A 11 anni sulla vetta del Cervino: “Un sogno diventato realtà” è il titolo apparso su La Stampa del 15 settembre 2021, che poi sottotitola “Federico, che vive a Beinasco, è il primo bambino italiano a scalare la vetta dalla parte italiana”. Quest’ultima affermazione non corrisponde al vero.
Al di là del caso, con lodi e critiche affrontato in https://altrispazi.sherpa-gate.com/altrilibri/racconti/a-11-anni-in-vetta-al-cervino/, del bimbo scozzese che per primo a fatto parlare di sé sui social, ci sono due bimbi che in precedenza hanno fatto “meglio”, entrambi figli di due guide alpine di Cervinia e di Zermatt. Sono saliti ai 4478 metri della cima del Cervino a 8 anni e mezzo. Sono Jasmine Corradi, figlia di Nicola, che ha affrontato la Cresta del Leone, la via italiana, più difficile della Hörnli, e Kevin Laubert, figlio di Kurt che all’epoca era anche custode della capanna Hörnli.
Questa notizia di cronaca ha suscitato un vespaio di polemiche. Dopo l’articolo di Rambaldi (che non prende posizione) pubblichiamo due interventi (il secondo è inedito) di diverso parere. Molto più semplice il commento (finale) della guida Matteo Faletti, protagonista di questa avventura.
Bambini che scalano il Cervino
di Massimiliano Rambaldi
(pubblicato su La Stampa del 15 settembre 2021)
C’è un bimbo di 11 anni di Beinasco (TO), che da ieri potrà raccontare di aver toccato il cielo con un dito. Federico Tomasi, in compagnia di una guida esperta, la scorsa notte ha scalato il Cervino dalla parte italiana, arrivando alla vetta fissata a 4478 metri di altezza. Un sogno che durava due anni, da quando un giorno di agosto in cima alla Rognosa di Sestriere, guardando il Monviso, disse al padre che voleva provare a conquistare quella montagna al confine con la Svizzera. E non erano parole a caso di un bimbo sognatore. È il primo bambino italiano a scalare la vetta dalla parte italiana (non vero, vedi sopra, NdR). L’anno scorso, un suo coetaneo scozzese salì dalla «sponda» svizzera in cordata con il padre. Federico però voleva raggiungere il suo sogno, senza pensare a record o a titoloni sui giornali. L’impresa, però, non può non essere raccontata.
«Il momento più difficile – racconta il bimbo in compagnia del padre Fabio, dopo aver riabbracciato i suoi cari – è stata la prima ora al buio e al freddo. Mi ero appena svegliato: la corda era dura e scivolosa. Se ho pensato di non farcela? Ho chiesto alla guida di fermarsi, per poter riposare un po’. Quel momento è stato duro, ma una volta superato mi ha dato la forza per proseguire sicuro». Nessuna preoccupazione o spavento? «Al ritorno – racconta – quando un gruppo dietro di noi ha fatto precipitare delle pietre, non di grandi dimensioni, che per fortuna non ci hanno colpito. Ma è stato bellissimo. Arrivare lì, così in alto: un sogno diventato realtà».
Il padre racconta la determinazione del figlio e il suo amore per la montagna: «Quando due anni fa mi disse che voleva salire fin sul Cervino, in un primo momento ho pensato a parole dette così, senza una reale convinzione. Invece, nonostante avesse solo 9 anni, Federico ha mostrato fin da subito una grande voglia di raggiungere questo suo desiderio. Quest’anno si è allenato fin dal mese di maggio, percorrendo circa 20 escursioni in 4 mesi tra ferrate, trekking e una scalata. È arrivato a toccare cinque cime oltre i tremila metri: Punta Ramiere, Rocciamelone, Monte Terra Nera, Albergian e Punta Tzan». Una passione certo, ma vedendo il suo percorso forse qualcosa di ancora più profondo. Un legame con la montagna viscerale. «Ho avuto parecchie difficoltà a trovare una guida disposta ad accompagnarlo – continua Fabio Tomasi – molte di loro, in un primo momento disponibili, si tiravano indietro all’ultimo». Sì, perché non tutti si sono mostrati convinti della bontà dell’impresa. Finché Matteo Faletti, un professionista del Trentino Alto Adige, si è offerto di accompagnarlo in prima battuta alla Capanna Carrel (il rifugio lungo la scalata a 3800 m). Una volta arrivati lì, la guida ha deciso di proseguire la scorsa notte verso la cima. Partiti alle 4 dal rifugio, alle 8 erano in cima. «A tre gradi sotto zero, torcia in testa, ha scalato due ore nel buio più completo – racconta il papà – io ero a duemila metri più sotto e guardavo quella montagna con occhi lucidi e apprensione. È stata la notte più lunga della mia vita».
Un percorso possibile grazie all’affiancamento di tante persone fondamentali. «Roberto Fassina del Soccorso Alpino di Sestrière ha insegnato a dosare forze e ritmo – spiega il papà di Federico – Ivan Bianchi, guida del Cervino, gli ha insegnato l’arrampicata, trasmettendo nozioni tecniche e la passione per le montagne della Valle d’Aosta, le più belle d’Europa. E poi Rita Semeraro, la sua mamma che ha saputo far coesistere il suo infinito amore con la scelta di far vivere a Federico il suo sogno, nonostante qualche rischio purtroppo inevitabile».
I bambini che scalano il Cervino
di Roberto Serafin
(pubblicato su Mountcity.it il 22 luglio 2020, a proposito della scalata al Cervino del bimbo scozzese Jules Molyneaux)
E’ giusto portare un bambino in vetta? Se lo chiede in un titolo a tutta pagina il Corriere della Sera di mercoledì 21 luglio 2020, prendendo spunto dalla storia di Jules Molyneaux, l’undicenne scozzese che ha scalato il Cervino con il padre.
Divisi dalla singolare performance a detta di Franco Brevini, firma “alpinistica” del Corrierone, risultano ora scalatori e guide alpine. “Una scelta troppo pericolosa, non è stato giusto portarlo lassù”, è quanto avrebbero affermato certi addetti ai lavori.
