Il motivo di questa pubblicazione del resoconto originale che Fritz Wiessner fece al riguardo dei fatidici giorni del tentativo alla vetta del K2 del 1939 mi è stato fornito dall’essere incappato in una pubblicazione della rivista del CAI del dicembre 1939-40, che allora per volere del regime si chiamava Le Alpi. Da pagina 77 a pagina 80, a firma di Fritz Wiessner, è appunto il racconto di quell’importante tentativo. Seguito da una lettera che l’autore indirizza direttamente al fotografo Vittorio Sella per ringraziarlo.
In questo articolo Wiessner si sofferma soprattutto sul secondo tentativo, quello del 21 luglio 1939, nel quale lui e Pasang Dawa Lama raggiunsero, con una impegnativa traversata a destra, il Collo di Bottiglia. Ma lì furono arrestati dalle condizioni di neve e ghiaccio che richiedevano assolutamente l’uso dei ramponi, che purtroppo Pasang aveva perduto la notte tra il 19 e il 20 durante la discesa dal primo tentativo, condotto direttamente sul pilastro della cresta sud-est, che aveva portato i due al punto massimo raggiunto, circa a quota 8380 m.
A documentare l’articolo è una splendida foto di Vittorio Sella, dove il redattore ha segnato l’itinerario che secondo lui Wiessner e Pasang avevano seguito: e che invece è l’itinerario seguito dalla vittoriosa spedizione italiana del 1954!
Proprio per capire l’origine di questo clamoroso errore, ho voluto andare a pescare il racconto originale di Wiessner, mai tradotto in italiano.

Il tentativo del 1939 al K2
(e il sacrificio degli Sherpa)
di Fritz Wiessner
(tratto da K2: Tragödien und Sieg am Zweithöchsten Berg der Erde, di Fritz Wiessner e Franz Grassler, Monaco di Baviera, Bergverlag Rudolf Rother, 1955. Pubblicazione avvenuta dopo la vittoriosa spedizione italiana)
[…]
Raggiungiamo la parte superiore della Spalla per il breve pendio che diventa più pianeggiante. Stanchi di scavare nella neve profonda con i nostri carichi da 35 libbre, abbiamo riposato lì a lungo. Eravamo ormai ad un’altitudine di circa 7840 m. Sopra di noi incombeva il grande seracco, verticale per 60-80 metri, della parte sommitale della montagna, che si stacca dalla parete di ghiaccio sottostante delimitata a sinistra dalla cresta rocciosa sud-est della piramide sommitale. Un canale poco profondo risaliva al seracco dal pendio sopra alla Spalla: in esso scendevano le scariche dei blocchi di ghiaccio che si staccavano dal seracco: infatti i contrafforti di questo canale sul versante occidentale della Spalla erano cosparsi di blocchi di ghiaccio di dimensioni da 1 a 2 metri quadrati. Sotto questo pendio è la possente parete sud che precipita sul ghiacciaio verso Godwin Austen. Ai piedi della cresta sud-est della piramide sommitale, abbiamo visto quella grande piattaforma rocciosa che ci aveva descritto Petzoldt e sulla quale volevamo allestire il campo 9. Da lì la cresta sud-est, dall’aspetto non troppo ripido, si estende per circa 240 m fino al di sotto della grande parete verticale e talvolta anche strapiombante del gigantesco seracco, fino a circa 8200 m. Esistono due modi per guadagnare i pendii sommitali:
1) Traversando ai suoi piedi da destra sotto il gradino di ghiaccio e risalendo nel canale di neve tra il pilastro di cresta e il gradino di ghiaccio fino alla cresta sud-est più alta, che là diventa meno ripida. Da lì si può andare o sulla cresta stessa o a destra di essa su firn più inclinati fino al punto più alto, la vetta. Questo percorso è estremamente minacciato dalle scariche di ghiaccio se le condizioni non sono ottimali. Ma non puoi vedere dal basso come sono queste condizioni, dunque non puoi giudicare se le probabilità di non essere colpiti siano buone.
2) salire da subito ai piedi del pilastro, poi su per questo e alla sua estremità di nuovo sulla cresta sud-est.
Mentre ero sulla Spalla riflettevo. Ci sembrava meglio correre il rischio delle scariche e guadagnare la piattaforma rocciosa sulla cresta sud-est. Sembrava vicina a noi, ma presto scoprimmo che dopo aver fatto traccia a lungo nella neve alta e trasportato i carichi pesanti, non saremmo riusciti ad arrivarci. Poco più in basso, dove termina la Spalla che è anche sommità della parete sud, abbiamo allestito un campo riparato su un grosso masso. Abbiamo trascorso la notte lì. La mattina dopo smontammo il campo e lasciammo i nostri carichi sulla piattaforma; la strada ci sembrava lunghissima. Come previsto, la piattaforma ha fornito un eccellente spazio di sosta; era l’unico (ad eccezione dei campi di neve pura 2, 7 e 8) dove potevamo piantare la tenda senza dover prima costruire una piattaforma di pietra. Per proteggerlo, abbiamo costruito un muro di pietra attorno alla tenda.
