto la malattia regredisca, e non distrugga definitivamente quel che rimane del tuo sistema respiratorio. Se questo accade, a un certo punto ti estubano, ti risvegliano e allora devi solo sperare di avere ancora un po’ di fiato in gola per gridare ce l’ho fatta. Se non accade, te ne vai senza saperlo, e senza che un familiare, un parente, un amico possano averti dato l’ultima carezza. Tutto questo mi è stato risparmiato. Lascio il mio letto a chi sta peggio di me, in attesa di un primo tampone finalmente negativo.

Non so quando arriverà, e non mi importa. Tra tanti “sommersi” che ho visto in questa avventura, io sono tra i “salvati”. E tanto basta. Anche se la mia povera madre rimane ancora lì, in quella stanza, a fronteggiare il Male da sola, io sono grato. Sono grato al Fato, al Caso, a Dio, alla Natura, ognuno scelga quel che crede. Sono grato a mia moglie e ai miei figli. Sono grato alla Vita, che vuole vivere anche quando la chimica impazzita del corpo o la psiche indebolita della mente la vorrebbero solo distruggere. Soprattutto, sono grato ai medici, agli infermieri, a tutti gli operatori sanitari che ho incontrato e conosciuto, tra terapia intensiva, sub-intensiva e reparto “pulito-sporco”, come si chiama nel nuovo gergo clinico imposto dal virus. Bisognerebbe vederle “al fronte”, soffocate da tute, guanti, maschere, visiere e occhiali, per capire chi sono e cosa pensano queste persone che fanno dell’Italia un Paese migliore. La competenza, il sacrificio, la dedizione, la cura, la solidarietà: stavolta non salvano solo l’esistenza degli altri. Mettono in gioco la loro, in ogni minuto, ogni ora, ogni giorno, ogni notte dei turni folli che il contagio gli impone. I grandi virologi, epidemiologi, pneumologi, abbiamo imparato a conoscerli in tv. Ma è di questo esercito silenzioso e meraviglioso di donne e di uomini che combattono per noi e per la nostra salute che non parliamo mai abbastanza. «Ne assumeremo 83 mila», avevano promesso nell’estate dissennata della movida. Purtroppo finora ne hanno presi meno di un terzo. «Perché non si trovano dietro l’angolo», ti spiegano: un rianimatore si forma in cinque anni, un infermiere esperto in tre. Risultato: lauree anticipate di due mesi per i dottorandi, e subito in campo anche loro. Che sono comunque pochi. E così, oggi, questi angeli in corsia sono meno della metà di quelli che servirebbero e lottano per noi a mani nude, per 1.400-1.600 euro al mese. Accolgono e assistono tutti i contagiati che affollano i pronto-soccorso, gli ospedali, le ambulanze (ieri, quando sono stato dimesso, ferme nel piazzale del “triage” ce n’erano in attesa 56). Vecchi e giovani, bianchi e neri, poveri e benestanti: tutti hanno gli stessi diritti, in quell’irripetibile, ma ormai troppo fragile Welfare Universale che abbiamo ereditato dal glorioso ‘900. E loro, i già dimenticati “eroi in prima linea”, sono lì a garantirli. Senza una protesta, senza un lamento: «è il nostro lavoro», ti rispondono. D’accordo, è il vostro lavoro: ma grazie per quello che fate, e per quello che siete.
Poi, come al solito, dopo la Vita c’è la Politica. E qui, come al solito, i conti non tornano. Non tornano i conti del governo, che continua a rivendicare ciò che ha fatto di fronte alla prima ondata, ma ad autoassolversi su ciò che non ha fatto di fronte alla seconda, dalle terapie intensive mancate ai ventilatori polmonari scomparsi, dalla rete slabbrata della medicina di territorio alla rete sovraffollata del trasporto pubblico locale. Ho la massima stima per il ministro Roberto Speranza, ma di fronte al dramma che ci squassa lasci che a pubblicare libri inutili siano “scribacchini” da due soldi come noi giornalisti: da lui ci aspettiamo solo lavoro, lavoro e ancora lavoro. Ho il massimo rispetto per il premier Giuseppe Conte, ma di fronte ai numeri di questa emergenza lo stillicidio dei Dpcm a cascata e la strategia dei piccoli passi (e possibilmente uno indietro rispetto agli enti locali) non servono più a niente: da lui ci aspettiamo atti di governo, chiari e inequivoci, severi e all’altezza della sfida atroce che ci opprime, non prediche inutili e consigli da buon padre di famiglia. Ho la massima considerazione del ministro Roberto Gualtieri, ma di fronte al bilanciamento tra economia e salute non può esserci margine di equivoco sulla priorità: il lockdown è una tragedia necessaria, bar, ristoranti, negozi chiusi sono ferite profonde nella carne viva della nostra civiltà, ma si trovino e si diano fino all’ultimo centesimo le risorse che servono al sistema per reggere l’urto della chiusura.
Ho il massimo riguardo per il ministro Fabiana Dadone, ma bisogna riconoscere che App Immuni è stata un fallimento. E tuttavia, come cittadini, dobbiamo guardare dentro noi stessi, e guardarci negli occhi gli uni con gli altri. L’ho già scritto, ne resto convinto: non mi sfugge la portata del conflitto culturale, morale e costituzionale che il CoViD-19 ci sbatte in faccia. Ma dobbiamo cedere quote di libertà, se vogliamo difendere la nostra civiltà. Noi che in condizioni normali abbiamo già serenamente affidato le nostre vite agli algoritmi del Capitalismo della Sorveglianza, e dopo aver scambiato un Whatsapp con un amico su un’auto che ci piace o un viaggio che vorremmo fare riceviamo subito i relativi popup pubblicitari, di fronte alla gente che si ammala e che muore non possiamo agitare il feticcio vuoto della Privacy né gridare alla Dittatura, alla Deriva Fascista, al Grande Fratello. Non è il caso, non è il momento.