Ignorando (e Brevini con loro) che il Cervino non si è mai negato ai bambini. E nemmeno il Monte Bianco visto che l’americano Patrick Sweeney nell’agosto del 2014 ha portato i suoi due figli di 9 e 11 anni in cima esponendo i pargoli a pericoli mortali: durante la salita i tre schivarono per poco una valanga.
Di sicuro la Gran Becca è affare per alpinisti preparati e “navigati” anche se si presenta in genere più abbordabile del Bianco. MountCity propose a suo tempo immagini di piccoli summiter soddisfatti tratte dal bel volume Whymper, Carrel & Company a cura di Ludovico Bich (Editions L’Eubage, 2001).
E’ probabilmente vero che il Cervino, a differenza del Bianco, è una sfida da consumare in famiglia, come suggerisce Bich, convinto che “sul Cervino ci si va con i propri cari, per offrirsi un regalo unico, un ricordo indelebile”.
Problemi medici? Per quanto riguarda l’alta quota, secondo le indicazioni della commissione medica UIAA, per brevi soggiorni non ci sono restrizioni specifiche, almeno fino a 3000 metri di quota, sempre che il bambino sia in buona salute. Al di sopra dei 3000 metri è bene porre particolare attenzione al mal di montagna acuto, anche perché i più piccoli spesso non sanno riferire con precisione i sintomi.
Scandalizzarsi per certe esperienze “estreme” dei bambini sembrerebbe più che altro, per concludere, frutto della mentalità dei nostri tempi così votata alla sicurezza.
Quand’era piccolo, chi raggiunge oggi il traguardo della terza età andava in bicicletta senza il casco, il latte era quello del contadino, non sterilizzato, le auto di papà non avevano cinture di sicurezza né airbag.
E si trascorrevano ore e ore costruendo carretti a rotelle e i fortunati che avevano strade in discesa si lanciavano e, a metà corsa, si ricordavano di non avere freni. Dopo vari scontri contro i cespugli, s’imparò a risolvere il problema. Anche se i giocattoli non avevano il marchio CEE, questi bambini del remoto passato sono in genere sopravvissuti. E anche i piccoli che hanno scalato il Cervino non possono dire di avere corso rischi mortali o perlomeno non se ne sono accorti checché ne dicano oggi i presunti esperti chiamati in causa dal Corriere.
Prodigio talentuoso o scriteriatezza genitoriale?
di Carlo Crovella
Confesso che la recentissima notizia della salita in vetta al Cervino, compiuta da un ragazzino di undici anni, mi ha un po’ infastidito.
La mia reazione è perfettamente uguale a quella di quando lessi (estate 2020) la notizia dell’ascensione sulla Gran Becca, ma dal lato svizzero, di un altro ragazzo (guarda caso sempre di undici anni) di origine scozzese.
C’è qualcosa che non mi torna in questi episodi. Con riferimento alla salita del ragazzo scozzese, Franco Brevini sul Corriere della Sera ha parlato di responsabilità genitoriali, affermando che il principale ruolo del genitore è quello di proteggere i figli.
Condivido la tesi di Brevini, ma il mio fastidio riguarda un aspetto collaterale rispetto alla pura e semplice protezione fisica dei figli dai pericoli della montagna.
Andiamo per ordine, iniziamo dalla prima domanda: se un ragazzino sale sul Cervino a undici anni, cosa gli resterà da fare nella sua fruizione futura della montagna?
Mia madre, con riferimento generico alle vicende della vita, mi ripeteva sempre: “L’esistenza è come un gomitolo di lana, se lo srotoli troppo in fretta, arrivi presto al termine, poi cosa ti rimane?”
È ammirevole che i giovani vadano in montagna. La montagna, per dirla come diceva mio padre, è scuola di vita: ti forma, ti irrobustisce, sia nel fisico che nel carattere. Ti permette di avere una visione lucida delle cose, di impostare la tua vita nel lavoro, in famiglia, verso gli altri. Quindi ben venga che i ragazzi frequentino la montagna: nella mia esperienza ultra quarantennale da istruttore, di ragazzi e ragazze (considerando il range anagrafico fino a cavallo dei 20 anni) ne ho introdotti letteralmente a vagonate. Ho perso il conto, ma parlo di decine e decine, forse ben più di cento.
Non sono un’eccezione, tanto meno a Torino, dove la tradizione dell’alpinismo giovanile ha antiche e solide radici: già ad inizio del Novecento agiva la S.A.R.I. (Sint Alpes Robur Iuvenum: siano le Alpi la forza dei giovani. Secondo altre fonti: Società Alpina Ragazzi Italiani), il cui “demiurgo” era Eugenio Ferreri, noto compilatore di guide alpinisto-escursionistiche, specie delle Alpi Cozie. Ancora a Torino negli anni Trenta, sotto umoristiche sigle para romane (collegate al regime), fu molto attiva l’attività di introduzione dei giovani e giovanissimi alla montagna, ricorrendo spesso, come consulenti tecnici, ad Accademici di grido (da Gervasutti a De Rege, Chabod, ecc). Nel torinese la tradizione dell’alpinismo giovanile si è protratta, senza soluzioni di continuità, fino ai nostri giorni, specie nelle Sezioni CAI sia della città che dell’hinterland: nel CAI Torino è talmente sentita e robusta che, qualche anno fa, si è consolidata in una vera e propria Scuola di Alpinismo Giovanile.
Cito l’esperienza torinese perché la conosco direttamente, ma sono certo che in numerosissime altre realtà italiane il Gruppo Giovanile è un perno importantissimo della comunità di appassionati della montagna.
Però, questi giovani e giovanissimi li abbiamo sempre accompagnati con i dovuti passi. Con il tempo giusto, con una progressione controllata e prudente. Qui va inteso in senso metaforico, ma forse non solo.
