Il 29 luglio 1952, dopo una difficile salita dell’Eiger, Gaston Rébuffat diventa il primo uomo ad aver scalato le sei grandi pareti nord delle Alpi: Grandes Jorasses, Piz Badile, Dru, Cervino, Cima Grande di Lavaredo e, infine, Eiger… E la grande guida marsigliese nel pullover jacquard è diventata una leggenda.
Gaston Rébuffat e le sei grandi pareti nord delle Alpi
di Tommaso Venin
(pubblicato su montagne-magazine.com il 29 luglio 2022)
“Ma è tardi. Devi pensare di lasciare la vetta. Abbiamo solo due ore per raggiungere la stazione Eigergletscher prima che faccia buio. Correndo, scendiamo per la via normale; come questa mattina, come ieri, come l’altro ieri, la vita ribolle dentro di noi. La vita, questo lusso dell’esistenza!”.
È con queste poche righe piene di emozione, ricordi della vetta dell’Eiger, che Gaston Rébuffat conclude Stelle e tempeste (Arthaud, 1954; poi Hoëbeke, 1999), il suo capolavoro, che racconta i suoi sei poemi epici nelle più famose pareti nord delle Alpi.
Rébuffat ha avuto un rimpianto, quello di essere nato con dieci anni di ritardo per partecipare alla gara per primo su queste grandi pareti che rappresentano la quintessenza dell’alpinismo di alta difficoltà.
Ma con un po’ di fantasia, le nuove generazioni di alpinisti finiscono sempre per trovare il modo di ampliare le vie aperte dai loro gloriosi antenati. Nell’estate del 1945 il marsigliese aveva appena 24 anni quando arrivò ai piedi delle Grandes Jorasses, con un’idea divertente in mente: diventare il primo a scalare le più grandi pareti nord delle Alpi.
La parete nord dei Dru di corsa
La prima parete non è certo la più facile. Scalata dagli italiani Cassin, Esposito e Tizzoni nel 1938, “la Walker è ancora oggi la salita più seria delle Alpi“, scrive Rébuffat. Ci vorranno due tentativi (il primo nel 1943), tre giorni e due bivacchi per superarlo con Édouard Frendo, e riuscire a superare la seconda salita del famoso sperone della parete nord delle Grandes Jorasses.
L’anno successivo offre i suoi servigi al belga René Mallieux, alpinista dilettante con un palmares di tutto rispetto, che sognava di scalare la parete nord dei Dru. La finestra del tempo utile si profila in concomitanza con il Festival delle Guide di Chamonix a cui Rébuffat deve obbligatoriamente partecipare. La mattina del 14 agosto, i due uomini salgono sul treno del Montenvers e poi attaccano la parete di corsa nel primo pomeriggio. In cima, al calar della notte, bivaccano su una piccola cengia all’inizio della discesa, quindi “si precipitano” verso Chamonix alle prime luci dell’alba. Rébuffat salterà parte della cerimonia (cosa che gli comporterà una multa), ma non la dimostrazione di arrampicata a Gaillands nel pomeriggio.
“Il fulmine cade, sbatte e ci avvolge nella sua luce e nel suo suono”
Nel 1948 il marsigliese parte per le Dolomiti, sempre sulle orme del grande Riccardo Cassin che, un anno prima della Walker, aveva anche realizzato la prima della parete nord-est del Piz Badile in condizioni drammatiche. Questa volta è Bernard Pierre, uno dei clienti abituali di Gaston, ad essere all’altro capo della corda. Il temporale che li sorprende alla fine della seconda giornata infligge loro un bivacco spaventoso: “Ho paura perché sono infelice. Il fulmine cade, sbatte e ci racchiude nella sua luce e nel suo suono”, scrive Gaston. Ma l’esperienza di Rébuffat gli permette di evitare un nuovo dramma e il giorno successivo completa, in cime al Badile, la sua terza grande parete nord.
Nord del Cervino
Nel 1949 Rébuffat colpisce due volte. Prima al Cervino, dove scala in giornata la parete nord in compagnia di Raymond Simond, albergatore di Chamonix ed esperto alpinista. 18 anni dopo il primo successo “insolente” dei fratelli Schmid, Rébuffat e il suo compagno dimezzano i tempi e raggiungono la vetta già alla fine del primo giorno di arrampicata. Una salita tranquilla che non impedisce al marsigliese di sentirsi piccolissimo sulla vetta del Cervino: “Fragili, in cima alla piramide che punta verso il cielo, assistiamo al tramonto della terra. Poi, con lei, cadiamo nella notte».