Non tornano i conti della maggioranza, che mentre la casa brucia blaterano di “verifica”, “stati generali” e altre fumisterie politiciste, e non tornano i conti dell’opposizione, che mentre le piazze ribollono non trova parole nuove per coniugare verità, “alterità” e responsabilità. Non tornano i conti delle Regioni, che oscillano tra le titubanti esitazioni della Lombardia e le tonitruanti deliberazioni della Campania. Quello che è successo a Napoli non è solo il fuoco fatuo di una nuova plebe derelitta, usata dalla frangia più violenta del tifo politico e strumentalizzata dalla Camorra. È una miccia accesa e pronta a esplodere nel cuore della nostra democrazia, che ora è minata dal rischio di un altro contagio: quello della protesta sociale, che può dilagare ovunque. Molto più che un semplice tema da ordine pubblico: piuttosto un’altra sfida istituzionale e valoriale, che l’Agente Patogeno ci impone di affrontare con rigore, ma anche con misura. Ho la massima fiducia nel governatore Vincenzo De Luca, e sarei portato a condividere senza se e senza ma le sue posture da Sceriffo di fronte a certe immagini agghiaccianti viste ieri sui social, tra pranzi allegri sulle spiagge di Posillipo e file chilometriche di sciatori alle funivie di Cervinia. Ma non si governa un territorio devastato e difficile con il Terrore della radiografia e l’Apocalisse della morte: l’opinione pubblica va sensibilizzata, mobilitata, ma rassicurata. Angela Merkel insegna, con il suo storico «Wir schaffen Das» pronunciato cinque anni fa. Era un altro contesto storico, addirittura un’altra era geologica. Ma queste parole ci aspettiamo, da chi ci deve guidare oltre questo buio. Dipende da noi, dipende da voi. «Ma ce la faremo».
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A proposito di “over”… godetevi questa bellissima barzelletta di Gigi Proietti (un caro saluto anche a lui dopo Sean Connery):
https://video.corriere.it/spettacoli/gigi-proietti-racconto-divertentissima-barzelletta-moglie-sorda/f98281d0-1c91-11eb-a718-cfe9e36fab58
Caro Pasini a questi PERSONAGGI se gli dai una vanga o una zappa non saprebbero cosa farci, non sonno cosa è l’una e cosa è l’altra. Inoltre la terra è bassa e la vanga è pesa e di sicuro schienterebbero quasi subito. Gente dalle spalle tonde e dalla pelle vellutata.
Venga Mister TOTI e vediamo se è capace di fare quello che fa gente di 60anni ce più comc me.
Poi vediamo chi sarebbe meglio rinchiudere. Chi e più utile.
Forse si dovrebbe più preoccupare di altre cose , magari di quello che ha sulla testa.
I dettagli a volte sono illuminanti. In questo episodio possiamo vedere che oggi putroppo in molti ruoli di leadership, giocano squadre di serie B e non squadre di serie A. E questo e’ il vero, grande problema nella gestione della battaglia che stiamo combattendo. I responsabili della comunicazione di un politico si dividono in due categorie. Quelli che fanno i riassunti e quelli che consigliano il loro cliente sulle strategie di comunicazione con la sua audience. Nel caso Toti ci sono un riassunto fatto in fretta e male, ma questo sarebbe l’errore meno grave. L’errore più grave è strategico: consiste nel fatto che Toti, cavalcando il tema della “tutela” degli anziani in quel modo così sdrucciolevole anche dal punto di vista costituzionale e tendente alla limitazione dei diritti costituzionali legata all’età, si è messo in rotta di collisione con una parte consistente del suo elettorato. Errore condiviso anche da Piemonte e Lombardia, ma non certo dall’astuto Zaia, a quanto pare. Qui andava fermato Toti dalla sua “guida” professionista della comunicazione, sull’orlo del crepaccio nel quale rischiava di cadere. Berlusconi dei tempi migliori, con l’aiuto di Tajani, non avrebbe mai fatto un simile errore. E lo dice un non berlusconiano, ma il mestiere è mestiere. Purtroppo credo che la coppia Toti / Nicolini giochi in un altro campionato. L’occasione dimostra quanti pansotti forse devono ancora mangiare se vogliono aspirare almeno ad un posto in panchina. E non solo i soli. Putroppo non stiamo vivendo in un periodo dove c’è spazio per un laboratorio di apprendimento per chi gestisce il potere. Le cazzate degli apprendisti costano tanto. Non siamo in una palestra indoor.
Anche questo risvolto, apparentemente irrisorio rispetto al quadro generale, dimostra quanto profonde siano, nella società attuale e democratica (e sottolineo democratica) le interazioni e i reciproci coinvolgimenti. Quando, alcuni gg fa, lessi un commento “per uno della mia età il covid è rischioso come il tumore all’utero” (cito a memoria, all’incirca era cosi’) mi cascarono le…braccia, perché non sono ancora chiare a tutti i cittadini che è l’intero corpo sociale che sta male, non questa o quella fascia. Scelte di questo tipo stroncheranno il futuro del paese in generale o quanto meno il futuro democratico del paese (per i ragionamenti gia’ esposti nei gg scorsi). Speriamo in bene. Buona serata a tutti!
Per fortuna abbiamo un ex-democristiano over ‘70 come Capo dello Stato su cui possiamo contare ( detto da un ex comunista e’ il massimo). Mi chiedo anche che razza di media-manager paga uno come Toti, visto che dice essere stata colpa di questo tizio il tweet infelice. Braccia sottratte all’agricoltura si diceva una volta. Forse avrebbe potuto imparare di più nella gestione della comunicazione dal suo ex mentore e leader, almeno fin quando quest’ultimo non ha perso la bussola. Non c’è dubbio, l’essere degrada passando da un livello all’altro, disse il Filosofo. E ora andiamo in lockdown e prepariamoci all’ “inverno del nostro scontento”. Vi ricordate il famoso articolo “The Hammer and the Dance”? Pare stia andando proprio così.
