Lorenzo Colomb, che è stato sindaco del comune turistico della Val Susa fino al 2019, avverte: “Pista ormai chiusa, non si pensò al dopo Giochi. A Cortina d’Ampezzo può accadere lo stesso. Nel primo masterplan della candidatura eravamo stati considerati, parlai con Sala della possibilità di non escludere la città di Torino. Servivano 15 milioni di euro per rimetterla a nuovo. Il Nord-est ha voluto farla da padrone“.
Firma la petizione contro la nuova pista di bob di Cortina.
La pista da bob costruita per Torino ’06 ignorata per Cortina ’26. Rimodernarla? Costava molto meno.
di Giuseppe Pietrobelli
(pubblicato su Il Fatto quotidiano del 1 novembre 2021)
La pista da bob per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026 avrebbe potuto essere realizzata spendendo appena 15 milioni di euro, meno di un quarto di quello che verrà a costare il nuovo impianto di Cortina voluto dal governatore Luca Zaia.
Sarebbe bastato riadattare l’impianto di Cesana Torinese, inutilizzato da una decina di anni, dopo essere stato costruito per Torino 2006. Ma il Veneto ha imposto la propria decisione, anche se con il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, era avviata una trattativa per l’inserimento della struttura piemontese nel masterplan della candidatura.
È una denuncia grave quella che proviene da Lorenzo Colomb, che è stato sindaco del comune turistico della Val Susa dal 2009 al 2019. Dimostra che in Italia i risparmi di soldi pubblici sarebbero possibili, ma non è sempre facile farli coincidere con gli interessi politici.
L’impianto di Cesana Pariol, costato 110 milioni di euro e gestito dal Parcolimpico srl, è uno scandalo a cielo aperto. La pista da bob è lunga 1.411 metri e ha 19 curve, quella di slittino 1.233 metri e ha 17 curve, la quota di partenza è a 1.683 metri sul livello del mare, l’arrivo 114 metri più in basso. Si tratta di un’eredità pesante delle Olimpiadi di 15 anni fa, che avrebbe dovuto insegnare qualcosa. Secondo l’ex sindaco Colomb, non lo ha fatto.
Quale fu l’errore, visto che la pista è chiusa?
Non si è pensato al dopo Olimpiadi, a chi avrebbe preso in mano la gestione. Temo che anche a Cortina l’impianto possa diventare una seconda cattedrale.
Intanto la cattedrale è lì da voi…
Ma crede che io, da sindaco, volessi tenere una struttura così che va in malora nel mio territorio? Ho cercato di evitarlo, ma il Nord-est ha voluto farla da padrone…
Ci spieghi tutto dall’inizio.
Nella gestione dell’impianto il vero problema era la sicurezza. Era stato costruito per refrigerare la pista con l’ammoniaca e così avevamo 400 tonnellate di ammoniaca sopra la testa. Era stato concepito senza valutare i costi successivi. Si doveva verificare ogni giorno la tenuta delle cisterne, perché con un minimo di perdita di quella sostanza sarebbe stata una catastrofe. Dovevamo vigilare e monitorare.
Pagavate voi?
Scherza? Siamo un paese di mille anime, non avremmo potuto permettercelo. Era in carico alla società Parcolimpico. Ad un certo punto tentammo di interessare una cordata di imprenditori locali, fu formata una società ad hoc per la gestione, ma Parcolimpico non cedette. Le ultime gare risalgono al 2011, nel 2012 abbiamo tolto l’ammoniaca.
Cosa comportò la chiusura?
Che è rimasto solo un piccolo tratto per gli allenamenti alla spinta del bob. Per il resto, c’è un serpente che si snoda in mezzo ai larici, vandalizzato dai cercatori dell’”oro rosso”, che hanno sfilato chilometri di cavi di rame.
Quanto costerebbe togliere l’impianto?
Quand’ero sindaco si era studiato un piano di smaltimento: senza portare via i plinti piantati in profondità, con 3-4 milioni di euro si potrebbe smantellare tutto.
Lei conosce la pista “Monti” di Cortina?
Andai a visionarla, era un corridoio in mezzo a un prato, si vedeva che era stata concepita in altri tempi, che non teneva conto delle strutture oggi necessarie per gareggiare. Ma è chiaro che il Nord-est adesso ha voluto farla da padrone, anche se noi abbiamo tentato di riconvertire il nostro impianto per le Olimpiadi del 2026.
Come?
Ipotizzando un nuovo sistema di refrigerazione. Non più con l’ammoniaca, ma con il gas freon, quello che viene usato per i frigoriferi, meno impattante e con costi minori. Cortina deve realizzare una struttura completa ex novo, invece sarebbe stata una cosa ben fatta recuperare l’impianto esistente di Cesana Pariol.
Non se ne era saputo nulla…
Io avevo fatto una trattativa con il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, nel 2018, quando ero ancora sindaco. L’obiettivo era quello di evitare uno spreco di denaro andando a costruire un impianto nuovo da un’altra parte. È stato il Veneto a proporsi, impedendo di portare le gare da noi. La trattativa si è spostata da loro, dopo che sono entrati in modo pesante, decisi a fare tutto a Cortina.