La mia sensazione è che salire il Cervino a undici anni sia invece una evidente forzatura. Psicologico-emotiva più che in senso tecnico. Dall’articolo si evince che il ragazzo in questione ha espresso il desiderio di salire il Cervino nell’estate di due anni fa (quando cioè avena nove anni), in vetta alla Rognosa di Sestriere, montagna di 3300 m in alta Val Susa: si tratta di una bellissima gita escursionistica o scialpinistica, ma stona che in due stagioni un ragazzo di nove-undici anni passi da una vetta escursionistica di 3300 m al Cervino vero e proprio. L’accelerazione è visivamente fuori da un normale range di progressiva crescita alpinistica. Che farà ‘sto ragazzino la prossima estate? Il Pilone Centrale? O passerà direttamente al K2 in giornata dal basso?
C’è infine un’ultima annotazione di più ampia respiro. Se il calendario non mi inganna, il ragazzo era in vetta al Cervino proprio a cavallo dei giorni in cui hanno riaperto le scuole. Parlo delle scuole normali, non delle scuole di alpinismo. Dopo due anni scolastici a mezzo servizio, per non dire persi quasi del tutto, mi pare che la responsabilità dei genitori avrebbe dovuto insegnare al figlio che il dovere viene prima del piacere.
I due anni di DAD che le giovani generazioni hanno alle spalle peseranno moltissimo sulla loro formazione: rischiamo di avere prossimi adulti semi analfabeti o parzialmente acculturati. Non è molto intelligente aggiungerci anche altre assenze “giustificate” dai genitori, chi per il Cervino, chi per la partita con i pulcini della Juventus, chi per le gare di sci…
In altre parole: o questo ragazzo ha la stoffa per diventare il prossimo Messner (e allora la preparazione culturale e quindi professionale per lui sono un optional superfluo perché farà parte dello star system) oppure con un approccio reiterato come questo (dopo il Cervino, cosa verrà? il Monte Bianco, poi il Rosa poi chissà quale altra vetta sempre a scapito della scuola) rischia di non disporre, in futuro, di quegli strumenti che saranno sempre più necessari nel mondo iper competitivo che deriva dalla globalizzazione.
Parliamoci chiaro: i nuovi popoli “ci mangeranno la minestra in testa”, come si dice in piemontese, e l’unica vera difesa che abbiamo è essere iper preparati e iper specializzati.
Non è salendo il Cervino che un ragazzo normale si irrobustirà verso questo obiettivo, a meno, appunto, che sia il prossimo Messner…
Nell’ultimo articolo allegato vengono citate alcune foto (tratte da un libro da non perdere) con diversi ragazzini in vetta al Cervino negli anni ’70 e ’80. Alcuni di questi sono poi diventati capitani d’industria, manager di successo, personaggi di rilievo. A prima vista, quindi, La salita sulla Gran Becca in età precoce non pregiudica il futuro.
Ma in questi decenni il mondo è completamente cambiato (appunto per la globalizzazione) e, oggi, quello che conta è sgobbare sui libri per contrapporsi alla prossima concorrenza di agguerriti ingegneri indiani, dei fisici nucleari cinesi, dei giuristi arabi e così via. Allentare la presa sulla preparazione scolastica – e quindi professionale – dei propri figli rischia di condannarli, in un domani, a ruoli di lavapiatti, uscieri e badanti dei “nuovi” protagonisti mondiali.
La vetta del Cervino di oggi vale questo rischio del domani?
Il commento di Matteo Faletti
(dal suo profilo facebook, 16 settembre 2021)
Che Avventura questa volta, di quelle che non si dimenticano facilmente, sia per me ma soprattutto per Federico, il ragazzo che all’età di 11 anni è riuscito a salire in cima al Cervino.
È stato un immenso piacere poter accompagnare questo giovane alpinista che con una determinazione senza eguali per la sua età è riuscito a realizzare questo suo sogno.
Un esempio per altri giovani alpinisti. “Inseguite i vostri sogni”.
Ribadisco , e con maggior convinzione, che la situazione non è “sana”. Le dichiarazioni del padre, riportate sul Corriere di ieri, sono le seguenti:
«Sono emozionato e commosso – racconta papà Fabio -. Io non avrei potuto accompagnarlo, non è una scalata per me. Insieme abbiamo fatto le prime camminate in montagna, ma lui adesso è davvero di un’altra categoria. Mi rende ancora più orgoglioso il fatto che sia arrivato in cima attraverso la “via italiana”, la più lunga e faticosa delle tre che portano ai 4 mila 810 metri del Bianco. La guida ci aveva detto che sarebbe stato difficile, non ci facevamo illusioni e invece Federico ci ha stupito ancora una volta».
Si tratta di affermazioni che, mutatis mutandis, sento dire da centinaia di padri (padri maschi di figli maschi, non è casuale) circa i loro rampolli che a 10-12 anni sono dei campioncini di calco o, in subordine, di gare di sci. Qui da noi (Nord Ovest) il rapporto calcio-gare di sci è a spanne 75%-25%. C’è qualche esempio fuori dal coro, per es nel basket o nel ciclismo, e fra questi rientra questo ragazzino.
Di conseguenza la sensazione è che, in questo caso, a menar la danza sul piano strategico sia il padre che proietta sul figlio le sue personali ambizioni. Non fa fare al figlio una cosa per il bene del figlio, ma per veder realizzate le aspirazioni del padre. Tali aspirazioni possono essere le più diverse e diversificate: ambizioni, successo, soldi, fama, approdare sui giornale ecc ecc ecc. La controprova è che la salita al Monviso, che risulta esser stata fatta in compagnia padre-figlio, non ha avuto lo stesso clamore mediatico…
Facciamo la prova del nove: chiediamo al padre di astenersi da divulgare l’attività del ragazzino sui media, sui social ecc. Sarebbe il padre interessato nello stesso modo oppure allenterebbe la presa sul figlio e piano piano lo lascerebbe tornare a fare altro?
Oggi leggo dell’impresa del baby… ha salito il monte bianco per la via italiana.. e allora?
La mania di raccontare ai giornali e sui social esperienze tali dei propri figli e’ davvero sciocca. Ma non era meglio che questa benedetta salita al Monte Bianco rimanesse in famiglia, senza la necessita’ di gridarla ai 4 venti? Che tristezza. Spero almeno che questo ragazzino possa prendere prima o poi le distanze da qualcuno che evidentemente lo sta usando, fosse solo per vederlo sulle pagine di un giornale. I dubbi di molti di noi nati dopo la salita al Cervino, dubbi non sulla salita ma sul modo di raccontarla successivamente, si sono concretizzati. Se io fossi il padre mi sentirei a disagio a leggere certe sciocchezze tipo il baby campione solo per aver pestato neve..