La vista da lì era incredibile. A est si ergeva la cima ora più bassa dello Staircase Peak 7544 m, seguita dalla nera cornice orientale del ghiacciaio Godwin Austen, da cui emergeva a portata di mano il Broad Peak che in qualche punto sembrava strapiombare. Questo era seguito dal gruppo dei Gasherbrum e, a sud, nell’immediato primo piano sotto di noi, protesa verso il ghiacciaio Godwin-Austen, la Spalla della nostra montagna 7740 m copriva lo Sperone degli Abruzzi. Il Godwin Austen si estendeva con i suoi lunghi cordoni morenici paralleli al corso di ghiaccio, che accoglieva il flusso dei ghiacciai più piccoli da entrambi i lati, fino al Circo Concordia. Lì, alla confluenza dei ghiacciai Baltoro e Godwin Austen, le enormi correnti di ghiaccio arrivano da sud dalla vetta pura, bianca e uniforme del Bride Peak (Chogolisa, NdR). La possente vetta del Masherbrum segue verso ovest, finché all’orizzonte lo sguardo si posa sul massiccio bianco del Nanga Parbat, distante 180 km. Direttamente di fronte a noi a sud-ovest e ad ovest si trovava il selvaggio angolo di montagna lacerato tra i ghiacciai Baltoro e Godwin Austen con il vicino Angelus, bianco sotto di noi. C’è anche la Mustagh Tower, ma non posso essere sicuro di quale sia la sua cima senza una mappa precisa.
Dato il bel tempo e la vaga possibilità di trovare da fare un campo più vicino alla vetta, ho deciso di avvicinarmi alla vetta con Pasang Lama il giorno successivo. La nostra posizione sulla montagna era ottimale. Avevamo piazzato un certo numero di campi completamente attrezzati; nei campi 2, 4, 6 e 7 erano disponibili tende con sacchi a pelo e provviste per molte settimane. Inoltre, c’era Wolfe al campo 8 con ulteriori rifornimenti (se non fosse già stato in viaggio verso di noi), e qui al campo 9 provviste per sei giorni e riserve di benzina per un periodo di tempo più lungo. Quindi potevamo contare sulla nostra logistica se il tempo avesse volto di nuovo al brutto, o se fossimo arrivati stanchi morti e svuotati in uno di questi campi, per trovare lì piena protezione, anche se nel frattempo il collegamento con i rifornimenti o il campo principale dovesse essersi completamente interrotto. Quella era la spina dorsale del nostro piano; le spedizioni passate ci avevano insegnato come le cose possono diventare senza speranza in assenza di una linea di discesa sicura.
Dopo una notte tranquilla e un’abbondante colazione calda, non abbiamo lasciato il campo fino alle 9 circa del 19 luglio. Pasang portava i nostri ramponi e la corda di riserva lunga 75 m e spessa 9 mm, io portavo il mio zaino con le provviste, chiodi, moschettoni e abbigliamento caldo di riserva. Salivamo con la nostra corda di 35 m da 12 mm sulle rocce più basse e ancora relativamente facili della cresta sud-est. Dopo la buona notte passata e il poco lavoro del giorno precedente, eravamo in ottima forma. Dopo solo due ore siamo arrivati ai piedi della parete del pilastro, finalmente su una piccola cresta di ghiaccio. Avevamo percorso un dislivello di circa 240 m. Visto che non avevamo una buona visuale sul seracco che ora ci sovrastava in obliquo a destra, ho deciso di prendere la possibilità a sinistra, quella al sicuro dalle valanghe di ghiaccio (per le due opzioni, vedere sopra). Girando intorno a un piccolo blocco staccato dal corpo del pilastro, siamo saliti a ovest in un canale nero (qui potrebbe essere possibile mettere una tenda riparata tra il blocco e il muro del pilastro, magari con l’aiuto di un telo da tenda).
Il nero canale ghiacciato diventa presto molto ripido e termina con uno strapiombo. Con l’aiuto e la sicurezza di un chiodo sono riuscito a superare questo ostacolo a sinistra; la roccia era molto difficile e in alcuni punti ghiacciata, ma era così calda che potevo arrampicare senza guanti. C’era ora una breve cresta di roccia e neve, poi due tiri su rocce fragili, ghiacciate e molto difficili. Lì sono riuscito a traversare a destra in un ripido pendio di neve. Questo pendio terminava in un diedro roccioso di roccia ripido e levigato appena sotto l’altezza della cresta. Abbiamo provato a salire la placca sul lato destro del diedro: dopo circa 10 metri saremmo arrivati alla cresta sud-est, ormai in alto rispetto al grande seracco. Ma la placca era troppo ripida e senza appigli, quindi non siamo riusciti a scalarla. Allora avevamo scarpe chiodate, molto usurate per di più: con le moderne suole di gomma disegnata probabilmente quella placca si può salire di aderenza.
Ho quindi attraversato 5 m più a sinistra, dove il diedro era più frammentato. Quel muro era percorribile, ma era anche un po’ più lungo della placca tentata prima a destra: raggiunge più in alto l’altezza della cresta sud-est. Iniziava molto ripido, ma dopo 12 m si ripiegava verso la cresta. Dal punto di attacco ho salito circa otto metri con grande difficoltà, piantando due chiodi; Pasang mi stava assicurando dalla sosta nella neve. A quell’altezza – eravamo circa a 8390 m (in altri punti è detto 8380 m, e anche 8370 m, NdR) – aveva da fare ancora 8 metri difficili, e li avrei fatti in sicurezza, magari con qualche altro chiodo. Ma Pasang non voleva più continuare, mi ha esortato a tornare indietro. Si è aggrappato alla corda quando stavo per continuare per raggiungere il punto di sosta successivo e ha detto con un sorriso: “No, Sahib, domani“. Indicò nella direzione dell’altra possibilità (la numero 1, descritta prima). Avevamo infatti notato che dalla fine del canale nero si poteva traversando a destra raggiungere la base del grande seracco (quello che oggi è chiamato Collo di Bottiglia, NdR). Ci dispiaceva di non aver provato da quella parte, anche perché l’ultima valanga di ghiaccio causata dal seracco aveva lasciato lì una striscia perfettamente liscia: sembrava che in quel momento non ci fosse alcun pericolo oggettivo.