Caro Roberto, la scorsa estate sono scoccati i 70 anni dalla scomparsa di Cesare Pavese. Anche quell’evento, dunque, rientrerebbe nell’infelice valutazione di Toti detto Orso Yoghi. Anagraficamente io ne ho 59 compiti, quindi sono ancora fuori dagli over 60, ma spiritualmente mi sento parte della categoria considerata “non indispensabile”. Pensare che rusco come un mulo 10 ore al dì, compreso il sabato… La mia “inutile fatica” permette ai miei figli, ragazzi serissimi e molto impegnati, di prepararsi al meglio per il futuro. Il loro futuro, certo, ma sommato a quello dei loro coetanei costitttuuira’il futuro della nazione. Se la comunità decide di lasciarci al nostro destino, a noi “over”, azzoppa il futuro di se stessa. Questa gaffe è uno dei tantissimi errori in cui può incappare il modello democratico. Leggere scemenze del genere è uno dei prezzi da pagare per essere liberi. Meglio così che avere la censura di Pechino che ci stritola a morte. Certo, una frase del genere lascia un retrogusto di amarezza. Per stemperarlo possiamo gustare una bella escursione nelle Langhe di Cesare Pavese (articolo odierno di Altri Spazi):
https://altrispazi.sherpa-gate.com/altrilibri/saggi-racconti/camminare-stanca-le-langhe-di-cesare-pavese/
Per la precisione, i giudici della Corte Costituzionale over 70 sono 8 su 15. Fragili, non indispensabili e da proteggere, secondo Toti.
Cari over 70 che leggete questo blog e cercate di tenere botta, avete visto cosa ha detto Toti di noi e la sua proposta per “proteggerci” ? È stato eletto democraticamente a grande maggioranza nella regione più anziana d’Italia. Conto sul fatto che la maggior parte dei giudici costituzionali è anzianotta. Potrebbe servire se anche gli anziani moderati e responsabili fossero costretti a portare la cosa in tribunale. Penso che tuttavia la sua uscita, pur seguita da Piemonte e Lombardia (pensa un po’, sarà un caso di autolesionismo collettivo? ) verrà presto catalogata come il frutto di un eccesso domenicale di pansotti, per i quali l’uomo, vista la sua stazza non propriamente ideale, sembra avere un debole, pur essendo in realtà toscano. Buona fine di Domenica.
Ho visto al volo una recentissima agenzia di stampa: Paolo Gentiloni (PD) ha detto che stiamo vivendo forse il peggior stress test per le democrazie occidentali. Segnalo che la criticità istituzionale inizia ad essere percepita sempre più diffusamente: non sono l’unico visionario che vede possibili attacchi alla democrazia. Non c’è da scherzare: in prima battita è in discussione la vita e la morte sul piano sanitario, ma in prospettiva stiamo mettendo a rischio anche il “regime” di vita per chi sopravvive all’intera pandemia. Anche chi non è inserito nelle fasce a rischio (anziani ecc) deve ora evitare ogni incontro umano: tolti quelli necessari (lavoro, famiglia, scuola, salute, fare la spesa, ecc), occorre di fatto annullare gli incontri. Se uno riesce tecnicamente ad uscire di casa senza fare incontri (esempio: se abita sul limitare del bosco), esca pure anche mille volte aaal giorno. Invecr chi sta in città ecc deve cercare di stare a casa, volontariamente, non solo per questioni di salute sanitaria, ma soprattutto di salute del modello democratico. Questo è il prezzo che siamo chiamati a pagare, oggi, se vogliamo garantire la sopravvivenza futura del nostro modello democratico.
https://www.askanews.it/politica/2020/10/31/le-nostre-democrazie-non-hanno-mai-sub%C3%ACto-un-tale-stress-test-gentiloni-top10_20201031_165506/
Stamani sono passata davanti ad un bar il quale aveva le saracinesche chiuse.
Due fogli di carta gialla appiccicanti all’interno delle vetrine con la scritta:
“Chiuso per caso covid 19”.
Se la pandemia dilaga in modo incontrollabile i bar e assimilati non chiuderanno per forza di decreti, ma per semplice necessità sanitaria.
E’ bene tener presente che il virus non può essere contestato!
L’unica soluzione è chiudere tutto, tutti in casa per 2 mesi.
Garantire solo i servizi essenziali.
Se si verificasse un collasso degli ospedali, la pandemia sarebbe incontrollabile.
No, non ce la possiamo fare perché il problema non è tanto la rinuncia al cosiddetto superfluo (l’aperitivo, la discoteca, ecc.) bensì il fatto che il superfluo costituisce fonte di sussistenza per una marea di persone. Il PIL occidentale è dato in larghissima misura dal superfluo, tant’è, come è stato detto, che i beni essenziali vengono prodotti in Cina o in tanti altri paesi dove la manodopera costa pochissimo.
Quindi si pone il problema di foraggiare chi opera nel cosiddetto superfluo (baristi, ristoratori, estetiste, parrucchieri, albergatori, ecc.) e nel misto essenziale/superfluo, come le compagnie aeree, ferroviarie e navali, il commercio di una sfilza di beni non alimentari tipo quello dell’abbigliamento, ecc..
Non siamo una società rurale e pertanto qualsiasi settore vai a bloccare prima o poi fai dei danni.
Credo che se le cose non si risolveranno, o tramite apposite cure o naturalmente, sarà un casino porco. Noi europei non siamo come i cinesi e abbiamo un livello di sopportazione molto più basso, alcuni hanno la rivoluzione nel sangue, come i francesi.
Quindi non lo so, non faccio previsioni, dico solo che l’ipotesi di rimanere incartati fino al 2023 potrebbe avere dei costi insostenibili e non mi meraviglierei se a un certo punto si dovesse optare per la selezione naturale.
gli ultrasessantessini rigidamente chiusi in casa fino a data da destinarsi, al fine di evitare che siano contagiati
Non risolverebbe il problema poichè gli anziani potrebbero essere contagiati da familiari più giovani che vivono in casa loro a stretto contatto e che hanno possibilità di uscire e quindi portare il virus in casa.
