Cambiamento climatico – 3 (3-5)
(a che punto è l’agenda internazionale sul clima?)
di Elena Gogna
(già pubblicato su http://www.scienceforpeace.it/blog-s4p/articoli/articolo/accordiclima l’11 ottobre 2017)
Lettura: spessore-weight**, impegno-effort***, disimpegno-entertainment**
Nei miei precedenti articoli, ho spiegato che cos’è il cambiamento climatico e quali sono le principali cause e conseguenze di questo fenomeno. A questo punto è inevitabile addentrarsi in una descrizione (seppure sintetica) degli accordi internazionali sul clima, ossia l’insieme delle norme e delle politiche adottate dagli stati per rispondere ai cambiamenti climatici.
La questione del clima è entrata per la prima volta nell’agenda dei leader internazionali negli anni ’70, in concomitanza con il lento ma progressivo accumulo di evidenze empiriche che hanno stabilito in modo inequivocabile la relazione fra le attività umane, in particolare l’emissione di gas serra nell’atmosfera, e l’innalzamento della temperatura registrato nel corso del XX° secolo. Il primo provvedimento internazionale sul clima risale al 1972, anno in cui si tenne a Stoccolma la prima Conferenza dell’ONU sull’ambiente. In quell’occasione, venne creato l’UNEP (United Nations Environment Programme), un’agenzia internazionale cui venne attribuito il ruolo di promuovere l’impegno internazionale sull’ambiente. Nel 1979, l’UNEP organizzò la Prima Conferenza mondiale sul clima e, nel 1988, istituì l’Intergovernamental Panel for Climate Change (IPCC), un organo internazionale di esperti sul clima che pubblicò il suo primo rapporto nel 1990.
Un ulteriore passo fondamentale fu l’adozione nel 1992 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), che oggi include 197 membri. Le nazioni che hanno aderito all’UNFCCC si incontrano ogni anno dal 1995 nel corso delle cosiddette Conferenze delle parti (COP), che hanno come obiettivo quello di misurare i progessi nell’affrontare i cambiamenti climatici e di adottare protocolli, accordi o altri strumenti che stabiliscono gli impegni che le parti si impegnano ad adottare. La più importante delle recenti COP si è tenuta a Parigi nel 2015 (vedi sotto), mentre la prossima si terrà (l’articolo è stato pubblicato l’11 ottobre 2017, NdR) a Bonn, Germania, nel novembre del 2017.
Protocollo di Kyoto (1997)
Il protocollo di Kyoto è entrato in vigore nel febbraio 2005, sette anni dopo la sua sottoscrizione, quando è stato ratificato da almeno 55 paesi produttori del 55% delle emissioni globali di gas serra, sulla base di una clausola contenuta nello stesso protocollo. Sebbene il maggiore emettitore mondiale di gas serra all’epoca dell’entrata in vigore del protocollo, vale a dire gli Stati Uniti, non abbia mai ratificato il Protocollo, la ratifica nel 2004 della Russia, che andava a sommarsi a quella dei Paesi Europei, oltre che di Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda consentì di raggiungere la soglia necessaria. L’obiettivo principale fissato dal Protocollo era una riduzione delle emissioni di gas serra a livello mondiale del 5% entro il 2012 rispetto al 1990. Il protocollo prevedeva target vincolanti solo per i paesi industrializzati: per l’Europa la quota di riduzione assegnata era dell’8%, distribuita in modo differente da Paese a Paese: per l’Italia, ad esempio, era del 6,5%, per la Germania e la Danimarca del 25%.
La Diciottesima Conferenza delle parti sul clima tenutasi a Doha in Qatar nel 2012 decise di introdurre un emendamento al protocollo di Kyoto. Il cosiddetto Emendamento Doha ha stabilito ulteriori tagli alle emissioni per il periodo 2013-2020. Al 21 settembre 2017, tuttavia, solo 83 paesi avevano ratificato questo emendamento, un numero molto distante dai 144 richiesti per l’entrata in vigore. Nel 2015, tuttavia, un nuovo accordo mondiale sul clima è stato raggiunto dalla Conferenza di Parigi, il quale rappresenta un segno di discontinuità netto rispetto al protocollo di Kyoto.
Accordo di Parigi (2015)
Il cambio di approccio stabilito dall’accordo di Parigi è stato dettato dalla presa d’atto che, nel corso degli anni, paesi in via di sviluppo come la Cina e l’India sono entrati nella “top 10” dei principali emettitori di gas serra su scala mondiale. Questa circostanza ha reso di fatto obsoleto l’approccio adottato nel protocollo di Kyoto, che imponeva tagli alle emissioni soltanto ai paesi sviluppati, sulla base del presupposto che questi ultimi fossero storicamente i principali responsabili delle emissioni di gas serra.
