Il dry tooling
di Redazione di avventuraitalia.it
(pubblicato su avventuraitalia.it)
Il dry tooling deriva dall’ice climbing e consiste nello scalare, con ramponi e piccozza, pareti rocciose per raggiungerne altre ghiacciate.
È uno sport molto duro, riservato a persone esperte, perché spesso si rimane sospesi nel vuoto, durante l’arrampicata.
Questo sport estremo è nato negli Stati Uniti, da persone che, stanche di scalare le cascate di ghiaccio, hanno pensato di rendere più avvincente la disciplina battezzando il dry tooling.
In pratica si usano ramponi da ghiaccio e piccozza per arrampicarsi su pareti verticali di roccia (asciutti), usando l’attrezzatura dell’ice climbing, nell’intento di raggiungere le colonne di ghiaccio, di frequente sospese nel vuoto. Scalare una parete rocciosa per arrivare a una candela pendente di ghiaccio su cui continuare la scalata è proprio uno dei casi più frequenti.
Dry tooling in italiano si potrebbe tradurre con “arrampicata estrema da fare su pareti miste di roccia e ghiaccio”.
Il successo di questa disciplina è più mediatico che nel numero di praticanti: le immagini di questi scalatori sono spesso utilizzate per fini pubblicitari, e da questo se ne può trarre un’immagine distorta del dry tooling, perché è uno sport molto duro, in cui non si può improvvisare.
Serve una buona esperienza di alpinismo alle spalle, forza, non aver timore del pericolo (si rimane sospesi nel vuoto su colate di ghiaccio), e naturalmente possedere una buona tecnica.
[…] I movimenti da fare sono simili a quelli dei classici climbing su pareti rocciose, ma i passaggi più impegnativi superano in parete i 90 gradi: in tali situazioni l’unico appiglio è quello della piccozza tramite le braccia, gambe e piedi che sono nel vuoto.
Mentre si progredisce sulla parete, la piccozza sulla roccia va solamente incastrata nelle fessure presenti. Su ghiaccio va piantata con decisione.
Il dry tooling si suddivide i due rami distinti: il dry lead, che prevede una scalata con una corda partendo dal basso, su percorsi di grande sviluppo. La seconda specialità è chiamata power dry, e prevede la scalata alla cui base sono posti materassi di protezione, ma in questo caso le pareti sono per lo più artificiali.
In Italia si possono trovare pareti adeguate per essere scalate, in val d’Aosta, e precisamente nella Valsavarenche all’interno del Parco Nazionale Gran Paradiso, oppure a Cogne nella frazione di Moline.
In Lombardia si possono fare interessanti scalate in Valmalenco in provincia di Sondrio, oppure in alcune località della provincia di Bergamo. In Trentino-Alto Adige le più note sono nella val Daone (nel Parco dell’Adamello) e in Val di Fassa.
Anche l’attrezzatura per fare il dry tooling ha subito un’evoluzione secondo le necessità di questa disciplina estrema, le piccozze sono leggerissime, realizzate con particolari leghe e impugnatura anatomica. Alcune sono adatte per dry tooling “estremi” altre sono utilizzabili pure nell’ice climbing normale. Queste piccozze sono dotate di punte orientate in verticale per ottenere una maggiore penetrazione nel ghiaccio.
Gli scarponi assomigliano sempre più alle scarpe leggere da roccia.
Come per l’ice climbing, le pareti da scalare sono classificate in conformità a una scala di difficoltà: partendo dalla lettere M (che sta per misto) si procede da M9 fino ad arrivare a M11, la più difficile.
Come ricordato all’inizio dell’articolo, il dry tooling è uno sport estremo riservato a persone esperte.
E’ dunque bene frequentare un corso di ice climbing, dove s’insegnano l’uso dei materiali, i pericoli da tenere in considerazione, il come arrampicare, e dopo la parte teorica fatta da istruttori qualificati, la parte pratica.
