Ghana: le vittime del nostro benessere

Ghana: le vittime del nostro benessere
di Simone Rigamonti
(pubblicato su insideover.com il 28 gennaio 2019)

Ricordo che quando insegnavo, una volta abbiamo ricevuto due grandi container pieni di strumenti elettronici. Doveva essere una donazione pagata da una compagnia in Europa. Quando li abbiamo aperti, ci siamo resi conto che tutto ciò che c’era dentro era spazzatura“.

È quello che ci racconta Sampson Atiemo, ricercatore presso la Ghana Atomic Energy Commission. Secondo il suo racconto, infatti, da diversi anni i Paesi occidentali imbarcherebbero verso il porto di Tema container pieni di rifuti, facendoli passare per merce di seconda mano. Ma in verità si tratterebbe di un sitema collaudato per smaltire illegalmente materiale inquinante a basso costo.

Il problema dei rifiuti è iniziato perché molti Paesi in Europa e in America hanno deciso di trasportare i rifiuti in Africa in quanto era troppo costoso per loro smaltirli nei loro Paesi. Ci dice a tal proposito Fiifi Koomson, un giornalista residente ad Accra: “In sostanza il mondo occidentale non ama la spazzatura e credo che chi produce questi rifiuti dovrebbe pensare anche a come liberarsene”.

Nel 2009 – ci spiega poi Sampson – un report nazionale rivelava che nel Paese arrivavano 250mila tonnellate di materiale elettronico ed i-tech. Di queste, circa 170mila tonnellate erano oggetti di seconda mano, il resto era da buttare e molta di questa roba arrivava, e continua ad arrivare, sotto forma di donazioni da aziende private e Ong”.

Ma anche le 170mila tonnellate di frigoriferi, cellulari, computer ancora funzionanti che vengono messe sul mercato hanno vita breve e finiscono presto per diventare rifiuti.

Cosa succede quindi a tutte queste tonnellate di rottami? “Sodoma e Gomorra”, è così che i cittadini di Accra chiamano Agbogbloshie, la discarica di spazzatura più grande d’Africa. Qui gli abitanti disperati di questa “città nella città” portano i rifiuti che raccolgono al porto e nelle varie abitazioni per poi smaltirli, bruciandoli a cielo aperto, così da poter recuperare le parti metalliche e poterle vendere a peso sotto forma di materiale di recupero.

All’interno di Agbogbloshie vivono circa 80mila persone – uomini, donne e bambini – che non hanno alternativa se non vivere qui, intrapolati in un luogo che offre loro la possibilità di sopravvivere pagando però un caro prezzo. Agbogbloshie è infatti considerato uno dei dieci luoghi più inquinati della terra, dove l’aria è irrespirabile e la terra e il mare raggiungono livelli di concentrazione di metalli pesanti di decine di volte il limite consentito.

Qui la gente vive costantemente con disturbi respiratori dovuti alle esalazioni. Ma non solo. Le condizioni igieniche sono precarie e le persone sono costrette a vivere in abitazioni costruite con rottami e telai dei frigoriferi. Una vera e propria città costruita con gli scheletri degli elettrodomestrici. I bambini nascono in quest’ambiente, privo di qualsiasi prospettiva. Chi si ferisce, e in questo posto è facile che accada, può solo sperare che non sia nulla di grave. Non esiste nessun ospedale e nessuna clinica se non a molti chilometri di distanza. E se si ha la fortuna di raggiungerli bisogna pagare parecchio per farsi curare. Il che, per gli abitanti di Agbogbloshie, è praticamente impossibile. Nonostante i rischi per la salute dei cittadini, sembra esserci la totale mancanza di volontà della politica di far fronte alla crisi.

Ma c’è anche chi ce l’ha fatta, come Alhassan Ibn Abdallah. Anche lui era uno dei tanti ragazzi che lavoravano ad Agbogbloshie, ma dopo anni di sacrifici, è riuscito a risparmiare i soldi per andare all’università, e ora cerca di aiutare i bambini che vivono nella discarica, pagando loro gli studi grazie alle donazioni di una Ong. Ora, inoltre, si sta impegnando politicamente per migliorare le condizioni degli abitanti di Agbogbloshie.

