Alpinisti del lambrusco
di Marco Barbieri
(già pubblicato in tre puntate dal 13 al 19 marzo 2017 su alpinistidellambrusco.org con il titolo Il grande giorno delle linee magiche)
Lettura: spessore-weight*, impegno-effort**, disimpegno-entertainment**
Ricorderemo a lungo l’inverno 2017. Non perché ricco di neve, né freddo, ma per noi “appenninisti” è stato semplicemente fantastico. Un continuo susseguirsi di perturbazioni calde, portatrici di piogge fino a quote alte, con la poca neve bagnata rilegata alle vette appenniniche, spesso seguite da più o meno lunghi periodi freddi e sereni, in cui tutto questo fradiciume è ghiacciato alla perfezione. Ne sono nate più che mai indimenticabili avventure su salite effimere, vie nuove e ripetizioni; abbiamo notato un via vai sui canali che non avevamo mai visto, tantissimi appassionati che si sono goduti un Appennino più bello che mai, una vera e propria “Appenninomania” che naturalmente ha contagiato anche noi Alpinisti del Lambrusco.
Con queste parole non voglio fare alcun bilancio di un inverno alpinistico che, per quanto ne dica il calendario, non è affatto finito, ma piuttosto introdurre il piccolo racconto di una grande giornata spesa su alcune delle linee più belle del Lago Santo modenese; a dire la verità potrebbero introdurre tante giornate di questo bellissimo inverno, ma questa mi è sembrata particolarmente grande.
Grande innanzitutto perché è un mercoledì, e non lo avrei certo passato al freddo del Monte Giovo se non avessi saputo di tutto quel ghiaccio, freddo e sole, un vero jolly giocato al meglio. Grande perché, nell’aria tersa delle mie montagne preferite, ho concretizzato alcuni sogni che da alcuni anni tenevo nel cassetto. Piccoli sogni, per carità, ma grandi o piccoli che siano, concretizzarli appieno è una roba che ti riempie il cuore. Grande anche per l’amicizia che, ben prima e ben oltre una corda, mi lega al mio compagno che non solo condivide sveglie nel cuore della notte e fatiche della scalata, ma quegli stessi sogni così forti da riempire i nostri pensieri.
Appennino Modenese, Bacino del Lago Baccio, Ghiaccio a ogni costo, 1a ascensione. Foto: Alessandro Biffignandi
Mercoledì 8 marzo 2017, il crepuscolo ci coglie oltre il Lago Baccio mentre stiamo già risalendo la conoide; davanti a noi una muraglia apparentemente inespugnabile, solcata da una sottile ma continua striscia bianca, in mezzo ad un piccolo anfiteatro di roccia. Ci siamo!
Impossibile non notare quella linea percorrendo la valle del Baccio. Si trova a metà strada tra la Grotta Rosa e l’Altaretto, dove la fascia rocciosa è più verticale e imponente, in un tratto alto quasi 150 metri di strapiombi con ben pochi punti deboli. Un canaletto sembra quasi fare un tentativo di solcare la parete, ma si ferma ben presto in un antro sempre più ripido e chiuso, perfino aggettante in alto. Nelle condizioni migliori, ad esempio di ritorno dall’apertura di Viva Rotari al Monte Rondinaio 1963 m, abbiamo potuto osservare una piccola stalattite pendente verso il vuoto dalla sua sommità, continuando non senza interruzioni in un’effimera colatina (nel bel mezzo del Bacino del Lago Baccio 1560 m, NdR). Non porta in vetta a un bel niente, ma è davvero una direttiva logica e attraente. Col passare degli inverni e negli innumerevoli passaggi da quelle parti ho sempre sbirciato quella linea, spesso completamente secca o appena sporca di un bianco di chissà che qualità, fantasticando una sua salita. Anche Edo, notando l’estetica e la logicità della linea, si è innamorato di quel sogno di ghiaccio. Sentivamo che quest’anno poteva essere quello buono: l’esperienza maturata sul terreno appenninico ci ha convinto e appena si sarebbero presentate le condizioni avremmo tentato quella che per noi ormai era semplicemente la “Magic Line”.