Notizia fresca fresca da Il Giornale: si discute su eventuale lockdown selettivo in base all’età. Esempio: gli ultrasessantessini rigidamente chiusi in casa fino a data da destinarsi, al fine di evitare che siano contagiati (essendo fasce a rischio) e intasino gli ospedali. Obiettivo: uscire dalla pandemia con ordine, in modo tale da evitare rischi di derive autoritarie, facendo pagare di volta in volta i relativi prezzi (a volte ai ristoranti, chiusi, a volte agli ultra60enni, reclusi) La domanda è: voi lettori ultra60enni concordate con un eventuale misura del genere? E se concordate, perché non vi siete già automessi in lockdown volontario? E’ il prezzo da pagare sulla propria pelle per l’uscita democratica dalla pandemia. Più in generale, visto che prima o poi TUTTI (iindipendentemente dall’età, quindi anche i baldio giovanotti) potremmo trovarci di nuovo a rinunciare alle “attività non essenziali” (e fra queste arrampicare, sciare, fare escursioni ecc ecc ecc) la domanda è: anche se avete 30 o 40 anni, perché non iniziate già adesso ad autolimitarvi, almeno parzialmente (della serie: anziché arrampicare tutte le domeniche, faccio una domenica sì e una no)? E’ fondamentale incontrare meno gente possibile. Più cittadini sono in autoreclusione, meno gira il virus e più probabilità abbiamo di “difendere” il modello democratico dal rischio di derive dittatoriali. Però non bastano le affermazioni a tavolino: occorrono scelte in prima persona all’atto pratico. A settembre io mi sono (ri)messo in lockdown volontario per quanto riguarda le attività non essenziali: mi concedo solo una passeggiata lungo il Po in modalità completamente solitaria. Annullata ogni uscita in montagna fino a data da destinarsi (e pensare che io faccio gite solitarie o la massimo con mia moglie, convivente: eppure ogni volta che si “gira” si aumenta il rischio di contagiarsi e di fare da ponte al virus). ragionate e agite nello stesso modo? Lo dice anche Giannini, tanto per tornare al giornalista autore dell’editoriale di partenza: “rinunciare, oggi, a quote di libertà individuale, per avere salute e libertà totale domani”. L’unico modo per dimostrare all’atto pratico che si “crede” veramente in un modello democratico è pagare di propria iniziativa i prezzi che, oggi, servono poer difenderlo. Altrimenti la deriva prende la mano e non sappiamo dove andiamo a finire…
Probabilmentre stiamo dicendo la stessa cosa, ma se continui a insinuare che ammiro la dittatura cinese ti poni strutturalmente fuori strada. Ora ti propongo io un altro punto di riflessione: sei davvero convinto che tutta la popolazione italiana desideri uscire dal virus con modalità democratiche? A parole certo che tutti dicono così, ci mancherebbe, ma nei fatti si comportano all’opposto e paradossalmente rischiano di portare la situazione agli estremi, innescando potenziali derive a scapito del modello democratico. Mi spiego: se il desiderio maggiormente diffuso è quello di ripulirci il più in fretta possibile dal virus (per tornare – il più in fretta possibile – alla vita precedente), non c’è alternativa tecnica al modello dittatoriale. Al contrario se l’obiettivo è evitare a priori il “rischio-dittatura”, non c’è alternativa a “sguazzare” nel virus per lungo tempo. Tertium non datur: questo non è compreso da una bella fetta di italiani, alcuni dei quali si sono anche espressi nei commenti agli articoli delle scorse settimane. Quando si scrive concetti del genere: mi muovo come mi pare, significa che non si è capito nulla della situazione che ci circonda. Oltre alla crisi sanitaria e a quella economica, c’è una potenziale ulteriore crisi nel virus, ovvero quella del modello democratico: per evitare tutto ciò occorre starsene molto “tranquilli”, minimizzando/annullando ogni tipo di contatto umano, specie se non necessario (cioè NON inerente a questioni di lavoro, famiglia, salute e necessità varie: in pratoica occorre “sacrificare” i divertimenti finché il covid non sarà debellato). Il punto è che i tempi sono piuttosto lunghi. Infatti il vaccino non sarà immediatamente disponibile per tutti, perché ci sono vischiosità nei tempi di produzione e distribuzione. Ho letto che, a partire dalla messa in produzione (presumibilmente fine inverno-primavera ’21) se ne produrranno non più di 200.000 dosi al mese, proprio per limiti tecnici di capacità produttiva. Il vaccino deve poi essere distribuito all’intera umanità, ovvero 7,5 mld di individui, non solo per questioni “umanitarie”, ma prorpro epidemiologiche, vista la diffusione del virus a livello planetario. Si calcola che la cosiddetta immunità di gregge ottenuta col vaccino sia protettiva a partire dal 60% della popolazione. Quindi circa 4 mld di persone, corrispondenti a circa 20 mesi, cioè un anno e mezzo-due, dall’inizio della vaccinazione. Quindi potremo tornare alla vita “normale”, cioè pre-covid, circa due anni dopo l’inizio delle vaccinazioni (attenzione: non due anni dopo il perfezionamento del vaccino, ma due anni dopo l’inizio delle vaccinazioni: sono due concetti diversi e fra i due momenti potrette esistere un intervallo non piccolo). Realisticamente si può pensare alla primavera 2023 come data di completo ritorno alla vita precovid. Diciamo che saremo fortunati e impiegheremo di meno, ma non pochissimo. Di conseguenza per lungo tempo (di sicuro tutto il ’21, forse buona parte del ’22) dovremo vivere in modalità covid: scarsi contatti umani diretti, riduzione/annullamento attività non essenziali (tra le altre anche andare in montagna, inteso come hobby), rischio incombente di lockdown/coprifuoco specie da novembre a maggio, ristoranti e vari locali (cinema, teatri, palestre…) chiusi totalmente o a intermittenza, evitare ogni assembramento possibile, danni econ0omici a intere categorie, riflessi in termini di disagio sociale e scontri di piazza…. ecc ecc ecc. La domanda chiave è: siamo TUTTI pronti ad un lungo periodo di questo tipo? A me sta bene, ma quanti “capiscono” davvero che dovremo vivere così per i prossimi anni? Basta leggere molti commenti delle scorse settimane (in collegamento alla serie di articoli pubblicati sul generico tema “virus”) e NON mi pare che sia un concetto condiviso e compreso fino in fondo. Anche quei fenomeni raffigurati nella foto di copertina di questo articolo (coda agli impianti di Cervinia) dovranno modificare completamente il loro modo di vivere: è chiaro a tutti? io dico di noi, altrimenti si comporfterebbero già adesso in modo coerente con la modalità covid. Quindi il punto NON è se tu ed io vogliamo o meno l’uscita “democratica” dalla pandemia, ma se l’intera popolazione all’atto pratico si comporterà in tale modo. Ho i mie dubbi. Se si vuole un’uscita “democratica” dal virus, occorre mettere in conto di tirare la cinghia e di pazientare assai a lungo. Ravviso invece la volontà, purtroppo molto diffusa, di comportarsi come se nulla fosse. Finché restano questi modi di agire, il rischio che il modello politico-sociale si stressi fino alle conseguenze estreme è una spada di Damocle sulle nostre teste. Per tutti questi motivi noi per primi dobbiamo dare un esempio al di là di ogni ragionevole dubbio e dimostrare che si può vivere anche senza aperitivi con gli amici, feste e happening vari, e perfino senza gite in montagna, pur sapendo che ci “costa” profondamente una rinuncia del genere. Buona giornata a tutti!