Il figlio del mio amico ( con cui ho scalato una vita) alla stessa eta’ fa il 7c boulder, 8b in falesia e gare … cosa dovrebbe accadere? Lo dovremmo vedere ogni week end sul Corriere della Sera? Ma per favore…..
Mi Piacerebbe sapere chi imbecca i giornali su questa ultima impresa.
Spero che questo ragazzino non si renda conto delle scemenze che i giornali riportano su di lui e viva queste esperienze solo per se stesso.
Fare il lavapiatti o il badante è denigrante?
Titoli di coda?
HA!!HA!!HA!! Il Cominetti me ne frego tira dritto(frase datata) e il povero Pasini così parco di parole,,più nessuno simil tono?
Visto poi che bisogna esplicitare tutti i passaggi anche se sembrano ovvii. Il succo molto pratico era: belle esperienze, cruciali nello sviluppo, però forse meglio tener fuori i bambini dal Truman Show almeno fino a quando non sono in grado di gestirlo e di difendersi da soli. Tutto qui. Fine della trasmissione. Sine ira et studio come diciamo in parrocchia.
No Cominetti. Sforzati. Sono un esempio di come funziona il Truman Show: leggi un articolo postato, una guida esprime un parere critico, cerchi chi è per capire e ti viene fuori tutto: miseria e nobiltà, vita spiattellata senza ritegno in pubblico. Fine della vita privata e del decoro. A volte con partecipazione attiva dei soggetti. In questo caso colei che dice di essere vittima che si sfoga sui social. Digiti padri che trasmettono passioni ai figli e ti viene fuori Rocco Sifredi che si fa i selfie col figlio Lorenzo. I tuoi insulti Cominetti, come quelli opposti di altri, sono uno sfogo non uno strumento per capire. Se vi fa star bene, nulla in contrario, anche se forse ci sono altre strade che lasciano meno scorie sul cammino. Saluti
Se non è mediocrità umana quella espressa nei commenti dal 146 al 149 compresi, allora cos’è? Non capisco…
Un esempio di curiosità che noi parrochiani cerchiobottisti e paraculi potremmo erroneamente scambiare per un ci ci nin di aggressività e disprezzo, che gli dei ci perdonino prr i nostri peccati.
Penso che la loro assenza sia dovuta alla loro scadente capacità nonché alla loro mediocrità umana.
Attenzione. Vedo ora che questo Trucco è stato condannato per lesioni a Cervinia. Intenet non perdona. Sembra abbia menato una collaboratrice. Ma lui ha fatto ricorso. Però…..qui si polarizza forte….pare….
La guida alpina criticona del piccolo scozzese si chiama Lucio Trucco. Non so chi sia. Come faceva quel brano della Carra’ che apre la Grande Bellezza : “A polarizzare comincia tu.” ?
Cominetti. Rocco Tano, alias Rocco Siffredi. Noi in partocchia, tra un colpo al cerchio e uno alla botte, ci teniamo sempre al passo con la cultura contemporanea. Amen e buona giornata.
Vibrante affresco.
Pasini, Pasini…..io aggressivo. E di sera, poi. Io alle 9 vado a dormire e ieri sera non ho potuto farlo solo perché ero in viaggio. Confondi la curiosità con l’aggressività, secondo me. Ti lanci in analisi rischiose tirando a indovinare e spesso non c’azzecchi, ma non importa. C’è chi fa molto peggio. Il tuo dare sempre un colpo al cerchio e uno alla botte non ti fa prendere nessuna posizione nonostante tu spenda sempre montagne di parole in prediche da messa. Si vede che a te va bene così. Nulla da obiettare, ci mancherebbe. Solo che ci vedo poco senso pratico. Come se fosse sempre il preambolo a qualcosa che mai si svela. Oh, questo è quello che provo quando ti leggo.
Non giro molto in rete. Pizzico link suggeriti da altri che consulto a seconda di chi li suggerisce. I più non li leggo.
Chi è Rocco a cui ti riferisci? Papaleo conosco, ma non capisco. Non fa niente. Ciao
Cominetti. Di sera diventi spesso molto aggressivo. Come ho detto a me personalmente non interessa la vicenda specifica dei bambini in montagna (questione che ognuno regola come crede meglio) ma solo il fenomeno dilagante del Truman Show che va ben oltre la montagna e che rappresenta sicuramente una novità di questo secolo. Nel caso specifico se hai la pazienza di girare in rete (io l’ho fatto velocemente) troverai opinioni contrastanti formulate a suo tempo sulla salita del Badile e nel riquadro sotto l’articolo postato da Vegetti c’è una forte critica di un tuo collega al piccolo scozzese sul Cervino. Siamo sempre al solito problema della polarizzazione anche e fortemente emotiva: sembra una maledizione, di qualunque argomento si tratti. Per chiudere in leggerezza su padri e figli e sulla condivisioni di passioni e mestieri ho letto che il mitico Rocco portava da ragazzino il figlio Lorenzo sul set dei suoi film. Ora Lorenzo è diventato un affermato regista dello stesso genere e ha girato il suo primo film come attore, per nulla intimorito dal confronto col padre e che confronto.
Il “bambino sul Cervino ” lo capiscono tutti, anche dei giornalisti cazzari in cerca di scoop, mentre “un’allegra famiglia sul Badile” è una notizia che non si può riassumere in un titolo attraente. Tutto qui.
Ma a parte la massa incompetente che capisce solo Cervino, Montebianco, Everest e Polonord le cui critiche sono nulla alle orecchie degli “esperti”, dove sono le critiche di questi ultimi verso Houlding? Che l’avrebbe combinata bella grossa! Dove sono i moralisti caiani, gli scienziati della cardiologia infantile d’alta quota, i giudici di quanti peli su Facebook uno a messo, i pedagoghi da parrocchia? Quello volevo dire. Dove sono?
Penso che la loro assenza sia dovuta alla loro scadente capacità nonché alla loro mediocrità umana.