I rischi non riguardano solamente la capitale del Ghana ma anche tutto il mondo. Come ci spiega Sampson, infatti, le particelle inquinanti che finiscono nell’aria e nel mare possono viaggiare qualsiasi distanza fino ad arrivare qui, magari nel pesce che abbiamo nel piatto.

È ovvio che questa situazione non avrà mai fine se l’Occidente non inizierà a mettere freno al consumismo sfrenato, che, come abbiamo visto, non rappresenta un problema solamente per il Continente nero. Ma anche per noi. Come ci ricorda Fiifi Koomson: “L’Occidente dovrebbe preoccuparsi dell’inquinamento in Africa perché siamo tutti cittadini del mondo”.

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Ghana: le vittime del nostro benessere ultima modifica: 2021-05-18T04:38:00+02:00 da Grazia

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7 pensieri su “Ghana: le vittime del nostro benessere”

  1. Il capitalismo è sostanzialmente irrispettoso, in caso contrario non sarebbe capitalismo.
    Non posso certo definirmi un esperto di tale fenomeno ma da quel poco che ho letto non c’è unanimità di pensiero. Alcuni fanno risalire l’origine del capitalismo all’epoca della mezzaluna fertile. Tutto ruota intorno al concetto di capitale e in fin dei conti non credo sia sbagliato risalire al primo uomo che abbia deciso di considerare un appezzamento di terra di sua esclusiva proprietà. Di sicuro una banda di nomadi non può che avere una vaga idea del “mio” e del “tuo”, limitata a pochi oggetti di propria fabbricazione.
    Se si accetta la suddetta visione si accetta anche il fatto che il capitalismo nasca come forma di sopraffazione affinatasi sempre più nel corso dei secoli. La domanda che ci si deve porre è pertanto la seguente: il capitalismo era evitabile?
    Quando Paul Brunton, discepolo di Ramana Maharshi, evidenziò al Maestro la sua preoccupazione per i problemi del mondo il santo indù gli rispose che Colui il quale ha dato origine a tutto questo sarebbe anche stato capace di gestirlo. Parole incomprensibili per chi abbia una visione dell’essere umano come causa del bene e del male proprio e altrui. Ma si sa, i santi indù, anche se non solo loro, hanno sempre insegnato come liberarsi dal mondo e non come liberare il mondo.
    Io ho un atteggiamento pratico e quindi dico che provarci è bene, farsi delle illusioni è da ingenui, colpevolizzarsi a prescindere è da masochisti. Poi è giusto che ciascuno segua le proprie attitudini.

  2. “Un capitalismo rispettoso della legalità non farebbe di queste porcherie”.
    Non vedere la dmensione spirituale permette di affermare tanto.
    Quando l’avidità è legittimata dal business is business, le conseguenze del dominio dell’avere sono quelle che vediamo tutiti i giorni.
     

  3.  
    FUSTIGHIAMOCI, CHE NOI SIAMO COLPEVOLI DI TUTTI I MALI DEL MONDO!
     
    Sono decenni che devo subire questo mantra cattocomunista per cui tutti siamo colpevoli, che poi è un modo alternativo per affermare che in realtà nessuno ha colpa di niente.
    I ghanesi contro gli italiani che li fanno vittime per il loro benessere; è falso!
    probabilmente la verità è che qualche italiano, con complicità di alcuni ghanesi e altri delinquenti internazionali, esporta monnezza tossica in Ghana.
     
    Quel che si dovrebbe fare sarebbe individuare i colpevoli, che non saranno pochi perchè la corruzione ne coinvolge tanti, e smetterla con questa truffa di accusare “noi”, cioè tutti gli italiani o tutti gli europei, benestanti e no.
     
    Anche le accuse al capitalismo, o al profitto, sono diversivi per buttare tutto in caciara e, visto che nessuno di noi si è inventato il capitalismo e il profitto, assolvere tutti, compresi quei pochi che invece di colpe ne hanno davvero e tante.
     
    Un capitalismo rispettoso della legalità non farebbe di queste porcherie.
    E invece le porcherie accadono perchè il potere economico e burocratico elude o viola le leggi, perchè il controllo è carente e perchè chi delinque alla fine paga poco o niente.
     
