Cervi imperiali
(evoluzione del rapporto fra umanità e Natura)
di Carlo Crovella
Un trafiletto dell’estate 2020 riportava un episodio degno di nota. L’episodio è drammatico per l’individuo coinvolto (che purtroppo ha lasciato il mondo terreno), ma fa riflettere sul come sia cambiato il mood circa il rapporto fra specie umana e Natura.
In Oregon, uno stato nordoccidentale degli USA, un cervo ha ucciso un cacciatore. Costui lo aveva ferito con una freccia, ma l’animale gli era fuggito. Il giorno appresso il cacciatore ha cercato il cervo per completare l’opera, ma l’animale lo ha punito a colpi di corna.
Oltre alle considerazioni etiche espresse in un interessante articolo su La Stampa (riportato in calce), l’episodio mi ha fatto appunto riflettere su come sia cambiata la percezione del nostro rapporto con la Natura, qui impersonificata dal maestosa figura del cervo imperiale.
Che il cervo imperiale, con tanto di ampio palco, sia ai miei occhi metafora dell’intera Natura è cosa ben nota a chi mi legge abitualmente: si intitola appunto Il cervo un racconto compreso nel libro La mangiatrice di uomini (Vivalda editori, Torino 2011). Il cervo non rappresenta soltanto la natura vivente, ma per estensione l’intero ambienta naturale, quello in cui, ci piaccia o meno, portiamo avanti le nostre esistenze.
Come metafora della Natura nel suo complesso, la figura maestosa e imperiale del cervo ha attirato l’attenzione di ben altri pensatori. Infatti il cervo attraversa gli ultimi decenni della filmografia di successo, mostrando le differenze di visione e di ideologia che si sono susseguiti in un arco temporale complessivamente non troppo esteso.
Mi vengono in mente due scene “cult” che, nella filmografia di successo, coinvolgono i cervi. Per i motivi che esporrò poco sotto, io le interpreto come fotografia del rapporto fra umanità e Natura: può darsi che la mia sia un’interpretazione molto soggettiva, magari addirittura errata, ma io vedo le cose in tal modo e così le descrivo, con approccio da cronista.
La prima scena cult è tratta dal celebre film Il cacciatore (1978) di Michael Cimino. Fra i protagonisti c’è un carismatico Robert De Niro, in una delle sue interpretazioni più iconiche di una pur lunghissima carriera.
Il film è impropriamente catalogato fra le pellicole di guerra. In realtà narra le storie di quattro amici che, a vario titolo, saranno poi coinvolti della disastrosa esperienza del Vietnam. Celebre è l’altra serie di sequenze, quella della roulette russa che coinvolge uno dei personaggi.
La scena chiave che riguarda il nostro ragionamento è però quella che si inserisce in una battuta di caccia dei quattro amici ancora in territorio americano.
Dopo un lungo inseguimento, Robert De Niro arriva ad avere il cervo nel mirino: è suo, basta solo che prema il grilletto. Il cervo rimane fermo, non fugge, offre il petto al colpo fatale, è disposto a sacrificarsi alla bramosia dell’uomo.
Però De Niro esita, alla fine preme il grilletto ma sposta il fucile e il colpo si perde nell’infinito. De Niro dice “OK”, come fosse una pace separata fra i due e il cervo se ne va, regale e maestoso: alla fine ha vinto lui.
La scena mi colpi fin dalla prima volta che vidi la pellicola al cinema, eravamo a fine anni ’70 e quindi non avevo ancora vent’anni.
Ne ho sempre dato una particolare interpretazione ideologica. La Natura ama talmente la specie dominante, quella umana, che per questo figlio prediletto è disposta a sacrificare se stessa. Alcuni individui comprendono questo risvolto così particolare e rinunciano a depredare la Natura, che era ancora disposta, allora, a perdonarci.
Eravamo infatti nel pieno della crescita post bellica, pensavamo che tutto ci fosse concesso, proprio per il nostro ruolo di specie prediletta, di specie dominante grazie all’intelligenza, cui tutto il resto del Creato doveva inchinarsi.
Così mi dava l’idea che fosse il messaggio di Cimino. Riflettendo però a distanza di anni, il colpo sbagliato da De Niro era un’anticipazione, o addirittura un monito, all’umanità: non approfittate della benevolenza della Natura, perché prima o poi i nodi arriveranno al pettine. Oh, avessimo davvero recepito il messaggio finale, quello del colpo sbagliato: forse, oggi, non navigheremmo nei guai che ci affliggono.