Alla primissima nevicata novembrina accorriamo Lago Santo 1501 m per sbirciare la nostra linea da vicino, consapevoli che non sarebbe stato un serio tentativo, ma intanto lasciamo una sosta alla base; vediamo qualche candelotto in alto, ma dovremo pazientare ancora molto. I successivi sono mesi di attesa in cui, nonostante il freddo, il secco la fa da padrone. Finalmente a fine gennaio inizia questo inverno fantastico: con condizioni sempre migliori effettuiamo belle gite e più volte intravediamo la “Magic Line”, a volte sembra quasi fattibile e ben ghiacciata!
Non siamo però gli unici a notare la linea: una cordata di liguri in trasferta in Appennino, dopo aver risolto al primo colpo (Davide Damato, Giordano Carabelli e Alessandro Biffignandi,19 febbraio 2017) una direttissima alla Nord-est del Monte Rondinaio, è subito contagiata dalla sottile colata che diventa un chiodo fisso anche per loro. Ritornano la domenica successiva e in qualche modo la salgono. Il caldo ha ormai cotto e scollato il poco ghiaccio e ai tre servirà grande determinazione, coraggio e bravura per salire sezioni di roccia pessima e verticale: la via è loro e la battezzano Ghiaccio ad ogni costo (gli stessi, 26 febbraio 2017).
Bacino del Lago Baccio. Mauro Barbieri sulla prima lunghezza di Ghiaccio a ogni costo, 2a ascensione
La nostra grande giornata è appena cominciata: montiamo i ramponi e ci avviciniamo alla colata; così in forma non l’avevamo mai vista. Eravamo concordi che per noi non dovesse affatto essere “ad ogni costo”, pronti a lasciar perdere se le condizioni non fossero eccellenti, ma ora sembra tutto talmente perfetto che ogni dubbio si dissolve. Armati fino ai denti, montiamo una sosta un po’ più in alto, alla base di un risalto verticale. Parto io per il primo tiro mentre il primo sole infuoca la parete; il ghiaccio è perfetto, alternato a neve compatta e durissima, la progressione è sicura anche se faticosa per la verticalità. Percorro 40 metri su pendenze mai inferiori ai 75°, protetto soltanto da un warthog e da un buon chiodo; arrivato alla nicchia sosto su due friend e recupero Edo (al secolo Edoardo Montorsi). La goduria in queste condizioni è al massimo e assaporiamo a fondo ogni metro della salita.
Bacino del Lago Baccio. Edoardo Montorsi sul verticale di Ghiaccio a ogni costo, 2a ascensione
Ora tocca al giovane Edo superare il passo chiave con il secondo tiro. Con agilità si destreggia oltre alcuni pendagli di ghiaccio sulla colata leggermente strapiombante. Superati questi pochi metri scompare alla mia vista, poi la corda scorre più veloce, segno che le pendenze sono diminuite, fino ad arrestarsi alla sua fine. Smontando la sosta mi do un’ultima occhiata intorno, immerso in questa verticalità ghiacciata; in basso la valle inizia a popolarsi di qualche sciatore diretto al Rondinaio. Un attimo dopo mi ritrovo appeso alle picche, cercando di sbrigarmi per non cuocermi del tutto le braccia, e in pochi passaggi sono di nuovo su terreno appoggiato, ancora su ottimo ghiaccio, e poi in cresta a stringere la mano a Edo. Siamo euforici e su di giri, come se avessimo aperto una nuova via! Sono forse stati i metri più duri, belli e sognati che abbiamo mai percorso in Appennino, pienamente all’altezza delle aspettative, tutto grazie a queste super condizioni!
Come solito quando troviamo simili condizioni non perdiamo tempo in festeggiamenti, facciamo su la corda e ci lanciamo verso nuovi obiettivi: la giornata è ancora lunga!
Senza nemmeno dircelo sappiamo già che direzione prendere. Le nostre fantasie su questa giornata, sviluppate nei giorni precedenti in maniera minuziosa, sono ora diventate un copione ben noto da seguire. Passiamo dalla croce di vetta senza quasi fermarci, è ancora ben incrostata di ghiaccio, probabilmente è così da un mese a questa parte. Scendiamo verso la Forcella.