Cercai comunque di far capire a Pasang che le difficoltà sarebbero finite dopo pochi metri e che poi avremmo potuto riposarci a lungo in cresta, inoltre che saremmo andati in vetta nella notte serena su terreno più facile e poi avremmo potuto discendere la mattina dopo al sole. Ma non ho potuto far cambiare idea a Pasang, che non vedeva che proseguire sarebbe stato più facile che salire il giorno dopo, piuttosto che scendere al campo 9, certamente arrivarci di notte e ripartire poi la mattina dopo per seguire la “terza” possibilità. Pasang, che era un lama nel suo villaggio natale, aveva probabilmente anche paura degli spiriti maligni che, secondo la credenza buddista, dimorano sulla vetta durante la notte. Era stato uno splendido compagno, molto capace, leale e sempre pronto a portare il suo carico, il tempo sarebbe stato buono ancora per giorni, dunque alla fine accondiscesi.
La discesa si è rivelata inaspettatamente difficile ed è calata la notte mentre ci si calava in corda doppia sopra lo strapiombo nel canale nero. Mentre Pasang era sospeso in aria durante la discesa in corda doppia, la corda si è avviluppata attorno ai ramponi che portava sulla schiena. Riuscì a sciogliere l’intreccio con difficoltà, ma nel farlo i ramponi caddero nell’abisso. È stato un duro colpo per noi, e ce ne accorgemmo bene in seguito. Nonostante non fosse difficile, ci fosse calma e temperatura non freddissima (ho stimato 3–5 °C) la discesa si è rivelata difficile. Non siamo arrivati al campo 9 fino alle tre circa. Nessuno era arrivato dal basso. Nonostante la lunga giornata e la mancanza di riposo (non eravamo mai riusciti a riposarci seduti) eravamo in buona forma. Presto abbiamo messo in funzione il fornello e alle 6 ci siamo stesi nei nostri sacchi a pelo al sole. Più tardi è diventato così caldo che ero completamente nudo – a un’altitudine di 8000 m! – e potevo mettermi a prendere il sole! Alle 15 ci siamo sentiti di nuovo riposati, così abbiamo deciso la mattina dopo di ritentare la salita est fino alla vetta: non avevo dubbi che avrebbe avuto successo.
Abbiamo lasciato il nostro campo alle 6 del mattino del 21 luglio. In due ore raggiungemmo nuovamente il bivio sotto al pilastro. Un traverso in leggera salita ci ha portato ai piedi del grande seracco. Prima c’erano lastroni ghiacciati cosparsi di pietrisco, poi roccia più ripida e solida, ma su di essa tutti gli appigli e gli appoggio erano ricoperti di neve o ghiaccio. Ciò significava scalare sul difficile; quando lasciavo la sosta dovevo sempre mettere un chiodo per salire in sicurezza. Al termine di quel corridoio trasversale, un breve camino completamente ghiacciato mi ha portato direttamente sotto la parete verticale di ghiaccio del gradino e quindi all’inizio del pendio di firn che risale tra il seracco e il pilastro della cresta sud-est, subito a sinistra di questa.
Nelle difficili condizioni descritte, ci sono volute due ore per arrivare qui dal bivio. La neve nel canalone era durissima, la parte bassa era ripida e ci mancavano i ramponi. Mi sono fatto strada per un breve tratto, facendo qualche passo, ma mi sono reso conto che sarebbe stato impossibile fare l’intera salita in quel modo. Avremmo potuto salire anche senza i ramponi, ma avremmo dovuto scavare 300-400 gradini – e a quell’altezza ci sarebbe voluto più di un giorno. Quindi siamo dovuti tornare al bivio. L’abbiamo raggiunto alle undici e mezza, troppo tardi per riprovare, ancora in quel giorno, a passare per l’itinerario di due giorni fa. Abbiamo quindi dovuto scendere.
Anche quel giorno nessuno era arrivato dal basso al campo 9. Le nostre scorte erano diminuite. Decisi quindi di scendere al Campo 8 la mattina dopo, se nel frattempo non fosse salito da noi qualcuno dal basso. Poi ho voluto portare con Wolfe nuovi rifornimenti dal Campo 8 in modo da poter resistere a un’altra tempesta lassù, se necessario. Siamo stati anche in grado di procurarci i ramponi. Pasang Lama sembrava felice di questo piano. Mi ha chiesto se poteva essere sostituito da un altro Sherpa al campo 8 per il prossimo tentativo di vetta; gliel’ho promesso, ovviamente. Non era più lo stesso dal giorno prima: aveva vissuto nella grande paura degli spiriti maligni, borbottando sempre preghiere e perdendo l’appetito.
Il 22 luglio abbiamo iniziato la discesa verso le 10 del mattino. Dato che volevo tornare, abbiamo lasciato tutto al campo 9; solo Pasang portava con sé il suo sacco a pelo. Mentre attraversavamo il duro firn della cresta sud-est, Pasang scivolò. Riuscii a tenerlo alla corda solo con grande difficoltà, poiché i tricouni che avevo sotto le suole erano quasi consumati. Sul lato est della cresta vedemmo presto la tenda del Campo 8. Wolfe era lì e ci chiamò. Era felicissimo di rivederci, ma molto infastidito che nessuno fosse salito dal basso. Due giorni prima aveva finito i fiammiferi, quindi tutto quello che aveva da bere era l’acqua di disgelo, che aveva preparato su un telo da tenda.
Abbiamo preparato un pranzo caldo e ci siamo fatti festa. Poiché le riserve nel campo 8 sarebbero durate solo quattro giorni per tre uomini e poiché c’erano solo provviste per un giorno al campo 9, siamo scesi rapidamente al campo 7 per andare a prendere altre provviste. Lì era la maggior parte delle nostre riserve, sufficienti per settimane e per rifornire il campo 9.