«Il concetto è che una dittatura imponendo le decisioni “manu militari” è piú rapida ed efficace a ottenere gli obiettivi, in questo caso ripulire dal virus.»
Carlo, tutti conosciamo bene quel concetto.
Ma, per usare una tua espressione, a te «continua a sfuggire il punto»: quali sono gli obiettivi? chi decide gli obiettivi?
Anche la Germania nazista raggiunse con rapidità ed efficacia i suoi obiettivi: la soluzione finale dei “problemi” con gli omosessuali, gli zingari, i minorati mentali, gli ebrei, i comunisti tedeschi, ecc. ecc. Stava per “risolvere” pure il problema con gli slavi. Però gli obiettivi erano leggerissimamente sbagliati. È chiaro il concetto?
In definitiva, noi preferiamo di gran lunga il coronavirus (detto anche virus cinese) al cinesestatus. Questo è il punto: punto che tu non capisci, che non vuoi capire, che ti ostini a non capire, ricordandoci sempre che in Cina col coronavirus sono stati piú bravi.
Et de hoc satis.
A volte mi “ripeto” perché dai vs contributi si desume che non avete capito un piffero. Parlo in generale non voglio polemizzare con alcuno. Quando mi accorgo che c’è qualcuno che non ha capito, cerco di chiarire una seconda volta. Spesso continua ad esserci qualcuno che mi affibia tesi che non mi appartengono. Per esempio se leggete le frasi conclusive del mio sottostante commento 9, non ci possono essere dubbi sul fatto che NON sono un fan della dittatura cinese. Come mai avete insistito cosi tanto, visto che avete capito cioca per broca (piemontesismo: Roma per toma)? Cmq il buon Giannini (che tra l’altro e’ il Direttore in carica de La Stampa, non uno scribacchino da sottoscala) in generale sostiene che, in questo frangente storico (pandemia), dobbiamo cedere quote di libertà individuale per raggiungere più velocemente l’obiettivo collettivo di uscire rapidamente dalla pandemia. Ricordo che Giannini è un esponente dell’intellighenzia PD, come Galli dell’Ospedale Sacco, mentre De Angelis dell’Huffingtonpost è di lunga militanza sinistrorsa, Padellaro e Travaglio (Fatto Quotidiano) sono vicini al M5S. Non ho citato né un politico né un giornalista di centrodestra. Anzi siamo al paradosso del rovesciamento dei ruoli: chi blatera pubblicamente per l’apertura (dei locali, degli sport, dei diritti di spostamento) e’ oggi esponente di destra. La mia onestà intellettuale è dimostrata dal fatto che, anziché cavalcare l’onda della mia parte politica, affermo pubblicamente le mie convinzioni (“chiudere anziché aprire”), col rischio di trovarmi oggi in compagnia di Giannini e Padellaro, quando in teoria dovrei stare con Sallusti e la Meloni. Anche per me la libertà non ha prezzo e combatto affinché ci allontaniamo il prima possibile da una china che, avvitandosi pericolosamente, potrebbe portarci verso situazioni di dittatura o di democratica (crasi fra democrazia e dittatura). La mia propensione a stare in cattedra dipende, oltre che dal mio carattere innato, dalle mie numerose esperienze professionali di docente nei corsi di formazione per aziende industriali (ovviamente prima del Covid): credo sia caratteristica incancellaabile, anche perché a me sta bene, pr cui… Buona serrata a tutti!
Crovella, se preferisci ti chiamo anch’io con un numero.
@21, leggendo il tuo commento ho la conferma (non che ne avessi bisogno, visto che sono cose che sanno anche i muri) di avere afferrato alla perfezione le tesi dell’argomento.
Mi sa che ti succede che quando scrivi, parti con una tale bassa considerazione del quoziente intellettivo del tuo interlocutore, che ritieni opportuno ribadire all’infinito lo stesso concetto come fosse un mantra. In fondo pensiamo la stessa cosa, anche se per indole non mi sento di essere catastrofista come te, ma per piacere, scendi un po’ da quel piedistallo su cui ti inerpichi ogni volta, dai. Quando lo fai sei persino simpatico.
Il diversivo: https://www.youtube.com/watch?v=d1C2AwtB7QY&feature=youtu.be
Ti ho trovato un nuovo soprannome: Karlo Krovella.
