Ercole “Ruchin” Esposito

La mostra “Cento anni con Ruchin, piccolo grande alpinista” è ospitata a Bergamo, presso la sede CAI (Palamonti), da venerdì 20 marzo 2015 a venerdì 17 aprile 2015, con conferenza di presentazione lo stesso venerdì 20/03 alle ore 21.

Cento anni con “Ruchin”, storia di un piccolo grande alpinista
di Luca Rota (già pubblicato su Montagne360, novembre 2014)

Ventotto anni, un metro e quarantasette, quarantaquattro chilogrammi, tutto qui. Muscoli, cuore e volontà temprati a tutti gli ardimenti e consacrati a tutte le vittorie. Camminatore, sciatore, scalatore di tutte le vette; instancabile, coraggioso, tenace fino alla caparbietà; modesto, umile, semplice come nessuno. Non credo che siano molti oggi, in Italia, coloro che nel regno del puro VI grado gli possano stare alla pari.” Così nel 1942 su Lo Scarpone il concittadino letterato Italo Neri scrive di Ercole Esposito, o meglio Ruchin. Un nome poco noto nella storia dell’alpinismo di metà ‘900: vuoi per quell’aspetto fisico da eterno ragazzino, vuoi per essere così alla mano da non darsi mai l’importanza che, viceversa, il curriculum alpinistico messo insieme in una carriera strabiliante tanto quanto troppo breve decreta senza alcun dubbio, con imprese ai limiti estremi delle possibilità del tempo, spesso oltre quel VI grado che rappresentava un limite formalmente invalicabile: ma parlare di VII grado e più, a quei tempi, era ancora un esercizio di mera utopia.

1942 – il Dopolavoro Alfa Romeo premia (da destra) Emilio Galli, Ercole Ruchin Esposito e Alfredo Colombo per la nuova via sulla Punta Fiorelli, in val Masino. Archivio Emilio Galli
1942 – il Dopolavoro Alfa Romeo premia Ercole Ruchin Esposito, con Emilio Galli e Alfredo Colombo, per la nuova via sulla Punta Fiorelli, in val Masino. Archivio Emilio Galli

Ercole nasce nel borgo di Calolziocorte (allora bergamasco, oggi in provincia di Lecco) il 30 marzo 1914 da una delle più note famiglie locali, gli Esposito detti “Roch”, forse per un capostipite di nome Rocco: da qui viene il suo soprannome Ruchin. Calolzio non è certo posto di benestanti, tuttavia ha la fortuna di stendersi ai piedi di bellissimi monti come il Resegone, Valcava e le Grigne, logiche mete di svago festivo low cost. Ercole prende a frequentarli, all’inizio da sciatore e poi affrontando da autodidatta le prime rocce, scrutando le cordate impegnate sulle pareti lecchesi. Trova lavoro come tornitore all’Alfa Romeo, a Milano (sarà un legame professionale ma pure umano, grazie al Dopolavoro Aziendale), nel frattempo in Grigna conosce Cassin e gli altri grandi rocciatori lecchesi, mentre a Bergamo ha l’occasione di ascoltare Emilio Comici, il “mito” dell’alpinismo di quegli anni (che quasi “supera” nel 1940, quale allievo col maestro, se non dovesse interrompere il tentativo di salita alla Torre Salame del Sassolungo dopo aver superato le maggiori difficoltà per soccorrere un amico incrodato: Comici vince poi la parete con Severino Casara solo quindici giorni dopo, e sarà una delle salite più celebrate del grande triestino). Fa il pendolare tra Calolzio e Milano, spesso restando in città per la notte, ma ormai è la montagna il suo unico pensiero, finché nel 1939, dopo alcune ripetizioni di itinerari classici sulla Grignetta, Ruchin apre la sua prima linea sul Torrione Cinquantenario: è la Via Lucia, un V breve ma già significativo. Così ha inizio la sua folgorante e incredibile carriera, ricca di imprese di livello eccelso con cui dissemina di Vie Ruchin (come oggi tutti chiamano le sue salite) alcune tra le più importanti pareti delle Alpi Lombarde e delle Dolomiti: la Esposito-Butta sulla Nord della Presolana, il suo primo VI nel Giugno 1940; lo Spigolo Nord del Sassolungo nello stesso anno, salita che gli regala una prima buona fama tra gli alpinisti; la linea sulla Pala del Rifugio nelle Pale di San Martino, audace ed estrema, ben oltre il grado VI+ allora attribuitole. E poi la Via Alfa Romeo alla Punta Fiorelli, nel Masino, omaggio all’industria che lo fa vivere e che ricambia il “crodaiolo famoso, piccolo, dal volto segalino e dal naso adunco, con l’impronta dell’uccello migratore” con numerosi riconoscimenti; e ancora quella che è forse la più famosa Ruchin, la Via Pietro Fiocchi al Monte Spedone, avancorpo del Resegone che domina proprio la natia Calolziocorte: un capolavoro di abilità e coraggio su una delle pareti più infide e pericolose di Lombardia, tutt’oggi temutissima. A tale prestigioso elenco – qui gioco forza ridotto – vanno aggiunte le prime ripetizioni, di altrettanto valore, come la Via Castiglioni nelle Pale di San Martino, la Andrich-Faé in Civetta o la Via Burgasser al Pizzo Trubinasca, salita in sole 5 ore contro i 2 giorni degli apritori – roba da speed climber contemporanei!