Un’altra scena “cult” nella filmografia di successo si trova ne La Regina – The Queen (2006) di Sthephen Frears.
Come è noto, il filma narra la settimana successiva alla scomparsa della Principessa Diana ed è incentrata sulle posizioni (pubbliche e private) assunte dai reali britannici, in particolare dalla Regina Elisabetta. Dapprima invisa al sentiment popolare, perché volutamente defilata in Scozia, la Regina riconquisterà l’affetto dei suoi sudditi tornando a Londra e manifestando una profonda partecipazione per la scomparsa della tanto discussa Principessa.
Nella fase scozzese della trama, quando la Regina è combattuta fra stati d’animo contrastanti, si inserisce la scena del cervo.
Tornando verso la tenuta reale, alla guida della sua Land Rover, Elisabetta commette un’imprudenza nell’attraversare un guado e rompe un semiasse: sa bene cosa sia accaduto e infatti ricorda telefonicamente al suo assistente che, durante la guerra, lei ha fatto anche il meccanico. In attesa dei soccorsi, la monarca si siede su un masso. Lì, nel silenzio della campagna scozzese, lontana da qualunque possibile suddito o famigliare, la regina si concede un riservatissimo pianto liberatorio.
Alle sue spalle compare un magnifico cervo: è proprio l’esemplare cui il Principe Filippo e gli altri stanno dando la caccia da giorni.
I due personaggi “reali” (la Regina e il maestoso cervo) si osservano e si scambiano un profondo sguardo di fierezza. La Regina si lascia sfuggire un’esclamazione ammirata: “Sei uno splendore!”
Si sentono degli spari in lontananza. La donna fa segno all’animale di andarsene, ma questo non si muove. C’è come una complicità privilegiata fra i due.
Poi si avvicinano i latrati dei cani, Elisabetta volge lo sguardo per capire quanto siano vicini i cacciatori. Quando torna a guardare nell’altra parte, l’animale è fuggito: lei sorride, è felice che sia andata così, ma, dopo essersi asciugata il viso dalle lacrime, riprende il suo sguardo austero, torna ad essere “la regina” e non più Elisabetta.
La Natura non è più quella di Cimino, quella che avrebbe sacrificato se stessa per il figlio prediletto. Qui l’umanità, anche nelle più alte sfere, vive già una fase molto travagliata e la Natura ci osserva, ci scruta, cerca di capirci, ma tiene un maggior distacco e infatti si defila di sua volontà, non ha bisogno che siamo noi a sbagliare il colpo come invece fece De Niro.
Nel film c’è in realtà un seguito alla storia del cervo. Proprio mentre i Reali stanno ripartendo per Londra, giunge la notizia che il cervo aveva sconfinato in una proprietà limitrofa ed è stato abbattuto.
Elisabetta si precipita per vedere il cervo. Il corpo è appeso a testa in giù: l’esemplare è magnifico, ma il capo è già stato asportato per preparare l’ambito palco come trofeo di caccia.
Una ferita da proiettile sfregia la guancia del cervo. L’assistente del nobile, vicino di proprietà dei Reali, precisa che il cervo era a portata di fucile di un ospite, uno dei quei londinesi arricchiti, presuntuoso e incapace. Il colpo è andato mezzo storto, il cerco era rimasto solo ferito, i battitori lo hanno rincorso per l’intera notte prima di trovarlo.
“Speriamo che non abbia sofferto troppo!” conclude la Regina, triste e ammirata.
La specie umana è ormai priva di scrupoli, non c’è più la sana e fisiologica competizione fra cacciatore e preda, ma c’è solo più la sopraffazione dei mentecatti arrivisti, che depredano la natura, cioè l’ambiente in cui viviamo, con grettezza e avidità.
A questi due episodi inventati nei film, segue quello vero del 2020. Il cervo ferito, ritrovato il mattino appresso, si ribella e uccide il cacciatore. Il contesto si è rovesciato completamente: non siamo più il figlio prediletto cui la Natura si sacrificherebbe senza esitazioni, siamo un nemico da eliminare per la sopravvivenza stessa della Natura nel suo insieme.