Sala era d’accordo?
Il problema non era Milano, ma Torino, dove il sindaco Appendino si era messa di traverso. Io parlai con il sindaco Sala della possibilità di non escludere la città di Torino, anche perché non si voleva riportare una seconda Olimpiade bianca solo in Piemonte. Eravamo consapevoli che andasse fatta su più Regioni, anche per avere un low cost di spese. Il progetto entrò anche nel primo dossier per la candidatura.
Quanto sarebbe costata la riconversione?
Più o meno 15 milioni di euro.
Molto meno degli 85 milioni che la Regione Veneto ha stanziato in un primo tempo, ora ridotti a 61 milioni di euro. Inoltre sono stati accantonati 8 milioni per le spese di gestione dei prossimi vent’anni. Quale fu l’errore di Torino 2006, che rischia di essere ripetuto a Cortina?
Fare le cose solo in vista dell’evento olimpico, senza pensare al futuro.
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Ma sarebbe comunque uno spreco: meglio eliminarla completamente
di Carlo Crovella
Frequento l’alta Val di Susa (anzi: Val Susa, come diciamo noi piemontesi) da che sono nato. Cesana, poi, la conosco come le mie tasche, perché vi trascorro periodi di villeggiatura da circa trent’anni senza soluzione di continuità. La zona di Pariol, nel comprensorio sciistico di San Sicario poco sopra Cesana, per me è come il giardino dietro casa: quando ho un paio di ore libere, faccio un giro da quelle parti. A piedi se d’estate, con le pelli se c’è neve.
Proprio nell’area di Pariol hanno avuto la brillante idea di costruire ex novo questa cattedrale nel deserto che è la pista di bob. Il tutto risale alle Olimpiadi di Torino del 2006.
Non giriamoci intorno: fin dall’inizio è stara una cazzata megagalattica. Non l’unica di quelle Olimpiadi, ma certamente una delle storture più astruse.
La pista è completamente esposta a sud-sud-ovest, prende sole anche in pieno inverno. Quanto meno nelle ore in cui si svolgono le competizioni ed anche gli allenamenti.
Di conseguenza il ghiaccio tende a fondere con elevata facilità. Andai ad assistere ad alcune prove delle Olimpiadi, per il giusto di dire “io c’ero” e proprio durante le gare emersero i problemi. Strano tra l’altro che i progettisti non li avessero focalizzati a tavolino. O forse mica tanto strano: se vuoi un’esposizione nord, non puoi fare la pista sui versanti di San Sicario, nota località sciistica (facente parte della Via Lattea) dove si scia al calduccio del sole anche in pieno inverno.
Anzi, le vecchie volpi dello sci sanno che, in stagioni nivologiche “normali”, le piste di San Sicario sono in ottime condizioni durante le festività natalizie, ovvero in pieno inverno, reggono ancora bene per il mese di gennaio, ma già in febbraio si deteriorano facilmente, proprio per l’azione dardeggiante del sole. A marzo diventano dei campi da sci nautico.
Siccome le competizioni internazionali, segnatamente le Olimpiadi invernali, sono in calendario a febbraio, la pista di Pariol è completamente sbagliata. Lì non ci deve proprio essere una pista da bob. Non la si doveva fare fin dall’origine.
Difatti l’anno dopo le Olimpiadi del 2006 (o forse due anni dopo, ora non ricordo con precisione) si organizzò una gara di Coppa del Mondo di slittino. Se la memoria non mi inganna, quella competizione fu prevista addirittura in gennaio, cioè qualche settimana prima delle data canonica delle Olimpiadi.
Ciò nonostante il sole fondeva rapidamente il ghiaccio, cambiando le condizioni della pista e falsando quindi i risultati sportivi fra discesa e discesa. Gli organizzatori corsero velocemente ai ripari, mettendo delle tendine estensibili sopra la pista, per coprirla dai raggi del sole.
Il risultato fu che gli spettatori presenti non riuscivano a vedere dal vivo le discese dei concorrenti, coperti dalle tendine. Tutti ci assiepammo davanti al maxischermo montato in corrispondenza dell’arrivo. In pratica non c’era nessuna differenza fra essere lì presenti e vedere la gara in TV.
La pista fu rapidamente abbandonata anche come tracciato di allenamento, il che è tutto dire, considerata la penuria italiana di impianti per bob/slittino/skeleton. Ad un certo punto si parlò di un progetto di suo recupero, in particolare nei manufatti collaterali al tracciato vero e proprio, come “base” abitativa per una struttura turistica stile Club Med da 1000 posti (!). Per fortuna non se n’è fatto niente: altro cemento inutile, altre ruspe, altro spreco di soldi pubblici. Le conseguenze sull’ambiente della vita festaiola alla Briatore sono ancor peggio del cemento abbandonato.