[…]
(Segue la descrizione dei giorni seguenti, fino alla tragedia di Dudley Wolfe, Pasang Kitar, Pasang Kikuli e Phinsoo)
La seconda spedizione del Club Alpino Americano al K2
di Fritz Wiessner
La spedizione soffrì per le condizioni molto infelici del tempo, durante le prime sei settimane, e quando dopo il 16 luglio sopravvenne un periodo di otto giorni di tempo buono, quasi tutti gli alpinisti erano stanchi fisicamente, ed alcuni anche depressi moralmente. Uno dei più robusti cadde ammalato nel giorno in cui la spedizione raggiunse il Campo base.
Prima del 14 giugno, il tempo permise di stabilire ed approvvigionare i Campi I a 5639 metri, e II, a 5882 metri. Nelle regioni più alte la bufera regnava quasi sempre: il 15 e 10 giugno, forti tempeste di neve scesero fino al Campo base. Seguirono alcuni giorni di tempo variabile, nel corso dei quali fu stabilito il Campo IV a 6553 m. Sopravvennero otto giorni di tempesta, che arrestarono ogni attività di salita, in seguito Wolfe, Wiessner e tre Sherpa poterono, il 6 luglio, stabilire il Campo V a 6706 m. Dopo altri 3 giorni di tempo burrascoso, Wiessner e due Sherpa stabilirono il Campo VI a 7132 e prepararono la via al Campo VII, metri 7520, mentre Wolfe restava al Campo V e coll’aiuto dei Sherpa trasportava in alto i carichi.
Una nuova bufera di due giorni tenne sospeso il progredire e Wiessner discese al Campo II, dove gli altri avevano trascorso il tempo burrascoso. Poiché le condizioni atmosferiche miglioravano, si fecero preparativi per un pronto sforzo verso il Campo VII.
L’11 luglio, Cromwell, Durrance, l’ufficiale dei trasporti Tenente Trench, Wiessner e il resto dei Sherpa salirono al Campo IV. Uno degli alpinisti, Sheldon, dovette ritornare al Campo base a cagione di un congelamento alle dita dei piedi, sopravvenuto mentre si era esposto alla bufera con Wolfe e Wiessner al Campo IV.
Cromwell, che non aveva intenzione di salire molto alto, e il Tenente Trench restarono al Campo IV oppure più in basso per mantenere un opportuno collegamento con i compagni in alto.
Durrance, Wolfe, Wiessner e gli Sherpa (ad eccezione di Sonam che il giorno prima aveva sofferto un incidente) salirono al Campo VI, donde il 13 luglio tutta la carovana proseguì al Campo VII. Durrance dovette ritornare indietro perché sofferente per l’altitudine; Wiessner, Wolfe e tre Sherpa rimasero al Campo VII, mentre gli altri ritornarono al Campo VI con istruzioni per i successivi movimenti. Essi dovevano portare maggiori provviste al Campo VII ed anche Durrance sperava di poterli seguire più tardi. Nel giorno seguente Wolfe, Wiessner ed i tre Sherpa proseguirono e stabilirono il Campo VIII a 7712 m.

Due Sherpa, Tendrup e Pasang Kitar, ritornarono al Campo VII nel pomeriggio, con l’intesa di portare ancora provvigioni al Campo VIII nel giorno seguente, ma nei giorni 15 e 16 luglio la bufera trattenne tutti nelle loro tende. Il 17 luglio, Pasang Lama e Wiessner salirono alla Spalla della cresta sud-est, con pesanti carichi; una crepaccia, della lunghezza di tre corde sopra il Campo VIII ed il cui labbro inferiore era di neve polverosa inconsistente, arrestò quasi la loro salita. Di là Wolfe fece ritorno al Campo VIII, e Wiessner e Pasang Lama furono allora lasciati soli per tentare la cima. Essi si accamparono sulla Spalla della montagna a circa 7800 metri di altitudine; avevano progettato di stabilire più in alto i loro campi, ma le difficoltà per superare la crepaccia avevano assorbito un tempo lungo ed essi erano ancora troppo lontani dalla cima per tentarla; si rese così necessario un altro campo, che fu stabilito il giorno seguente.
Il 19 luglio fecero un tentativo per raggiungere la vetta: la loro via procedeva lungo la cresta sud-est, verso la base del gradino verticale della sommità, base raggiunta sul suo lato occidentale. Successivamente essi pervennero a circa 8370 metri, a 250 metri sotto la vetta: soltanto una traversata di 20 metri (non è corretto, vedi articolo originale, NdR) li separava da un breve campo di neve, il quale adduceva alla cresta della cima. Poiché erano già le 19, decisero di ritornare al campo: il tempo era buono ed essi erano convinti di poter raggiungere la vetta del K2 due giorni più tardi; arrivarono al campo alle ore 2.30 di notte e vi rimasero il resto di quel giorno.