I punti principali stabiliti dall’accordo di Parigi possono essere così riassunti:
– Mantenere l’aumento della temperatura ben sotto i 2°. Già nella Conferenza sul clima tenutasi a Copenaghen nel 2009, i 197 paesi partecipanti si erano dati l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale rispetto ai valori dell’era preindustriale. L’accordo di Parigi stabilisce che questo rialzo debba essere contenuto ben al di sotto i 2 gradi centigradi entro la fine del secolo, sforzandosi di fermare l’innalzamento a +1,5°. Per centrare questo obiettivo, le emissioni di gas serra dovrebbero cominciare a diminuire già dal 2020.
– Consenso globale. A differenza di sei anni prima a Copenhangen, quando l’accordo si era arenato, a Parigi è stata infine raggiunta un’ampia adesione: oltre all’Europa, anche la Cina, l’India e gli Stati Uniti si sono impegnati a tagliare le emissioni.
– Controlli ogni cinque anni. Il testo prevede un processo di revisione degli obiettivi da svolgersi ogni cinque anni. Ma già nel 2018 agli stati verrà chiesto di aumentare i tagli delle emissioni, così da arrivare pronti al 2020. Il primo controllo quinquennale sarà quindi nel 2023.
– Fondi per l’energia pulita. I paesi sviluppati erogheranno 100 miliardi di dollari all’anno (dal 2020) per diffondere in tutto il mondo le tecnologie verdi e decarbonizzare l’economia. L’istituzione del Green Climate Found a Cancùn durante la COP16 ha rappresentato il primo importante passo in questa direzione. Un nuovo obiettivo finanziario sarà fissato entro il 2025, al raggiungimento del quale potranno contribuire anche fondi e investitori privati.
– Rimborsi ai paesi più esposti. L’accordo dà il via a un meccanismo di rimborsi per compensare le perdite finanziarie causate dai cambiamenti climatici nei paesi più vulnerabili geograficamente, che spesso sono anche i più poveri.
Il successo finale dell’accordo di Parigi dipenderà dalla capacità di anticipare il prima possibile il raggiungimento del picco delle emissioni globali, arrestando la crescita annuale per poi portarla rapidamente entro i limiti stabiliti. Numerosi esperti hanno tuttavia sottolineato le incognite che gravano sull’attuazione dell’accordo. In primo luogo, uno delle principali caratteristiche che lo hanno reso possibile, ossia il fatto che esso si basa su contributi nazionali non vincolanti, potrebbe nel lungo periodo rivelarsi una debolezza. Come mostrato dal caso degli Stati Uniti, che hanno dichiarato di voler abbandonare l’accordo, o della Russia, che non l’ha ancora ratificato, vi è il rischio che importanti attori a livello globale possano tirarsi indietro per ragioni economiche, politiche o di altra natura, innescando un effetto a catena che potrebbe coinvolgere anche altri stati. I numerosi meccanismi di monitoraggio inclusi nell’Accordo sono volti precisamente ad evitare uno scenario come quello appena descritto, garantendo che l’opinione pubblica e le organizzazioni a tutela dell’ambiente esercitino pressioni sui rispettivi governi affinché rispettino gli impegni presi.
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Dico subito il perchè vi leggo: amo la montagna, certamente in un modo diverso dal vostro e quando leggo le asserzioni nel blog, rafforzo ancora di più le mie convinzioni. Vedendo il cieco ambientalismo, la deriva oscurantista e contro il progresso tecnologico presente nei vostri articoli, sempre più sono contento di vedere e appartenere a un mondo diverso dal vostro. Spero che sappiate che , per fortuna, la maggior parte della gente non la pensa come voi. Continuerò a leggervi.
Il Club di Roma è stato il nome di un gruppo internazionale di professionisti riunitisi in una ricerca sotto la guida dei coniugi Donella e Dennis Meadows del Massachusetts Institute of Technology.
Nel 1972 pubblicarono I limiti dello sviluppo. Un libro dedicato al rapporto tra popolazione, economia, produzione, consumi, alimentazione, inquinamento, risorse, ambiente.
I dati, raccolti e computerizzati fino al 1970, e proiettati al 2100, indicavano a loro avviso che se si fosse proseguiti al ritmo da osservato, entro il 2070 l’intera civiltà si sarebbe procurata una crisi generalizzata.
Il fulcro della loro ricerca partiva da un’osservazione elementare ma tuttavia all’epoca, nuova. Dicevano semplicemente che la Terra è finita, che non si può procedere come fosse infinita.