«Invece, fai un patto con il terribile vuoto che sarà il tuo compagno più vicino» Proprio alla fine di quella stessa estate del 1949, Gaston torna nelle Dolomiti per salire la Cima Grande Di Lavaredo, con Gino Soldà, grande guida italiana. “Nelle Dolomiti è quasi sempre inutile avere una piccozza in mano; invece, fai un patto con il vuoto spaventoso che sarà il tuo compagno più vicino“, scrive Rébuffat, che questa volta sale da secondo, dietro a Soldà. Ma il vuoto non li spaventa più di tanto e i due uomini, che vanno d’accordo meravigliosamente, raggiungono la vetta all’inizio del pomeriggio. Alcuni mesi dopo, Rébuffat raccoglie di nuovo le piccozze e vola verso il Nepal e l’Annapurna.
L’Eiger, una storia di sopravvivenza
Al ritorno dall’Annapurna, Gaston deve ancora completare il cerchio con la parete nord dell’Eiger, di cui Lachenal e Terray avevano già realizzato la seconda salita nel 1947. Nell’estate del 1952, dopo un primo tentativo ad inizio luglio, Gaston torna in Svizzera a capo di una cordata di cinque, formata a seguito di un accordo di collaborazione. Il 27 luglio si lega alla base della parete con Paul Habran, Guido Magnone, Pierre Leroux e Jean Brunaud.
La prima parte della salita viene “digerita” ad alta velocità, ma dopo la Traversata Hinterstoisser, i cinque uomini hanno la spiacevole sorpresa di incappare in due alpinisti tedeschi molto più lenti di loro. E poco più in alto, altri due alpinisti austriaci: Sepp Jochler ed Hermann Buhl che, l’anno successivo, era riuscito nella prima del Nanga Parbat.
Ma all’Eiger, Rébuffat ha trovato Buhl molto lento e ostile. Con la barriera linguistica, la comunicazione è difficile. E il secondo giorno il maltempo e il freddo complicano la vicenda che si trasforma, come spesso accade sull’Eiger, in una storia di sopravvivenza. Ma quegli alpinisti sono forti ed esperti per resistere alle difficoltà dell’alta quota e intorno alle 18 del 29 luglio 1952, in cima all’Eiger, Gaston Rébuffat può tornare ad essere il poeta che è sempre stato: “Un momento ancora noi contempliamo questo mondo a parte che è l’alta montagna. Tutta la fatica è cancellata. Sotto, come un gatto accarezzato, il mare di nuvole inarca la schiena sotto la mano del vento».
Il commento
di Carlo Crovella
Gaston, Gaston… quante lacrimucce ci hai provocato. Il poeta per eccellenza, la montagna incarnata nell’emozione, Rébuffat ha saputo coinvolgere tutte le tipologie di alpinisti, dai burberi performisti fino agli amabili ammiratori di panorami. Tre sono le foto che suggellano Rébuffat nella storia: quella in arrampicata artificiale con il pullover jacquard; quella in libera con la corda che pende diritta dietro di lui (senza rinvii!); quella in vetta ad un gendarme appuntito con, dietro, la Mer des Glace. Tre icone di un alpinismo romantico: potremmo lanciare un sondaggio sulla più amata fra gli appassionati di montagna. Ovvio, di una “certa” montagna, che, forse, non esiste più.
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@7: guardi anche ‘Les horizons gagnés’:
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MS
Ho guardato il dvd della Vivalda “Stelle e tempeste” Etoiles et Tempestes….umorismo e immagini splendide!!!
… nel suo film ‘Gli orizzonti conquistati’ (e nel libro che dal film è stato tratto) Lino Donvito era secondo di Rèbuffat sullo spigolo Piaz alla Torre Delago ….
Saluti.
MS
Ho avuto la fortuna di conoscere Rebuffat tramite il comune amico Lino Donvito e di stringere con lui amicizia. Ho collaborato con lui alla sua collana delle Cento più Belle Salite.
Nelle mia lunga carriera di scalatore ho conosciuto infiniti personaggi celebri e meno celebri ed in due soli ho riscontrato una visione così positiva delle montagna come in Gaston: Patrick Gabarrou e Gian Carlo Grassi.
Spesso molte guide compiono dei veri exploit alpinistici solo per fare quadrare i conti, e quindi gli impegni, senza neppure dargli il meritato peso mediatico che potrebbero avere. Vedi Rebuffat che deve arrivare in tempo alla festa delle guide in paese, ma anche tanti altri che poi magari neppure le raccontano.
Quando salire montagne è il tuo mezzo di sostentamento ogni ascensione assume un significato assai diverso da quello che ha per il dilettante, seppure molto appassionato e preparato. Fermo restando che anche per una guida che compie per lavoro salite di un certo impegno la passione, anche di allenarsi, non può venire mai meno. Altrimenti si fa altro. Oggi si può.
Impossibile scelta…le prendo in blocco ma nell’ ordine inverso dell’ articolo.
Nel 1975 Rebuffat dopo il festival di Trento dove aveva presentato il suo film Gli orizzonti conquistati era a Bergamo ed il commento IN ITALIANO lo aveva letto lui stesso … serata memorabile …. quanto lo ricordo con piacere anche ora …
Gaston Rébuffat, un grande uomo, un grande alpnista, una grande guida.
Un uomo solare!