A chi mi obietta che la Natura non è un’entità pensante, seppur superiore o addirittura divina, io replico in questo modo. La Natura è un insieme di leggi chimico-fisiche, ma anche di leggi comportamentali, alla Darwin per capirci. Solo qua e là ci sono spruzzi di sentimenti, che fra gli animali si sintetizzano più che altro nel rapporto fra mamme e cuccioli. Tutto il resto (amore, morale, logica, prospettive esistenziali…) è una nostra invenzione, crediamo che abbia validità universale, ma è solo aria fritta, è un’illusone.
E’ però vero che la Natura non è un’entità divisa superpartes, ma è un insieme di “regole” che puntano alla sua stessa sopravvivenza, attraverso la sopravvivenza di tutte le specie e di tutti gli elementi che la compongono, compreso l’ambiente nel suo insieme.
Quando una specie diventa un nemico per la Natura, si attivano le regole stesse della Natura per ridimensionare o addirittura estinguere l’elemento pericoloso.
La specie umana, grazia all’intelligenza, è assurta al ruolo di specie dominante del nostro pianeta. A mani nude non potremmo competere con altri animali (squali, giaguari, leoni…), ma la nostra intelligenza ha inventato i fucili o le canne da pesca. La stessa intelligenza, attraverso la tecnologia, ha inventato farmaci e macchinari che combattono malattie o prolungano l’esistenza dei singoli individui oltre i limiti insiti nelle regole naturali. Grazie alla tecnologia, la vita media dell’umanità è raddoppiata se non triplicata rispetto agli standard di sopravvivenza fisiologica consegnatici dalla Natura.
Tutto ciò è un fattore estremamente positivo, se non che l’avidità umana non si è accontentata di “vivere meglio”, ma ha ceduto alla cupidigia e al consumismo. Ciò ha portato allo sfruttamento innaturale della Natura, intesa nei suoi molteplici aspetti, dagli animali all’ambiente circostante.
Non riusciamo a smettere di comportarci così, non riusciamo neppure ad autolimitarci. Siamo diventati un elemento di distruzione della Natura, quindi un suo nemico, un nemico da eliminare.
Mors tua, vita mea: così ragiona la Natura nella sua algida composizione di regole spietate (“s” privativa di pietas, che è un’invenzione esclusivamente umana).
A differenza del commento de La Stampa (seppur intrigante sul piano intellettuale), io non credo che l’umanità di oggi sia “innocente” come nel mito di Atteone. Ci meritiamo la punizione.
L’episodio del 2020 è sintomatico, ma la realtà degli ultimi anni ci ha già fatto vedere come ci sta combattendo la Natura: inondazioni, frane, tsunami, terremoti, innalzamento del livello dei mari (potrebbero sparire intere fasce costiere), acque inquinate, aria irrespirabile, e, last but not least, pandemie imprevedibili e devastanti.
Il CoViD-19, che a livello mondiale risulta aver fatto più vittime dei conflitti del XX secolo, non è che l’anticipazione di una serie di altre pandemie, rispetto alle quali saremo sempre di fronte a casi senza precedenti scientifici, per cui impiegheremo un po’ prima di trovare gli antidoti. In quel lasso di tempo la specie umana si ridimensionerà. Ecco come ci combatte la Natura.
Eravamo la sua specie prediletta, ora siamo il nemico numero uno. Ce lo siamo voluti noi, non è colpa della Natura.
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@34 non pensavo assolutamente ad un eden ne scritto ne immaginato.Certo che personalmente ho scelto loro in una tutta mia graduatoria e sono ancora convinto del loro primo posto .Nella storia vengono liquidati al pari del nativo Australiano due righe nei libri proprio per non avere inciso sull ambiente con ponti e cattedrali…tuttora poco integrati se non nelle carceri o riserve in una società che ha integrato tutti meno loro che di base avevano tutti i diritti d essere trattati se non altro alla pari.Le case reali europee hanno visto solo degli straccioni da espropRio fossero state almeno case regnanti tedesche ora sapremmo anche con certezza il numero di vittime con cui abbiamo abbellito e fatto rinascere la nostra cara bella Europa, si dice in tutto la cifra enorme di 80 milioni…tra nord e sud in 2 secoli e mezzo .Per quanto riguarda il loro impatto sull ambiente e natura vi sono libri film musiche e poesie in cui Vi si rende merito e anche un po’ di giustizia (morale ) .
