I “panchinoni” seriali sono dei non-luoghi
(è ora di dire basta)
di Annibale Salsa
(pubblicato su Alto Adige, 27 giugno 2022
Come sperimentiamo ogni giorno, la nostra è una società dominata dagli eccessi, espressioni di una cultura egemone capillarmente diffusa. Tra questi eccessi si va diffondendo in maniera pervasiva, per effetto di rapida emulazione, il fenomeno dei «panchinoni». Si tratta di panchine giganti e policrome, del tutto fuori scala, installate in luoghi di grande panoramicità e di pregio paesaggistico.
Ma, a causa di tale invadenza seriale, i luoghi di eccellenza dove i panchinoni (Big Bench in versione anglofona dominante) sona collocati, corrono il rischio di diventare anonimi non-luoghi che ti fanno sentire dappertutto e da nessuna parie. La qualità paesaggistica dei siti ne risente in maniera pregiudizievole. Gli spazi destinati a queste installazioni si stanno deteriorando nel trasformarsi sovente in pattumiere e perdere cosi quelle peculiarità che li rendevano attraenti. Siamo al trionfo del «kitsch».
La nascita del turismo nelle AIpi a fine Ottocento, in Svizzera e nelle Dolomiti, aveva indotto gli operatori turistici di quelle località a collocare graziose panchine, leggere e discrete, in posizioni atte a favorire la contemplazione di paesaggi dotati di elevata qualità estetica. In quegli anni caratterizzati dalla nascita del turismo alpino (e non solo), la dominante culturale non era la fretta compulsiva dei mordi e fuggi da fissare attraverso un selfie con cui segnalare una presenza effimera e diffonderla in tempo reale agli amici del proprio gruppo facebook. La cultura dei turisti di allora era ben diversa rispetto a quella di molti turisti (?) di oggi. Era la cultura del «vedere» consapevole, ricca di intenzionalità empatica, corroborata dalla pratica della contemplazione.
Oggi – viceversa – all’atto del vedere, che è un atto della mente prima ancora di quello dell’appara to organico, si è sostituito lo «sguardo» di sorvolo, come scriveva il filosofo Maurice Merleau-Ponty che di percezione paesaggistica se ne intendeva. Vedere e guardare non hanno un significato equivalente in quanto il primo è orientato alla profondità mentre il secondo alla superficialità.
A questo punto è lecito domandarsi quale sia l’origine del fenomeno. Tutto è riconducibile all’idea del designer americano Chris Bangle (una delle tante americanate di cattivo gusto da cui viviamo circondati) il quale, ritenendo di inventa re qualcosa di stravagante, ha lanciato l’idea che, grazie all’emulazione incoraggiata dai media, ha già interessato ben 143 installazioni in Italia, di cui tre in Trentino, nei territori di Romallo (terza sponda anaune). Ledro e Buffaure (Val di Fassa) a 2000 m di altitudine.
Fin qui ho espresso riserve di ordine estetico relative al carattere effimero di queste strutture. Tuttavia, un altro problema da non sottovalutare riguarda i profili relativi alla sicurezza. Trattandosi di manufatti a una certa altezza da terra vi è da preoccuparsi del pericolo che possono correre i bambini nell’innato bisogno di arrampicarsi su tali strutture all’apparenza così seducenti per i più piccoli. In molti siti questi panchinoni sono collocati su piattaforme di calcestruzzo destinate a un lento quanto inevitabile degrado non appena la moda si sarà esaurita perdendo l’attrattiva dell’originalità. Negli ultimi due anni, durante i mesi estivi segnati dalla pandemia, la comprensibile quanto legittima voglia di evadere dalla clausura sanitaria ha innescato vere e proprie invasioni di massa su territori ambientalmente e paesaggisticamente fragili. Frotte di sedicenti turisti, molti dei quali senza una precisa conoscenza dei luoghi che andavano a visitare, si sono riversati in montagna o sui laghi alpini creando situazioni che con il turismo esperienziale e consapevole avevano ben poco da spartire.