Un recente studio, 2014, di Graham Turner dell’Università di Melbourne conferma in buona misura l’attendibilità dello studio del Club di Roma: http://sustainable.unimelb.edu.au/sites/default/files/docs/MSSI-ResearchPaper-4_Turner_2014.pdf
Si chiama Club di Roma perché il gruppo si riunì la prima volta nel 1968 presso l’Accademia dei Lincei alla Farnesina, Roma.
Mi pare che Il Club di Roma non parli di nuova glaciazione ne I limiti dello sviluppo. Forse lo fa ne Strategie per sopravvivere, 1974, che non conosco.
Grazie sig. Baccolo per i precisi riscontri, sono d’accordo con la Sua impostazione
Il problema del buco dell’ozono grazie alla cooperazione internazionale e al protocollo di Montréal che ha bandito l’utilizzo dei clorofluorocarburi negli impianti di refrigerazione, è fortunatamente un problema che sembra parzialmente risolto. Non a caso questa vicenda è spesso considerata tra i maggiori successi che la cooperazione internazionale sia stata in grado di ottenere nel campo delle politiche ambientali. Praticamente tutte le nazioni del mondo lo hanno sottoscritto e rispettato e difatti la superficie del buco è in continua diminuzione e si stima che il problema potrebbe essere del tutto risolto entro pochi decenni.
Lo stesso non si può purtroppo dire riguardo al problema dei gas serra, dal momento che ogni volta che qualche forma di trattato o accordo viene sottoscritto non si fa in tempo a firmarlo che alcuni paesi si sono già tornati indietro. In un caso c’era in gioco il futuro dell’industria frigorifera (e tra l’altro esistevano delle alternative), nell’altro quello dell’economia globale. Capisco che le difficoltà da affrontare siano diverse, ma ciò non toglie che sia doveroso affrontare il problema.
Quanto alla glaciazione paventata dal club di Roma non ne so purtroppo nulla. Ho cercato, ma non ho trovato nulla di nemmeno lontanamente “scientifico” che ne parla. Deduco quindi non sia una tesi proposta da scienziati che hanno seguito il metodo scientifico per arrivare a formularla. In ogni caso basti citare pochi e chiari dati. Ultimi 800.000 anni, ovvero gli ultimi 8 cicli climatici (alternanza glaciale/interglaciale). La concentrazione di CO2 in atmosfera è oscillata in questo intervallo di tempo tra 180 e 280 parti per milione, raggiungendo i valori alti durante i periodi caldi come quello attuale e i valori minimi durante i periodi freddi, come l’ultima glaciazione, terminata circa 20.000 anni fa.
A oggi la concentrazione di CO2 raggiunge 410 parti per milione ed è in continua aumento. Il resto sono fronzoli, un impatto tanto pesante su un sistema così complesso avrà e ha certamente degli effetti. Sul lungo e lunghissimo periodo (ovvero sulla scala delle oscillazione glaciale/interglaciale) nessuno sa cosa accadrà con certezza, mentre sul breve qualche conoscenza in più sembra esserci.
Comunque al solito si confondono gli ambiti e i modi del pensiero. Stessimo discutendo se uno spit sta bene oppure no su una via sarei del tutto d’accordo che dovremmo tutelare e favorire il dibattito e il confronto tra concezioni diverse. Ma qui si parla di fatti scientifici e le evidenze parlano molto chiaramente, non ci sono diverse vulgate. Confrontare le evidenze scientifiche con la caccia alle streghe non mi sembra molto equilibrato.
Potete indicarmi che fine ha fatto la nuova glaciazione di cui paventava il Club di Roma negli anni Settanta? Grazie.
Potete indicarmi che fine ha fatto il “buco dell’ozono” assai di moda tra i climatologi negli anni Novanta? Grazie. (A quest’ora dovrebbe ormai aver raggiunto l’Equatore.)
Al di là del tema, ciò che mi sconcerta sono l’arroganza, il fanatismo, il conformismo, il “pensiero unico”, l’intolleranza contro chi non la pensa come esige la vulgata.
Chissà come funzionava il “pensiero unico” ai tempi isterici della caccia alle streghe?
Detto questo, se esiste una persona che detesta le devastazioni ambientali e odia lo sci di pista dei fighetti idioti e danarosi quella sono io. Al mio confronto, Carlo Alberto Pinelli è una mammoletta…
Alberto Bonino dice: “L’unica alternativa l’energia nucleare”
Lo vada a proporre agli abitanti di Chernobil…
Prendo atto dell’incapacità del Bonino di addurre anche una sola, magra, esile prova a sostegno delle sue tesi. Concludendo che in quello che scrive non c’è proprio nulla di vero, il niente totale. Saluti.