Il mattino seguente partirono per tempo. Poiché la via per la roccia a occidente della cresta (qui il traduttore intende il pilastro roccioso che costituisce la vera cresta sud-est, NdR) era parsa lunga e difficile, i due alpinisti furono attratti dalla via più corta ed apparentemente più facile fra la cresta sud-est e la grande muraglia di ghiaccio ad est di essa (più esatto dire a nord, oppure “a destra di essa”, NdR), via che, ad un primo esame, sembrava logica, ma che risultava essere esposta alla caduta di ghiaccio dalla grande muraglia. Tuttavia, durante i giorni precedenti non ne era caduto affatto, cosicché sembrava giustificata l’opportunità di percorrere il nuovo itinerario. Essi seguirono nuovamente la cresta sud-est fino al gradino verticale, e qui traversarono verso est (in realtà nord, NdR), al sommo di un colatoio nevoso che finisce alquanto sotto il termine occidentale (più esatto dire “meridionale”, NdR) della muraglia di ghiaccio: poiché la gola nevosa fra la muraglia suddetta e la cresta era dura e ghiacciata, ed il tagliar gradini avrebbe richiesto un tempo troppo lungo, per la mancanza dei ramponi, perduti nella discesa, due notti prima, fu necessario battere in ritirata.
Dopo aver raggiunta la cresta (in realtà raggiunsero il bivio con l’itinerario seguito il 19 luglio, NdR), gli alpinisti trovarono che era troppo tardi per seguire l’altra via e discesero al Campo. Le provvisioni erano estremamente ridotte, cosicché fu necessario fare un viaggio al Campo VIII per rifornirsi e, nello stesso tempo, prendere i ramponi. Alla mattina del 22 luglio scesero al Campo VIII: Wolfe vi si trovava solo e disse loro che dopo il 17 nessuno più era venuto dal Campo VII. Tutti e tre decisero allora di scendere al Campo VII, dove speravano di trovare i portatori e le provvigioni, giacché abbondanti provviste di vivande, di combustibile e i sacchi letto erano stati lasciati colà il 14. Tuttavia, essi vi trovarono soltanto due tende in gran disordine, e una di esse, lacerata. Vi era stata lasciata la cucina con qualche provvista, ma mancavano tutti i sacchi-letto, e i materassini pneumatici. L’ora tarda li costrinse a passare la notte al Campo VII: avevano un solo sacco-letto e un materassino, giacché un altro sacco-letto, preso al Campo VIII, era stato perduto in una caduta sopra il Campo VII.
Il giorno seguente, Wiessner e Pasang Lama continuarono a discendere al Campo VI colla speranza di trovarvi i compagni, ma Wolfe, che era molto stanco, volle rimanere al Campo VII ad aspettare fino a quando gli altri vi fossero ritornati dal Campo VI, con provviste, per intraprendere un altro assalto alla montagna.
Essi trovarono anche il Campo VI sfornito ad eccezione di due tende smontate e di qualche provvista. La stessa cosa si verificava al Campo V. Anche il Campo IV era stato sprovveduto di sacchi-letto (il Campo III aveva sempre servito soltanto come breve rifugio di riposo nella salita). Al Campo II trovarono due tende in piedi, ma i sacchi-letto e i materassini erano stati pure ritirati. Passarono in questo campo un’altra fredda notte servendosi di una delle tende come coperta. Il mattino seguente procedettero fino al Campo base: scendendo, incontrarono una carovana di ricerca guidata da Cromwell, che aveva veduto segni di un incidente sul ghiacciaio.
Dopo che era ritornato al Campo VI il 13 luglio, Durrance ricadde ammalato e discese con difficoltà il giorno seguente al Campo II con Dawa e Pasang Kikuli.
Gli Sherpa, restando al Campo VI, avevano ricevuto istruzioni per le loro mosse future. Tendrup e Pasang Kitar erano rimasti al Campo VII (dopo esservi ritornati dal Campo VIII la sera del 14 luglio), fra il 15 ed il 10 luglio mentre il tempo era nuvoloso e ventoso. Il 17, giorno di tempo bello, discesero al Campo IV invece di ritornare al Campo VIII con carico. Pasang Kikuli, che il 18 arrivò al Campo IV, vi trovò Tendrup e Kitar, e ordinò loro di salire immediatamente a portare provviste al Campo VIII, e disse anche loro di pregare Phinsoo e Tsering, fermi al Campo VI, di eseguire anche loro i trasporti fra i Campi VI e VII. Tendrup e Kitar andarono al Campo VI il giorno seguente, e dissero che nel giorno dopo salirono al Campo VII prendendo Phinsoo con loro, e che nello stesso pomeriggio andarono sino a mezzo cammino verso il Campo superiore, ma siccome da esso non ottennero risposta alcuna (ai richiami, NdR) giudicarono che i due signori e Pasang Lama avessero incontrato una disgrazia. Quando Tendrup con Phinsoo e Pasang Kitar ritornò al Campo più sotto ed al Campo base, riferì che Wiessner, Wolfe e Pasang Lama erano periti sulla montagna. Gli altri Sherpa, convinti di questa notizia, discesero spogliando i campi di quanto era possibile. Nessun altro componente della spedizione (ad eccezione della carovana andata più avanti), si trovava sulla montagna in quel momento.


Il 25 luglio, dopo che Cromwell e Trench avevano lasciato il Campo base con 22 portatori, Durrance partì per il Campo VII con Dawa Phinsoo e Pasang Kitar per agevolare la discesa di Wolfe. Si era inoltre progettato che Wiessner, Pasang Lama e un altro Sherpa seguissero due giorni più tardi, per un altro tentativo di salita alla vetta, con Durrance, alla condizione che questi si sentisse sufficientemente ristabilito.
Durrance e i tre Sherpa raggiunsero il Campo II la sera del 26 luglio, e proseguirono al Campo IV, ove Durrance ebbe un altro attacco di mal di montagna ed uno dei portatori, il Dawa, non poté più procedere avendo perduto la voce durante la salita ed essendosi gravemente ammalato. Al mattino del 27, il tempo era cambiato; vento forte e temporale prevalevano al Campo IV. Durrance, in seguito alle condizioni sue e di Dawa, decise di ritornare immediatamente al Campo base per richiedere assistenza, mentre Pasang Kitar e Phinsoo proseguirono nello stesso giorno (27) al Campo VI dove rimasero fino all’arrivo dell’altra carovana.
