E’ morto un grande rocciatore, attivo soprattutto negli anni ’60 e ’70 e che fin da giovanissimo era entrato nei “Camosci di Auronzo”, gruppo delle guide alpine del luogo. Era considerato uno dei più grandi scalatori delle Dolomiti.
“Addio, Alziro. Con la tua scomparsa, Auronzo e il mondo della montagna perdono una persona che ha scritto pagine fondamentali dell’alpinismo sulle Dolomiti. Da parte di tutta la nostra sezione un abbraccio commosso alla tua numerosa famiglia“, scrive in un messaggio sui social il CAI di Auronzo.
“Aldo Anghileri a suo tempo mi disse che nelle ultime lunghezze di corda dello spigolo della Su Alto fu proprio Alziro Molin a prendere le redini della doppia cordata dei primi salitori, in camini e fessure decisamente difficili e molto friabili, classico terreno del liberista più raffinato (Alessandro Gogna)”,
Addio ad Alziro Molin (il vecio)
di Francesca Cristoforetti
(pubblicato su ildolomiti.it il 13 aprile 2023)
“‘Ho fatto il muratore da ragazzino, conosco questa roccia’ e tirava gli appigli sulle vette delle Dolomiti con un familiarità unica. Arrampicava sulle vie che conosceva senza corda. Aveva delle doti e delle capacità fuori dal comune, è per questo che è diventato una leggenda“. A raccontare il grande alpinista Alziro Molin sono le parole commosse di Mauro Valmassoi, guida alpina, appartenente al Gruppo Ragni di Pieve di Cadore.
Molin si è spento a quasi 91 anni all’ospedale di San Candido l’11 aprile 2023, dopo una vita passata sulla roccia. Originario di Auronzo di Cadore, nato il 28 aprile 1932, Molin era entrato da giovane nei “Camosci di Auronzo”, gruppo delle guide alpine del luogo.
“Era il 1994 quando lo portai per la prima volta sulla via Hasse Brandler, sulla parete nord di Cima Grande delle Tre Cime di Lavaredo – racconta Valmassoi – Alziro non l’aveva mai fatta e al tempo aveva 64 anni. E’ stata la nostra prima scalata insieme. Dopo aver parcheggiato alla Forcella di Lavaredo abbiamo cominciato a salire. La parete nord è una via molto difficile anche per gli alpinisti più esperti e allenati. Lui invece l’ha percorsa senza alcun tipo di fatica o problema,con una facilità che mi ha impressionato. Quelle montagne per lui erano casa, gli strapiombi ormai non gli facevano più paura“.
Lui, ancora in parete fino a 79 anni, oltre a essere una grande guida alpina è stato riconosciuto come uno dei più grandi scalatori e ‘liberista’ della seconda metà del secolo scorso. Tra le sue imprese vengono ricordate oltre la parete nord del Campanile Toro, assieme ai “Camosci auronzani”, e lo spigolo della Su Alto in Civetta, anche le spedizioni nel gruppo dell’Hoggar algerino negli anni ’70 in Algeria, sul’HinduKush in Afghanistan e nel distretto di Angmagssalik in Groenlandia.
Le due guide alpine erano legate da una profonda amicizia. “Ci siamo incontrati negli anni ’90, ma il suo nome era già molto conosciuto, per me era un idolo – aggiunge la guida – Era una persona sincera, riservata e molto umile, non si vantava dei suoi successi. Aveva delle componenti psicologiche e fisiche da fuoriclasse“.
Cresciuto e allenato in un’epoca in cui ancora l’attrezzatura tecnica come la intendiamo oggi era sconosciuta, “appena messe ai piedi le scarpette da arrampicata mi disse che ‘gli sembrava di ‘volare’ – conclude Valmassoi – E lui non utilizzava mai la magnesite”.
Alziro Molin
(da Wikipedia)
Nono di tredici figli, entrò ancora giovane nei “Camosci di Auronzo”, gruppo delle Guide Alpine del luogo, apprendendo le varie tecniche da arrampicatori quali Valerio Quinz, Bruno Caldart, Galeno Vecellio e Francesco Larese Filon. Nel 1953 compì il servizio militare nella “Julia” – 3º artiglieria da montagna; passò poi alla “Cadore” come istruttore militare di sci e roccia. Venne chiamato a Courmayeur in qualità di istruttore nella scuola militare alpina, arrampicando con i futuri vertici della gerarchia militare, come il generale Enrico Borgenni. A venticinque anni sposò Raffaella Caldart, nipote della guida alpina Bruno Caldart, da cui ebbe sette figli. Successivamente diventò maestro di sci e guida alpina.