Non v’è dubbio che gli indigeni avrebbero fatto a meno delle navi europee, ma da qui ad affermare che vivevano in un eden di sintonia con la natura la differenza è evidente.
In realtà erano umani come tutti gli altri e come tutti gli altri modificavano, adattavano e talora distruggevano l’ambiente dove vivevano.
Non è questione di europei, africani, indiani, colonizzatori o colonizzati..
Ora operiamo con più efficienza (la distruzione, intendo) ma abbiamo anche la capacità di capire le conseguenze e gli strumenti per evitare di farlo…ma pare che non ce ne freghi nulla.
L’uomo europeo ha distrutto la cultura degli indiani d’America. Ha auto anche l’arroganza di riunchiuderli nelle riserve a casa sua.
Poi ha importato come fossero animali da lavoro gli affricani. Schiavizzandoli.
Poi vuole esportare la propria democrazia. E parla di rispetto dei diritti umani.
Credo vi siano state dalle 250 alle 300 tribù nel continente nord americano li’da millenni a gestire gli attuali Stati Uniti e Canada …robetta… e credo tutte avrebbero fatto a meno delle nostre navi con la croce sopra …Era quello il senso.Per quanto riguarda le estinzioni di massa guarderei più ai bisonti (altra porcheria nostra)che alla gente della mesoamerica .
Credere che la natura abbia figli prediletti, nemici o obbiettivi è semplicemente un modo differente di commettere il medesimo errore: l’antropocentrismo.
La natura è. Punto.
L’uomo è uno degli innumerevoli, sorprendenti e diversissimi tentativi.
E per l’intelligenza valgono le stesse regole dei canini dei felini o delle zanne degli elefanti: utilissimi per cacciare o scavare, ma se esageri con le dimensioni ti estingui. E si ricomincia dagli scarafaggi o dai cani.
P.S.: credere che i nativi americani vivessero in armonia con la natura è leggermente inesatto, considerando che hanno causato la più recente estinzione di massa appena arrivati e hanno continuato autoestinguendosi diverse volte (cultura Pueblo e Anasazi)
Agostino. Bellissimo nome evocativo di profonde riflessioni. Io ho una fede panteista senza un Dio e non credo nell’immortalità dell’anima individuale. Per ora questa fede mi è bastata per gestire il pensiero angosciosco della mia fine inevitabile legata al ciclo naturale di cui siamo parte, anche se a volte con qualche dubbio. Al momento si vedrà. Quindi non vedo separazione tra uomo e natura e sono pure vegetariano. La visione cristiana nella quale siamo cresciuti non comporta necessariamente un rapporto violento e predatorio verso la Natura. Vedi il Cantico di San Francesco espressione di un rapporto di amore e di empatia con il resto del mondo vivente e non. Certamente comunque considera l’uomo e la sua storia qualcosa di centrale e unico nel mondo conosciuto. Ci sono i presupposti per darsi un po’ di ariette come uomini, se uno non si controlla. Vedi la famosa “ubris” dei greci che spesso porta l’uomo alla rovina. Io da piemontese di natali dico “esageruma nen” e non sento il bisogno, forse per limiti miei, di tutta questa narrativa complicata di peccato e di salvezza e la faccio più semplice, guardando ogni giorno il giro apparente del sole e il ciclo delle stagioni e gli animali che incontro. Se proprio dovessi sarei portato ad adottare una religione pagana e animista. Tutto qui. Grazie di essere intervenuto e del tuo contributo. Ciao.
Roberto Pasini
I Cristiani sono solo una parte dell’umanità, ma tutti gli uomini hanno di sé una percezione nettamente distinta rispetto al resto degli animali. Forse questo vale anche per ciascuna specie animale, zanzare comprese.
Noi però siamo capaci di comprendere di far parte della natura. Dal punto di vista razionale possiamo senz’altro mettere in rilievo ciò che ci distingue dalle altre forme di vita conosciute e dai minerali (ed arrivare alle conclusioni di cui al mio precedente punto n. 2), ma mi pare assurdo contrapporci ad esse e ad essi, come se fossimo in guerra.