Edoardo Montorsi in vetta al Monte Giovo
La Forcella è, nella mia visione, il bellissimo centro del Monte Giovo 1990 m, crocevia e luogo di transito di tantissime giornate su questa montagna. Dal pendio che la sovrasta, balcone su tutto l’Appennino modenese, si può godere di una splendida vista a picco sul Lago Santo e il rifugio Vittoria, incorniciato da quel torrione inconfondibile, culmine dello Sperone della Borra dei Porci. Da un lato della Forcella sbuca ripido il Canale Sinistro, dall’altro passa un canaletto (via Alp 99) che rappresenta la discesa più rapida verso la Borra dei Porci. Decine di volte siamo passati di qua, quasi sempre per concatenare salite; ci vuole una certa dimestichezza del posto per dirigersi verso il baratro, superare gli indugi e gettarsi a culo indietro per il canale che in partenza sfiora i 50°.
Visibile dalla Forcella, sulla destra, in direzione della vetta, un avancorpo è solcato da un ripido colatoio: è il Fantasma del Lago, e da qui si ha una visione completa di quanto sia ripida questa vera e propria cascata nascosta tra le pieghe del Giovo. Nascosta per modo di dire, perché da questo punto è proprio lì di fronte. Non solo, si vede perfettamente anche dal piazzale del rifugio Vittoria (beninteso bisogna sapere esattamente dove cercarla) ed è sempre visibile in diretta dalla webcam del Tex. Da qualunque altro punto la cascata è nascosta, come inghiottita dalla montagna. Scendendo dalla nostra scorciatoia vi si transita alla base, e uno sguardo sognante glie lo abbiamo rivolto ogni volta. Qualora ci fosse ghiaccio, questo era sempre molto sottile, spesso assente alla base e più in alto chissà; a volte si sarebbe quasi potuto salire, ma sarebbe stato impossibile proteggersi su quello strato appoggiato su placche lisce, pensavamo; altre volte il ghiaccio era cotto, scollato. Ma più spesso non c’era proprio nulla!
Non sappiamo molto sulla cascata, ma è evidente che sia la via più dura del Giovo. Altrettanto evidente che sia uno dei nostri obiettivi principali!
Edoardo Montorsi su il Fantasma del Lago. Monte Giovo, parete est.
Difficile prevedere la formazione del Fantasma del Lago – il nome dice tutto – ma forse abbiamo ormai capito che non serve il grande freddo per farlo apparire, quanto piuttosto una quantità d’acqua abbondante, difficilmente presente visto l’invaso sommitale molto ridotto, e un buon rigelo notturno. Riparata dal sole a quota 1850, oggi dovrebbe essere al massimo della forma!
In vista della Forcella, scendiamo dal canale mentre la vista sul Fantasma è sempre più completa; capiamo subito che si può fare! Sostiamo sulla destra, stupendoci della verticalità della partenza. Qui ci ricordiamo di avere solo tre chiodi da ghiaccio, un po’ pochini per affrontare una cascata ma un numero più che ottimista per una salita appenninistica. Ci faremo bastare quelli, finalmente oggi li useremo!
Lascio volentieri andare Edo da primo, la sua esperienza su ghiaccio servirà tutta. Nel dubbio sale dritto per dritto per alcuni metri verticalissimi, tribolando un po’ a trovare ghiaccio buono, poi scompare alla mia vista. Una volta arrivato alla sosta, un provvidenziale albero sul pendio sommitale a 40 metri di distanza, mi incita a salire. Tolti i tre chiodi di sosta anche io assaggio finalmente questo ghiaccio tanto sognato. La partenza è delicata, ripida e con ghiaccio non sempre ottimo, 5 metri verticali seguiti da un tratto più appoggiato; il secondo risalto non è più facile del primo, il ghiaccio è buono ma obbliga ad alcuni passaggi atletici, e in un attimo sono sotto il faggio a cui è appeso Edo. Proseguo senza prendere altro materiale su un terreno evidentemente più facile, 65° su neve e ghiaccio fantastici con pochi saltini più ripidi. Allunghiamo il “tiro” per circa 120 metri fino a ritrovare le nostre orme che scendono alla Forcella.