Nel 1972 fu chiamato a far parte della commissione tecnica nazionale AGAI, dove rimase fino al 1982 in qualità di istruttore per la formazione delle guide alpine. Nel 1974 coprì il ruolo di presidente della sezione cadorina del CAI “Luigi Rizzardi” di Auronzo.
La sua esperienza di vita sulle Dolomiti Bellunesi è stata raccontata dagli scrittori Paola De Filippo Roia ed Enzo Lancellotti nel libro Una vita, mille montagne.
Alziro Molin fu protagonista del film documentario del neorealismo L’ultimo contadino (1975, 18′) del regista Giuseppe Taffarel. Il film prende ispirazione dalla vita e il lavoro di una famiglia contadina di Auronzo di Cadore, attraverso l’analisi della drammatica realtà determinata dallo spopolamento della montagna veneta; i piccoli centri sono abbandonati, a causa delle maggiori prospettive economiche offerte dalle città di pianura, con la perdita fatale di una dimensione culturale e sociale e di identità ben definite. Il film documentario, insieme a Patriarca d’autunno del 1976, celebravano la fine della millenaria civiltà contadina, con le sue miserie ma anche i suoi valori di solidarietà e senso di comunità.
Apparve anche in Tre Cime. La Trinità delle Dolomiti film documentario del 2018 del regista e scrittore Giovanni Carraro, con interventi di Mauro Corona, Gianni Pais Becher e dello stesso Molin.
Le sue vie
Nel corso degli anni Alziro Molin ha aperto varie vie alpinistiche (più di quaranta nuove vie e molte ripetizioni che variano dal V al VI, A1, A2):
18 maggio 1952: Punta del Buco 2563 m, parete sud-est (Dolomiti di Sesto);
1952: Popena Basso 2225 m, Via degli Scoiattoli (Apollonio-Alverà, aperta nel 1942), prima solitaria; si sviluppa per 90 m con difficoltà di VI (Dolomiti di Sesto – Gruppo del Cristallo);
9 agosto 1953: Via diretta alla parete nord del Campanile Toro 2345 m, assieme ai “Camosci auronzani” Antonio Pais Becher e Valentino Pais Tarsilia (Dolomiti – Gruppo Clautani), VI grado;
10 agosto 1963: Cima Cadin delle Bisse 2356 m, parete sud “variante”, (Dolomiti di Sesto);
15 agosto 1963: Punta Maria di Val Giralba 2659 m, parete nord (Dolomiti di Sesto);
7 giugno 1964: Cima Cadin de le Bisse 2356 m, parete nord (Dolomiti di Sesto);
2 agosto 1964: Torre Leo 2550 m, parete est (Dolomiti di Sesto – Cadini di Misurina);
1965: Tre Cime di Lavaredo: Cima Piccola, diretta alla Punta Frida 2792 m (Via Molin-Lancellotti) aperta nel 1965 da Alziro Molin ed Enzo Lancellotti sale dalla parete sud alla sella nord della Punta Frida (Dolomiti di Sesto), V grado;
19 luglio 1967: Guglia Edmondo de Amicis 2100 m, parete nord-ovest (Pale di Misurina, Dolomiti). Molin e Andrea Pandolfo superarono con trenta chiodi lo spigolo a destra della via Mazzorana;
20 luglio 1967: Torre Quattro Laghi 2681 m, parete sud (Dolomiti di Sesto);
28 luglio 1967: Cima Cadin del Lago (Punta Raffaella) 2575 m, parete est (Dolomiti di Sesto);
15-18 agosto 1967: Cima Su Alto, spigolo nord-ovest (oggi crollato), gruppo del Monte Civetta, prima salita con Ignazio Piussi, Aldo Anghileri, Ernesto Panzeri e Guerrino Cariboni. Lo spigolo si presentava come una prua di nave, una via estremamente impegnativa. Il forte arrampicatore franco-greco Georges Livanos a proposito dello spigolo nord-ovest ha scritto infatti: “Quando qualcuno riuscirà a scalare questa via, bisognerà coniare un nuovo grado di difficoltà: il settimo grado”;
1967: Torre Tito 2427 m, intersezione ovest (Dolomiti di Sesto);
21-23 luglio 1968: Croda dei Toni (Zwölferkofel) 3094 m, fessura della parete nord, VI e A, con Roberto Corte Coi e Andrea Pandolfo, 500 m, ED inf, 30 ore di arrampicata effettiva (Dolomiti di Sesto);
25 luglio 1968: Cristallino di Misurina – Campanile Molin parete nord-ovest, difficoltà VI, con Andrea Pandolfo (Dolomiti di Sesto – Gruppo del Cristallo);
20 agosto 1971: Punta Cadin delle Pere 2550 m, lato sud, con Gerd Schauer di Isny (Dolomiti di Sesto – Cadini di Misurina);
6 agosto 1972: Torre Caldart 2452 m, parete nord-est, con Antonio Berti (Dolomiti di Sesto – Cadini di Misurina – Val Ambàta).