Mi piace questa chat, dove si può dissentire senza rischiare l’insulto.
De Conto. Noi occidentali siamo immersi in una tradizione culturale bimillenaria che ci dice che siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio, che siamo dotati di un’anima immortale, che torneremo un giorno tutti alla vita, che Dio si è fatto uomo nel ventre di una donna straordinaria perché concepita senza peccato ed è morto atrocemente per indicarci la via della salvezza e che la nostra storia come specie e’ al centro della vita dell’Universo. Pensi sia facile cancellare questa idea del ruolo eccezionale, privilegiato, unico, staordinario della specie umana dall’inconscio individuale e collettivo?
Sono un intruso nel vostro blog e mi limito a due rapide considerazioni, su cui andrebbe fatta chiarezza prima di affrontare nel merito l’argomento.
1. Siete sicuri che sia giusto contrapporre uomo e natura?
La specie umana fa parte della natura, intesa come complesso degli esseri animali e vegetali e dei minerali esistenti nell’Universo. La contrapposizione uomo-natura mi pare tendenziosa, cervellotica o ideologica, non scientifica.
2. Negare che la specie umana abbia preso il sopravvento nel suo ambiente è una forma di oscurantismo.
Si può criticare tale situazione, ma non negarla.
Buonasera
Grazie Crovella di aver ricondotto il dibattito in carreggiata, e anche a Grazia di averlo ribadito.
Mi colpisce molto che venga indicata come dominante la specie umana, cosa che può apparire solo all’uomo moderno, per di più parte del mondo così detto civilizzato.
Dominante, invece, non lo è per nulla e non dovrebbe neppure essere vista così.
Triste sapere l’uomo seduto su un cumulo di animali morti. Ditemi voi se questo può esser chiamato “dominare”. E perché, di grazia, dovrebbe poi dominare sugli altri esseri? Qual è lo scopo di questa dinamica?
Abbiamo, purtroppo, dimenticato che siamo noi stessi natura e che il posto che ci spetta è in mezzo agli altri esseri viventi e non certo al di sopra.
Nel piccolo predatore opportunista onnivoro che noi siamo esistono istinti distruttivi e violenti, verso noi stessi, la natura e le altre specie. Esiste un’ampia letteratura in proposito e la cronaca ce lo dimostra ogni giorno. La deriva di questi istinti verso l’autodistruzione (vedi il coprotagonista del Cacciatore) può essere riequilibrata come dice Crovella dai meccanismi regolatori della natura oppure si può tentare di contenerla attraverso una consapevolezza sofferta come appunto accade al protagonista del Cacciatore. Ma questo è possibile solo abbandonando presunzione e orgoglio: vedi la penultima scena del Cacciatore: quando cantano dopo il funerale America my home sweet home non con i toni aggressivi e da fanfara con cui di solito è cantata ma con tono umile e sommesso. Questo il bivio di fronte al quale ci troviamo.
L unica civiltà che pare avesse capito le controindicazioni verso il progresso dentro madre terra è stata qella dei nativi nord americani …gia’ i vicini del sud erano anni luce avanti nell abbondare in sistemi piramidali…in cui sacerdoti e capi consumavano terre e averi…poi con la cosiddetta legge del più forte abbiamo fatto il solito deserto anche di la del mar…continuare a chiamarci civiltà dei consumi rende l idea del percorso che ci attende…vincerà ancora il più forte non il più saggio o intelligente in questo caso il pianeta che si scrollera ‘ di dosso l attuale abitante parassita e invidieremo con nostalgia i tepee così semplici da smontare invece degli alveari irremovibili come la nostra arrogante spocchia, chiamati grattacieli
In effetti, scrivendo questo articolo, NON mi è mai venuto in mente il concetto di guerra. Di guerra fra uomini, intendo. Può darsi che ad alcuni lettori questo testo susciti o pensieri e/o i collegamenti annessi con le guerre fra umani. Ma l’intenzione dell’autore ne era completamente priva. L’obiettivo del mio testo è riflettere sul fatto che io mi sono ormai convinto che la Natura ha dichiarato guerra alla specie umana, per colpa di quest’ultima. Eravamo il figlio prediletto della Natura, ora ne siamo il principale nemico, perché (abusando dell’ambiente) siamo arrivati a mettere in discussione la sopravvivenza stessa della