    So che se ci fossero più controlli e più punizioni probabilmente il problema si ripresenterebbe in forme più raffinate, ma di questo passo si potrebbe dire che non ha senso individuare e perseguire i ladri perchè i furti sono colpa di tutti noi.
     
    geri
     
     
     

  4. https://www.africa-express.info/2018/03/21/nigeria-i-dati-amnesty-contro-eni-e-shell-su-inquinamento-del-delta-del-niger/
     Addirittura  si sottraggono risorse per una economia precedente  di  pura sussistenza: la pesca.In cambio neppure energia alettrica fornita da centrali termiche che potrebbero usare i  gas, bruciati a fiamma aperta inutilizzata.”
    Il gas flaring ( combustione di gas) è una pratica che consiste nel bruciare senza recupero energetico il  gas in eccesso estratto insieme al petrolio, infatti risulterebbe troppo costoso costruire infrastrutture adeguate per trasportarlo nei luoghi di consumo. Il gas liberamente bruciato genera una fiamma  libera inquinante
    Tale pratica è frequentemente utilizzata negli impianti industriali petroliferi, di gas naturale, nonché nei siti di produzione di   petrolio o di gas naturale che  impianti di perforazione offshore .Invece se non si volesse estrarre al minimo dei costi:una volta recuperato il gas può essere reimmesso nel giacimento, liquefatto, usato per la generazione di energia in impianto o rivenduto. Comunque un  telefonino agli sfruttati lo si fornisce, paradosso, per guidarli nella fuga da condizioni invivibili…per continuare ad essere sfruttati altrove.

  5.   Come scarto ci finiscono pure armi leggere e medio pesanti, obsolete ma in grado si far stragi ed imporre gruppetti dominanti  sugli sfruttati. Quanto alle no alternatives, causa malfunzionamenti programmati di smartphone e rallentamenti di aggiornamenti asfissianti dovuti ad un  social, in casa abbiamo capito che si puo’ anche fare solo col telefono fisso via cavo…e comunicare in modo essenziale.Comunque niente  smartphone per la prima comunione , o come regalo  per altri riti tipo circoncisioni, infibulazioni  e altre “ricorrenze”.

  6. Ambiente sanità corruzione infrastrutture riforme carceri giustizia viabilità scuola disoccupazione sovranità valori bene comune psicopatologie democrazia burocrazia. Sono alcuni aspetti che, insieme a tutti gli altri, sono in regolare degrado da lungo tempo.
    Un degrado che, giocoforza, è da far risalire alla modalità di politica che imperversa ancora sopra le teste di tutti.
    Una politica che ha il suo nucleo nella concezione del mondo materialista. Da lì al predatorio e alla sopraffazione non c’è neppure un passo.
    Questa politica ci dice di essere al lavoro per risolvere i problemi che ci affliggono, anzi no, per migliorare la vita di tutti.
    E tutti ancora ci credono.
    Lo può fare senza un cambio di paradigma che non sia travestito dai luccichini dell’economia circolare, dell’impatto zero, della sostenibilità?
    Se sì, bene riamaniamo dove siamo, continuiamo a lottare per il buon senso, manteniamo lo status quo.
    Se no, il primo paradigma da cambiare è dentro di noi.
    Diversamente torniamo a Gaber, al suo concetto, alla sua idea, alla sua rivoluzione mangiando un’idea.
     
     

  7. “ È ovvio che questa situazione non avrà mai fine se l’Occidente non inizierà a mettere freno al consumismo sfrenato, che, come abbiamo visto, non rappresenta un problema solamente per il Continente nero.”. No; questa situazione non avrà nè si ha interesse che abbia fine, perché non si fa che ripetere fino alla nausea che “there are no alternatives” al sistema economico sul quale oramai tutte le economie si basano. E le cosiddette politiche green sono solo il giocattolo con le quali si fa finta di fare qualcosa e di prendere a cuore il problema. Va bene così, a tutti quanti, e serve a poco dirsi preoccupati ad ogni estate, quando sui nostri sentieri, si possono vedere i ghiacciai delle Alpi lentamente sparire.

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