A me sembra che gli Houlding si siano divertiti. Smentite le mie parole se vi brucia anche questa.
Marcello, mi riferivo SOLO alla faccia allegra e soddisfatta sei giovanissimi Houlding. Solo a questo.
Bambini/e prodigio in certi campi graditi al “sistema”(pianoforte, violino, ginnastica artistica, matematica..) vengono enfatizzati, intervistati, premiati.Perche’per questo ragazzo si deve invece nutrire diffidenza? gli auguro di continuare senza incidenti e di realizzare quel che desidera, e magari partner affiatata per le imprese e tanti amici…e di conservare sempre il senso di meraviglia.https://www.bitquotidiano.it/meraviglia-e-stupore-vera-essenza-della-filosofia-e-della-nostra-vita/
Del commento 138 me ne frego.
Faccio notare invece, che il Badile (immagino sia stato lo spigolo nord) è tecnicamente molto più difficile del Cervino per la cresta del Leone e che il più piccolo degli Houlding ha 3 ANNI!
I criticoni si guardano bene dall’attaccare uno come Leo Houlding forse perché è stato uno dei più forti arrampicatori/alpinisti di tutti i tempi. A voi le gesta.
Cominetti crovella e altri continui immarcescibili e che membro ! basta siete una palla siderale devo riconoscere all ‘albert detto l’ossimoro almeno il buon gusto del Sound of Silence.. e Voi Sig Gogna Blog.. che del Sound of Silence fate militanza ben coperta..silenziosamente vi pasciete…
Il Partito per la Moralizzazione del giovani cinese ha regole simil-Crovelliane. L’analogia con certe tesi sostenute dal panzer sabaudo è sorprendente.
https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/bambini-e-videogiochi-la-cina-chiude-e-loccidente-si-interroga-quali-regole/
Badile, non una montagnola qualunque, stancante per un bambino pure questa, no?:
https://www.tio.ch/ticino/attualita/1456829/anni-scalate-mondo-padre-genitori
Mi paiono molto più felici…
Sarà l’età. Il succo non cambia.
@131
Informarsi meglio: chi è accanto a Federico in vetta al Cervino non è il padre ma la Guida Alpina Matteo.
Per quanto concerne gli sguardi di Federico è palesemente visibile e più che giustificabile che si sia leggermente stancato nella sua eccezionale impresa (non ha fatto il giro dell’orto!)
Più di qualcun detrattore cerca di aggrapparsi agli specchi.
Forse è meglio guardarsi agli specchi più che cercare di agrapparsi.
marco vegetti ha capito tutto, ma scrive così per vedere se qualcuno lo legge ancora. Come diversi altri.
“Il padre ha un solo modo per smentirmi” …ma sai quanto gliene frega
Vegetti come al solito non ha capito proprio tutto: quello in cima con Federico è la guida, non il padre!
Poi non dico niente altro. E questa è la mia impressione spontanea guardando le foto.
Nelle foto, il viso del piccolo non sembra sprizzi gioia e felicità, sembra invece un po’ “perso” mentre il padre è sempre palesemente sorridente e soddisfatto.. E persino il braccio alzato in cima al Cervino sembra tenuto su dal padre per una manica e anche lì, negli occhi di Federico non si “sente” gioia…
@ Fabio Tomasi. Da papà e alpinista i miei più sinceri complimenti a lei e a sua moglie per aver assecondato un forte desiderio di vostro figlio che certamente ha comportato anche apprensione. Empaticamente penso che sia stata una scelta non facile che porterete sempre nel cuore come una grande avventura, sia per voi che per Federico.
Ed ancora bravi per la scelta di una Guida Alpina che da quello che ho compreso ha scelto di proseguire dopo aver valutato con lucidità professionale se vi erano i giusti margini.
Non risentitevi per le polemiche di pochi, chi è genitore e va in montagna, se non prigioniero di una vita schematica e infinitamente triste, ha sicuramente compreso le vostre scelte.
Un abbraccio a voi e ancora complimenti a Federico che si evince chiaramente dal video ha affrontato la salita con la giusta preparazione e convinzione.
128-Lusa
Fenomeno, appunto.
FIG.•FAM.
Oggetto di meraviglia e di ammirazione, per lo più con un particolare riferimento alla bravura ( in matematica è un f. ) o a una simpatica bizzarria ( che f. quel tuo cugino! ); con valore attr., straordinario, stupefacente.
“un ragazzo f.”
A 11 anni…
“D’ora in avanti niente più foto sui social, niente più video, niente più interviste, niente più articoli sulla stampa…”
Il padre e il ragazzo dovrebbero inondare le foto delle loro imprese sui social, sopratutto maggiori video e cominciare a rilasciare più interviste e maggiori articoli sulla stampa contattando più testate giornalistiche.
L’alpinista Federico Tomasi è un fenomeno ed è giusto che venga più che ripagato distinguendosi emergendo sulla mediocrità imperante!
Ha già la stoffa del grande alpinista e la sua impresa l’ha consacrato un autentico alpinista. La sua intelligenza e la sua forte volontà siano di grande lezione la quale solamente un percorso “solitario” potrà potenziare per conoscere se stesso e diventare ciò che è.
Dopo aver visto il video, simpaticamente qua e la;
De Amicis; …Altro che quell’ altro tal Lorenzini Carlo qui c è sostanza per un altro mio bel brano…
gen.Patton ;mi scuso con il soldato che frignava e preso a schiaffi si guardasse il video!…
Montalbano ; …mii i cabbasizi di Federico ,neanche tutta Vigata messa assieme…
Cervino;..avete visto che cordone ombelicale tra i due?Lasciate perdere che fosse una guida piuttosto che un papà o chiunque altro…
…con una cordata così altro che MPS e Antonveneta… dalle scalate di Fassino e Renzi & c.
Tre Cime …ti aspettiamo ma lascia perdere le 5 ore…
Anch’io ho ovviamente visto il video del suo ragazzo Sig. Tomasi,perché bambino è solo nel titolo, complimenti ancora per tutte le vs ascensioni .
Attenzione però all’uso dei —-Truman social show —-sono uno strano collante.