In alternativa, per praticare il dry tooling, è bene rivolgersi a Guide Alpine iscritte all’Albo Nazionale, si può consultare in merito il seguente sito internet: www.guidealpine.it.
[…]
Nel Veneto, si può consultare il sito internet del Gruppo Xmountain di Verona: www.xmountain.it
In Trentino-Alto Adige, sono diverse le Guide Alpine che vi possono insegnare ad arrampicare su roccia e ghiaccio:
www.guidealpinetrentino.it
www.guidealpinearco.com
www.guidealpinedolomiti.net
In Friuli-Venezia Giulia, www.grupporocciatoriorsi.org
In Lombardia, www.guidealpinevalmalenco.it
www.guidealpine.lombardia.it
In Piemonte, www.altox.it
www.mountain-passion.com
In Valle d’Aosta, www.guidecourmayeur.com
www.guidealtamontagna.com
Alcune location per dry tooling
Piemonte
Ice park – Ceresole reale – Torino
Falesia del Pontat – Balme – Torino
Falesia Mussa Dry – Pian della Mussa – Torino
Falesia di Oncino – Oncino Valle Po – Cuneo
Falesia della Balma – San Paolo Cervo Biella
Mucrone total Dry – Stazione superiore funivia di Oropa – Biella
Valle d’Aosta
Perreres – Valtournenche
Shampoo Dry – Champorcher
Lillaz beach settore inferiore e settore superiore – Lillaz Cogne
Primi passi in dry tooling
di Redazione di Up Climbing
(pubblicato in up-climbing.com)
Vi proponiamo alcuni consigli per fare i primi passi in dry tooling.
Risponde alle nostre domande Gabriele Lele Bagnoli, atleta lombardo che ha al suo attivo ripetizioni di vie fino al D15 e specializzato nel dry tooling Style-DTS, una variante del dry tooling ancora più “dura e pura”.
L’immagine tipica dell’atleta che pratica dry tooling è quella di un alieno tutto muscoli che affronta la roccia armato fino ai denti. Non è un’immagine spiacevole ma di sicuro è scoraggiante per un principiante.
Lele, sapresti indicarci un livello base in arrampicata sportiva e/o su ghiaccio a partire dal quale è realistico provare anche il dry tooling senza rischiare di non staccarsi da terra nemmeno su un D3?
Direi che è necessario aver arrampicato almeno qualche via di grado 5 francese, ma in realtà è solo una predisposizione di testa più che di forza e capacità fisiche. Ho iniziato amiche e amici a questa disciplina e credetemi che non sono Hulk e nemmeno Ondra.
E un livello di forza fisica base (per esempio quante trazioni alla sbarra occorre saper fare)?
Non è necessario riuscire a fare una trazione al trave o alla sbarra. Piuttosto è importante conoscere la tecnica di base di progressione in arrampicata con un minimo uso dei piedi. La presa della piccozza nelle mani è sempre ottima perciò se si è in grado di fare una semplice lolotte da arrampicata allora non vi ferma nessun dal provare.
Qual è il materiale fondamentale per fare i primi tentativi in dry tooling?
Semplici scarpette da arrampicata e un paio di piccozze da ghiaccio (anche non all’ultimo grido).
Credi sia possibile fare qualche prova preliminare sul campo utilizzando un’attrezzatura da ghiaccio generica e rimandando gli acquisti più specifici al momento in cui si è certi di voler proseguire nella pratica del dry?
Sono dell’idea di farsi portare da un amico fidato che lo fa e provare con il suo materiale oppure farsi prestare due picche da ghiaccio e utilizzare normali scarpette. Non è necessario avere subito un corredo di scarpe e piccozze professionali per fare dry tooling, l’importante è divertirsi e scoprire questo sport in sicurezza con le persone giuste.
Ha senso quindi per un principiante iniziare a scalare abbinando picche e scarpette, tralasciando in un primo momento i ramponi?