Natura: lei si “difende” e contrattacca… La Natura, attraverso i suo meccanismo darwiniani, ridurrà fortemente il numero di individui della specie umana: una pandemia oggi, una variante domani, un’inondazione dopodomani, un terremoto la prossima settimana… In questo senso anche le guerre fra umani saranno un elemento di contrazione della specie. Secondo mie stime personalissime, figlie di ragionamenti di logica (e quindi non derivanti da calcoli scientifici), il numero massimo di individui compatibili con il non ulteriore peggioramento dell’ambiente si aggira sui 5 miliardi, questo ovviamente dando per scontato una omogenea distribuzione sul globo (se ci sono invece delle concentrazioni – perché altre aree diventano invivibili – in quel segmento la selezione sarà ancor più severa). Ricordo che già ora viaggiamo sui 7 miliardi e mezzo e che le proiezioni demografiche (in assenza dei meccanismi che io invece metto in conto) puntano ad un obiettivo di 10 miliardi nel prossimo futuro (mi pare 2050). Un totale di 10 mld sul pianeta (che tra l’altro sarà inevitabilmente ancor più rovinato di quanto lo sia già oggi) è incompatibile con la prosecuzione della vita stessa. Quello che gli umani (accecati dai principi senza fondamenti nella Natura quali sentimenti, solidarietà, diritti ecc ecc ecc), non vogliono accettare è il seguente: la Natura può permettersi di estinguere la specie umana, perché la Natura può proseguire anche senza la specie umana. La specie umana, invece, non riuscirà a sopravvivere se distrugge completamente la Natura.
Paola Cesco. Il tema era la natura e l’uomo: il suo rapporto violento e predatore (prima scena di caccia del Cacciatore) o empatico e rispettoso (scena finale di caccia del cacciatore e scena della regina che non si unisce in un momento di consapevalezza indotta dal dolore al rito tradizionale della caccia al cervo dei suoi familiari). Il tema della guerra è venuto fuori per un’associazione non casuale essendo un rito violento e predatore di gruppo, prevalentemente maschile, che poi è il tema del Cacciatore sul dopo Vietnam. Una consapevolezza che sembrava acquisita dopo quell’esperienza ma che i fatti successivi hanno dimostrato non essere così. Quindi ci andrei cauto prima di sparare giudizi sulla superficialità altrui.
Meno male che ci sei te Paola con la tua sensibitàp
Come al solito, nessuno dei commenti, dei soliti che si parlano addosso, dimostra di aver capito il senso profondo di Crovella. Infatti lui non vi ha seguito nei vostri sproloqui tutto sommato fuori tema.
Mi rassegno a prendere atto delle differenti sensibilità, e vi invito a guardare più in profondità e in ampiezza. Il tema era la NATURA!!!
Abbondanza di armi, e ci credo!!! a?Abbiamo addestrato e armato un esercito afgano che in 5 giorni si è liquefatto
54 soldati italiani morti.
9 miliardi spesi.
È proprio servito ai piccoli imperatori italiani.
Sulla situazione in Afghanistan, aspetterei ad esprimere giudizi …tempo al tempo.. fuoriusciti gli stanieri, riemergeranno le rivalita’ tribali e di setta e di clan..c’e’ abbondanza di armi portatili ed alcune possono essere portate sotto gli ampi vestiti femminili e con volto mascherato . Quanto alle leggi derivate da ispirazione religiosa, si possono declinare e stiracchiare, come in effetti e’ avvenuto ed avviene pure nell’occidente.Ne abbiamo sotto gli occhi esempi di leader nostrani(monogamia e rispetto precetti religiosi sostanziale van bene per il popolino, lorsignori possono avere innocenti evasioni, i giornalisti che scoprono i filarini ..non si sa se sono sgraditi impertinenti o volenterosi collaboratori che contribuisco a costruire un personaggio.)
Prevengo. Non siamo fuori tema. Il Cacciatore aveva come sfondo il Vietnam e la gestione della violenza (maschile) verso gli altri e la natura. Non dimentichiamo il ruolo del personaggio di Meril Streep nel cambiare il protagonista. Idem The Queen. Anche qui c’è il tema della violenza, di nuovo, prevalentemente maschile, codificata in tradizioni e riti antichi come l’affissione dei trofei alle pareti. E il personaggio aggressivo e spietato difensore dell’ordine rappresentato da Filippo. Niente di nuovo dunque. Caccia e guerra, maschi e femmine.