Un saluto.
Espongo la mia analisi conclusiva di questo caso che “mi fete” (per dirla alla Montalbano), cioè mi puzza, fino dall’inizio, ovvero da quando ho letto gli articoli dopo la performance sul Cervino. Segnalo intanto che non c’è una sola ascensione, una specie di “pietra dello scandalo” (Cervino appunto), ma ne stanno arrivando altre (Monviso già fatto), anche prospettiche, già nel mirino. Modus operandi da adulti, per tanti motivi, ma decisamente anomalo in un bimbo di 11 anni. Il vero punto critico di questa faccenda NON è il figlio, su cui tutti vi concentrate, ma il padre, o meglio il ruolo che egli svolge in tutta questa vicenda. La mia sensazione è che l’enfasi mediatica non sia solo uno sgradito effetto collaterale, come descrive Pasini, ma un vero e proprio tassello chiave (cioè voluto e ricercato) per alimentare la gran cassa sul figlio. E’ questa modalità (molto diffusa in altri sport, principalmente calcio e gare di sci) che è il vero problema da evitare in alpinismo, al di là del caso di specie. Il padre ha un solo modo per smentirmi: spegnere completamente le “luci della ribalta”. D’ora in avanti niente più foto sui social, niente più video, niente più interviste, niente più articoli sulla stampa… Se davvero la passione del figlio è genuina, essa proseguirà lo stesso, e crescerà in modo sano all’interno di un contesto riservato e di consolidamento dei rapporti infragenerazionali: sarà una “loro” ricchezza e basta. Se capiterà così, sarò il primo a congratularmi con il padre (e con il figlio). Tuttavia c’è la possibilità che, spegnendosi la gran cassa mediatica, si affievolisca invece la motivazione del padre e, “come per incanto”, a ruota anche quella del figlio. Il bimbo verrebbe a quel punto indirizzato verso altri settori sportivi, dove però è forte il rischio che si riproduca lo stesso meccanismo. A me questo bimbo fa tenerezza, perché è la vittima ignara di un meccanismo più grande di lui, meccanismo che approfitta dei suoi 11 anni e della conseguente ingenuità.
Tomasi. La capisco. Io ormai ragiono come i nonni, anche se biologicamente non lo sono. Come lei sa nella mentalità del nonno prevale la protezione, magari eccessiva, dalle durezze del mondo, rispetto all’educazione. Infatti ognuno di noi, se è stato fortunato, ricorda la casa dei nonni come un luogo un po’ magico e fuori del mondo. E tantomeno interessa ormai più la difesa della propria immagine e delle proprie scelte, cosa di cui giustamente si preoccupa un genitore. Io sono comunque convinto che seguendo il suo istinto di padre e magari anche considerando questa esperienza lei saprà trovare il giusto equilibrio tra educazione, valorizzazione e protezione del suo ragazzo da ciò che comporta oggi l’esposizione alla rete, problema/opportunità complessa che non ha dovuto gestire ne’ la mia generazione ne’ quella dei miei genitori e che spetta a voi genitori che siete oggi in prima linea. Un compito non semplice che richiede decisioni e scelte oculate. I miei migliori auguri per il suo ragazzo, che ha dimostrato volontà, coraggio e resistenza, capacità importanti da coltivare nella vita.
Patatine
Gelatiii
Like like
Birree
Aranciateeee
FINE 1° tempo…
Il commento 121 mi sembra una “crovellata”. Soprattutto se riferita ad un giovanissimo che per imparare ad andare in montagna si affida ad una guida. Poi vabbe’ e’ certo bello cavarsela da soli ma mica e’ un delitto …Del video, oltre il gradino di ferro sulla Chrminee, mi ha colpito la quantita’ di volte che il ragazzini ha detto Grazie alla Guida…
Suggerisco di mettere la frase di Riva come motto nella tessera del Cai. ?
Effettuare salite al seguito di una Guida Alpina o di un compagno, lo ritengo oltre che umiliante anche non costruttivo. Se vuoi costruire e divertirti realmente attraverso la montagna la corda la devi far passare in mezzo alle palle e non in mezzo agli occhi. E questo vale anche per il resto della vita.
Avevo una cliente ottantenne con cui facevo vie di sesto grado in Dolomiti ma non solo che quando incontravamo altri alpinisti che le facevano i complimenti andava in brodo di giuggiole. Per dire che l’orgoglio in tal senso non ha età.
Non ci ho visto nessuna spettacolarizzazione, anzi il video fa venire voglia di partire. Complimenti a Matteo (che è una super guida a cui auguro che il video mandi tanti clienti, anche se non ne ha bisogno), a Federico perché ha saputo fare fatica e a suo padre che se ha saputo accontentare un desiderio del figlio come questo saprà sicuramente insegnargli il senso della rinuncia, perché le montagne, se ci vai, te lo fanno capire immediatamente.
Mi sono guardato il video anch’io e mi sono pure emozionato. Come dice il padre di Federico, le immagini del figlio sui social sono state messe al pari di altre immagini, come è di costume in chi si serve di questi social. Personalmente è una cosa che con mi piace e non la faccio, ma credo di essere una mosca bianca.Io che sono padre e in casa nostra la montagna è “di casa” perché faccio la guida e abito tra i monti, ricordo che mandai mio figlio che aveva 8 anni a fare un corso di arrampicata con i miei colleghi di Cortina durante il quale si divertì e imparo un sacco di cose. Li mandammo in tre (vollero ripetere l’esperienza anche l’anno successivo) perché oltre a Tommaso c’erano Arianna Tricomi e Mattia Maldonado Kostner. Ebbero come istruttori il compianto Icaro De Monte (di cui divennero amici per la pelle), Toni Bettella e Pierino Dal Pra e ancora oggi ricordano quell’esperienza con gioia. Erano degli estranei che incontravano altri estranei, la prima volta, come tutti.Tommaso e Mattia arrampicano, fanno scialpinismo e vanno in montagna praticamente ogni giorno dell’anno. Arianna ha vinto 3 Freeride World Tour e si sta preparando per i corsi guida. Oggi hanno intorno ai 30 anni. Questo per dire che anche se non hanno frequentato i corsi di alpinismo giovanile crovelliani, sono dei ragazzi in gamba senza problemi particolari, che fanno una vita piena e soddisfacente.