Il fenomeno è destinato ad amplificarsi e già si parla di overtourism (sovraffollamento turistico) che, in base alla definizione data dall’Organizzazione mondiale del turismo, si caratterizza per «l’impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dai cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori». Nel territorio delle Dolomiti, in particolare, è rimbalzato il caso del Lago di Braies, in Val Pusteria, in seguito della pubblicità diffusa da un noto serial televisivo o recentemente quello del Lago di Carezza. Altre realtà riguardano l’area delle Tre Cime di Lavaredo e i passi dolomitici. Con le nuove modalità di approccio ai territori di interesse turistico la dimensione reale dei luoghi è costretta ad arretrare per fare posto alla dimensione virtuale nella quale siamo immersi in questo nostro alienante mondo dominato dall’assenza del limite.
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Carlo. La mia precisazione non aveva uno scopo di correttezza filologica. Il caso panchinone è interessante perché caratteristico. Un’idea artistica, magari discutibile, ma comunque un’idea, viene snaturata dal marketing turistico e dall’indifferenza per la bellezza di molti amministratori locali (di vari colori) e trasformata in un baraccone. Un’ “installazione” come si dice oggi che doveva dare il senso di quanto piccoli siamo noi uomini si trasforma nel suo contrario: una scenario per i selfie ed un’insulsa occasione per il narcisismo dilagante. Più sei irrilevante e più cerchi inutilmente con le migliaia di foto autocelebrative postate di lasciare una qualche traccia di te. E vale anche per le migliaia di foto autocelebrative che si trovano sui social di gita in montagna. Per una foto di ambiente ci sono almeno cinque autoritratti singoli o di gruppo che non interessano a nessuno, se non a chi le ha scattate. Mi meraviglio che qualche amministratore non si sia ancora impadronito dell’idea di Christo’ della famosa passerella gonfiabile sul lago d’Iseo. Forse perché stava per affondare? Sul significato delle installazioni nell’arte moderna c’è un articolo interessante oggi sull’inserto letterario del Corriere.
Sign Mauro, se proprio vogliamo trattare un tema che esuli dal post, facciamolo, ma analizziamo le cause storiche dell’abbandono che Lei lamenta : prima che ospedali, presidi sanitari, poste, servizi sociali abbandonassero la montagna, sono stati i suoi abitanti a farlo! Emigrando all’estero, lavorando e pagando tasse in paesi a noi “concorrenti”. Poi, una volta arricchiti i pochi che ci sono riusciti son rimasti li, gli altri sulla soglia delle pensioni rientrano in cerca di “radici” che non sono state mantenute anche per scarsità economiche da parte di amministrazioni che assieme agli abitanti han perso contributi fiscali. Quindi chi è artefice del proprio male, pianga se stesso. E non credo che il rimedio a che tornino abitanti e ospedali possa essere il panchinone che come reddito è il bar che vende il panino o lo spritz
Alzo le mani. Il servizio cui mi riferivo era il programma “lungo il fiume tra gli alberi” andato in onda su rai5 tempo fa
Guarda che ti sbagli. L’inventore è un designer anericano teasferitosi a Clavesana in provincia di Cuneo con la moglie svizzera e diventato cittadino italiano. All’origine c’era tutto un discorso sulle emozioni che avrebbe dovuto provocare il sedersi sulla panchina in linea con una certa filosofia delle “installazioni” di un filone dell’arte moderna. Poi è diventata una cosa da Luna Park.
Ho seguito un report televisivo sull’ideatore dei panchinoni. Un texano stabilitosi a coltivare viti sulle colline veronesi, dopo averle spianate si è inventato queste panchinone, sul modello del suo paese che, privo di monumenti, adotta cose tipo il gomitolo più grande del mondo, il tavolo più grande ed altre amenità per tirare qualche turista sui paesini sperduti del grande west americano.