Qualcuno in Italia se ha un minimo di coscenza, come ha avuto la sfrontatezza di mandare al macello, per nulla, tanti giovani. Dovrebbe avere il coraggio di chiedere scusa.
Se i soldati fossero di leva la propensione a mandarli a crepare in giro per il mondo per giocare al piccolo Imperatore si ridurrebbe notevolmente. I miei coetani e colleghi americani erano stati mandati quasi tutti in Vietman a 19/20 anni e si sono viste le reazioni in patria. In particolare, nel nostro paese, i piccoli Imperatori se la dovrebbero vedere con le mamme italiane, che non sono più quella della prima e seconda guerra mondiale che hanno dato anche l’oro delle fedi nuziali alla Patria (mia nonna per esempio).
Bella roba complimenti . Abbiamo mandato a MORIRE un pò di nostri ragazzi.
Ma è servito per la causa.
A proposito di cervi, di monarchie mascherate da democrazie parlamentari e cornuti imperiali. Sui media di tutto il mondo è partita l’operazione: “Dai! Adotta a distanza un nuovo talebano, in fondo è un bravo ragazzo, magari solo un po’ esuberante e leggermente represso”. Fantastico. Sembra di assistere ad una seduta collettiva di terapia cognitivo-comportamentale. Siccome ti hanno buttato fuori a calci nel sedere dopo averti spillato un mare di soldi e un buon numero di vite umane di poveri legionari innocenti, a causa della tua insipenza e ambizione, la cosa brucia, eccome se brucia a chi vorrebbe imitare i grandi Imperi del passato, ecco che si cerca di attenuare la pena e la sofferenza per l’umiliazione modificando la “cognizione”( detto in termini meno pomposi l’aveva già fatto la Volpe di Esopo): ma in fondo i new taleban sono cambiati, non sono poi così cattivi, si fanno i selfie e poi basta che continuino a spacciare (a casa nostra) ma non ci facciano saltare per aria e tutto s’aggiusta. Zia Mariannina for President oppure, come più probabile, ci penserà il nuovo Impero cinese, spietato, senza scrupoli e sensi di colpa e totalmente indifferente al bisogno di essere amato.
Certo che il marchio risonante english copre molte magagne, aggiunge suggestione ( vagabondo sulla terra?…meglio land rover, campagnola o rustica? meglio countryman). Anche l’aggeggio da caccia , se di marchio germanico o austriaco,che termina con una R, fa piu’ macho e precisione del prodotto ital – bresciano che finisce per A, I.Poi la realta’ e’diversa . Se il cervo in Italia e’ contingentato, basta emigrare e lo trovi d’allevamento a pagamento.
“Il CoViD-19 a livello mondiale risulta aver fatto più vittime dei conflitti del XX secolo.”
Chi è l’autore di tale astronomica castroneria?
Albert, la 110 è la passo lungo, 10 posti. La 90 era la passo corto, 7 posti.
Poi si sono chiamate Defender ma non avevano più l’orribile Perkins ma motori Iveco/Fiat turbodiesel.
Il Montiferru è l’esteso bosco sardo centro-occidentale che è andato in cenere poche settimane fa. Dalle parti di Santulussurgiu e S.Leonardo de Siete Fuentes, dove ho vissuto due anni. Brutta storia.
Basta ragazzi e ragazze, basta per favore, altrimenti non ci sarà più posto neanche in Paradiso!