Ma qualcuno crede che chi arriva ai massimi livelli in uno sport sia puro come l’acqua e sia una persona perfetta? Be’ se credete sia così siete degli ingenui, chiusa parentesi.Questo ragazzino che sale il Cervino è un esempio di come, anche in giovane età, si possano avere aspirazioni che il sistema (caiano-crovelliano-medioevale) giudica adatte solo agli adulti, e che le stesse possano distruggerlo con i fatti.
Vedo tanti padri che portano i figli legati alla corda in montagna e i più stanno correndo inconsapevolmente rischi enormi mettendo gli ignari figli in situazioni di rischio elevatissime. Meglio mandare il figlio con un professionista, allora. Dal video si capisce che la volontà del ragazzo c’è eccome e non vedo perché lui stesso non possa andare orgoglioso di quando gli altri alpinisti si congratulano con lui. Cazzanelli che gli stringe la mano alla Carrel è bellissimo.
Segue, ma non troppo…
Signor Pasini, io non ho acceso alcun riflettore, se permette qui ci sono 116 interventi in cui si parla di mio figlio, di quello che avrei dovuto fare, del gravissimo pericolo che sta correndo, di quello che potrebbe diventare ecc… che dietro al fatto che io abbia pubblicato le foto della salita di Federico sul mio profilo (perchè questo ho fatto, null’altro) ci siano dietro un chissà quale disegno macchiavellico e di chissa quale fine, ben sapendo che di alpinismo (con tutti il rispetto) non si è mai arricchito nessuno. Ho l’abitudine (condivisibile o meno) di pubblicare foto sul mio profilo, perchè amo condividere con gli altri le mie emozioni e, perchè no, recensire un luogo o un esperienza. Questo lo faccio da quando esiste facebook, che io vada a vedere una sagra paesana, che io vada a sciare o che faccia un’escursione. Se poi qualcuno ritiene interessante e decide di parlarne sui media, non mi da alcun fastidio. Fastidio che invece provo a leggere certi giudizi. Ma davvero qualcuno pensa che io abbia il potere di decidere o di influenzare cosa debba pubblicare o meno il Corriere della Sera ? ma per quale diabolico motivo se io o mio figlio saliamo sul Musinè o sul Monviso non deve essere opportuno pubblicarlo ? Come ho già scritto altrove il mio grosso limite è il non riuscire spesso a “lasciar perdere” e a limitarmi a leggere con un sorriso. Ma la prego, si rilegga certe argomentazioni e provi a mettersi nei miei panni e mi dica se è così facile il “non ti curar di loro, ma guarda e passa…”
Ho guardato il video. Riconfermo i complimenti al ragazzo. Mi associo a Pasini nel consigliare ( ma ormai e’ effettivamente tardi) di tenere riservata questa storia… ormai non e’ piu’ possibile ma in effetti, pur non essendo vietato, certe esperienze forse vanno condivise solo con pochi intimi. Detto questo ho notato ( salvo che la vista non mi abbia ingannato) che magicamente all’uscita della Cheminee e’ spuntato un gradino stile ferrata!!!! L’ultima volta che sono andato nel 2014 non c’era….. come e’ che e’ spuntato? Forse dopo il crollo della faccia sinistra del diedro si faceva troppa fatica?? Non voglio riaprire qui l’annoso tema dell’attrezzatura della via, certo che anche i gradini….. che tristezza. Il motivo per cui le corde sono rimaste e’ sempre stato legato al mantenimento di due secoli di storia. Io le avrei tolte tutte, ma ok se vogliamo mantenere la storia teniamole. Ma se iniziano a spuntare gradini di questo tipo …. cosa hanno a che fare con la storia… ?
mah, lasciamo stare….
poi pero’ nessuno si lamenti del sovraffollamento e tutto il resto
Signor Tomasi. Io spegnerei i riflettori, che a volte accecano. Accenderei invece una di quelle lampade a luce calda e soffusa. Creano un’atmosfera intima e rilassata che favorisce il dipanarsi della potenza educatrice e amorevole del Lessico Famigliare. Con sincerità. Auguro a lei e al suo ragazzo un percorso di belle esperienze comuni al riparo, fin che possibile e utile, dalle asperità del palcoscenico, dove gli applausi non sono mai garantiti, anche se testo, attori e regia possono eccellenti.
Bertoncelli. Il cinghiale è molto amato dalla sinistra. Viene dallEst. È un amico del popolo, soprattutto arrosto. Anche se prevedo che il PD sarà costretto a cedere alle richieste del movimento No Cinghio e a tenere duro sulle richieste dei No Green Pass.
Merlo. Non ho capito se ti riferisci a me. Non ha molta importanza. Io seguo il filo di Arianna nel labirinto e di solito mi guida a destinazione. Poi il colore nero fa sempre effetto e lo usano anche gli antagonisti anarchici. In più snellisce la figura come dice Armani. Ma non te la prendere. Non sarà un grande scrittore, però la Leggerezza dell’essere era un bel titolo. Ispiratore.
Pasini: “[…] mi prendo la piccola soddisfazione di fare le condoglianze per le sconfitte romane e non solo, senza rancore, con leggerezza e ironia coraggio: ci vorrà del tempo per l’Apocalisse. Enjoy”.
I cinghiali di Roma gioiscono, festeggiano, e sentitamente ringraziano. ???
Per errore ho scritto 109 ma va inteso 107 (vigetti).
Fate muro, tutti insieme, possibilmente bello alto e con qualche appiglio, e se sarà abbastanza appetibile, Federico potrebbe essere interessato a scalarlo.Qui c’è uno stralcio della salita al Cervino con la sua guida.
https://youtu.be/74JcWFz_paI
Forse sarebbe quasi più interessante per gli esperti alpinisti, giudicare la salita invece di atteggiarsi da psicologi, sociologi e pedagogi.