Poiché le condizioni di Wiessner e di Pasang Lama non erano migliorate e il tempo era peggiorato, essi dovettero abbandonare ogni speranza per un secondo attacco alla cima. Durrance e Dawa raggiunsero il Campo base alla sera del 27 luglio. Dopo una consultazione, Pasang Kikuli (che nel frattempo era guarito dal congelamento ed era in ottima condizione) insisteva che lui e Tsering avrebbero potuto andare al Campo VI in un giorno, e nel giorno seguente salire al Campo VII con Phinsoo e Pasang Kitar per ritornare con Wolfe nella stesso giorno. Questa proposta fu accettata come la migliore soluzione, giacché Durrance e Wiessner si trovavano in condizioni poco buone e non sarebbero stati capaci di effettuare l’ascesa al Campo VII, in quel momento.
Del resto, anche la capacità dimostrata da Pasang Kikuli durante la salita non lasciava dubbio alcuno sopra la sua abilità ed il suo discernimento nel guidare con sicurezza, in ogni circostanza, come pure gli altri due Sherpa avevano stupito per il loro procedere con sicurezza nelle salite. Durrance e Wiessner cominciavano a nutrire inquietudine sul conto di Wolfe, rimasto solo sei giorni al Campo VII, fino all’arrivo di Pasang Kikuli.
Wolfe era alquanto stanco e preoccupato quando Wiessner e Pasang Lama lo lasciarono, ma era tuttavia in buone condizioni. Da quel giorno il tempo era stato buono. Combustibile, un buon assortimento di vivande per almeno 10 giorni, due tende, un sacco-letto con materassino pneumatico, ed un buon equipaggiamento personale, diminuivano le eventuali preoccupazioni. Ad ogni modo, fu convenuto che Pasang Kikuli avrebbe fatto segnali col fuoco, nel caso di qualche fatto grave. Pasang Kikuli espresse la speranza che Phinsoo e Pasang Kitar fossero già saliti al Campo VII e ritornati con Wolfe, prima che egli stesso fosse giunto al Campo VI.
Alla mattina del 28, Pasang e Tsering lasciarono il Campo base al levar del sole: il tempo era migliorato. Alla mattina del 29, la spedizione dal Campo base osservò con potenti cannocchiali tre uomini in salita, dal Campo VI al Campo VII. Secondo la relazione fatta più tardi da Tsering, essi erano Pasang Kikuli, Pasang Kitar e Phinsoo: Pasang Kikuli e Tsering erano realmente saliti dal Campo base al Campo VI il giorno precedente. Un fatto straordinario! Tardi, nel pomeriggio dello stesso giorno, soltanto tre uomini si potevano osservare sulla via dal Campo VII al Campo VI. Nella notte non venne fatto alcun segnale.

Il 30 fu nuvoloso fino ad ora tarda del pomeriggio e nessun movimento fra il Campo VI ed il VII poté essere osservato dal Campo base. Durante una schiarita era visibile la tenda del Campo VI, ma non si osservarono segnali. Nel giorno 31, un velo di nebbia impedì osservazioni dal Campo base: saltuariamente era visibile la tenda del Campo VI, ma nessun segnale venne fatto. Al 1° di agosto il tempo era migliorato e la via fra il Campo VI ed il Campo VII visibile, ma non furono constatati movimenti fra i due Campi, né segnali. La tenda del Campo VI era rimasta immutata. Alla mattina del 2 agosto, una persona fu vista muoversi nei pressi della tenda del Campo VI, e tracce fresche si potevano vedere sul pendio di neve fra il Campo V ed il Campo VI ma la tenda al Campo VII era ancora in piedi. Dopo le 13, giunse al Campo base Tsering, che fece la relazione dell’accaduto.
Pasang Kikuli e Tsering avevano raggiunto il Campo VII il 28 luglio; il giorno seguente, Pasang Kikuli con Phinsoo e Pasang Kitar erano saliti al Campo VII, dove avevano trovato Wolfe in cattive condizioni; apparentemente non aveva mangiato da parecchi giorni, e neppure era uscito fuori della tenda; si lagnava anche di non aver più alcun fiammifero per accendere la stufa. Gli Sherpa insistettero per portarlo in basso, ma poiché barcollava quando veniva condotto fuori della tenda e pregava di esser lasciato al Campo VII per un giorno ancora, prima di discendere con essi, i Sherpa lo lasciarono; rimontarono la sua tenda, prepararono il tè e discesero al Campo VI, giacché non avevano portato alcun equipaggiamento e provvista per la notte.

Il giorno 30 il tempo era burrascoso, e gli Sherpa dovettero rimanere per forza al Campo VI. Il 31 luglio, quantunque il tempo si mostrasse poco migliorato, essi erano partiti per tempo per salire al Campo VII ed avevano dato istruzioni a Tsering perché approntasse cibi e tè nel pomeriggio, giacché sarebbero ritornati, in ogni caso. Se, contrariamente al loro proposito, non fossero riusciti a persuadere Wolfe a discendere, essi l’avrebbero portato in basso colla forza, e se anche fossero falliti in tale intento, avrebbero richiesto a Wolfe una nota confermante che essi avevano fatto quanto era in loro potere per aiutarlo. Tsering aspettò invano al Campo VI quella notte e il giorno seguente 1° agosto. Alla mattina del 2 agosto, egli aveva deciso di ritornare al Campo base, giacché era convinto che un incidente doveva essere avvenuto: secondo lui, era impossibile per i tre Sherpa di passare due notti al Campo VII senza sacchi-letto e vivande. Inoltre, Pasang Kikuli l’aveva assicurato che egli sarebbe ritornato senza fallo il 31 luglio: infine, se non fosse stato possibile muovere Wolfe e fosse stata necessaria l’assistenza di un’altra persona, uno degli Sherpa vi sarebbe rimasto con lui, mentre gli altri due sarebbero scesi al Campo VI a prendere sacchi-letto e provvigioni.