Ercole Ruchin Esposito (a sn) con Emilio Galli, il quale indossa una delle prime “cinture d’arrampicata”, antesignane delle moderne imbragature. Archivio Emilio Galli
Ercole Ruchin Esposito con Emilio Galli, il quale indossa una delle prime “cinture d’arrampicata”, antesignane delle moderne imbragature. Archivio Emilio Galli

Ruchin si distingue anche per uno stile e un’eleganza in parete a dir poco rari. Il fisico minuscolo gli garantisce un mix di forza, agilità e leggerezza sorprendente: sale linee che altri tentano ma non riescono a risolvere, ne trova di nuove su pareti che sembrano impossibili, e sempre sono vie dirette, ardite e modernissime. Altrettanto moderna è la sua etica alpinistica: Ruchin affronta le salite nel modo più pulito possibile, lasciando ben poco materiale e recuperando quello lasciato da altri, nonché quasi mai utilizzando mezzi artificiali, per i quali egli nutre un’antipatia speciale. Prerogative di uno stile che, con il curriculum citato, gli doneranno nel 1944 la nomina a membro del Club Alpino Accademico, primo alpinista bergamasco a potersi fregiare di tale titolo.

1941 – Emilio Galli, Ercole Ruchin Esposito, Felice Mauri. Archivio Emilio Galli
1941 - Emilio Galli, Ercole Ruchin Esposito, Felice Mauri. . Archivio Emilio Galli

Anni ’40, sul ghiacciaio del Cevedale: Ercole Ruchin Esposito (2° da sn) con amici. Archivio Emilio Galli
Anni ’40 - sul ghiacciaio del Cevedale: Ercole Ruchin Esposito con amici. Archivio Emilio Galli

Ercole Ruchin Esposito. Archivio Emilio Galli
Ercole Ruchin Esposito. Archivio Emilio Galli
1942 – il Dopolavoro Alfa Romeo premia Ercole Ruchin Esposito, con Emilio Galli e Alfredo Colombo, per la nuova via sulla Punta Fiorelli, in val Masino. Archivio Emilio Galli
1942 – il Dopolavoro Alfa Romeo premia Ercole Ruchin Esposito, con Emilio Galli e Alfredo Colombo, per la nuova via sulla Punta Fiorelli, in val Masino. Archivio Emilio Galli

Ercole Ruchin Esposito sul Torrione Elisabetta, Resegone. Archivio Emilio Galli
Ercole Ruchin Esposito su l'Elisabetta, Resegone. Archivio Emilio Galli

In questa foto, e nella seguente, Ercole Ruchin Esposito sulla via Faè alla Torre Lancia, in Grignetta, 1942. Archivio Emilio Galli
Ercole Ruchin Esposito sulla via Faè alla Torre Lancia, in Grignetta, 1942. Archivio Emilio Galli
Ercole Ruchin Esposito sulla via Faè alla Torre Lancia, in Grignetta, 1942. Archivio Emilio Galli
1942 – Guida alla mano, Ercole Ruchin Esposito posa davanti alla Punta Fiorelli, in Val Masino. Archivio Emilio Galli
1942 - Guida alla mano, Ercole Ruchin Esposito posa davanti alla Punta Fiorelli, in Val Masino. Archivio Emilio Galli
Anni ’30 – Gentile Butta e Ercole Ruchin Esposito (a ds): malgrado la corporatura minuta, ben evidente nella foto, una grande cordata. Archivio Emilio Galli
Anni ’30 - Gentile Butta e Ercole Ruchin Esposito: malgrado la corporatura minuta, ben evidente nella foto, una grande cordata. Archivio Emilio Galli