Come ho detto nella risposta precedente consiglio assolutamente le scarpette da arrampicata, così da avere un buon feeling dei piedi che compensi la scarsa conoscenza degli attrezzi. Può capitare di andare in falesie dove la roccia è bagnata e avere qualche difficoltà di aderenza, ma si può compensare usando scarponi classici da alpinismo.
Puoi indicarci alcune falesie adatte ai principianti, dove si trovano i gradi bassi e magari qualche tiro attrezzabile in top rope?
Essendo lombardo consiglio la falesia di Ambria (vicino a Zogno-BG), ottima per gradi, chiodatura e lettura, del forte drytooler e amico Mauro Rizzi. Non dimentichiamoci il Bus del Quai (falesia bassa) risistemata dall’amica Monia Gaibotti, perfetta per chi è alle prime armi. Se invece vogliamo andare fuori regione in Val d’Aosta troviamo la falesia Dry Perrères chiodata dai fortissimi alpinisti François Cazzanelli e Francesco Ratti, senza dimenticarci delle falesie dell’amico Ezio Marlier che non ha bisogno di presentazioni. Sempre al nord in provincia di Torino a Ceresole Reale c’è la X-Ice, dove oltre al dry si può fare misto e ghiaccio nella stagione fredda. Pure vicino a Roma troviamo falesie di dry tooling per ogni difficoltà, basta contattare sui social l’ASD DryPride per organizzare una prova. Il Trentino ha la Falesia di Montebaldo e la Fabrik di Armin Senoner. Il Veneto ha la sua più conosciuta Tana dell’Orso a Longarone e molte altre facili e di ogni tipo.
Infine posso aggiungere anche alcune mete francesi classiche, essendo i vicini d’Oltrealpe i fautori e amanti della disciplina DTS. Troviamo falesie adatte a tutti come Quintal vicino ad Annecy e L’Usine vicino a Grenoble.
Credi che la pratica del dry possa essere utile anche per progredire in arrampicata su roccia e su ghiaccio?
Nata come branca dell’arrampicata su ghiaccio, il dry è l’allenamento per antonomasia degli ice-climbers che successivamente si convertono dedicandoci più tempo perché si rendono conto della resa fisica, mentale e di divertimento che questo sport genera.
Sono un climber da 8a+ redpoint, ma scalo pochissimo su roccia e dedicandomi quasi sempre al dry riesco a salire fino al 7b a vista (strapiombante ovviamente) senza troppi problemi e tutto grazie al “core” e alla capacità di sviluppo della forza e della mente che il dry tooling mi dà a ogni sessione di allenamento, uscita o gara.
Perciò dico sempre provate e buttatevi, al di là del risultato tutto ciò che è sport serve e fa bene, se poi piace meglio ancora.
Lele ci segnala anche un paio di contatti social utili per appassionati di dry: DTI dry_italia, ICE climbing cuori di ghiaccio.
Dry tooling alla Grotta Haston
a cura di scuolagervasutti.it e di montagneinvalledaosta.com
Questo luogo deve il suo nome all’inglese Steve Haston che qui ha salito il primo di misto gradato M9 in Europa: Welcome to the machine. Era il febbraio del 1997. Ma per dire quanto anche noi italiani fossimo sul pezzo a dicembre dello stesso anno Mauro Bubu Bole lo ripeterà a vista e subito dopo Erik Švab in flash.
Noi non siamo qui per ripetere quel tiro, non siamo qui per entrare nel mito, ma più modestamente per tentare alcune linee di dry tooling che sono state spittate recentemente dalla Guida Alpina Enrico Bonino e che vogliamo portare a conoscenza con questo breve articolo.
Accesso
Da Aosta proseguire sulla S.S. per il Monte Bianco e all’altezza di Villeneuve svoltare per la Valsavarenche; superato l’abitato di Dejoz proseguire per 6 km fino alla partenza del sentiero per il rifugio Chabod. Lasciare l’auto a sinistra in un ampio parcheggio e seguire il sentiero per un paio di tornanti sino ad un cartello del Parco. proseguire a sinistra e raggiungere in breve prima il settore Madness e poi il settore Welcome (10 minuti). I tiri sono a sinistra e a destra del masso appoggiato.