Spedizioni alpinistiche
Hoggar 1971/1972 – Algeria (26 dicembre 1971 – 20 gennaio 1972)
Spedizione scientifico-alpinistica “Città di Carpi”.
Componenti: don Arturo Bergamaschi – Guerrino Sacchin – Achille Poluzzi – Alberto Avanzolini – Giacomo Banti – Gilberto Bertolani – Enzo Lancellotti – Benito Modoni – Mario Panizza – Elio Sommavilla – Alziro Molin.
Risultati ottenuti:
Tezuyeg Minor 2540 m – via nuova
Tin Tiralgiouin 2500 m – prima assoluta
Tireggunin 2700 m – via nuova
Gruppo Taridalt, Seconda Torre 2410 m – prima assoluta
Gruppo Taridalt, Prima Torre 2390 m
Tikentin, Seconda Torre 2500 m
Tikentin, Prima Torre 2450 m
Ewendess 2650 m
Cima Auknet 2552 m, parete sud-est, via nuova
Cima Auknet 2552 m, parete ovest
Sawinam 2650 m, parete sud-est.
Hindu Kush ‘73 – Afghanistan (30 giugno – 10 agosto 1973)
Spedizione alpinistica “Città di Bologna”.
Componenti: don Arturo Bergamaschi – Achille Poluzzi – Gilberto Bertolani – Gian Carlo Calza – Alziro Molin – Benito Modoni – Guerrino Sacchin – Nando Stagni – Gian Carlo Zuffa.
Risultati ottenuti:
Kohe Chatral 5500 m, prima assoluta
Kohe Khanen 5320 m
Kohe Pegish Zom 1° 6269 m, via nuova
Kohe Pegish Jurm 6080 m, prima assoluta
Kohe Jamhoriat 5910 m
Kohe Jurm 5800 m, via nuova
Kohe Asadi 5450 m, prima assoluta
Kohe Solhtalab 5430 m, prima assoluta
Kohe Bachai Sol Safid 5420 m
Kohe Shal e Safid 5470 m
Angmagssalik ’74 – Groenlandia orientale (1974)
Spedizione alpinistico-esplorativa per il “Centenario di fondazione della Sezione Cadorina del CAI di Auronzo”.
Componenti: Alziro Molin – Alberto Berti – Claudio De Zordo – Eraldo Pais Becher – Giuseppe Macchietto – Giuseppe Barbieri – Enzo Lancellotti – Giovanni (Gianni) Pais Becher.
Nella zona compresa tra il fiordo Sermiligak, il ghiacciaio Karale Glacier ed il ghiacciaio Knud Rasmussen sono state esplorate molte cime inviolate e sono stati percorsi alcuni ghiacciai sconosciuti (27 salite di cui 21 mai effettuate prima).
Alto Atlante ’77 – Marocco (1977)
Con gli Scoiattoli di Cortina ha arrampicato sul massiccio dell’Alto Atlante in Marocco. Di seguito le ascensioni effettuate:
4 maggio 1977, Jebel Aiuoi, parete nord, IV/V, con Andrea Menardi;
5 maggio 1977, Jebel Aiuoi, pilastro di sinistra, V/V+, con Andrea Menardi.
Massiccio del Tsast Uul – Tsambagarev ’93 – Mongolia (giugno – luglio 1993)
Componenti: Gianni Pais Becher – Gastone Lorenzini – Alziro Molin.