Dopo le notizie comunicate da Tsering, fu deciso che Wiessner, Dawa e Tsering (nonostante che i due fossero sofferenti per male alla gola e anche Wiessner per congelamenti) sarebbero partiti il giorno seguente, se nel frattempo nessun fatto venisse osservato al Campo VI. Durrance non era in condizioni di ritornare sulla montagna e così pure Pasang Lama. Dawa e Tsering furono mandati avanti la mattina presto per esaminare se nel ghiacciaio sotto il Campo VII vi fossero segni di incidenti (se nel ghiacciaio, sotto la verticale del Campo VII, vi fossero segni di incidente, NdR). Più tardi, Wiessner raggiunse i due Sherpa e insieme proseguirono al Campo I. Il tempo era perfetto: una serie di segnalazioni era stata predisposta fra Wiessner e Durrance. Il giorno seguente, la carovana di soccorso raggiunse il Campo II con tempo bello; non poté però proseguire fino al Campo IV, a cagione dello stato di debolezza e del carico.
Poiché il Campo II ed il Campo VI erano a distanza ridotta e nessuna risposta era venuta alle frequenti e forti chiamate di Tsering, la carovana incominciò ad essere molto inquieta. Il mattino seguente, una bufera di neve era in pieno sviluppo: non era possibile progredire in quelle condizioni. Il tempo migliorò nel pomeriggio al Campo II, ma la forte bufera perdurava ancora sopra il Campo III. La notte seguente, del 5 agosto, cadde molta neve. Il temporale continuò al Campo II fino al pomeriggio del 6 agosto, ma nevicò ancora, più in alto, come il giorno precedente. La temperatura si era abbassata considerevolmente e fu osservato che il sole pomeridiano non dissolveva la neve fresca come prima: l’inverno era cominciato sopra i 5600 metri. Nel corso di quei giorni, la via sopra il Campo III era stata continuamente nella nebbia. Altra neve cadde durante la notte del 6 agosto, e la temperatura continuava ad abbassarsi, tanto che diveniva assolutamente impossibile per la carovana di soccorso il procedere più in alto. A questo punto, la speranza di ogni vita in alto era perduta e per la salvezza dei rimanenti della carovana, era necessaria la ritirata. Cinquanta centimetri di neve coprivano le rocce dal Campo II. Lasciato a mezzogiorno del 7 agosto il Campo II, la carovana giunse quella sera al Campo base, avendo sopportato una forte tormenta nella discesa. L’8 agosto la carovana con Durrance esplorò ancora il ghiacciaio, ma senza risultato.
Il tempo era sempre freddo e burrascoso. Nel corso degli ultimi tre giorni aveva nevicato in basso fino al Campo base. Considerando che i quattro uomini mancanti dal 9 agosto erano stati sopra il campo VI senza cibo ed equipaggiamento per 10 giorni, dei quali cinque di tempo burrascoso, ogni speranza per la loro vita o per il recupero dei loro corpi, in quella stagione, era da abbandonarsi. Il gruppo al Campo base, a cagione della pericolosa scarsità di provvigioni e di combustibili, fu costretto a partire senza aspettare l’arrivo dei portatori da Askole, che era stato convenuto per l’11 agosto.
Partirono il 9 agosto abbandonando una parte dei carichi al Campo base, dove sarebbero stati poi ritirati dai portatori di Askole.
Durrance e Wiessner arrivarono a Shigar il 18 agosto: Crammer, Cromwell, Sheldon e Trench, che avevano già lasciato il Campo base il 25 luglio, si riunirono ad Askole proseguendo poi insieme per Shigar, dove arrivarono il 4 agosto. Questo gruppo procedette poscia per Srinagar, ove giunse il 6 agosto.
Nota della Redazione di Le Alpi
Questa relazione venne inviata al comm. Vittorio Sella, socio onorario del CAI, da Fritz H. Wiessner, capo della seconda spedizione americana al Karakoram.
La relazione era accompagnata dalla seguente interessante lettera:
1939 American Alpine Club Karakorum Expedition (Fritz H. Wiessner, Leader; O. Eaton Cromwell; Jack Durrance; Chappel Crammer; Dudley Wolfe; George Sheldon), a bordo della American President Line In viaggio verso Napoli, 8 ottobre 1939
Caro Sig. Sella,
inclusa vi mando una relazione della nostra Spedizione.
La perdita del nostro buon amico Wolfe e dei tre ottimi Sherpa è stato un colpo terribile per me: sembra così crudele ed ingiusto perdere 4 uomini per causa di un portatore!
Se questo portatore Tendrup non avesse agito come agì, quanto diverso sarebbe stato l’esito della spedizione! Se egli e Pasang Kitar (il quale era un ottimo giovane, ma interamente sotto l’influenza di Tendrup) non avessero detto agli altri che noi eravamo caduti e periti, i campi, dal VI a quelli sotto, non sarebbero stati vuotati, e avremmo avuto tempo di salire alla vetta, e ritornare sani e salvi, prima che sopraggiungesse il susseguente periodo di cattivo tempo.