Settore Welcome (da sinistra a destra)
Rampa: M6
Never say never: M8+ Protezioni a chiodi. Sosta su albero.
Generation X: M8+ Protezioni a chiodi. Sosta su albero.
009: M8+/M9 Protezioni a chiodi. Sosta su albero.
Welcome to the machine: M9 Protezioni a chiodi. Sosta su albero.
Little Turf: M9/M9+ Protetta con spit, inizia in comune con Les Dragonnes abbandonné e poi sale direttamente il tetto a dx di Welcome to the Machine. Sosta su albero.
Les dragonnes abbandonée: M7+/M8- Protezioni a spit. Sosta su albero.
Les dents cassés: M7/M7+ Protezioni su spit e chiodi da ghiaccio, sosta su albero.
Pyma: M9+, 18 m chiodati da Ezio Marlier
Captain Hook: M10, 18 m chiodati da Ezio Marlier
Hollywood life: M8, 25 m chiodati da Ezio Marlier
Settore Madness (da sinistra a destra)
White drive: M7+ Spittata, sale a sinistra delle frange di Madness.
Madness: M6/M7 o ghiaccio 4 Sosta su pianta.
L’Envers du Miroir: M8 Spittata
Kezako sx: M4 Protezione su chiodi da ghiaccio
Kezako dx: M5 Protezione su chiodi da ghiaccio
Area dry tooling
Darin: D3
Amelie: D4
GGG: D6 – D7
Beginner: D5 – D7
White F: D5 – D7
Darin è l’unico tiro scavato, utile per prendere confidenza con gli attrezzi. Gli altri sono naturali, molto divertenti.
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Il mio antico socio di corda un giorno mi confido’ di avere sognato un mio incidente in una cupa falesia, mettendomi in guardia dal volerci andare. Superstizione o premonizioni a parte il posto era tanto orridamente brutto che non ci misi mai piede per motivi prettamente ‘estetici’ oltreche’ di convenienza scaramantica . Anni piu’ tardi lo stesso posto e’ diventato una mecca per il dry tooling… …a me la specialita’ e’ sempre sembrata una aberrazione da pipistrelli armati di uncini ma contenti loro …
Concordo con Cominetti. Ma evitiamo certe esagerazioni. Qualcuno va nelle falesie e rovina la roccia, spaccando le prese e grattando ovunque con lame e ramponi.
Diamoci una regolata.
Buona idea! Confinare gli sportivi in luoghi specifici può liberare l’ambiente naturale dall’ossessione della prestazione tecnica e personale. Leggo con sorpresa, per esempio sul numero di settembre della rivista del Cai, le preoccupazioni per la scomparsa dei ghiacciai: l’alpinismo al tempo della crisi climatica? come potrebbe cambare l’alpinismo nei prossimi anni? Conviene rassegnarsi senza trasformare gli alpinisti in ciclisti, come per esempio propone il Cai. Meglio una vecchia cava allora con il parcheggio delle biciclette!
Ho scoperto che a Finale, in una cava abbandonata di Borgio Verezzi è nata una falesia per il dry tooling. Secondo me è una buona notizia perché l’attrezzatura è avvenuta su rocce già modificate dalla mano dell’uomo e rimaste comunque insalibili da qualsiasi arrampicatore. Per allenarsi e prepararsi mi sembra un’ottima opportunità.
Grazie al dry tooling sono state salite tutte le vie di misto in alta montagna degli ultimi 15 anni. A parte certe aberrazioni, che esistono anche nell’arrampicata sportiva, è una tecnica utile, divertente e coraggiosa.
I ministeri è meglio lasciarli dove stanno, possibilmente estirpandone qualcuno.
Se ci fosse un ministero per la montagna come è nato un ministero per il mare, sarebbe suo compito bonificare il territorio ed estirpare il dry tooling prima che sia troppo tardi. Le cattive abitudini nuocciono gravemente alla salute mentale degli italiani.