Bonino, il pensiero “povero ignorante” e speriamo… in via di estinzione!
oppure se il cosiddetto sig. bonino persiste io proporrei semplicemente di ignorarlo, saltare a piè pari la lettura dei suoi commenti e non avere quindi neanche la tentazione di replicare.
Egr. Sig. Alberto Bonino, Lei è un accanito lettore di questo quotidiano da parecchi mesi. Nei Suoi primi commenti c’era il rifiuto totale dei nostri contenuti accompagnato spesso da insulti ai vari commentatori. Tanto che, come Amministratore, mi sono risolto alla misura radicale di “bannare” il suo indirizzo e-mail. Ci fu anche uno scambio di opinioni tra me e Lei, se non altro per informarLa della mia decisione. Un mese dopo Lei si è ripresentato con un altro account mail ed è ricominciata la Sua lunga serie di commenti stroncanti, questa volta però privi degli insulti che Lei evidentemente riusciva a trattenere nella Sua tastiera. Pur tenendoLa d’occhio ho sopportato per tutti questi ultimi mesi i suoi commenti mai propositivi, sempre acidi, negativi, barricati a esprimere la sua opinione di entusiasta consumatore di neve dolomitica (prima sparata, ma quest’anno anche vera) e di conservatore ultrareazionario in altri campi di pensiero.
Fin qui nulla da dire, nel senso che, se non ci sono insulti, qui tutti hanno diritto ad esprimere la propria opinione.
Resta una domanda, che sicuramente non sono l’unico a farLe: come mai, con tutta la produzione web esistente, Lei si accanisce masochisticamente a leggere proprio ciò che più non Le aggrada? Perché ci vuole ancora ammorbare con le sue considerazioni (sempre le stesse)? Non Le sembra di essersi già espresso a sufficienza?
Perciò Le chiedo: qual è il motivo di questa persecuzione? Perché si incista su di noi? A nome di tutti i lettori, La prego: eviti di leggerci.
vi haAndate a riprendere i commenti sull’Iccp e vedrete sui giornali le falsicaficazioni dei dati. Ognuno ha la propria idea ed è libero, ma i vostri commenti da signori illuminati e io povero ignorante, mi fanno ridere, siete solo radicalchic, che nessuno, per fortuna tiene in considerazione. Il vostro odioso modo di credervi superiori, crea la distanza tra voi e la gente comune che di voi se ne frega. Esiste ampia letteratura sulla falsificazione dei dati. Contenti voi….scontenti tutti.
Quando leggo dei commenti come quello di Bonino avverto sempre la stessa serie di emozioni e sensazioni, tutte piuttosto intense in verità. Per prima cosa sento che il cuore accelera, subito dopo la botta di pressione sanguigna sfocia in un accesso di nervosismo e rabbia. Questa fase dura almeno un minuto e mi impedisce di ragionare, il nervoso per aver letto delle simili scemenze satura completamente le mie facoltà. Poi la cosa comincia a scemare e allora ecco che arriva un altro mix di sentimenti. Amarezza e delusione. Perché non è possibile nel 2018 continuare a leggere queste cose. Non è possibile che qualcuno sia davvero convinto di simili idee. Mi dispiace per il singolo, perché non è mai bello essere male informati e ancor di più non rendersene conto. Ma la delusione è molto più forte quando realizzo che questi atteggiamenti non riguardano il singolo, ma una fetta consistente della popolazione. Da scienziato potrei citare un’infinità di evidenze SCIENTIFICHE che dimostrano l’impatto umano sul clima del pianeta. Ma credo sarebbero parole buttate al vento. Sarebbe bastato aver letto i due interventi che precedono questo articolo per rendersi conto della cosa.
Benissimo, fornisci adesso prove ed evidenze che “Tutti i report dell’ICCp sno stati manomenssi e ffalsificati”. Altrimenti, cancella il commento.
BUFALE, BUFALE, BUFALE……Tutti i report dell’ICCp sno stati manomenssi e ffalsificati, come è stato dimostrato, i cambiamenti climatici sono fenomeni naturali che avvengono per cause naturali, ma voi ci avete impiantato un’industria. Vi arricchite con le bufale dell’ecosostenibilità, io quando compro rifiuto ogni acquisto bioeco sostenibile in quanto per me è una bufala e una presa di f…..lli per i consumatori. L’agricoltura bio causa e porta malattie e contaminazioni. Le enrgie rinnovabili sdono fuori mercato, insostenibili e improduttive. L’unica alternativa l’energia nucleare ,ma la vostra miopia e la vostra ideologia l’ha condannata a priori. Continuate così e vi renderete sempre più ridicoli, sare te come il pd, un circolo radicalchic di ricchi borghesi, con il portafoglio a destra e il cuore a sinistra. COMPLIMENTI. Non ne avete mai azzeccata una.