Qui ci facciamo i complimenti di rito, confrontandoci su quanto fosse duro il tiro appena salito, ben oltre le nostre aspettative, a dispetto delle informazioni raccolte in giro. Facciamo su la corda e ancora una volta ripartiamo per un altro obiettivo!
Nella guida Appennino di neve e di ghiaccio vol. 2 (non si sa di chi è la prima ascensione, NdR) avevamo riportato difficoltà su ghiaccio di 2+/3 e pendenza di 80°. Sicuramente 3+ è un grado più appropriato, e l’inclinazione è 90°!!
Monte Giovo, parete nord-est, Un mercoledì da leoni
Scendiamo come gamberi per il solito canale; la neve inizia a mollare al sole di mezzogiorno, ma noi seguiamo fedelmente i nostri piani.
Questo gruppo montuoso, e questo canaletto ancora di più, sembra fatto apposta per i concatenamenti, percorsi dettati soltanto da fantasia, condizioni, tempo ed energie a disposizione; ogni versante ha le sue caratteristiche di esposizione, quota, difficoltà e tipologia delle vie. Salendo e scendendo come solito più volte per canali, riflettiamo, possiamo mettere assieme anche in Appennino sviluppi notevoli e giornate decisamente piene, sicuramente un valido allenamento.
Monte Giovo, parete nord-est. Prima ascensione di Un mercoledì da leoni. Foto: Leonardo Bianchi
Con l’avanzare della giornata andiamo quindi a cercare nuove zone d’ombra sulla parete nord-est. C’è tutto un settore, tra il Canale Centrale e il Sinistro, dove stranamente sembra non aver mai messo il naso nessuno: è una bella muraglia con qualche punto più debole al centro, dove per qualche breve canaletto e terreno misto si dovrebbe riuscire a passare. Ci sfilammo sotto in una delle poche uscite in cui il gruppo era al completo o quasi: da quel punto di osservazione ravvicinato, Nicola Roncaglia adocchiò un breve camino incastrato tra due roccioni e dichiarò il desiderio di aprire una via che passasse per quella logica direttiva. Più volte, nel corso dei successivi anni, ne parlò come uno degli ultimi itinerari logici rimasti inviolati in zona ed effettivamente, nonostante la brevità della cosa, Nick aveva ragione. In un successivo sopralluogo capimmo subito che quel camino dovesse opporre qualche passaggio impegnativo ma soprattutto che di ghiaccio, solitamente, lì non se ne forma affatto. Ma ormai è difficile dimenticare quella linea e i sogni mettono radici, accompagnati dal desiderio di aprire la via proprio in cordata con Nick; nelle nostre chiacchiere quella è diventata la Via del Presidente, in quanto Nicola è da sempre investito della carica presidenziale nell’organigramma del Fabulous Club lambruscaro.
Oggi è semplicemente il momento di andarci; il Presidente non c’è, ma difficile pensare di ricapitare qui con queste condizioni in sua compagnia. Capirà, dedicheremo a lui la via. Aggiriamo lo Sperone della Borra dei Porci senza perdere troppa quota e presto iniziamo a risalire alla base del Sinistro. Aguzzando lo sguardo si vedono delle tracce, almeno così sembra da lontano, che salgono dove siamo diretti noi. Ancora qualche fatica e ogni dubbio è sciolto: qualcuno è già salito, e tra le tante possibilità di quel settore ha scelto, logicamente, proprio quel camino! Questa “Appenninomania” ha colpito ancora e qualcuno ci ha soffiato, anticipandoci per solo un paio d’ore, anche questa prima! Accantonato lo stupore non ce la prendiamo affatto, piuttosto ci lanciamo carichi come molle nel provare questa nuova via.