Direi motivazioni lontanissime dal suolo patrio, dove monumenti, storia, panorami non mancano di certo
Non sono d’accordo. Il luogo è ben preciso e comunque sei tu che crei il luogo dell’anima legato alle emozioni che il luogo ti suscita. Va molto di moda criticare!!
Madonna quanta sabbia nella figa in questo blog. Sembrate novantenni che sbraitano ai ragazzini perché giocano al pallone.
Le panchinone hanno attirato il consenso di quel turismo della gita fuori porta, dove si vaga un pò senza una meta precisa per far arrivare pranzo. Ora questa massa di turisti ha finalmente un obiettivo preciso, visitare più panchinone possibili e farsi mettere un timbro, né più né meno (tempistiche permettendo) di ciò che rappresenta per un ferratista un ponte tibetano o un cavo sul quale tirarsi su a braccia. Andate a leggere le recensioni su Google o i post sui gruppi fb, quello originale conta 21000 iscritti, si tratta di un plebiscito a favore di questo ciarpame. Mi chiedo come mai alle prime avvisaglie non sia stato fatto o detto nulla, ormai con 260 panchine in opera che senso ha lamentarsi ora?
@Mauro, 18: Il fatto che il popolo italico necessiti di panchinone per scoprire certi luoghi nei quali non si sarebbe mai recato senza le stesse, non è un buon segnale per muovere l’economia, ma un sintomo o meglio l’evidenza della grave ignoranza e dell’infimo livello culturale verso il quale stiamo precipitando. A tal proposito basti pensare al turismo dell’orrore, nel quale siamo maestri indiscussi (vedi Cogne e molti altri casi) e al fatto che si voglia sempre intervenire con più o meno impattanti antropizzazioni modello luna park, per far muovere il deretano di chi ha il portafogli discretamente pieno.
18 Mauro
Non si può generalizzare.
Non è tanto la panchina il problema, ci sono scempi ambientali ben maggiori. Quello che è grave è che per rendersi conto bellezza che abbiamo intorno ci voglia una misera panchina. Poi siamo sicuri che i selfioti se ne rendano conto…??
Anche qui stai generalizzando.
E ci voleva la panchina per farlo???
Certo che alla Valtournenche mancava solo la panchina gigante.
Per Mauro 18 e Renzo 16:
Ho l’ospedale a 5 minuti, però se proprio dovessi averne bisogno dopo il triage devo aspettare anche 10 ore per essere visitato.
Comodo vero abitare in citta!!??
Il panchinone è la sintesi esatta del tempo in cui viviamo , apparenza ingigantita verniciata a nuovo.
Una inutilità utile solo a farcelo comprendere.
nello zaino il rotolone di e spanso e ti sdrai dove vuoi…fornelletto +acqua moka e caffe’. a parte, da portarsi appresso in val Venegia.