Risultati ottenuti:
Tsast Uul 4250 m, via normale, la seconda vetta più alta in Mongolia; assieme agli alpinisti mongoli Jndonpuncav, Gotov, Samubun e Battulga scalano una via di ghiaccio con una pendenza di 55° fino a una punta inviolata a quota 4030 m.
Altre partecipazioni a spedizioni extraeuropee
nel 1969 nel Caucaso con ascensione all’Elbrus 5642 m;
nel 1977 in Marocco con ascensione al Toubkal 4075 m e vie nuove di V grado sul monte Ioi;
nel 1977 in Iran con ascensione al Demavend 5671 m;
nel 1979 in Ecuador con tentativo di ascensione al Chimborazo interrotta per maltempo;
nel 1979 per la seconda volta nel Sahara algerino con l’apertura di due nuove vie sul monte Tezuiat;
nel 1981 in Perù con ascensioni al Nevado de Ampato 6310 m, la salita alla cima Misti 5221 m nella Regione dei Vulcani e alla Cima Ciani 5716 m;
nel 1987 per la seconda volta in Perù con tentativo di ascensione allo Yerupaja 6632 m interrotta al 3° campo a 5600 m per la troppa neve;
nel 1988 in Colombia con ascensioni nella Cordigliera di Santa Marta al Pico Cristobal Colon 5775 m e con l’apertura di una nuova via sulla Cima San Vito 5776 m;
nel 1989, con Gianni Pais Becher, per la seconda volta in Groenlandia con l’apertura di due nuove vie;
nel 1990 nel Nepal con trekking al campo base dell’Everest, a 5500 m;
nel 1990 e nel 1992 in Giordania con l’apertura in solitaria di numerose vie di IV e V grado nel gruppo del Wadi Rum;
nel 1992, ancora con Gianni Pais Becher, in Mongolia nel gruppo degli Altaj con l’apertura di due nuove vie sulla Cima Mongolia 4250 m e sulla Cima Firenze 4100 m;
nel 1994 in Patagonia con ascensioni nel gruppo del Fitz Roy – Cima Cielo Argentino – e nel gruppo del Paine in Cile.
Onorificenze
Medaglia d’oro ricevuta dai “Ragni di Lecco” per l’impresa sullo spigolo nord-ovest della Cima Su Alto in Civetta.
Medaglia d’oro ricevuta dalla Sezione Cadorina del CAI di Auronzo per la via sulla parete nord della Croda dei Toni.
L’ANA del Cadore lo premia assieme a Don Luigi Ciotti a Pieve di Cadore, nel palazzo della Magnifica Comunità di Cadore.
Nel 1999 riceve dalla provincia di Belluno l’ambito Premio “Pelmo d’oro” per la carriera alpinistica con la seguente motivazione: “Per le eccezionali capacità alpinistiche che lo hanno visto protagonista – durante cinquant’anni di attività – di imprese estreme sia sulle Dolomiti Bellunesi sia sulle montagne di tutto il mondo”.
Nel 2011 riceve, insieme ad illustri colleghi, il premio di “guide alpine emerite” dal collegio regionale del Veneto.
Premiazione del Libro dell’Onore 2016 della “Magnifica Comunità del Cadore”, per aver dato lustro al Cadore ed ai valori dei principi statutari della natura e del ruolo dell’Ente.
Opere
Sessant’anni di Alpinismo, Grafiche Novesi, 2017.
Filmografia
L’ultimo contadino (1975, 18′), documentario con la regia di Giuseppe Taffarel;
Tre Cime. La Trinità delle Dolomiti, documentario con la regia di Giovanni Carraro.
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Ciao Alziro Molin, sali sempre e di più ancora. Le più alte vie del cielo ti aspettano e ti accompagnano per farti brillare. Stella senza fine.
Grande, il Vecchio, che a 78 anni guidava ancora il nipotino di 9 su una via di Comici nei Cadini! Grandissimo personaggio delle Dolomiti, riservato e scevro dalle polemiche di scalatori suoi coetanei. E quanta difficoltà per avere l’autografo sul libro che nel 2017 gli ha dedicato la figlia! Grande Alzerò, riposa in pace in mezzo alle tue montagne.
Degno tributo al grande vecchio di Misurina e Cadore…c è chi fa lavoretti chi bricolage chi bricolagestremo come Molin pochi…chi di noi non vorrebbe invecchiare come Alziro?
Mente e corpo da vero dolomitico fino alla fine dei suoi giorni e che grazie al contributo del blog continuano, grazie!