Buona serata
@109: dici cose realistiche e condivisibili, ma io ho la sensazione che il quadro sia ancora più “torbido” e l’esposizione mediatica sia un tassello premeditato di un disegno strategico più ampio. Ma qui mi fermo per non coinvolgere il Blog. Invece un problema più generale su cui sarebbe bene che tutti noi ci interrogassimo (se davvero siamo “appassionati di montagna”) è: siamo disponibili o meno ad accettare che il malcostume dominante negli sport giovanili (calcio, gare di sci, ciclismo ecc ecc) travolga anche il nostro amato alpinismo? Questo è il nocciolo vero della questione. Io lo considererei un irreversibile sputtanamento dell’alpinismo e quindi auspico che si faccia muro tutti insieme.
Hai preso un dritto un’altra volta. Non dubitavo.
E dire che non vuoi intrometterti in faccende familiari è quantomeno divertente.
Come ho già detto non mi va di parlare di questo caso. Anche per implicazioni personali. Da bambino, sulla base di una naturale tendenza imitativa degli esempi forti in famiglia, sono stato spinto fortemente da mio padre verso uno sport di squadra di cui lui era quasi un professionista e fortemente appassionato, col risultato che con la crisi adolescenziale non ho più fatto sport di squadra in vita mia. Vorrei solo prendere lo spunto per condividere un’osservazione che mi è capitato di fare. Ho notato che molte esperienze di vario genere dai viaggi ad altre su cui ci capiamo diventano sempre più precoci. E spesso queste esperienze sono attivamente sponsorizzate o comunque sostenute dalle famiglie. La cosa mi è stata confermata da amici che lavorano a vario titolo con la fascia pre-adolescenziale e adolescenziale. Uno si aspetterebbe che questo generasse una precoce maturazione e stabilizzazione della personalità adulta. In realtà ho avuto modo di osservare esattamente il contrario, in particolare tra i maschi: un protrarsi di condizioni e atteggiamente adolescenziali anche in età più avanzata. Un amico clinico dice che siamo tutti indietro di 10 anni, anche noi settantenni che continuiamo a fare cose da sessantenni. A 70 anni può essere un vantaggio evolutivo (forse) ma avere trent’anni e comportarsi come un diciottene è altrettanto un vantaggio evolutivo? E come mai tutta quell’anticipazione ha sortito l’effetto opposto? Erano forse esperienze troppo protette? Oppure zucca e melone hanno la loro stagione e i loro tempi di maturazione? PS. Dopo essere stato tanto sbertucciato dai cripto/camerati/ antagonisti del blog come reperto archeologico della sinistra d’annata mi prendo la piccola soddisfazione di fare loro le condoglianze per le sconfitte romane e non solo, senza rancore, con leggerezza e ironia ?coraggio: ci vorrà del tempo per l’Apocalisse. Enjoy.
Carlo, certo che l’esposizione mediatica non è casuale: il padre ha messo le foto e la descrizione della salita sul suo Facebook. E si sa (si dovrebbe sapere) cosa questo comporta. Non mi immischio problemi suoi. Dei piccoli e lo sport e la loro innocenza: mio nipote giocava in una giovanile di una grande squadra lombarda. Ho assistito a una partita dove un genitore sugli spalti gridava al figlio “Fermalo! Spaccagli le gambe!”… Mio papà una volta ha pagato un campus di un’altra enorme squadra lombarda a mio nipote. Arrivato in camera ha trovato sul comodino delle pillole. Quando ha chiesto, da ragazzino, cosa erano gli è stato risposto “Integratori vitaminici”, “Io mangio frutta e verdura”. nonostante secondo l’allenatore avesse talento, non è mai stato chiamato. Il merito di mia sorella, aver fatto il genitore nell’interesse del figlio non del suo. Come spesso purtroppo avviene…
“Ho cercato di farmi capire fra le righe, ma evidentemente è impresa impossibile.”
Carlo, guarda che le tue sottili allusioni sono chiaramente comprensibili a chiunque abbia un QI maggiore di 15.
Se nessuno ha rilanciato potrebbe essere che chi è dotato di tale QI non le ritiene abbastanza interessanti per farlo
L’interazione fra i due elementi evidenziati da Pasini è il vero punto chiave del discorso. L’esposizione mediatica potrebbe non essere “casuale”…. Non mi sono esplicitamene addentrato in questo discorso, che ha un fondo di torbido, perché voglio evitare a priori ogni possibile coinvolgimento del Blog. Ho cercato di farmi capire fra le righe, ma evidentemente è impresa impossibile. Tuttavia, posso testimoniare che di situazioni comparabili, con coinvolgimento di bambini in precoci avventure “sportive” (per esperienza diretta: 75% calcio e 25% gare di sci almeno qui a Torino) ne ho viste a decine e decine proprio durante la mia attività di animatore, quella cittadina e non quella da istruttore. In genere sono risultate esperienze negative o addirittura molto negative per i bambini. La novità qui, almeno per me, è che anche l’alpinismo possa diventare lo sfondo di situazioni del genere (completamente diverse da una corrispondente ascensione in cordata con papà, anche questo non viene colto…). Il futuro ci dirà, forse anche in tempi non lunghissimi, se i miei timori sono infondati o meno. Spero davvero di sbagliarmi, ma purtroppo spesso non accade.
Nella vetrina di un ferramenta di Sondrio anni fa sono stato colpito da un toni (tuta blu da lavoro) per bambino. Chissà se il titolare è poi stato denunciato per istigazione al lavoro minorile o per avere indotto bambini a fare cose da adulti riservate, secondo rigidi schemi , solo a questi ultimi.
“……un altro è che dei genitori assoldino una guida (cioè un estraneo)…..”
Affidare i propri figli agli Accompagnatori di alpinismo giovanile forse non è affidarli a degli estranei?
Marketing
sostantivo
Il complesso delle tecniche intese a porre merci e servizi a disposizione del consumatore e dell utente in un dato mercato nel tempo, luogo e modi più adatti, ai costi più bassi per il consumatore e nello stesso tempo remunerativi per l impresa.
Ovviamente la quinta frase dell’intervento 98 andrebbe letta come: “La linea educazionale cui appartengo, nel range 10-20 anni può produrre, anche senza rendersene conto, dei consistenti danni emotivi…”