@16 Gentile Renzo, è evidente che abbia una visione del vivere nelle terre alte alquanto confusa. Abito in un paese di media montagna di circa 1400 abitanti distribuiti in quasi cento borgate e siamo localizzati a metà della valle. Per i paesi più a monte le difficoltà aumentano. Ebbene per noi in posizione più favorevole i 2 ospedali più prossimi sono raggiungibili con oltre un’ora di auto. In queste condizioni dovrebbe capire quali difficoltà ci siano per curare se stessi o assistere un familiare ricoverato. Qui l’età media dei residenti è piuttosto elevata. Difficoltà che aumentano in caso di maltempo. Figuriamoci conciliare tutto questo con gli impegni lavorativi. Inevitabile che per la minima emergenza arriva l’elicottero e fortunatamente abbiamo le piazzole abilitate al volo notturno, ma la visibilità deve essere discreta altrimenti non resta che la buona sorte. Tutto questo grazie alla grande pensata di qualche incapace che per razionalizzare i servizi ha portato alla chiusura delle strutture di primo soccorso presenti a inizio valle. Gli studenti scendono in paese dove alle cinque e trenta del mattino li attende la corriera e rientrano con l’unica corsa disponibile nel tardo pomeriggio e ritardi cronici e disservizi dei mezzi pubblici di coincidenza sono la regola. Lascio a lei calcolare a che ora si sveglia chi abita più a monte. Ovvio che proseguire gli studi è possibile soltanto per chi ha maggiori possibilità economiche per trasferirsi temporaneamente in città o acquistare e mantenere un auto. Per chi vuole lavorare da remoto la connessione 4G è un miraggio altro che 5G. La connessione dati può sparire in pieno periodo turistico per un paio di giorni e quindi prenotazioni e servizi online vanno a farsi benedire, addirittura la filiale della banca va fuori servizio. La connessione dati ci serve per fare le prenotazioni all’ASL, per pagare le tasse e non per guardare il calcio in streaming. Ma si sa, meglio lasciare un paese di montagna senza connessione che lasciare senza Dazn un isolato in città. Secondo me questi sono solo alcuni dei problemi concreti da affrontare se vogliamo che la gente rimanga a vivere qui e che si sviluppi una cultura per conservare e proteggere questi luoghi. Ci si ricorda della montagna solo per parlare di panchine ignorando il contesto. Non sono un tifoso di panchine, ma devo ammettere che qui è stata posizionata una panchina in un punto panoramico (da regolamento le panchine devono essere finanziate da privati), sono stati puliti vari sentieri che portano ad un luogo che altrimenti sarebbe finito dimenticato tra i rovi, i bambini ci vanno in gita a piedi, i villeggianti la visitano per farci la benedetta foto da mettere su FB, i collezionisti di panchine vanno a farsi mettere il timbro presso il bar in centro paese e scoprono che esistono dei prodotti locali. Da quella panchina gialla per quanto sia discutibile si può osservare il territorio dall’alto e magari prenderne coscienza e chissà anche difenderlo da futuri scempi. La panchina è servita per farci una piccola marchetta, tra coloro che maledicono le panchine quanti hanno mai visitato il nostro paese? Sicuramente sono passati e sempre proseguito oltre per farsi le foto davanti alle vette più alte ne più ne meno con lo stesso modo di fruizione consumistico di chi va alle panchine. Le vasche da bagno utilizzate come abbeveratoi per le vacche hanno invaso i territori e sono esteticamente orribili. Eppure per un comune montano è più facile prendere un finanziamento per costruire inutili e deturpanti impianti di risalita che un finanziamento a fondo perduto per sostituire quelle vasche con manufatti in legno o pietra. Proviamo a domandarci perché esistono assurdità di questo genere invece di pontificare sulla testa dei “locals” per una panchina.
Ovile: luogo di ricovero per le pecore.
Se per ammirare ed apprezzare la bellezza di un luogo hai bisogno di un panchinone, c’è poco da stare allegri.
Facciamo in modo che chi vive in montagna non abbia l’ospedale più vicino ad oltre un’ora.
Non ho capito: si vorrebbe che il montanaro abbia un ospedale a non più di un’ora, immagino, di cammino? Allora ci sono solo due soluzioni: o spostiamo i montanari vicino ad ospedali esistenti oppure creiamo tanti ospedaletti vicino ai montanari. Mica male come idea! Il mondo è bello perchè è vario Renzo
Pensiamo a fare in modo che i trasporti in montagna funzionino … Smettiamo di pensare che per soltanto un paio di ragazzi è inutile … Chi vive in montagna deve poter accedere … Facciamo in modo che chi vive in montagna non abbia l’ospedale più vicino ad oltre un’ora.
E quindi facciamo cazzate a fondo perduto, i panchinoni, la pista da bob a Cortina. l’alta velocità…
Non so se Mauro faccia parte di chi ci specula o di chi è stato subornato da un’idea perversa e perdente di progresso.