Edoardo Montorsi su Un mercoledì da leoni, 2a ascensione (stesso passaggio della foto precedente, poche ore dopo)
Mentre martelliamo i chiodi di sosta cerchiamo di indovinare chi potrebbe averci preceduto, ma ben presto si passa all’azione. Parto io, raggiungo il passo chiave che da vicino mi incute una certa strizza: un muretto verticale con toppe di buon ghiaccio ma piuttosto distanziate, alternate a tratti di roccia scoperta. Nulla di estremo, ma richiede comunque buona atleticità; appena mi appendo alle picche mi sento insicuro e spompo, la giornata inizia a farsi sentire nelle braccia così scendo e lascio andare Edo. Lui non fa una piega, pianta un ice piton sulle rocce alla base del salto e lo sale in men che non si dica, così come il diedro-camino successivo, prima di sparire alla mia vista; sale così svelto tanto da farmi pensare che stia recuperando la corda in sosta. Invece si ferma giusto a fine corda, quando sento un urlo lontano che mi incita a partire.
Da secondo è tutt’altra cosa e basta qualche sforzo e trazione sulle picche per salire. Il ghiaccio in fondo è buono nel primo muro, poi più sottile nello stretto diedro successivo, dove occorre fare attenzione a non incastrarsi, fino all’uscita delicata con traverso a sinistra oltre uno spigolo. La seconda metà del tiro è su neve ben ghiacciata e sempre ripida, con qualche ciuffo d’erba o arbusto affiorante, con sosta finale su un bell’alberello. Continuo senza nemmeno fermarmi per i facili pendii superiori, un lungo “tiro” da 120 metri che porta pochi metri a monte del solito crocevia.
Riponendo la corda, pieni di soddisfazione, ci chiediamo se scendere al rifugio o lanciarci in un altro giro. Siamo ormai belli stanchi, ma soprattutto non abbiamo altri programmi per la giornata se non quelli mangerecci dal Tex; per questo, anche se ci sarebbe tempo per un quarto giro di giostra, ci accontentiamo di aver fatto in un solo fantastico giorno esattamente tutto ciò che avevamo fantasticato di fare. Difficile pretendere di meglio!!
Rifugio Alpino Vittoria al Lago Santo 1501 m (Appennino Modenese)
Al rifugio Vittoria ci accoglie, immancabile, il mitico Tex (al secolo Massimo Bernardi, NdR). Per noi quel “cinghialotto” è un tutt’uno con queste montagne e gli vogliamo bene come un fratello. Ci serve la birra e il panino più buoni mai mangiati – come solito siamo praticamente a digiuno da tutta la giornata – che divoriamo mentre gli raccontiamo con entusiasmo la bella giornata trascorsa. Ci svela il mistero di chi ci ha preceduti sulla Via del Presidente: una cordata toscana, stranamente non i soliti Marco Colò e Giorgio Cotelli che erano i nostri principali sospettati.
Impareremo più tardi che si tratta di Leonardo Bianchi e Mauro Rontini, che chiameranno la via Un mercoledì da leoni. Complimenti a loro!
11
Scopri di più da GognaBlog
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.
“Domani non ci sono, domani vado via.”
(da Domani che farai, di Johnny Dorelli). 😊😊😊
Hai avuto il piacere di andarci?
Neve e Monte Giovo…
E la vita ti sorride! 🤩🤩🤩
Peccato Fabio.. Ma io Giovo è ancora là 😉
In questi tempi grami, per ritrovare un pizzico di serenità mi sono rifugiato per un attimo con la mente tra i monti del mio amato Appennino in veste invernale.
P.S. Ora però gli Alpinisti del Lambrusco hanno cessato di scrivere. Sigh!
spesso e volentieri le montagne considerate di serie “B” hanno molto da dire e da dare.
Basta saper vedere, avere la giusta pazienza e cogliere l’ attimo fuggente.
Sono un po’ emozionato e inorgoglito di vedere le “mie” montagne in un articolo che le fa sembrare quasi “Himalayane”.
Ma in effetti dal punto di vista dell’escursionismo e alpinismo invernale i luoghi citati sono degni di una localita’ alpina.