Crolli fatali

Crolli fatali
(la tragedia della parete est del Mont Greuvetta)

Il 13 agosto 1974 Ugo Manera e Claudio Sant’Unione riuscivano nell’impresa di salire per la prima volta la parete est del Mont Greuvetta 3677 m, 500 metri di appicco verticale sullo stretto vallone del Ghiacciaio di Greuvetta, nella parte più selvaggia del gruppo del Monte Bianco. Fino ad allora c’era stato solo il tentativo di Alessandro Gogna, Miller Rava e Carmelo di Pietro (15 luglio 1973), saliti per non più di 60-70 metri per altro itinerario. In seguito molte altre vie sono state aperte su questa grande parete, tutte molto impegnative.

La parete est del Mont Greuvetta, di 500 m, si appoggia sull’omonimo ghiacciaio. Foto: Ugo Manera.

Ed è stata proprio la cosiddetta via originale (quella di Manera e Sant’Unione) il teatro della grave tragedia avvenuta il 14 luglio 2024.

Una cordata di fortissimi alpinisti stava risalendo la via e si trovava già alla fine delle grandi difficoltà. Luca Giribone (di Bricherasio, Torino), 34 anni, Marco Bagliani (di Torino), 59 anni, erano fermi a una sosta e stavano assicurando la risalita del terzo compagno, Luciano Peirano (di Chiavari, Genova), 58 anni, quando d’improvviso lo schianto fatale.

La parete est del Mont Greuvetta. 1) via originale; 3) via della Conca grigia; 2) progetto di Ugo Manera, mai realizzato. Foto: Ugo Manera.
Claudio Sant’Unione in apertura della via originale della parete est del Mont Greuvetta, 13 agosto 1974. Foto: Ugo Manera.

«Prima c’è stato un grosso rumore e poi li ho sentiti urlare. Io stavo ancora arrampicando, così mi sono appiattito alla parete aspettando di essere trascinato via, giù con loro. E invece un masso ha evidentemente reciso la corda e io sono rimasto lì, da solo, appeso alla parete. Ma vivo». Questo è il racconto dell’unico superstite, Luciano Peirano.
Questi ha affidato il proprio racconto di quanto avvenuto a Mauro Penasa, presidente del CAAI (Club Alpino Accademico Italiano), che riferisce: «Erano ormai a un centinaio di metri dalla cima. Bagliani e Giribone erano in sosta su un blocco di roccia e stavano recuperando Peirano. Potrebbe aver ceduto il blocco, ma l’ipotesi più probabile è che si sia staccata un frana da più in alto e che li abbia travolti». La parete in quel tratto, osservata con il binocolo e dai soccorritori, presenta effettivamente due macchie biancastre di frana, una più piccola sopra a un’altra più grande. Come se un primo fortuito distacco avesse provocato un altro distacco più consistente, quello che ha travolto Giribone e Bagliani.

Quest’ipotesi, alla quale non si può opporre alcuna alternativa credibile, significa che, da parte dei tre alpinisti (tutti membri del prestigioso CAAI), non ci sarebbe stato alcun errore o imprudenza.

«È una salita per esperti – conferma Penasa – non di certo qualcosa che tutti possano affrontare. Ma loro avevano esperienza ed attrezzatura, non erano di certo dei principianti. Giribone era quello più giovane e forse anche per questo con più voglia, era lui a “trainare” gli altri. Bagliani non aveva compagni fissi di scalata ma era molto prudente, anche perché aveva pure una bimba di 3 anni, Emma. Non sarebbe mai andato in una zona che poteva essere pericolosa».

Claudio Sant’Unione in apertura della via originale della parete est del Mont Greuvetta, 13 agosto 1974. Foto: Ugo Manera.

Peirone, comprensibilmente sotto shock, al termine del suo racconto ha confidato a Penasa la propria decisione: «Io in montagna non ci andrò più».

Bagliani era professore ordinario di Geografia Economico-Politica all’Università di Torino. Laureato in Fisica, ha insegnato anche al Politecnico ed è stato, tra le altre cose, membro del Comitato Scientifico del COREP, membro del Comitato Internazionale responsabile per le contabilità nazionali (National Account Committee) del Global Footprint Network e membro fondatore dell’Istituto di Ricerca Interdipartimentale sulla Sostenibilità (IRIS) dell’Università di Torino. «Siamo tutti molto colpiti», è stata la reazione dagli uffici dell’Università dove la notizia è stata accolta con dolore e incredulità: «Marco è stata una persona molto apprezzata per il suo lavoro. Il pensiero va ai colleghi e amici di dipartimento e naturalmente alla famiglia».

Marco Bagliani

Anche la Scuola Nazionale di Alpinismo Giusto Gervasutti, in cui Bagliani era istruttore, sottolinea in un post su Facebook la bravura e la preparazione di Marco, rimarcando che «Tutta la comunità della Scuola si stringe in un grande abbraccio a Fabrizia ed alla piccola Emma».

Giribone era dipendente della Skf a Villar Perosa, e anche lui aveva una grande esperienza di montagna. 