@16: neppure tu hai colto il punto. Lo sanno anche i muri che la colonizzazione cinese esiste da tempi e anzi è in crescita da almeno 15 anni un po’ i tutto il mondo. Per esempio tutta l’Africa Orientale, quella verso l’Oceano Indiano, è già di fatto una colonia economica di Pechino, che lì sta costruendo strade, porti, ospedali, case, forse intere citta’ ecc e così facendo ci mette sopra il tallone di ferro. Il mio ragionamento è che ora c’è una novità struttirale nei rapporti fra Occidente (cioe’ USA+ Europa) e Cina. Ovvero che dopo il virus la Cina si è ripulita in fretta ed è molto agguerrita e l’Occidente è invece molto fragile e disunito al suo interno, quindi molto debole o cmq molto più debole del passato verso la Cina. Debolezza triplice: economica politico-diplimatica e militare. Non a caso proprio due gg fa c’è stato un summit fra americano e indiani per imbastire una allalleanza volta a contenere i cinesi. Dopo il virus, la Cina ha letteralmente delle praterie davanti a sé per colpa della specifica debolezza ocvidentale: la Cina ci invaderà molto più sfacciatamente del passato. Prima di tutto sul piano economico. Intere aziende, anche molto importanti (multinazionali o equiparate) potrebbero passare sotto il controllo di imprenditori cinesi, i quali però sono solo dei prestanome del loro governo centrale. I nuovi proprietari cinesi spingeranno verso nuove regole (es inseriranno anche nelle nostre aziende gli orari di lavoro “cinesi”, ecc). Se osservate bene questa situazione ha una conseguenza specifica: laggiù in fondo al viale ci sono i carri armati cinesi. Per ora sono molto molto lontani, ma intanto ci sono, chi ha acume li “vede” gia’. Starà a noi cittadini occidentali evitare che si avvicinino. Come? Facendo quadrato attorno all’obiettivo di uscire il più in fretta possibile dalla pandemia. Più veloce è l’uscita, più rapidamente torneremo forti in termini geopolitici. Di conseguenza: un’arrampicata rinviata oggi, un aperitivo evitato domani, una festa annullata dopodomani ecc sono piccoli esempi di mattoncini individuali verso l’obiettivo comune di allontanare i carri armati cinesi. All’opposto sbandierate in questa fase l’incompatibilità dei diritti individuali significa avvicinare i carri armati cinesi. Interpellate ogni giocatore di Risiko e ve lo confermerà. Buon pomeriggio!
@ 17 e 18: continua a sfuggirvi il punto. Io NON ho elogiato la dittatura cinese, come non lo fa Padellaro ne’ altri osservatori. Il concetto è che una dittatura imponendo le decisioni “manu militari” è più rapida ed efficace a ottenere gli obiettivi, in questo caso ripulire dal virus. Le democrazie hanno degli inevitabili lacci e lacciuoli che allungano i tempi e annacquano l’efficacia delle misure. Non dipende dall’incapacità delle persone (o meglio tale criticità potrebbe aggiungersi), ma è proprio un dato strutturale del modello. Se preferiamo vivere nella democrazia (e io sono fra questi), dobbiamo capire che il modello ha delle criticità, ma sono i prezzi da pagare per essere liberi. Ieri sera, in TV, prof. Massimo Galli del Sacco di Milano, personaggio dal passato sessantottino (quindi non certo un fascista), ha detto che ai sensi rigorosi di contenimento del virus, sarebbe stato bene non votare a settembre. Lo stesso Galli ha detto che, in questa fase, perfino l’appuntamento principe di un sistema democratico (cioè la consultazione elettorale) andrebbe sospeso/rinviato per esigenze sanitarie. L’esempio calza a pennello con i nostri ragionamenti: u dittatura per definizione non prevede elezioni, per cui NON ha queste occasioni di assembramenti umani. Se vogliamo la democrazia (e, ribadisco, io la voglio), dobbiamo mettere in conto un’estrema maggior difficoltà a uscire dalla pandemia. Tradotto per l’uomo della strada: una dittatura in meno di un anno ha ripulito tutto, noi probabilmente impiegheremo due anni pieni (tutto il ’20 e tutto il ’21) e forse anche di più e dovremo quindi rinviare a lungo il completo ritorno alla piena normalità. Nel nostro piccolo di alpinisti/arrampicatori, mettiamoci il cuore in pace per molto tempi ancora prima di riprendere a fare in piena libertà come facevamo in passato. Questo è il prezzo per vivere nella democrazia. Non si può invece avere contemporaneamente l’efficacia della dittatura e la libertà della democrazia. O una o l’altra.
Vorrei ricordare che coloro i quali, all’interno di scafandri, assistono i malati giorno e notte, sabato e domenica, sono costantemente sotto la mannaia di denunce e risarcimenti. Queste persone, oltre a farsi in 4 per gli altri con una retribuzione di molto inferiore ad altri paesi UE, devono anche pagarsi un’assicurazione personale. Finita l’emergenza nessuno si ricorderà di loro.
Sono sicuramente duro ma io questa superiorità risolutiva della dittatura rispetto alla democrazia non la capisco.
Perchè una dittatura dovrebbe non fare errori, mentre una democrazia si?
Anche in un paese democratico c’è chi comanda, la maggioranza. Certo che se questa maggioranza è fatta di mentecatti, addio sonatori. Ma questo vale anche per una dittatura. Visto che spesso e volentieri le dittature, prima o poi, finiscono male, portando il loro paese alla rovina e il dittattore al patibolo o fucilato sulla pubblica piazza. Non mi sembra che sia un sistema migliore.
Sono le persone cha fanno la differenza. Se alla dirigenza di un paese democratico ci sono persone valide, oneste che hanno una visione. La democrazia è sana e valida. Se invece, il paese è guidato da persone malate dentro, da persone che pensano ed agiscono solo per la propria poltrona, se non c’è solidarità, non solo durante la pandemia ma sempre i comunque. Se la conduzione di un paese è frazionata tra mille poteri che mirano solo a fare i propri personalismi da feudatari mettendo sotto ricatto il resto del paese. Andremo sempre peggio.
Carlo, tu hai elogiato la dittatura cinese per il modo in cui ha affrontato la pandemia. Io ti ho risposto in quattro punti; a questi si può aggiungere un quinto, quello sui finanziamenti cinesi all’OMS per ingraziarsene i favori. Nelle tue argomentazioni devi considerare pure quelli.
Inoltre, tra una dittatura efficiente – e sanguinaria! – e una democrazia poco efficiente, io preferisco sempre quest’ultima. Di efficienza delle dittature mi è già bastata quella dei lager nazisti, dei gulag sovietici, dei laogai cinesi, ecc. ecc.
Arioti, la colonizzazione cinese mi sembra sia iniziata da molto tempo. Non esiste, o quasi un oggetto di uso quotidiano che non sia fabbricato in Cina. Anche i marchi più blasonati , come per esempio le auto tedesche, utilizzano componenti fabbricati in Cina e assemblati dopo a casa per meritarsi l’affidabile “made in Germany”. A tutti la colonizzazione cinese ha fatto e fa comodo, però quando ci troviamo con l’acqua alla gola siamo pronti, da buoni democraticizzati di crovelliano auspicio, a notare che forse a nord dell’Himalaya ci sono oltre un miliardo di sporchi musi gialli pronti a farci il culo. È la realtà, ma rendersene conto adesso mi sembra inutile. Se poi ci troveremo i carriarmati nelle piazze, non ci resterà che disporci ben allineati e coperti agli ordini dell’esperto Crovella/Tienammen.