Intanto Ruchin trova pure il tempo di caldeggiare prima e poi fondare la Sottosezione di Calolziocorte del CAI di Bergamo, la quale diverrà Sezione autonoma nel luglio 1945: solo poche settimane prima di quel 23 settembre in cui una delle innovative corde in teflon e nylon appena introdotte in alpinismo, che da poco egli sperimenta e che decide di portare con sé in un nuovo tentativo sul Salame del Sassolungo, in circostanze rimaste oscure si trancia di netto, causandone la morte con i compagni Gino Valsecchi e Bruno Ceschina. Quest’anno, nel centenario della nascita, la Sezione CAI di Calolziocorte che a Ruchin è intitolata fin dal 1972, festeggia il 75° anniversario di fondazione, celebrandolo con una suggestiva mostra fotografica: un segno tangibile del retaggio che il piccolo grande rocciatore ha lasciato di sé dal punto di vista alpinistico e – forse soprattutto – da quello umano, che merita ben maggiore attenzione di quella sinora goduta.

N.B.: fondamentale per una maggiore conoscenza di Ercole Esposito è il volume Ruchin. Storia di un piccolo grande alpinista, di Alberto Benini e Ruggero Meles, edito dal CAI di Calolziocorte nel 1995.

Ercole Ruchin Esposito, anni ’40, sul Bernina. Archivio Emilio Galli
Ercole Ruchin Esposito, anni ’40, sul Bernina. Archivio Emilio Galli

1944 – Piani dei Resinelli, attorno a Ruchin, festeggiato per l’ingresso nel CAAI: da destra Neri, Nino Oppio, Alfredo Colombo, Volonté, Emilio Galli, Riccardo Cassin, Felice Mauri, Gigi Vitali, Gino Valsecchi. Archivio Emilio Galli
1944 - Piani dei Resinelli, attorno a Ruchin, festeggiato per l’ingresso nel CAAI: da destra Neri, Nino Oppio, Alfredo Colombo, Volonté, Emilio Galli, Riccardo Cassin, Felice Mauri, Gigi Vitali, Gino Valsecchi. Archivio Emilio Galli

Anni ’40 – Ercole Ruchin Esposito con Gentile Butta e Felice Mauri. Archivio Emilio Galli
Anni '40 - Ercole Ruchin Esposito con Gentile Butta e Felice Mauri. Archivio Emilio Galli

1942 – Ercole Ruchin Esposito con Alfredo Colombo e Gino Valsecchi in Grigna (forse nel giorno dell’ascensione della via Faé alla Torre Lancia) . Archivio Emilio Galli
1942 - Ercole Ruchin Esposito con Alfredo Colombo e Gino Valsecchi in Grigna (forse nel giorno dell'ascensione della via Faé alla Torre Lancia) . Archivio Emilio Galli

Ercole Ruchin Esposito tra due amici. Archivio Emilio Galli
Ercole Ruchin Esposito tra due amici. Archivio Emilio Galli

Anni ’40 – Ruchin a spasso per Lecco con la fidanzata Eva, Emilio Galli e la futura moglie Adalgisa
Anni '40 - Ruchin a spasso per Lecco con la fidanzata Eva, Emilio Galli e la futura moglie Adalgisa

NdR: La parete del Monte Spedone, la Fracia oggetto dello scritto di Eugenio Pesci, è recentemente balzata alla cronaca su Facebook per via di un nuovo itinerario aperto nel febbraio 2015 da Andrea Savonitto e Niccolò Bartoli, che si affianca a quelli sottocitati Ruchin, Corti di sinistra (con Cattaneo, 1933) e Corti di destra (con Longoni, 18 agosto 1936), ma anche alla via IV Novembre (Papini-Nava).

La via Ruchin al Monte Spedone
di Eugenio Pesci (da Lario Rock Pareti, ed. VersanteSud, 2011)

Poco sopra Calolziocorte il Monte Spedone presenta una parete bianca e marrone alta circa 200 m ed apparentemente compatta. Se così fosse sarebbe un bellissimo terreno per impegnative scalate su muri verticali e strapiombanti. Ma così non è. La parete è sorretta da un brutto zoccolo boscoso e alla sua base non ci sono residui detritici. Il motivo è semplice: la qualità della pietra è tale da far sì che i sassi che cadono si sbriciolino immediatamente, senza lasciare traccia.