L’unico intervento sensato sulla pista di Cesana sarebbe la sua completa eliminazione, con ripristino del precedente ambente prativo e boschivo. In pochissimo tempo la natura riprenderebbe possesso di quegli spazi che tornerebbero a disposizione di caprioli, volpi, e marmotte. Qualche sciatore fuoripista o qualche escursionista estivo non turberebbe la natura ritrovata.
Analoga conclusione “demolitiva” coinvolge quasi tutte le strutture costruite per le Olimpiadi 2006, come il Villaggio Olimpico alla periferia a Torino (a lungo occupato abusivamente da disperati di ogni genere, con notevoli problemi di sicurezza e di ordine pubblico) e come i trampolini di Pragelato (Val Chisone), negli anni semi smontati dall’effetto degli agenti atmosferici.
Uno schifo. Soldi pubblici buttati al vento (o, meglio, finiti nelle “solite” tasche) e uno scempio di manufatti in decadenza che, sopravvivendo agli eventi sportivi, rovinano irreversibilmente l’ambiente.
Ora si vorrebbe recuperare la pista di bob di Cesana. Una stupidaggine. Intendiamoci: il discorso dell’ex sindaco non fa una grinza, se presentato come nell’articolo del Fatto quotidiano. E’ evidente che è meglio per le nostre tasche spendere 15 milioni piuttosto che 85 milioni, quanto costa il ripristino della pista di Cortina. Ma sarebbe una scemenza lo stesso, perchè sono 15 milioni letteralmente buttati dalla finestra (ammesso che poi, a posteriori, risultino “solo” 15 milioni e non di più). Passate le prossime Olimpiadi, la pista avrebbe lo stresso destino degli anni scorsi.
Piuttosto si dovrebbe fare un discorso completamente diverso, che anzi andava fatto anche prima del 2006 e non venne neppure impostato per una scelta “strategica”, chiamiamola così. Il discorso da fare, allora come oggi, sarebbe di valutare il ripristino delle pista di Cervinia, esistente dalla notte dei tempi e in disuso anche lei per varie ragioni.
Non ho mai visto di persona la pista di Cervinia, anzi non so neppure se sia ancora esistente, almeno come manufatto abbandonato. Ma dalle descrizioni che mi facevano, anni fa, diversi atleti valsusini che, ai tempi si allenarono a Cervinia, almeno era una pista con un’esposizione meno sfavorevole di quella di Cesana. Il che è tutto dire.
In conclusione di questa mia pappardella, ripropongo una considerazione più generale, cioè la mia complessiva posizione antitetica ai grandi eventi sportivi, come le Olimpiadi, che siano estivi o invernali. Non sono più roba per i nostri tempi, invadono troppo l’ambiente, riempiendolo di cemento inutile e spesso mai più utilizzato, pesano sui conti pubblici e rendono difficoltosa la gestione ordinaria della realtà economica nazionale.
Infatti temo che non meriti recuperare neppure la pista di Cervinia, figuriamoci quelle di Cesana o di Cortina. A chi mi obietta che stanno arrivando i miliardi del P.N.R.R, ribatto che le priorità del Paese sono ben altre: dobbiamo dare una risposta ai 6 milioni di nuovi poveri, alle crisi aziendali che stanno esplodendo a go-go, ai disoccupati cronici che fra un po’ vagheranno affamati per le strade, ai giovani che si arrabattano in contratti precari, senza possibilità di accedere ai mutui anche solo per un semplice monolocale. Prima del rifacimento di una qualsiasi pista da bob, ci sono migliaia di viadotti, di tunnel e di chilometri di rete ferroviaria da revisionare e, forse, ricostruire completamente, per non finire in un “nuovo” Ponte Morandi. Ciò premesso, indirizzare soldi pubblici verso una pista da bob (cha sia qua o là) significa buttarli dalla finestra, ovvero indirizzarli nelle “solite” tasche.
Le Olimpiadi (estive, invernali, autunnali o che altro), i Mondiali di Calcio, i tanti nuovi circuiti di Formula 1 (Cina, Russia, Qatar…), o “nuovi” stadi privati per un calcio roboante solo più da Pay TV, e chi più ne ha più ne metta, sono solo occasioni per giustificare trasferimenti di denaro nelle solite tasche.
O reimpostiamo la struttura logistica di tutti gli eventi sportivi (alleggerendoli, snellendoli e sfalsandoli in singole prove, semplici, veloci, senza un grande impatto ambientale) oppure è meglio non averli fra i piedi, questi benedetti eventi. Nella migliore delle ipotesi comportano solo costi inutili e un’eredità di cemento che resta negli anni successivi. In parole semplici: per i normali cittadini solo danni e nessun vantaggio.
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101@parole e commento che sottoscrivo aggiungo avendo notato gli anonimisti siano generalmente propista cosa vi sia di male ad aggiungere il proprio cognome al proprio pensiero in questo caso legato al progresso (a vision loro)della loro conca.
Non sono più interessato alla discussione ma vorrei ricordare a chi lo ha scritto che i leoni da tastiera sono proprio quelli che non si firmano con nome e cognome. I commenti anonimi non hanno nessun valore indipendentemente da ciò che esprimono. Non perdo tempo con chi perde tempo volendolo perdere.