“… senza che ci possa fare nulla, mi ritrovo nella notte del Mercantour, nell’ultima scalata fatta assieme a Marco, conclusasi con la discesa in un canalone che non era quello giusto e che sembrava non dovesse finire mai: ad ogni ultima doppia ne seguiva assurdamente un’altra. Non era una situazione particolarmente delicata, ma cominciavo a sentire il peso della giornata. La frustrazione e la fretta di tornare al rifugio stavano annebbiando la mia capacità di prendere le decisioni più appropriate. Poi sentii Marco pronunciare sorridendo la fatidica frase: ‘Più buio di così non può diventare, ora possiamo anche prendercela con calma!’. Era entrato in ‘modalità Bagliani’. Sapevo che, come già era accaduto altre volte, era arrivato il momento di affidare a lui il ruolo di leader della cordata, con le ridotte ingranate ci avrebbe portato a casa nel modo più sicuro possibile (Serafino Ripamonti)”.

Luca Giribone

Senza più voglia di gioire
di Marco Conti
(dal suo profilo Facebook, 15 luglio 2024, ore 23.07)

… E’ passato un anno, giusto un anno dalla tristissima scomparsa di Bill e Dino (Maurizio Bill Crosetti e Dino Ruotolo, NdR) e siamo di nuovo qui a commentare e ricordare un’altra immane tragedia di alpinismo… diversissima nel genere e nella dinamica, ma non certo meno dolorosa e drammatica di quella che l’altr’anno a quest’ora sconvolgeva famigliari ed amici…
Le tragedie in montagna sono sempre tristi, brutte da raccontare ed è norma, soprattutto qui in Italia, accompagnarle sovente per giorni e giorni con articoli ed interviste mirabolanti, riempiendo inutilmente pagine di carta intrise di retorica e cronaca macabra, sempre alla ricerca dell’inspiegabile o dell’incomprensibile per chi l’alpinismo non lo ha mai praticato…
Questa di Luca e Marco, insieme a Luciano (miracolosamente illeso), non è di certo una di quelle “storie tristi annunciate” … e non è di certo una di quelle che ci si aspettava o si percepissero nell’aria…

Tre accademici del CAAI, tutti forti, due di grandissima esperienza ed uno, Luca il più giovane e più forte di tutti, di fresca e recente nomina nel prestigioso gruppo occidentale del CAAI.

Nelle braccia e nelle gambe dei tre erano già scorse pareti come l’Eiger, i Piloni, le Jorasses, il Cervino ed altre centinaia di pareti difficili e difficilissime… E non parlo di vie normali (seppur di tutto riguardo) o di quelle “Nord” che possono anche fare gli alpinisti della domenica…

Marco Bagliani sulla “Fessura difficile” della Nord dell’Eiger. Foto: Serafino Ripamonti.

“Curricula” da spavento per i due veterani e un curriculum semplicemente meraviglioso per Luca, che ho seguito per anni, rincorso, ammirato e proposto con tutte le mie forze al nostro gruppo, orgoglioso nello stesso tempo di presentare un “ragazzo” così forte, così umile e nello stesso tempo così determinato e pieno di sogni…

Se non ci fosse stato il suo compagno prediletto, Fabio Agnese alias Attila, a descriverne le gesta sul famoso sito di Gulliver, o i suoi compagni di turno a pubblicare qualche sua immagine sui social, molti non saprebbero neppure chi fosse stato, anche se, oltre al titolo accademico, vantava anche una lunga militanza nella scuola interregionale con ruoli di direttore e vicedirettore…

Ma Luca era tremendamente schivo, modesto e lontano mille miglia dai social, che per lui (ma non solo per lui…) erano diventati oramai il regno della mediocrità e della scialbezza: di sua iniziativa non sarebbe mai apparso, nemmeno per quelle salite che avrebbero meritato tutt’altro risalto…

Non quelle “Nord” dietro casa o a mezz’ora dal rifugio, ma le grandiose ed austere pareti nord degli Oisans… che lui come pochi altri aveva percorso in lungo ed in largo… lontanissime, difficili, infinite e con pochissime ripetizioni.

Marco Bagliani in bivacco all’uscita della Nord dell’Eiger. Foto: Serafino Ripamonti.

Inutile elencarle, ma è invece importante ribadire quanto era bravo e forte, anche sulla roccia “cattiva, quella dell’Oisans“, o come quella dello Scarason, per citarne solo alcune.

Un mago taciturno dello sci-ripido con alcune prime discese da far rabbrividire i grandi fuoriclasse della specialità.

L’ingresso nel CAAI ha spalancato le porte a nuove conoscenze e nuove amicizie con sempre nuove e costanti realizzazioni di gran livello, senza mai perdere di vista la sua ragazza, il lavoro e gli affetti più cari…

Luciano Peirano

Luca e Marco se ne sono andati in cielo, schizzando all’indietro in quel vuoto assurdo e siderale che regnava costante alle loro spalle, nel silenzio e nell’impotenza che accompagna quei momenti…

Con Luca e Marco, la sosta, i friend e le rocce tutt’intorno, che spezzano la corda e salvano almeno Luciano… una frazione di secondo, poi di nuovo il vuoto, che diventa ora abissale, che resterà incolmabile forse per anni, forse per sempre e che ci lascia tutti irrimediabilmente attoniti, senza forze e senza più voglia di gioire per nulla…

Ciao Luca… ciao Marco…

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Crolli fatali ultima modifica: 2024-07-31T05:04:00+02:00 da GognaBlog

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1 commento su “Crolli fatali”

  1. Un grazie di cuore a Marco Conti per aver ricordato il nostro amato Luca

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