Estate del 2002, in una localita’ dolomitica al confine con le Vette Feltrine, escursionisti trovarono attirati da odore un corpo di cervo in putrefazione , privo della testa accuratamente tagliata e portata verosimilmente ad imbalsamare da fanatici del trofeo..la carne non serviva…e pesava troppo..Poi nel 2006..in una localita’ marginale..spari e poi improvvisamente dal bosco..spunto’un cervo massiccio quasi nero, si fermo’ ci osservo’ ,e poi se la dette a gambe. sul web si trova una gustosa compilation https://www.youtube.com/watch?v=oEV15uVnhG4
Il cervo è veramente una meravigliaMercoledì scorso mentre andavo per boschi e funghi mi sono imbattuto in un cadavere di cerva non ho potuto non osservare la bellezza anche dello scheletro che portava a spasso l animale ,tutte le sue ossa ,le giunture ,le vertebre distese dopo essersi sdraiata per l ultima volta nel SUO bosco in quella radura.Dovremmo fare più spesso il gesto di De Niro nel film e rinunciare a essere ingranaggio letale nella vita altrui e anche della natura di cui si fa parte molto irresponsabilmente…
Land Rover stesso tipo passo lungo, ambulanza attrezzata…con sterzo duro e ruote sbilanciate che ondeggiavano… la guidai per 30 chilometri e poi stremato con la schiena dolorante passai il posto pilota al compagno. “Qui sopra se non muore per i fatti suoi , il trasportato muore per sconquasso e incidente causato dal mezzo!” Infatti la stavamo portando ad un centro di mezzi per soccorso che poi l’avrebbe trasferita in Africa.Per quanto rifguarda armi da caccia ,usai solo un monocanna e cartucce pallini 00 del nonno, per traforare una vecchia padella uso arrostimento castagne, sempre piu’ allenante che al servizio militare di leva con 5 pallottole di plastica a carica ridotta, anzi 2 fecero cilecca…alprimo click, tocco’ reinserirle e ripercuoterle..cosa che non farei..oggi.
Land Rover 110, motore diesel Perkins (una baracca come poche), foresta di S.Antonio nel Montiferru sardo, anno 1973. Ci eravamo stipati in una quindicina con serie intenzioni di picnic estremo. Lungo una ripida salita si ruppe un semiasse e io ascoltai questa parola per la prima volta in vita mia. Tornammo a valle in retromarcia a velocità folle per km, con mio padre alla guida, che si prese il torcicollo, e un suo amico in piedi sul paraurti anteriore aggrappato alla ruota di scorta fissata al cofano motore. Si poteva anche fissare al portellone posteriore. I 4 posti posteriori trasversali al frontemarcia favorivano vomitate frequenti degli occupanti. Io e mia sorella ne fummo protagonisti infinite volte. Preferivano decisamente la panchetta intermedia. La LR 110 aveva 10 posti ma in Italia era omologata per 9. Ma non lo sapeva nessuno. Forse la Regina, chissà. Mio figlio ha una Freelander che chiama affettuosamente la Regina del Deserto come faceva Sordi in Riusciranno i nostri eroi…. la tiene come segno di ricordo di suo nonno paterno.
Non sapevo.C’era una gara sul tempo? Aggiungo allora che se non fosse stato per caccia (praticata da un fratello) e pesca da mio Padre, negli anni 1920-45 in famiglia patriarcale di campagna con 25 bocche a tavolata, sarebbero stati gran minestroni di tante erbe e rari patate e fagioli.. polente , almeno alcune proteine gratis non suscitavano rimorsi,poi si e’esagerato.La caccia e’ oggi talmente costosa e regolamentata che pare che in Italia non convenga e i cacciatori ufficialmente diminuiscano. Quanto alla specie umana, chi ci garantisce che non si estinguera’ o si evolvera’ in forme impensabili? Circa il semiasse della Land regale, mi pare che l’incidente non abbia inciso molto sulla longevita’…mentre i cacciatori USA cambiano spesso bersaglio e fanno fuori altri cittadini, presidenti, a caso o per qualche rivalsa.
A volte i cacciatori si colpiscono a vicenda..per hobby..specie se cacciano cinghiali..che hanno contribuito a diffondere per avere bersagli nel loro passatempo , come per le nutrie sfuggite al controllo quando e’passata di moda la pelliccia di”castorino”.Circa le vittime del covid..,a livello mondiale, aspettiamo a tirare le somme.In ere passate la caccia e la pesca spettavano prima di tutto ai nobili, noti appropriatori seriali di beni comuni.I servi cacciatori di frodo, se scoperti dagli scagnozzi del padrone, venivan oimpiccati.Per cui poi tali attivita’son odiventate sinonimo di”roba da signori”alla portata di tutti i muniti di fucili,canne, reti.Certoche per agricoltori ed viticultori i cinghiali dicerte zone fanno strage e poi ci si mettono pure grandinate.
Le vecchie Land Rover rompevano i semiassi con una certa facilità.
Albert, stamattina t’ho fregato. :-))