Chi se non il mitico Ercole Esposito, Ruchin, calolziese, peso piuma, indiscusso re lombardo dell’arrampicata artificiale estrema d’anteguerra, poteva per primo pensare di salire questa parete fuori dalla norma? Esposito la superò il 23 agosto del 1942 in sette ore, scalando alternato con Colombo, altro arrampicatore lecchese di punta. In 180 m usò diversi chiodi, ben pochi dei quali affidabili, dichiarando difficoltà di VI superiore e artificiale, ma bisogna tener conto che pesava 40 kg. La via, a lungo dimenticata, come altre di Esposito, che morì sul Salame del Sassolungo nel ’45 in circostanze terrificanti, fu ripetuta in seguito alcune volte, probabilmente sette fino ad oggi: di sicuro da Mario Burini dopo un primo tentativo. Burini fece anche una variante diretta che evita il primo traverso del terzo tiro. Indi da Gianni Rusconi e dal calolziese Papini. Poi da Sergio Panzeri e compagno, infine da Lorenzo Mazzoleni e compagno negli anni ‘80. Burini aprì anche un’altra via, nella cui apertura fu aiutato in varie tornate da forti scalatori esperti della zona, fra cui anche Angelo Zoia e Vasco Taldo. Sull’ultimo tiro del nuovo itinerario, molto difficile, il secondo di cordata non ne voleva più sapere di salire e al buio voleva essere calato. Dovettero intervenire i pompieri illuminando la parete e la cordata riuscì in maniera rocambolesca a raggiungere i boschi sommitali. Allo stesso modo su questa parete dimenticata ma storicamente importante, furono aperte altri due vie da Corti sempre in anni lontani: la “Corti di sinistra” venne tentata una volta dalla guida di Calolzio Carlo Ferrari negli anni ’90: giunto alla prima sosta, costui precipitò alla base, salvandosi, per la frana integrale del sito di sosta. La “Corti di destra” venne ripetuta qualche volta. Tornando alla via di Ruchin, dobbiamo ricordare la quinta o sesta ripetizione che venne portata a termine l’8 settembre del 1991 da Giuseppe Rocchi e Giuseppe Ravasio di Calolzio, che aveva già fatto due tentativi. Sul traverso chiave del quinto tiro, molto pericoloso per il secondo, poiché poco chiodato e in discesa, tutta la sottile cornice franò sotto i piedi di Rocchi che volò via in un mostruoso pendolo finendo in una nicchia della variante Burini e ferendosi in maniera pesante. Non si sa bene come, ma la cordata, stoicamente, proseguì fino in vetta, anche perché la calata dopo il quinto tiro risulta di estrema difficoltà. L’ultimo tiro è ancora molto difficile: un muro bianco verticale con chiodi e cunei precari, forse di Sergio Panzeri. La giornata proseguì all’ospedale e con un lungo stop per lo sfortunato ripetitore. Ripensando a questa salita, Rocchi, che è da molto tempo il massimo esperto del Resegone, afferma ancora che “arrampicare su questa parete ha evocato in me sentimenti prossimi alla disperazione”, e ricorda come la roccia spesso si sbricioli quasi fosse di cartone, al punto che per la salita si era procurato tre chiodi da 30 cm. da usare in alcuni punti critici. Il tiro del traverso aveva già visto almeno un altro incidente grave nei tentativi precedenti fatti da altri.

Ercole Esposito fu un personaggio molto particolare. Fisicamente piccolo e leggerissimo, operaio all’Alfa Romeo, rischiava in maniera tremenda, alternando libera su roccia friabilissima ad artificiali molto precari. Amico e compagno di Emilio Galli, ottimo scalatore negli anni ’30, Esposito appare nelle biografie (molto interessante quella a cura di Albero Benini e Ruggero Meles) come un personaggio in fondo timido e schivo, lontano dalle cronache alpinistiche, e innamorato delle montagne lecchesi, ove salì itinerari poco o mai ripetuti, ma sempre molto temuti. Per caso, durante un trasloco del CAI Calolziocorte, Giuseppe Rocchi ritrovò negli anni ’80 una cassa di immagini e testimonianze di e su Ruchin, e da lì iniziò la riscoperta di questa figura tutt’altro che secondaria nel panorama dell’arrampicata lombarda antecedente alla fine della guerra.

Esistono tuttora, nelle Grigne, delle vie del Ruchin mai ripetute, e di sicuro si sa qual è lo stile, l’ambiente, i problemi, indipendentemente dalle informazioni: giallo, strapiombante, friabilissimo, precario, rischioso.

Alfredo Colombo e a destra Ercole Esposito Ruchin protagonisti della terribile salita alla Fracia o Monte Spedone (foto E. Galli)Ruchin-0001

Il Monte Spedone con il tracciato della via Ruchin
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Ercole “Ruchin” Esposito ultima modifica: 2015-03-30T07:00:28+02:00 da GognaBlog

2 pensieri su “Ercole “Ruchin” Esposito”

  1. Erano dei grandi.  Mi ha fatto piacere trovare il nome e delle foto di mio suocero :  Alfredo Colombo.

    Grazie

     

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