Comunque dimostra di avere capacità di ragionamento paragonabili a quelle del panchinone.
@7 Sig. Dario invece di pretendere di “accompagnare” gli indigeni proviamo a fare qualcosa di concreto affinché gli stessi non siano obbligati a lasciare il territorio. Dalla pianura si criticano i panchinoni per tutelare ipocritamente quei territori che sono stati abbandonati da tempo. Pensiamo a fare in modo che i trasporti in montagna funzionino e consentano ai giovani di studiare agevolmente in città. Smettiamo di pensare che per soltanto un paio di ragazzi è inutile spendere in trasporti pubblici. Chi vive in montagna deve poter accedere agli studi come i coetanei di città e non essere trattato come un ritardato. Facciamo in modo che chi vive in montagna non abbia l’ospedale più vicino ad oltre un’ora. Ecco cerchiamo di capire che certi investimenti vanno fatti a fondo perduto per una visione più lontana e allora i panchinoni cesseranno di esistere e dalla pianura potremo anche arrogarci il diritto di critica su certe scelte.
Aggiungi: modo.
I panchinoni non sono altro che degli ovili.
vota “la via” non “la meta”. Il solo per raggiungerla.
I panchinoni sono frutto di eccesso di creatività per mancanza di idee brillanti e logiche. Sono monumenti all’idiozia. Purtroppo come dice Mario, ormai sono una battaglia persa soprattutto tra gli italioti.
Parole a vuoto.La battaglia per mantenere a certi ambienti di montagna lo spirito dei tempi andati è persa.Ai valligiani evoluti ed alle loro organizzazioni preme fare soldi e continueranno a ‘valorizzare”luoghi già resi sgradevoli dallo sfruttamento estremo del territorio. Il pensiero di ex alpinisti nostalgici non li tocca e rimaniamo a combattere contro i mulini a vento. In questo caso le panchine.
Raro che l’idea arrivi da autoctoni, normale arrivi da pigrizia di pensiero. Il rilancio dell’economia in montagna passa da pensieri più articolati e di più lunghe vedute.
Sig. Mauro, credo che si, spesso questi “indigeni” andrebbero accompagnati, perché alcune azioni scellerate, non solo panchine, fanno pensare che questa che lei chiama “moderna comunicazione” sia invece totale mancanza di rispetto e senso del limite, verso luoghi che non hanno bisogno di orpelli per essere fruiti.
Dalle mie letture mi risulta che a fine ‘800 i turisti sulle Alpi consideravano gli indigeni come dei buzzurri, pertanto questa grande visione positiva del passato faccio fatica a percepirla. Alcuni rifugi sono nati come veri e propri alberghi d’alta quota con tanto di termosifoni, per attirare il meglio della borghesia, alla faccia della contemplazione. Ora se i locali vogliono dotarsi di panchine giganti per attirare un po’ d’attenzione nello stile della moderna comunicazione, forse non è male che ci sia la presa di coscienza delle peculiarità del territorio e del paesaggio. Ho il timore che alcuni di questi giudizi piovano un po’ troppo dall’alto e sembrino considerare ancora una volta gli indigeni dei buzzurri solo capaci d’insane decisioni e pertanto debbano essere tutelati.
Panchinoni, tra poco sofanoni, lettoni, wateroni e così via. Per un popolo di distrattoni i panorami, i paesaggi non bastano. Vogliamo panoramoni paesaggioni magari con la panna montatatona e non dimentichiamo il biscotto. Scusate il biscottone.
Questa “fortuna” colossale è ben vista anche dai conservatori.
——— TEMPI MODERNI ———
“Panchinari di tutto il mondo, unitevi!”
Non date noia ai progressisti.
I panchinoni tanto amati dai selfioti impazzano: il sito web del “progetto” https://bigbenchcommunityproject.org/ ne riporta 252 esistenti e 82 in costruzione. C’è da osservare come siano quasi tutte concentrate in Italia e solo una decina all’estero.