In effetti si pone il problema, peraltro già nell’aria ben prima della pandemia, di come fronteggiare un regime che sbattendosene alla grande dei diritti umani rischia di colonizzare il resto del pianeta.
La situazione attuale potrebbe semplificargli di gran lunga le cose.
Guardate che, come spesso accade, state acchiappando farfalle. Dipende dal fatto – io credo – che non leggete con attenzione quello che viene scritto. Nessuna lode alla dittatura da parte mia. Meno che mai a quella cinese, di cui anzi, da circa 15 anni almeno, sottolineo la pericolosità invasiva. Proprio grazie a questa crisi mondiale, la Cina – che è già in espansione economica e quindi politica e militare- invaderà il mondo perché incontrerà nazioni fragili e squassate al loro interno dalla crisi pandemica. Ci compreranno aziende e interi quartieri cittadini e – “esagerando” – io non escludo che fra qualche decennio le nostre piazze saranno presidiate dai carri armati cinesi. Quindi sono un pericolo, non un modello da imitare.
Nel commento precedente – andate a rileggere con attenzione – io non espongo un augurio, ma la conclusione di una analisi oggettiva sul piano socio-economico: di fronte alle crisi epocali (come l’attuale pandemia) le democrazie evidenziano tutti i loro lati deboli (lungaggini, compromessi, marce indietro, errori e omissioni ecc ecc ecc), ma l’unica alternativa “efficace” per combattere una crisi del genere sarebbe la dittatura. La stessa conclusione OGGETTIVA e STORICA sta trovando crescente condivisione nel mondo giornalistico-intellettuale: per esempio, proprio ieri sera, Antonio Padellaro l’ha detta esplicitamente in TV. Ricordo che Padellaro è il fondatore (2009, se non ricordo male) de Il Fatto Quotidiano, con il quale continua a collaborare ogni giorno come editorialista. Si tratta di una testata molto prossima al M5S, non di un pericoloso giornale di destra estrema. Di fatti anche la concluzione di Padellaro (come la mia) NON è un inno alla dittatura ma è della seria: “cari concittadini che protestate contro gli errori dei governanti (nazionali o regionali), sappiate che tali errori sono il prezzo che, in questa occasione, paga implicitamente il modello democratico. Volete un modello che ripulisca tutto in pochi mesi e riparta alla grandissima? Non ci sarebbe che la dittatura, ma siete disposti a vivere nella dittatura? Evidentemente NO, per cui accettiamo gli errori, cercando di correggerli”.
Approfitto dell’occasione per mitigare un’imprecisione numerica del mio precedente intervento. Il PIL cinese del terzo trimestre 2020 è +0,7% rispetto al precedente trimestre, mentre è +4,9% rispetto allo stesso periodo del 2019. Ecco dove i dati evidenziano che la situazione cinese ha ripulito tutto in meno di un anno e sta ripartendo alla grande. A che prezzo? Al prezzo di totale sacrificio dei diritti umani e delle libertà individuali. Per combinazione proprio oggi in mattinata vengono diffuse i dati sui PIL occidentali. Riassunto sinteticissimo (dati anno su anno per semplicità): Germania -4,1%; Francia -19% (da verificare, mi pare eccessivo); Spagna -8,7%; Italia -4,7%; USA -1%.
Come potete constatare NON si tratta di errori dei singoli governanti, cioè nonj è cher Conte ha sbagliato tutto, mentre Macron ha indovinato tutto. Gli errori sono comuni a tutti i Paesi occidentali, che hanno governi di destra (Trump), di centro moderato (Macron, Merkel) o di centro-sinistra (attuale governo Conte). Eppure siamo tutti nella “m”, sia come andamento economico che come situazione sanitaria. E’ proprio una crisi del sistema democratico, ovvero di fronte alla crisi pandemica tutti i sistemi democratici esprimono il loro lati deboli e le loro fragilità congenite. Che fare? Niente, nel senso che l’unica alternativa “tecnica” sarebbe la dittatura. Occorre comprendere a fondo questo concetto, perché da ciò derivano infinite conseguenze comportamentali. Ad esempio, tanto per mettere il dito sulla piaga: meglio auto-imporsi delle rinunce, totali o parziali, al fine di non portare il modello a situazioni di stress tali per cui alla fine si verifica lo strappo verso un altro modello, quello dittatoriale. In parole semplici: meglio una giornata in meno sulla roccia, oppure un aperitivo in meno, oppure gli stadi vuoti, il tutto per lasciar passare “a nuttata” (come dicono a Napoli), piuttosto che vedere all’orizzonte l’uomo forte cui la popolazione si affiderà ciecamente per disperazione. Perchè questo è il rischio im0plicito e sottostante alla grave crisi del modello occidentale. Non voglio dilungarmi oltre con riferimenti ai primi decenni del ‘900. Anche questa è una analisi storico-sociologica oggettiva e del tutto priva di “augurio” da parte mia.
Come al solito sarò Casandra.
Buon proseguimento a tutti. Alegher, che oggi c’è il sole: fate due passi fuori che ne vale la pena. Da quel che si mormora in giuro, dal 9 novembre potrebbe non esser più così. Ciao!
il Cile di Pinochet era un dittatura.
Nel fare sparire chi non la pensava come loro erano superefficienti.
Complimenti Crovella!!
Leggendo questo suo articolo, Giannini, più che un intellettuale radical chic di sinistra, mi sembra un democristiano della prima repubblica. Pace all’anima sua.
Caro Carlo, la Germania di Hitler fu una dittatura. La Cambogia di Pol Pot fu una dittatura. E cosí si potrebbe continuare con decine di esempi.
La stessa Cina è un’orribile dittatura. E tu la lodi?
… … …
Volendo limitarci a discutere della sola pandemia, ti dirò:
1) La Cina ha informato il mondo con ritardo CRIMINALE.