Perché Tendrup abbia sparsa questa voce della nostra morte è difficile a capire, anche perché nel giorno 17 luglio egli discese dal campo VII invece di portare i due carichi (con Pasang Kitar, come secondo portatore) al campo VIII, come solennemente aveva promesso di fare quando ci lasciò al campo VIII il 14. La via fra il VII e l’VIII Campo non era difficile, e Tendrup con tutta la sua esperienza tecnica e avendo compagno il robusto Pasang Kitar era perfettamente capace di percorrere questa via senza pericolo o difficoltà. Durante la Spedizione, sapevo di andare incontro a circostanze impreviste, ma non avevo mai pensato che le riserve da noi predisposte in alto per una ritirata o per un approvvigionamento, potessero essere portate via.
Quanto al K2 possiamo affermare che ora è stato stabilito che esso può essere conquistato. Noi raggiungemmo un punto sopra il picco roccioso all’estremità della parete di ghiaccio sulla cresta sud-est del cono terminale sopra cui la cresta cade e un dolce pendio di neve sale da oriente di esso al punto estremo. Se le condizioni della parete di ghiaccio lo consentissero, la via da noi seguita nel secondo tentativo sarà più facile.
Da un punto sulla cresta sud-est del cono terminale, a circa 8200 metri, ho potuto vedere molto bene la parte anteriore della cresta nord-est e considero poco probabile che questa cresta possa offrire una via. Anche la cresta ovest (qui intende la futura Magic Line, cresta sud-sud-ovest, NdR), a mio giudizio, di là appariva veramente inaccessibile.
Sono ora nel mio viaggio di ritorno a casa a New York, via Napoli, Genova e Marsiglia. Vi sono molte soppressioni di navi dopo lo scoppio della guerra, e noi avemmo grandi difficoltà per ottenere i biglietti di viaggio per New York.
Debbo esprimervi nuovamente le mie sincere grazie per le vostre gentili e preziose informazioni e le fotografie. Noi abbiamo fatto fotografie interessanti, delle quali vi spedirò alcune copie da New York.
Se questa guerra spaventevole finirà presto, io potrò ritornare un’altra volta al K2, con due o tre dei nostri migliori scalatori, Pasang Lama ed in più alcuni ottimi Sherpa.
Con i migliori saluti e auguri, Vostro F. H. Wiessner.
Esprimiamo la nostra viva riconoscenza al comm. Vittorio Sella per averci inviato la relazione Wiessner, con la relativa traduzione, nonché la telefotografia da lui fatta durante la spedizione 1909 del Duca degli Abruzzi.
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trovato questo:
https://alpinismofiorentino.caifirenze.it/2011/01/il-doping-nellalpinismo-di-roberto-masoni/
pare quindi un cardiotonico…non anfetamine. D’altra parte e’storia recente la Fosfocreatina Sodica..e altre sostanze integratori alimentari. Alla vigilia di una ganfondo XX sci, davanti alle farmacie c’era la coda per la “yyyna”, ma vinsero due russi che fecero colazione con caffe’ , pane e lardo a fette.
https://gognablog.sherpa-gate.com/montagne-uomini-idee-3/
i due Germanici erano meglio attrezzati.. *pare con materiali pagati da sezione sportiva delle ss,* la cordata a 4 in effetti avvenne per caso
PARE ma non trovo fonte, che Harrer abbia relazionato anni ed anni dopo su uso di boccetta di prodotto chimico*anfetamine forse*_sempre fornito da laboratorio medico ss..chedette lo sprint finale a molto provato alpinisti. In seguito in molti campi si diffuse incoraggiato uso del ricostituente PERVITIN.
https://oggiscienza.it/2021/06/29/pervitin-benzedrine-philopon-anfetamine/e quindi anche tra alpinisti.Niente di che, avevamo la coramina o micoren.,ma meglio fu il contributo italiano con la vibram.
I quattro dell’Eiger NON furono sponsorizzati da alcuno. Ciascuna delle due coppie attaccò per proprio conto, l’una all’insaputa dell’altra, e soltanto in parete si incontrarono, per caso. I due tedeschi NON erano nazisti, i due austriaci sí.
Heckmair disse a Harrer: “Se in cima sventolerai la bandiera uncinata, io te la strapperò di mano”. Vörg era cosí distante dall’ideologia nazista che, spirito libero sui monti e poi combattente sul fronte russo, osò criticare il suo ufficiale e ne fu punito con una missione suicida: non sopravvisse.
Fu solo dopo la vittoria sull’Eiger che il regime nazista sfruttò la vicenda per propaganda. D’altra parte ciò accadde pure in Italia durante il Fascismo con le medaglie d’oro per meriti alpinistici, in Francia con l’Annapurna nel 1950, in Gran Bretagna con l’Everest nel 1953, in Italia col K2 nel 1954, in Cina con l’Everest nel 1960. Negli anni Trenta lo sciovinismo regnava sovrano nella politica (ma non tra gli alpinisti!), poi stemperato in semplice nazionalismo durante gli anni Cinquanta.
Spedizioni dell’Alpine club Americano, ben diverse da questa :”Il 24 luglio del 1938 dopo quattro giorni in parete i tedeschi Andreas Heckmair, Ludwig Vörg e gli austriaci Fritz Kasparek e Heinrich Harrer vincevano l’inviolata parete nord dell’Eiger. ”
Indovinate quale corpo militare tedesco sponsorizzo’ questi ultimi vittoriosi 4? da chi furono premiati? quale sostanza sperimentale venne aggiunta alle normali cibarie e bevande?(Non si vince , quiz a-premiato)
Dalle foto comunque pare di capire che la suola di gomma Vibram (1937)non sapevano ancora che esistesse.Invece nella prima salita k2, italiana , calzature gommatissime oltre alla tomaia speciale.(oltre a tutto il resto di equipaggiamento)
Signori si nasce.