2) La Cina bloccò i voli aerei nazionale ma non quelli internazionali. Perché mai? Domanda pleonastica…
3) In Cina, il paese piú popoloso al mondo, dove è nato il virus (naturalmente o artificialmente), dove la promiscuità è altissima, ci sono stati ufficialmente solo 4634 decessi per Covid! Non è credibile.
4) In Cina da metà marzo non si sono registrati piú decessi a causa del Covid! Non è credibile.
Il governo cinese ci racconta che gli asini volano e pretende che noi ci crediamo. E alcuni ci credono davvero! Ma naturalmente non si tratta di semplice ingenuità. Si tratta di compiacenza, di adulazione, perfino di complicità. Vedi l’OMS che, dopo avere incassato i quattrini, ha lodato il governo cinese: ripugnante.
Perchè la dittatura?? Te ne saresti contento!!
Ma non è così.
Le inefficienze non sono colpa della democrazia, ma delle persone, di certi funzionari e politici, che sono impreparati, menefreghisti, superficiali. Sono le persone che dovrebbero far funzionare questa democrazia che fanno la differenza. E oggi il livello è basso.
Comunque sei proprio certo che in una dittatura funzioni tutto bene? Che non ci sia corruzione? Che tutto fili liscio?
Io non ne sarei tanto certo.
A mio parere siete un po’ troppo severi col “povero” Giannini. Non sono certo il suo difensore d’ufficio, ma lui è coerente con la sua storia politico-professionale. Giannini proviene dal mondo Repubblica, dove credo abbia lavorato per almeno una ventina d’anni ininterrottamente: si tratta quindi di un intellettuale di sinistra, di quella sinistra radical chic che costituisce attualmente il principale serbatoio di militanti PD. Coerentemente è un sostenitore dell’attuale maggioranza, la cui vera spina dorsale è costituita dal PD, non certo dai M5S. E’ quindi un filogovernativo per definizione, ma la sua onesta intellettuale gli consente di “vedere” gli errori e l’impreparazione del Governo, che ha letteralmente perso i mesi da maggio a oggi. Non sta a me difendere Giannini (militiamo in campi avversi), ma è significativo che perfino i sostenitori ideologici dell’attuale Governo ne ravvisano pubblicamente l’inefficienza. Come diceva in TV ieri sera De Angelis (altro giornalista di lunga militanza sinistrorsa), in questi giorni si stanno consegnando i banchi con le rotelle alle scuole che, nel frattempo, sono già state chiuse o sono in procinto di chiudere. E invece mancano i posti letto nelle intensive… Peraltro tutto il mondo è paese, visto che errori anche gravi sono stati commessi in tutte le regioni italiane (spesso governate dal centro-destra) e in tantissime altre nazioni. E’ il prezzo della democrazia: ritardi, compromessi, mancanza di una linea diritta e di un chiaro progetto di medio termine. L’alternativa? Ce n’è una sola: la dittatura. In Cina in meno di un anno hanno ripulito tutto e tutti, ora anche a Wuhan si gira liberamente senza mascherina e i ristoranti sono pieni, i consumi interni dell’intera Cina sono ripartiti alla grande e il PIL è 0,7% sopra quello dell’estate 2019. Se si vuole invece la democrazia si deve mettere in conto di vivere in un modello non perfetto, specie per affrontare le crisi pandemiche, altrimenti l’unica alternativa è la dittatura. Non sto sbilanciandomi a favore né dell’uno né dell’altro modello, sto semplicemente analizzando l’attuale realtà nostra e degli altri paesi. O democrazia con errori o dittatura (che chissà quanti morti ha registrato, mai nessuno lo saprà). Tertium non datur. Buona giornata a tutti!
La parte politica dell’articolo è deprimente. Non tutti i giornalisti scodinzolano così di fronte al potere. Basti pensare a Galli della Loggia, a Massimo Franco, ad Angelo Panebianco, a Sabino Cassese. Sono tutti giornalisti del Corriere, anni luce migliore di La Stampa attuale
“ci piace leggere ciò che soddisfa i nostri gusti”
Proprio qui sta il problema.
Ci piace al punto che evitiamo di approfondire, soddisfatti dalla conferma dei nostri bias.
C’è chi è abilissimo nello sfruttare questa debolezza a proprio vantaggio.
Ciao, intervengo solo per raccomandati la testimonianza di Giannini alla trasmissione Otto e Mezzo (Gruber):
https://www.la7.it/otto-e-mezzo/video/coronavirus-la-toccante-testimonianza-di-massimo-giannini-uscito-dalla-terapia-intensiva-sto-meglio-27-10-2020-346965
A mio parere non possiamo che essere schierati qunado abbiamo parte in causa, qualcosa da perdere o da vincere.
Lo dicessero invece di autoeleggersi, invece di piangere elemosina in mome della loro (invera) indipendenza e (presunta) competenza.
Intanto riempiono le pagine web di contributi di chiunque, pur di avere un click in più.
Le pagine sono fatte dal marketing non da loro.
E pure loro li sceglie il marketing politico, commerciale o nepotistico che sia.
Purtroppo l’informazione è perlopiù schierata. L’informazione indipendente, quella vera, deve sudare sette camice per trovare spazio.
Un po’ la colpa è anche nostra perché ci piace leggere ciò che soddisfa i nostri gusti.
Sì, certo anche io ho visto accenni di denuncia estendersi ai governativi. Peccato siano in ritardo anni luce di consapevolezze nei confronti di chi loro – quelli che fanno la “corretta informazione” – considerano negazionisti, ciarlatani, produttori di fake news, inidonei a fare informazione.
Solo loro, gli eletti dalla tessera, vantano di attenersi ai fatti.
Inguardabili, illeggibili.
Lorenzo, se ti riferisci alla denuncia politica (così mi pare di capire) ultimamente ho sentito più di un/una giornalista schierato/a evidenziare certe cose e si tratta di persone che dal Covid non mi risulta siano state toccate.
Devo dire che la cosa mi ha fatto piacere perché ritengo l’obiettività, unitamente alla coerenza, un valore imprescindibile per fare corretta informazione.
Il signor Massimo Gianni che rispetto come uomo e per le idee che ha sempre sostenuto prima della paura, quelle che ben delineano ciò a cui stare lontano, avrebbe denunciato così senza lo spavento che si è preso?